Come può esistere l’inferno se Dio è misericordioso?

InfernoCom’è possibile la compatibilità tra un Dio buono e misericordioso come quello cristiano con l’esistenza dell’inferno e della dannazione eterna? La domanda è seria e la risposta, prettamente teologica, deve partire innanzitutto -come sempre-, capendo cosa davvero insegna la Chiesa cattolica, senza pensare di sapere quel che in realtà non si conosce.

Nel 1999 durante un Udienza generale, Giovanni Paolo II ne ha parlato in termini molto chiari. «Dio è Padre infinitamente buono e misericordioso. Ma l’uomo, chiamato a rispondergli nella libertà, può purtroppo scegliere di respingere definitivamente il suo amore e il suo perdono, sottraendosi così per sempre alla comunione gioiosa con lui. Proprio questa tragica situazione è additata dalla dottrina cristiana quando parla di dannazione o inferno. Non si tratta di un castigo di Dio inflitto dall’esterno, ma dello sviluppo di premesse già poste dall’uomo in questa vita». L’uomo si auto-esclude dalla relazione con Dio e Dio, che non costringe mai la libertà dell’uomo, lo terrà lontano da sé per l’eternità anche se fino all’ultimo cercherà di tendergli la mano. «L’inferno è la situazione in cui definitivamente si colloca chi respinge la misericordia del Padre anche nell’ultimo istante della sua vita», ha continuato Papa Wojtyla.

Il linguaggio usato dall’Antico e Nuovo Testamento, compresa l’Apocalisse, per descriverlo (un luogo di tenebre, una fossa, la Geenna dal “fuoco inestinguibile”, che poi era la discarica di Gerusalemme ecc.) è «un linguaggio simbolico» e «le immagini con cui la Sacra Scrittura ci presenta l’inferno devono essere rettamente interpretate». «Esse», ha proseguito Giovanni Paolo II, «indicano la completa frustrazione e vacuità di una vita senza Dio. L’inferno sta ad indicare più che un luogo, la situazione in cui viene a trovarsi chi liberamente e definitivamente si allontana da Dio, sorgente di vita e di gioia». Una auto-esclusione dalla comunione con Dio, come spiega anche il Catechismo: «Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola “inferno”».

Anche Enzo Bianchi, recentemente, ha spiegato che «noi siamo portati a immaginare l’inferno come luogo, ma esso è un “non-luogo”, un “non-essere”, un “non-tempo”, è il nulla di una morte eterna. Dio vuole che tutti siano salvati, suo Figlio Gesù è venuto nel mondo per i peccatori, non per i giusti (Mc 2,17 e par.; 1Tm 1,15): ma di fronte al bene o al male l’uomo, seppure in una condizione di fragilità propria della sua natura, resta sempre libero di aderire all’uno e rifiutare l’altro, almeno con il desiderio e la volontà». Il priore di Bose ha poi aggiunto che anche Gesù «per condannare il male in modo chiaro e indicare che l’uomo può scegliere vie mortifere, ricorre a immagini diverse, tratte sia dalle Scritture sia dalla sua contemporaneità». D’altra parte, «queste immagini sono crudeli, ma come descrivere altrimenti l’esito di una via che ha scelto la morte, la violenza, la prepotenza e non ha mai riconosciuto la vita dell’altro, non ha mai avuto discernimento del povero e del bisognoso, non ha mai riconosciuto la fraternità umana? Certo, queste sono solo immagini, ma ci dicono che noi possiamo scegliere non la vita e la comunione con Dio, ma la morte eterna e la separazione da Dio! L’inferno dunque non indica un luogo ma una situazione in cui potranno cadere coloro che liberamente e definitivamente hanno scelto tutto ciò che è contrario alla volontà di Dio e, di conseguenza, anche a ogni cammino di umanizzazione». Rispetto alla presenza reale delle fiamme, si può approfondire con la riflessione di padre Angelo Bellon.

Papa Giovanni Paolo II ha aggiunto anche che «la ‘dannazione’ non va perciò attribuita all’iniziativa di Dio poiché nel suo amore misericordioso egli non può volere che la salvezza degli esseri da lui creati. In realtà è la creatura che si chiude al suo amore. La “dannazione” consiste proprio nella definitiva lontananza da Dio liberamente scelta dall’uomo e confermata con la morte che sigilla per sempre quell’opzione. La sentenza di Dio ratifica questo stato». E «il pensiero dell’inferno – tanto meno l’utilizzazione impropria delle immagini bibliche – non deve creare psicosi o angoscia, ma rappresenta un necessario e salutare monito alla libertà». Anche Enzo Bianchi ha riconosciuto che «l’inferno è rimosso soprattutto come reazione a un insegnamento che lo affermava per intimorire e minacciare, credendo in tal modo di poter dissuadere il popolo cristiano dal peccare». Invece, «le parole delle Scritture sull’inferno, dobbiamo innanzitutto vederle come una chiamata alla responsabilità, mediante la quale esercitare la nostra libertà in vista del nostro destino».

Pensare ad un Dio cattivo a causa dell’esistenza dell’inferno significa ritenere che per noi ci sia una salvezza automatica, qualunque cosa facciamo, qualunque vita viviamo. Ed invece non è così, anche perché l’inferno noi lo creiamo qui sulla terra, diventando sovente noi “inferno” per gli altri. Edith Stein nell’inferno di Auschwitz nel 1942 scriveva: «Appartiene a ciascuno decidere del proprio destino. Dio stesso si ferma davanti al mistero della libertà di ogni persona». Per questo, ha concluso Enzo Bianchi, «non è conforme alla fede cristiana affermare che non c’è l’inferno o che l’inferno è vuoto». Sostenerlo è un’azione dannosa per la fede, come ha spiegato anche padre Giovanni Cavalcoli.

L’esistenza dell’inferno dunque, come abbiamo visto, non contraddice affatto la bontà e la misericordia di Dio. E’ comunque importante che noi cristiani siamo chiamati sopratutto a ricordare la misericordia di Dio, sperando e pregando per tutti, anche per i nemici e i peggiori criminali, affinché conservino una scintilla di libertà e umanità capace di accogliere, almeno, l’ultima chiamata di Dio.

La redazione

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84 commenti a Come può esistere l’inferno se Dio è misericordioso?

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  1. Augusto M. ha detto

    Voi cosa pensate dell’Apocatastasi Origeniana, che prevedeva la redenzione di tutte le creature (Satana compreso) alla fine dei tempi, e di conseguenza la non-eternità dell’Inferno?

    O della concezione Indù e Buddhista degli Inferni, ove essi svolgono il ruolo del (nostro) Purgatorio?

  2. Sebastiano ha detto

    “All’inferno non si va: ci si resta come scelta radicale di tutta una vita”.
    Non ricordo chi lo scrisse, ma a guardare ai tempi che corrono mi pare che gli si attagli ben bene.

  3. paul candiago ha detto

    Dio ha la Misericordia Infinita come uno dei suoi Attributi a noi non scrutabili. Dicamo che esaurito questo Attributo secondo il suo insindacabile Giudizio applica la Sua Giustizia anche questa Infinita. Per via rivelazione divina e’ quanto sappiamo la razionalita’ umana nelle Vie di Dio e il suo Fare non entra nell’equazione: ci piacia o meno anche per quelli che pensano che Dio ha bisogno della nostra opinione per “fare” quello che Gli pare e piace come e quando vuole pensando che tutti sappano che tempo e spazio, materia e moto,vita’e morte sono solo sue manifestazioni. Cordiali saluti Paul

  4. nullapercaso ha detto

    Rimane comunque una punizione assurda e sproporzionata, rispetto a quei pochi anni che siamo qui

    • Henry ha detto in risposta a nullapercaso

      @ nullapercaso

      Più che una punizione è una scelta.

    • Sophie ha detto in risposta a nullapercaso

      MA non vedo perchè Dio debba accogliere nella sua casa, cioè il Paradiso uno che gli ha fatto la guerra fino alla fine e che non lo sente come Padre.

    • Enrico ha detto in risposta a nullapercaso

      Allora anche il paradiso sarebbe un premio assurdo e sproporzionato, anche Dio sarebbe assurdo e sproporzionato per noi, eppure non è così, perché per la nostra mente è incomprensibilmente abnorme, su questa terra, ma non lì, quando Dio porrà davanti alla nostra anima la scelta che essa ha fatto. Piuttosto, è incredibilmente semplice il sì o il no che noi possiamo dire per decidere del nostro futuro. E quanti dicono di no con le parole e con le opere…

      • andrea g ha detto in risposta a Enrico

        Esatto; più ‘no’ Gli diciamo, più diventa difficile dirGli ‘sì’;
        può addirittura diventare impossibile riconoscere la Sua Gloria.
        Si può giungere a voler rimanere nel ‘no’, e dunque preferire
        l’inferno.

    • Max ha detto in risposta a nullapercaso

      Ho sentito spesso questa obiezione, che apparentemente e’ sensata.

      Sono convinto pero’ che coloro che vanno all’Inferno siano coloro che non vogliono avere proprio a che fare con Dio mai, ne’ al presente ne’ al futuro, senza mai un moto di pentimento. Sono pochi (spero), ma quei pochi scelgono da se’ il loro terribile destino.

    • francesco ha detto in risposta a nullapercaso

      Non mi ricordo chi l’ha detto forse la Madonna a Fatima, ma comunque “Nessuno va all’inferno senza saperlo”, nel senso che l’inferno o il paradiso si scelgono qui sulla terra, Dio non obbliga nessuno, se un’anima finisce all’inferno è perchè Dio accetta la volontà della persona di non voler stare con lui.

  5. Licurgo ha detto

    Ci sono tre punti che sinceramente mi convincono poco
    1) Dire che l’inferno esiste e dire che sia vuoto (o quasi) non sono a mio avviso proposizioni in contraddizione tra loro, nel senso che Dio può benissimo prevedere l’inferno come possibilità teorica ma poi non applicarlo mai (o quasi) perchè spesso il male non deriva da scelta libera e consapevole, ma da errori dell’intelletto o da prevalenza delle passioni; anzi riesce difficile pensare che si faccia il male in piena consapevolezza e libertà di scelta.
    2) In un punto del testo qua si presenta l’inferno come un annichilimento dell’essere anzichè come una sofferenza eterna, quale io sapevo essere la dottrina della Chiesa, ma non sono ferrato e domando a voi.
    3) Un altro punto che, da persona poco ferrata, mi rimane da chiedere in quanto oscuro, è perchè Dio non perdoni un eventuale pentimento dell’anima dopo la morte fisica della persona.
    Grazie per le risposte.

    • Henry ha detto in risposta a Licurgo

      @ Licurgo

      Si non è un annichilimento dell’essere ma un’eterna privazione del legame di relazione con Dio.
      In questo l’articolo non è molto chiaro in effetti.
      Riguardo alla sua terza domanda, se queste anime si pentissero sarebbero perdonate, il punto è che la decisione presa da queste persone è definitiva, ovvero non vogliono pentirsi.

      • Licurgo ha detto in risposta a Henry

        Henry, sul terzo punto sono stato io poco chiaro e me ne scuso.
        Intendevo dire che, se non mi perdo io qualche passaggio logico, anche dopo la morte l’anima può teoricamente pentirsi del male fatto in vita. E dunque, se ciò effettivamente può darsi -e qui forse mi perdo un passaggio del ragionamento escatologico cristiano su cui, ripeto, non sono ferrato e spesso domando proprio per capire, visto che qua diversi hanno una grossa cultura in merito-, perchè il pentimento post mortem dell’anima non libera dall’inferno?

        • Henry ha detto in risposta a Licurgo

          @ Licurgo

          Ci si potrebbe interrogare sulle ragioni logiche di questo stato.
          Ma ciò che potrei proporle sono solo ipotesi.
          Il punto è, a mio avviso, che lo stato dell’inferno non è legato ad una scelta casuale o per ignoranza.
          Un anima va all’inferno perchè ci vuol andare.
          Teoricamente se si pentissero penso che sarebbero accolte, ma il punto è che definitivamente hanno scelto di non pentirsi o dispiacersi per quanto scelto, per questo sono all’inferno e per questo non cambiano la loro posizione.

        • giovanni ha detto in risposta a Licurgo

          In paradiso tutte persone senza fede, diceva qualcuno.
          Nel senso che una volta chiusi gli occhi su questa vita, e aperti sull’altra, avremo piena conoscenza di Dio e del suo mistero. Non avremo più bisogno di fede, né di speranza.
          Di conseguenza, un pentimento dell’anima non avrebbe senso, perché al momento della morte perderemo la libertà, non avremo più dubbi sull’esistenza di Dio e vedremo chiaramente il bene assoluto venendo meno l’opzione della scelta. Il Dio di Gesù non sarà più un Dio “nascosto”, ecco perché ci dobbiamo giocare bene le nostre carte in questa vita (fosse anche all’ultimo istante).
          Non so se sono stato chiaro e comunque spero di non aver detto castronerie che qualcuno più ferrato di me in questioni teologiche potrà smentire.

  6. Henry ha detto

    Vorrei permettermi un suggerimento.
    Si può fare molto per aiutare le anime in difficoltà.
    Ad esempio si può ricorrere alle orazioni di S Brigida di Svezia (le preghiere di dodici anni), la cui rivelazione privata è riconosciuta dalla Chiesa.
    Possono essere anche un aiuto personale ed uno stimolo a riamanere in grazia di Dio e contemporaneamente contribuire in modo decisivo alla salvezza di tutte le anime, anche quelle in grande difficoltà spirituale.

    • Enrico ha detto in risposta a Henry

      Ne do testimonianza anche io, perché quando le ho recitate, effettivamente la mia giornata prendeva un’altra piaga. Resta però il fatto che “Non chi dice Signore, SIgnore, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del padre mio che è nei cieli”.

  7. Corrado Luciani ha detto

    A mio parere l’eterna dannazione è uno dei punti deboli della nostra religione. Come si fa a dire che si è scelto definitivamente l’inferno? A nessuno può far piacere! La nostra vita oltre a essere breve è anche estremamente variabile. Abbiamo ambienti stimolanti l’amore e ambienti stimolanti l’odio. E non è una nostra scelta. Per tale aspetto mi convincono di più quelle religioni che credono a cicli di vita e morte che ci consentono di fare molte esperienze e ci comprendono di capire che solo l’amore porta alla felicità. Almeno in questo caso, se c’è la “scelta” di allontanarsi da Dio è davvero una scelta consapevole. Ritengo che, proprio perché Dio è misericordioso, abbiamo sempre la possibilità di porre fine alle sofferenze dell’odio e tornare all’amore. Non solo in teoria ma anche in pratica. Credo anche che l’anima non può maturare in una sola vita, soprattutto se si considera quante differenze ambientali ci possono essere tra noi e chi vive in altri paesi (si pensi a chi ha vissuto nella strada, dopo avere avuto ammazzati i propri genitori, e viene accolto da scuote islamiche con una impronta di fanatismo religioso molto forte).

    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Corrado Luciani

      E’ pieno il mondo di gente che commette il male non per debolezza (o non solo per debolezza), ma per vera cattiveria e indurimento ostinato. Io, specialmente in ambiente accademico (dove ci dovrebbe stare solo chi si è votato alla verità), ne ho una variegata e ampia esperienza. E chi sa di essere un ideologo, commette uno dei mali peggiori a mio modesto avviso, perché impugnare la verità conosciuta è proprio un peccato in essenza spirituale.

    • andrea g ha detto in risposta a Corrado Luciani

      “Come si fa a dire che si è scelto definitivamente l’inferno?”.

      Obiezione corretta; va dunque chiarito che “l’inferno” che
      la creatura sceglie, è l’arroccamento definitivo nel
      soggettivismo, nell’ego autonomo da DIO.
      In altre parole: l’orgoglio, siamo sempre lì.
      Si preferisce l’inferno dell’io privato di DIO, piuttosto
      che ammettere di aver sbagliato tutto nella vita a rifiutarLo.

  8. athèos=a-éthos ha detto

    Questo articolo non è per nulla limpido.

    Mi piacerebbe fosse chiarito in particolare questo punto: mi pare si voglia sostenere la tesi secondo cui l’inferno non può essere propriamente un “luogo” di sofferenze inflitte attivamente da Dio, perché questo comprometterebbe in un qualche modo la Sua Bontà e Misericordia; si propende dunque per una dottrina che interpreterebbe l’inferno come pura “situazione” (esistenziale post-mortem) di lontananza da Dio conseguente al rifiuto di Dio e del bene operato dal dannato.

    Tutto ciò mi pare alquanto strano e poco credibile. Basti dire che la resurrezione dei corpi c’è anche per i dannati, dunque, come dannati in un luogo certamente staranno. Se poi si legge il link alla questione delle “fiamme”, si evince con certezza che San Tommaso d’Aquino e Sant’Agostino ritenevano, a buona ragione, che le fiamme saranno “reali”, per quanto non identificabili con quelle attualmente sperimentabili. Cosa del tutto ragionevole, dato che nemmeno il corpo risorto (e ne abbiamo testimonianza diretta nei Vangeli, per quanto riguarda il corpo glorioso di Nostro Signore), pur essendo un corpo vero e proprio, è identico a quello da noi posseduto e sperimentato attualmente in queta valle di lacrime.

    Dare corda alle elucubrazioni equilibristiche del priore di Bose è pericoloso…

  9. Meister Eckhart ha detto

    “Bellissimo” tema l’inferno, e di grande complicazione. Tanto che nemmeno la dottrina della Chiesa può essere considerata univoca su questo punto.

    Nell’ambito dell’articolo, mi sentirei di correggere i venerandi padri Enzo Bianchi e Giovanni Cavalcoli. I santi fratelli dell’eremo di Monte Corona, che mi accolgono da molti anni in occasione dei miei ritiri spirituali e che puntualmente “bombardo” di domande di natura teologica, ritengono che l’inferno possa (possa, non debba) essere vuoto. O, quantomeno, che possa risultare vuoto alla fine dei tempi. Trattandosi di monaci che dedicano gran parte della loro esistenza alla preghiera e allo studio, immagino estremamente rigoroso, non me la sentirei di contraddirli.

    A questo proposito, mi sono posto da tempo la seguente domanda alquanto radicale: se l’inferno fosse eterno, non destinato quindi a scomparire alla fine dei tempi, la Creazione non sarebbe per questo motivo imperfetta? Per poter considerare la Creazione (e quindi l’opera del Creatore) perfetta, non si dovrebbe addivenire ad una condizione in cui non esistono dannati, ma esclusivamente salvati? Certamente “stare all’inferno” (che, come correttamente osservato, è uno stato, non un luogo) è scelta dell’individuo, non di Dio. Non consegue da questo che, laddove l’inferno fosse realmente eterno e non vuoto, la creatura sia riuscita nel deprecabile intento di rovinare per sempre l’opera del Creatore? Ha senso ciò?

    • Henry ha detto in risposta a Meister Eckhart

      Meister Eckhart

      L’ inferno e’ uno stato e non solo un luogo, in quanto sicuramente vi sono gli angeli caduti.
      Quindi e’ uno stato e non solo un luogo perche’ vuoto non e’.
      Da rigettare idee quali apocatastasi alla fine dei tempi, perche’ condannate dalla Chiesa come eresia e contrarie alla Scrittura.

    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Meister Eckhart

      1) Con le tue domande al secondo paragrafo tu stai proponendo la tesi che l’inferno “dovrebbe” essere vuoto, non quella che “potrebbe” esserlo…

      2) All’inferno poi, come ti ha già fatto notare Herny, ci stanno già sicuramente gli angeli decaduti, quindi nemmeno “può” di fatto essere vuoto.

      3) In linea del tutto astratta potrebbe essere vuoto di uomini, ma solo se nessuno di essi avesse mai commesso un peccato moratale senza poi essersene pentito (cosa che pare alquanto improbabile e che è smentita da una caterva di testimonianze, per quanto teologicamente non vincolanti, di santi). Per ogni altra ragione si tratterebbe di un’idea alquanto sciocca (oltre che eretica), per una serie notevole di ragioni.

      • Meister Eckhart ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

        Tutti argomenti validi, che però non rispondono al mio dubbio: una Creazione che lasci spazio ad un inferno eternamente esistente anche dopo l’Apocalisse, deve essere considerata perfetta (quindi così concepita fin dall’inizio) o imperfetta?

        Ribadisco che non parlo della situazione ad oggi, in seguito al giudizio particolare di ogni anima (penso anzi che l’inferno sia decisamente affollato), ma dell’aspetto che avrà il Creato dopo il giudizio finale. Semmai, perché non ipotizzare che a quel punto le anime dei dannati semplicemente si estinguano, rendendo così superfluo un inferno che resti come una macchia indelebile? Che anche l’anima possa perire lo afferma la Bibbia, sia nell’A.T. che nei Vangeli (vedi per esempio Mt 10,28).

        Oltretutto vi è una contraddizione profonda nella principale pena infernale, che consiste nella separazione eterna da Dio (CCC 1035). Se un’anima malvagia non aspira a Dio, la pena in cosa consiste? Se, d’altro canto, aspira a Dio (e allora cessa di essere malvagia), non merita il perdono e quindi di uscire dall’inferno? Vi ricordo che la sete di vendetta non è davvero uno degli attributi divini!

        A volte ho l’impressione che si pretenda di avere certezze su fatti di cui, invece, non possiamo essere certi affatto. Un po’ di umiltà, forse, non guasterebbe in questi casi. Se avete delle risposte basate sulla comprensione razionale delle Scritture, sono curioso di conoscerle. Se la vostra risposta è: eresia!, sinceramente non mi interessa.

        P.S. Io non ho minimamente indicato di credere che l’inferno “debba” essere vuoto. Ho posto un problema sulla base di un mio dubbio che non mi pare tanto sciocco.

        • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Meister Eckhart

          1) Intanto andrebbe definito l’aggettivo “perfetto”, che può avere almeno due accezioni: quella superlativa, che si riferisce alla perfezione massima, propria solo di Dio, oppure quella relativa alle cose create, che si riferisce sempre all’essenza delle cose (che può essere realizzata più o meno perfettamente). L’universo può essere perfetto solo nel secondo senso, poiché non c’è finitezza che possa eguagliare un archetipo di perfezione infinita come Dio.

          2) Certamente un universo in cui si realizzi la giustizia è migliore di uno in cui non si realizzi; e la dannazione eterna conseguente al peccato mortale di cui non ci si è pentiti, è la realizzazione della giustizia divina, poiché non avrebbe senso un universo in cui Dio non rispetti fino in fondo la volontà umana, che non è una farsa, ma che è vera libertà, dotata perciò di vera responsabilità (anche rispetto alle conseguenze delle proprie libere scelte).

          3) San Tommaso spiega l’eternità della punizione per rapporto all’infinità di colui che si è offeso: Dio.

          • Meister Eckhart ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

            A prescindere dall’insidiosità della materia, che continua a lasciarmi un senso di insoddisfazione a livello intellettuale (peraltro mitigato dalla fiducia nella misericordia divina, che meglio di noi deciderà della sorte di ciascuna anima), ti ringrazio comunque per la tua disponibilità nel cercare di dare risposte informate, come sempre.

            • athèos=a-éthos ha detto in risposta a Meister Eckhart

              Purtroppo scarseggio di tempo, ma comunque un’ultimo commento ad una tua affermazione: “Oltretutto vi è una contraddizione profonda nella principale pena infernale, che consiste nella separazione eterna da Dio”.

              Questo è proprio il centro dell’apparente problema. Se Dio perdonasse comunque tutti per misericordia o, peggio ancora, fosse addirittura costretto a perdonare tutti, ciò semplicemente implicherebbe che la nostra libertà varrebbe zero, cioè non consisterebbe in una vera capacità di assumersi consapevolmente le proprie responsabilità, sia nel bene che nel male. E ciò, come afferma San Tommaso stesso, toglierebbe significato anche al premio della felicità eterna stessa. Un premio eterno non avrebbe senso se non vi fosse un castigo eterno, per chi consapevolmente e fino in fondo ha rifiutato la grazia.

              Inoltre Dio è anche Infinità Umiltà, se non voluto, non forza la libera scelta. In certi casi insindacabili usa miracoli, da non confondersi però con la magia: San Paolo è stato miracolosamente convertito, ma non contro la sua volontà, ossia, se dopo il miracolo avesse rifiutato la conversione, Dio lo avrebbe lasciato sicuramente stare. Qualsiasi miracolo è sempre esterno ad un atto diretto sulla libertà umana da parte di Dio.

              Per questo la libertà è un vero dono di amore, proprio perché è una libertà reale e non fittizia, anche se poi Dio fa di tutto per recuperarci (senza però trasformarci in marionette o automi)…

              Alla fine è lo stesso problema del male e San Tommaso risponde che, pur non potendo Dio (perché sarebbe contradditorio) creare un altro Dio (e solo in questo caso non è possibile peccare), miracolosamente, ossia dall’esterno della natura umana (in sé finita e dunque intrinsecamente fallibile), potrebbe certamente renderci impeccabili. Ma allora, dice sempre San Tommaso, non avrebbe avuto senso creare enti dotati di natura e operazioni proprie…

              • Henry ha detto in risposta a athèos=a-éthos

                @ atheos=ethos

                Sono d’accordo con quanto scrive.

                “Questo è proprio il centro dell’apparente problema. Se Dio perdonasse comunque tutti per misericordia o, peggio ancora, fosse addirittura costretto a perdonare tutti, ciò semplicemente implicherebbe che la nostra libertà varrebbe zero”

                Tuttavia come concilia questa condizione con le promesse fatte a
                S. Brigida di Svezia, riconosciute dalla Chiesa.
                (Nella forma dei dodici anni).

                • atheòs=a-éthos ha detto in risposta a Henry

                  Non comprendo l’obiezione: le promesse fatte a Santa Brigida non comprendono certo il perdono di chi non si pente…

                  • Henry ha detto in risposta a atheòs=a-éthos

                    1. L’ANIMA CHE LE RECITA NON ANDRA’ IN PURGATORIO.
                    2. L’ANIMA CHE LE RECITA SARA’ ACCETTATA TRA I MARTIRI COME SE AVESSE VERSATO IL SUO SANGUE PER LA FEDE.
                    3. L’ANIMA CHE LE RECITA PUO’ SCEGLIERE ALTRE TRE PERSONE CHE GESU’ MANTERRA IN UNO STATO DI GRAZIA SUFFICIENTE PER DIVENTARE SANTE.
                    4. NESSUNO DELLE QUATTRO GENERAZIONI SUCCESSIVE ALL’ANIMA CHE LE RECITA SI DANNERA’.
                    5. L’ANIMA CHE LE RECITA SARA’ RESA EDOTTA DELLA PROPRIA MORTE UN MESE PRIMA.

                    • Henry ha detto in risposta a Henry

                      @ Atheos

                      Rivelazione riconosciuta dalla Chiesa.

                    • atheòs=a-éthos ha detto in risposta a Henry

                      Sì, ma dove vedi scritto che tutto ciò accadrebbe nonostante (contro) la volontà dei destinatari? Oltrettutto sul sito ufficiale delle Suore fondate da Santa Brigida sta scritto a chiare lettere che la recita senza sincera conversione non ne implica automaticamente la realizzazione, perché questo sarebbe un’assurdità: i “sepolcri imbiancati” (se sai a cosa e a chi si riferiva Nostro Signore) si salverebbero senza bisogno di vera conversione (cioè grazie proprio al motivo per cui vennero detti “imbiancati”)!

                      Bisogna stare attenti a non fare come i protestanti: le verità rivelate (anche se qui si tratta di rivelazioni private che non impegnano la fede), non vanno prese sempre alla lettera, ma vanno sempre contestualizzate nel complesso di tutte le altre verità di fede e anche delle verità naturali (filosofiche).

                      Oppure secondo te avrebbe senso che Dio salvasse qualcuno, che non lo vuole veramente, per il solo fatto che recita “esternamente” e in modo del tutto formalistico (= farisaico) delle preghiere? Oltrettutto dopo avere condannato i Farisei proprio per questo motivo.

                      Ovviamente il senso delle promesse a Santa Brigida è che, se qualcuno si impegna a recitarle con costanza e vera fede (che implica la volontà anche pratica di vera conversione e pentimento), allora saranno garantiti aiuti speciali, che non mancheranno di ottenere quegli effetti.

                    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Henry

                      @Henry
                      Ti avevo risposto e mi pareva pure il post fosse giunto, poi è sparito…, senza motivo alcuno… Sono i privilegi di essere simpatici alla Redazione 😉

                    • Henry ha detto in risposta a Henry

                      @ a-theòs=a-éthos

                      Mi dispiace se il post è stato censurato.
                      Capisco perfettamente la frustrazione di scrivere un intervento, dedicarvi del tempo, magari del poco tempo libero a disposizione, e poi vederlo “sparire”.
                      Comunque può sempre chiedere un opinione ad una brigidina.
                      Chiaramente queste preghiere devono essere fatte in grazia e con animo sincero.
                      Ma le promesse sono molto chiare.
                      Del resto quando il centurione chiede la guarigione del servo la ottiene.

                    • Henry ha detto in risposta a Henry

                      @ atheòs=a-éthos

                      Ho letto il post è concordo.
                      Infatti non intendevo che bastino queste preghiere a garantire la salvezza dell’ anima che le recita.
                      Altrimenti sarebbe un rito.

                      Io volevo dire questo.
                      Posto che si tratta di preghiere di intercessione, posto che chi le recita deve impegnarsi in un cammino di seria conversione, poste queste condizioni, con speranza e confidando nelle promesse di Gesù, che sono certezza, è possibile, nell’amore, ottenere la grazia della conversione di tre persone, che magari versano in particolare difficoltà spirituale.

                      Dunque il mio invito, nell’amore, e di provare ad accostarsi a tale grande dono che ci ha fatto Gesù, per chiedergli la conversione dei peccatori.

                      Impegnano 15 minuti al giorno circa, aiutano nel proprio cammino di conversione, e con speranza, aiutano le persone verso cui queste preghiere sono indirizzate.

                    • Henry ha detto in risposta a Henry

                      @ atheòs=a-éthos

                      Riguardo alle rivelazioni private, un conto è il contenuto, un conto e se una parte della rivelazione viene riconosciuta dalla Chiesa come devozione.
                      Quindi essendo tali orazioni riconosciute, tali promesse sono vere, hanno certo le condizioni di cui lei parlava, ma che si riferiscono a chi pratica la devozione.

        • JdM ha detto in risposta a Meister Eckhart

          Se un’anima malvagia non aspira a Dio, la pena in cosa consiste?

          A quanto detto da at=ae, aggiungerei che S.Tommaso, contra quanti sostenessero una concezione dell’inferno come sola privazione della Grazia (es. al-Ghazali), argomentava -in breve- così (CG III,145):

          La colpa viene punita affinchè il peccatore sia trattenuto dal peccare per paura della punizione, tuttavia nessuno teme di perdere ciò che non vuole ottenere: colui in cui la volontà non è diretta al fine ultimo non ne teme la perdita. Ecco allora che il peccatore non potrà essere fermato dal peccare solamente tramite l’allontamento dal fine, ma dovrà ricevere un’ulteriore punizione che egli, da peccatore, tema.

          Inoltre si consideri questo: chi fa un uso disordinato dei mezzi atti all’ottenimento di un fine, oltre a mancare il fine otterrà anche un ulteriore danno (l’esempio di Tommaso è quello di chi fa un uso disordinato del cibo, il quale oltre a mancare il mantenimento della forza e del vigore fisico, incorrerà in una qualche patologia). Pertanto, coloro che fanno un uso improprio dei mezzi creati considerandoli come fine (e non come mezzo per il fine) non solo saranno puniti con la perdita della beatitudine, ma da essi otterranno anche un danno.

          Questo argomento risolve la contraddizione, escludendo per l’appunto la concezione di inferno come sola privazione di Dio e prevedendo anche una punizione “positiva” dei dannati.

          • athèos=a-éthos ha detto in risposta a JdM

            Bravo, ottimo! Anche perché questi discorsi chiaramente sofistici del priore di Bose (e dispiace che la Redazione li appoggi acriticamente) alla fine implicherebbero che un giudice manchi di giustizia nel momento stesso in cui punisce attivamente il colpevole, il che è un assurdo a fortiori nel caso di Dio, poiché non potrebbe esserci vera bontà né misericordia, ove l’atto di bontà o misericordia contraddisse la giustizia. Per misericordia Dio può certamente scegliere di salvare il peccatore che si converte all’ultimo secondo, tanto quanto ha salvato chi ha a lungo perseverato, ma sarebbe un assurdo che trattasse allo stesso modo del convertito chi invece non si è pentito.

            • JdM ha detto in risposta a athèos=a-éthos

              alla fine implicherebbero che un giudice manchi di giustizia nel momento stesso in cui punisce attivamente il colpevole

              Infatti non credo sia un caso che il capitolo immediatamente successivo (146) sia “Quod iudicibus licet poenas inferre” 🙂

          • Meister Eckhart ha detto in risposta a JdM

            Queste argomentazioni di S. Tommaso sono indubbiamente utili, grazie. Mi sembrava, in effetti, di ricordare qualcosa del genere…

  10. francesco ha detto

    Un sacerdote che ho conosciuto in risposta all’argomento se l’inferno sia pieno o vuoto aveva risposto di non perdere troppo tempo a dibattere di questo ma piuttosto di stare attenti al fatto che se davvero l’inferno fosse vuoto di stare attenti a non cominciare noi per primi a riempirlo.

  11. Fabrizia ha detto

    Mi resta un dubbio. Noi esseri umani, che siamo peccatori, ricerchiamo il recupero del reo. I responsabili degli omicidi di Novi Ligure, e Pietro Maso,per esempio, non sono stati giustiziati, ma liberati dopo un tot di anni. E non credo ci sia più nessuno che sconta l’ergastolo fino alla morte. Anzi, credo che se ne sia proposta l’abolizione. Noi creature, quindi, riconosciamo i limiti delle altre creature e non le condanniamo a scontare la pena fino alla morte. Mi chiedo dunque: ma può esistere davvero qualcuno che in piena coscienza, sapendo quello che fa, rinunci a Dio? Noi, per crimini particolarmente efferati, diciamo che chi li ha compiuti era incapace di intendere. Non è sicuramente incapace di intendere chi rinunci a Dio? Non dovrebbe essere un’attenuante? E non dovrebbe essere Dio misericordioso ad aprirgli gli occhi? E quando la persona in questione vedesse quello che prima non vedeva e provasse finalmente pentimento, non potrebbe bastare?

    • athèos=a-éthos ha detto in risposta a Fabrizia

      Il tuo discorso va ribaltato: è proprio perché non possiamo leggere nel cuore degli altri che, per un principio di prudenza, chi si è macchiato di reati gravissimi, quali l’omicidio volontario, andrebbe, come minimo, mantenuto per sempre all’ergastolo.

      Invece Dio non può sbagliare nel giudizio del cuore, anzi, ci conosce anche meglio di quanto ci conosciamo noi, dunque stai tranquilla che non può esserci dannato che non se lo sia “meritato” veramente.

      Inoltre non è poi così difficile come si crede un’esplicito e consapevole rifiuto di Dio, perché esso implica essenzialmente il fatto che Dio non lo vediamo faccia a faccia (se lo vedessimo faccia a faccia non potremmo rifiutarlo, perché avremmo di fronte l’appagamento assoluto di ogni nostra possibile legittima aspirazione e dunque non potremmo certo lasciarlo per un bene inferiore). In altre parole si può rifiutare Dio proprio perché non lo si vede, ma, ciò nonostante, se ne conosce l’esistenza e (parzialmente) la natura.

      Chiunque sia ben istruito nel catechismo, può realmente rifiutare Dio, anche se poi ciò non va confuso con i peccati mortali di pura debolezza, che normalmente implicano “solamente” un rifiuto non direttamente voluto di Dio. Fare il male per odio diretto a Dio è possibile, ma non va confuso con il peccato di debolezza.

      • Henry ha detto in risposta a athèos=a-éthos

        @ atheos=aethos

        No mi spiace.
        Gli angeli vedevano Dio faccia a faccia e l’hanno rifiutato.

        • JdM ha detto in risposta a Henry

          Gli angeli vedevano Dio faccia a faccia e l’hanno rifiutato.

          Messa così la questione diventa problematica: stando a quello che dici si potrebbe infatti essere portati a pensare che anche l’anima umana davanti a Dio possa ancora rifiutarLo, cosa che non sarà.
          Il punto allora è questo: gli angeli che hanno rifiutato Dio non erano ancora beati. Scrive S.Tommaso:

          “La stabilità o confermazione nel bene è parte essenziale della beatitudine. Ma gli angeli non furono confermati nel bene dal primo istante della loro creazione: ciò che è provato dalla caduta di alcuni di essi. Quindi gli angeli non furono beati dal primo istante della loro creazione” (ST I,62,1)

          Ora l’Aquinate distingue 2 tipi di perfezioni raggiungibili dalle creature intellettuali: quella che può essere conseguita con le sole facoltà naturali (che è possibile definire in un certo senso “beatitudine”) ed una superiore a questa, non raggiungibile con i soli “mezzi naturali” e questo vale per ogni intelletto creato, angeli compresi:

          “L’angelo, come ogni altra creatura ragionevole, se si considera la sola sua natura, ha la possibilità di peccare: e se una creatura qualsiasi è impeccabile, lo deve a un dono della grazia, non già alla sua natura.”(ST I,63,1)

          ed è questa beatitudine superiore, sostiene Tommaso, a cui ebbero poi accesso gli angeli:

          “[…] l’angelo fu creato beato, se per beatitudine s’intende quella che egli può conseguire con le capacità naturali.[…] Ma la beatitudine suprema, che supera le capacità della natura, gli angeli non l’ebbero nel primo istante della loro creazione: poiché tale beatitudine non fa parte della natura, ma ne è il fine. Quindi non era giusto che la possedessero fin dal primo istante.”(ST I,62,1)

          Ora, dice Tommaso, la beatitudine suprema dell’angelo santo consiste nella visione di Dio nella Sua essenza, che è l’essenza stessa della bontà e quindi

          “[…]l’angelo che vede Dio rispetto a lui è nella stessa condizione in cui si trova chiunque altro rispetto alla ragione comune di bene, senza tale visione. Ma è impossibile che uno voglia o che faccia qualsiasi cosa senza mirare al bene; o che voglia fuggire il bene, proprio perché bene. Perciò l’angelo beato niente può volere o compiere senza mirare a Dio. Ma chi vuole ed agisce in tal modo non può peccare. Dunque in nessuna maniera l’angelo beato può peccare.”(ST I,62,8)

          Quindi sarebbe in virtù di questa beatitudine che l’angelo non può peccare, nè rifiutare Dio: solo in assenza (prima) di questa l’avrebbe potuto fare.
          Per quanto riguarda l’uomo, anch’egli (in gradi diversi) avrà accesso a tale beatitudine (lo “vedremo così come Egli è”), ma per motivi analoghi non potrà/vorrà più peccare nemmeno lui, cosa che invece può fare in questa vita proprio perchè non può “vederLo”.

          Insomma, questo in sintesi, però dovrebbe bastare a spiegare perchè il confronto che hai proposto (secondo me) non sia valido.

          • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a JdM

            Per quanto riguarda la nozione di “beatitudine” umana, il riferimento principe è il trattato sulla beatitudine in Summa Theologiae I-II, Questioni 1-5.

            Il trattato è fondamentale per la “metaetica” tomista (fondazione teretica dell’etica nella metafisica) proprio per questa apparente stranezza: da un lato San Tommaso afferma che è proprio della natura umana avere come fine ultimo Dio e solo Dio, poiché essendo la volontà umana una facoltà che desidera “in universale”, così come l’intelletto pensa in universale, allora essa può essere appagata solo dal “bonum universale” (bene universale) che è solo Dio (in quanto unico Ente Infinito e dunque Bene sotto ogni aspetto = bene universale); ma dall’altro chiaramente afferma che la natura umana, quanto al conseguimento di tale fine ultimo, non è sufficiente, perché senza la grazia divina una natura finita (come anche nel caso degli angeli) non ha la capacità, diciamo così, di auto-appropriarsi tramite le proprie forze dell’essenza infinita di Dio (= visione beatifica).

            Ecco allora che da un lato (quello squisitamente filosofico) San Tommaso ci dice che l’etica non può che fondarsi nel desiderio naturale di Dio e dall’altro che per raggiungere tale fine è però necessaria la grazia, ossia il mondo soprannaturale.

            Il che costituisce qualcosa di stupendo, se ben ci pensate, poiché coglie il punto esatto in cui si realizza la perfetta armonia tra il piano “naturale” e quello “soprannaturale”, dove quest’ultimo non è qualcosa di esterno, estraneo o alieno alla nostra natura, ma qualcosa di necessario per lo stesso perfezionamento di essa.

            Dunque anche filosofia e teologia trovano il loro punto di fusione proprio qui! Non so se riuscite a cogliere la bellezza di tutto ciò! Queste sono le vette a cui l’uso della ragione può portare. Altro che “freddezza” della speculazione! E altro che suore canterine, queste sono le possibilità di comprensione abissale della nostra Fede che costituiscono il patrimonio del Cattolicesimo!

            • JdM ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

              Quoto ogni parola.

            • Henry ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

              @ JdM e atheos..

              Davanti a S Tommaso faccio un passo indietro.
              Comunque questa è una questione, penso, ancora teologicamente aperta e non fissata dogmaticamente.
              La spiegazione che mi avete fornito è molto bella e logica.
              Tuttavia messa così mi fa venire in mente un problema.
              Per commetere peccato mortale occorre la “piena avvertenza”, cioè conoscere ciò che è bene.
              Ritengo quindi che anche conoscendo Dio, che è sommo bene, questo non implichi il non poter rifiutarlo.
              Chi è in paradiso, rispetto agli angeli caduti, ha infatti compiuto una scelta.
              Non so se si possa dire che in paradiso non esiste la libertà.
              Il punto a mio avviso è che tale scelta non è stata casuale, ma voluta, è dunque è eternamente confermata.
              Ma chiaramente posso sbagliarmi.

              Quindi su questa questione il pensiero di Tommaso e molto bello e logico ma non mi convince totalmente.

              • athèos=a-éthos ha detto in risposta a Henry

                Henry ha scritto: “Per commetere peccato mortale occorre la “piena avvertenza”, cioè conoscere ciò che è bene.
                Ritengo quindi che anche conoscendo Dio, che è sommo bene, questo non implichi il non poter rifiutarlo.
                Chi è in paradiso, rispetto agli angeli caduti, ha infatti compiuto una scelta”.

                La consecutio logica tra queste tre affermazioni mi pare alquanto farraginosa. Il paradiso non ti toglie la libertà di scelta, ma ti pone di fronte all’impossibilità pratica di rifiutare Dio (una volta conosciutolo nel senso specifico della visione beatifica), poiché, essendo l’uomo desiderante il bene per natura, non vi è un bene maggiore di Dio, che gli possa essere preferito. Dunque, una volta che un beato vede l’essenza divina, non viene privato della libertà, ma semplicemente non può che continuare ad utilizzarla per scegliere l’Infinito Bene.

                Qui il link ad un articolo di Francesco Botturi, mio ex professore presso la Cattolica di Milano. Anche se non condivido la sua fondazione non teologica dell’etica, questo articolo è invece molto interessante e quanto viene qui detto a proposito dell’immutabilità, può darti un’idea di come concepire la libertà di fronte alla visione beatifica.

              • atheòs=a-éthos ha detto in risposta a Henry

                Henry ha scritto: “Per commetere peccato mortale occorre la “piena avvertenza”, cioè conoscere ciò che è bene.
                Ritengo quindi che anche conoscendo Dio, che è sommo bene, questo non implichi il non poter rifiutarlo.
                Chi è in paradiso, rispetto agli angeli caduti, ha infatti compiuto una scelta”.

                La consecutio logica tra queste tre affermazioni mi pare alquanto difficile. Il paradiso non ti toglie la libertà di scelta, ma ti pone di fronte all’impossibilità pratica di rifiutare Dio (una volta conosciutolo nel senso specifico della visione beatifica), poiché, essendo l’uomo desiderante il bene per natura, non vi è un bene maggiore di Dio, che gli possa essere preferito. Dunque, una volta che un beato vede l’essenza divina, non viene privato della libertà, ma semplicemente non può che continuare ad utilizzarla per scegliere l’Infinito Bene.

                Qui il link ad un articolo di Francesco Botturi, mio ex professore presso la Cattolica di Milano. Anche se non condivido la sua fondazione non teologica dell’etica, questo articolo è invece molto interessante e quanto viene qui detto a proposito dell’immutabilità, può darti un’idea di come concepire la libertà di fronte alla visione beatifica.

              • atheòs=a-éthos ha detto in risposta a Henry

                Riflettendo su quanto detto nella seconda parte diquesto articolo a proposito dell’immutabilitas propria della visione beatifica, puoi adattare anche al caso della libertà: la visione beatifica non priva di essa, semplicemente rende impossibile utilizzarla se non per continuare a scegliere Dio (Bene Infinito).

              • JdM ha detto in risposta a Henry

                Per commetere peccato mortale occorre la “piena avvertenza”, cioè conoscere ciò che è bene.

                Magari at=ae mi correggerà, ma direi che non è sufficiente la “piena avvertenza”: deve esserci anche piena volontà e piena libertà. Da un un punto di vista etico infatti, in mancanza di una di queste 3 componenti (conoscenza,ibertà,volontà) un atto risulta non pienamente “umano”.

                Comunque, si dà il caso che davanti a Dio anche la volontà e la libertà saranno in massimo grado, ma ne risulterà che rifiutare il Sommo Bene sarà allora un'”impossibilità”, non avrebbe proprio senso: in questa vita noi possiamo volere/scegliere solo ciò che conosciamo (“appetito intelliettivo”, come lo chiama Tommaso), ma questa conoscenza è sempre imperfetta e l’appetito intellitivo “disordinato”. Possiamo dire che le scelte che dobbiamo operare tra le cose che ci si propongono come bene/vere (e non di rado queste cose possono anche essere opposte tra loro!), risultano “viziate” in una certa misura. Condizione questa che perdurerà fino al nostro ultimo giorno sulla Terra.
                Davanti a Dio però questo non sarà più, poichè saremo allora innanzi alla Verità stessa, Verità che non ci priverà della libertà, anzi, ne comporterà la piena realizzazione, ed ecco perchè i beati non potranno più peccare/rifiutare Dio: non ci sarà più la possibilità di commettere errori di tipo intellettivo riguardo la natura del Vero e quindi non ci sarà nemmeno la possibilità di scegliere il male (“…Ma è impossibile che uno voglia o che faccia qualsiasi cosa senza mirare al bene; o che voglia fuggire il bene, proprio perché bene…”). E allora la libertà sarà massima.

                Concetto questo già espresso a suo tempo, in maniera molto più semplice ed efficace, con le seguenti parole:

                “Conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi” (Gv 8,32)

                • Henry ha detto in risposta a JdM

                  @ JdM e atheos=a ethos

                  L’obbiezione più semplice è che, spingendo il ragionamento, allora su questa terra non si potrebbe mai avere la condizione di piena avvertenza.
                  Se per compiere peccato mortale devo avere la piena avvertenza (non solo avvertenza) che l’azione è sbagliata, dunque è contraria a Dio che è sommo bene, non credo che si possa girarci molto attorno.
                  Secondo me certo che si può conoscere Dio in questa vita, e certo che pur conoscendolo si può scegliere di rifiutarlo.
                  Le persone che sono in paradiso hanno scelto di andarci e non solo li per caso.
                  Per questo non muteranno la loro scelta.

                  La posizione da voi proposta, che per altro apprezzo, lascia invece il fianco scoperto ad una non piena conoscenza del bene, e dunque in buona sostanza ad una non piena avvertenza. (angeli o persone che siano)

                  Ritornando a S. Brigida la promessa numero 4 è molto chiara.
                  E la 3 non si riferisce certo alla grazia che ogni persona riceve, comunque.

                  (penso e spero si capisca che non sono mosso da spirito di polemica nei vostri confronti)

                  • JdM ha detto in risposta a Henry

                    L’obbiezione più semplice è che, spingendo il ragionamento, allora su questa terra non si potrebbe mai avere la condizione di piena avvertenza.

                    Io direi invece che non si può avere una conoscenza perfetta, questo è certo, ciò non significa però che non si possa avere conoscenza tout court, altrimenti ci sarebbe sempre una scusa pronta!

                    Se per compiere peccato mortale devo avere la piena avvertenza (non solo avvertenza) che l’azione è sbagliata, dunque è contraria a Dio che è sommo bene, non credo che si possa girarci molto attorno.

                    Ripeto, magari sbaglio: se ho piena conoscenza del male che un dato atto comporta MA lo commetto -esempio- in totale assenza di libertà/volontà, allora probabilmente non possiamo parlare di peccato mortale. Il fatto però è che nella pratica le cose non sono mai bianche o nere. Potranno anche esservi delle attenuanti, ma potrebbero non “attenuare” a sufficienza, es: se commetti un omicidio perchè sotto l’effetto della droga si potrebbe pensare che ciò comporti automaticamente un’attenuante, ma non è necessariamente così. Infatti, se essere sotto l’effetto di droghe è un habitus stai tranquillo che la situazione sarà drammaticamente diversa rispetto all’essersi trovati sotto l’effetto di tali sostanze in maniera accidentale/involontaria.
                    Mi rendo comunque conto che l’argomento è vasto e purtroppo non si presta alla semplice risoluzione in poche battute…

                    Secondo me certo che si può conoscere Dio in questa vita, e certo che pur conoscendolo si può scegliere di rifiutarlo.

                    Il problema, credo, sta nell’uso univoco che stai facendo del termine “conoscenza”: un conto è conoscere nella maniera propria dell’uomo (mediata), un conto è conoscere come può conoscere un puro intelletto, per essenza (tenuto sempre conto del discorso sul dove si può arrivare con i soli mezzi naturali).
                    Quindi, come si era già detto nei precedenti post, qui (per me) sta il motivo per cui in questa vita puoi “conoscere” Dio e rifiutarlo e nell’altra (se beato) no, e non perchè hai già fatto una scelta “che non puoi più rifiutare” 🙂

                    Su S.Brigida non mi pronuncio perchè non conosco l’argomento.

  12. nicola ha detto

    Se è per questo lo stesso Padre Nostro quando recita ‘non ci indurre in tentazione’ fa riferimento a Dio come Padre che potrebbe indurre in tentazione.

    • Sophie ha detto in risposta a nicola

      Io non vorrei dire una castroneria ma a detta di Ratzinger nel Padre nostro c’è stata un errore di traduzione, quindi dovrebbe essere “…non lasciarci indurre in tentazione”.

      • Meister Eckhart ha detto in risposta a Sophie

        Non hai detto affatto una castroneria, tanto che la nuova versione del Padre Nostro, approvata dalla CEI un paio d’anni fa, suona: “non abbandonarci alla tentazione”. Risolvendo finalmente l’insopportabile malinteso che Dio possa indurre in tentazione, svolgendo anche il “lavoro” del diavolo.

        Non solo: anche la formulazione “liberaci dal male” è contestabile. Alcuni studiosi ritengono che “liberaci dal maligno” sarebbe una traduzione più fedele al testo. La differenza è sottile all’apparenza, ma alquanto rilevante nella sostanza. E la seconda formulazione ipotizzata si legherebbe alla perfezione con la modifica già apportata all’altra parte.

        • Ivanom ha detto in risposta a Meister Eckhart

          Sarà stata pure approvata, ma io l’unica cosa che ho notato nella liturgia che è cambiata è il Credo nella versione “contratta” ( almeno nella Chiesa in cui vado abitualmente ), mentre il Padre Nostro è ancora quello che conosciamo.

          • Meister Eckhart ha detto in risposta a Ivanom

            Questo penso sia dovuto al ritardo nella pubblicazione della nuova edizione italiana del Messale Romano, attesa da tempo.
            Comunque ci vorranno anni prima che i fedeli si adeguino alla nuova, corretta versione: le abitudini sono dure a morire.

            • andrea g ha detto in risposta a Meister Eckhart

              Considerando che le tentazioni rappresentano delle
              occasioni x rimanere fedeli a DIO, forse la frase
              (più) corretta sarebbe: “sostienici, Signore, durante
              la prova-tentazione”.

  13. Giuseppe ha detto

    E se l’Inferno semplicemente non esistesse?

    • JdM ha detto in risposta a Giuseppe

      Eh, il Problema però è se esiste davvero…

      • Giuseppe ha detto in risposta a JdM

        Se esiste vuol dire che avrò l’intera eternità per pentirmi della mia miscredenza…

        • JdM ha detto in risposta a Giuseppe

          No, se esiste avrai un’eternità di dolore, ma non ti pentirai di nulla.

          Comunque, mia opinione personale, non credo sia una questione da affrontare a cuor leggero.

          • LawFirstpope ha detto in risposta a JdM

            Una cosa del genere disse, mi pare, Margherita Hack: trovandosi un giorno al cospetto di un eventuale Dio avrebbe “ritrattato” di fronte all’evidenza, chiedendo scusa per il “cattivo servizio” svolto in vita.

            Ma una volta lasciato questo mondo “les jeux sont faits, rien ne va plus”.

  14. Amedeo ha detto

    Che bell’articolo! Grazie UCCR CHE ESISTI!!!!!! Dai tanta forza a noi credenti!!!!

  15. Fabrizia ha detto

    Mi resta un problema. Gesù in croce dice:”Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. E si trattava di gente che sapeva benissimo quello che facevano e che lo voleva fare. E Gesù chiede che siano perdonati perché non sanno quello che fanno. Magari continua a pensare che chi fa il male non sa quello che fa, e continuerà a chiedere al Padre il perdono per quelli che fanno il male.

    • athèos=a-éthos ha detto in risposta a Fabrizia

      Ti rimando direttamente a quanto afferma San Tommaso nella Summa Theologiae, III, 46, 6 (purtroppo non esistono edizioni in italiano on line della Summa), ma in sostanza San Tommaso distingue 3 categorie tra coloro che furono responsabili direttamente della crocifissione di Nostro Signore: 1) i capi dei Giudei (“principes Iudaeorum”), 2) il popolo semplice (“Minores Iudaei”) e 3) gli esecutori materiali, ossia i romani. Secondo San Tommaso le parole di Cristo (“Perdonali, perché non sanno quello che fanno”) non si riferiscono ai capi dei giudei, ma solo al popolo giudeo e ancora più propriamente ai romani. Ora, i primi non sono scusabili, dato che ebbero una sorta di “ignoranza colpevole” (il termine usato da San Tommaso è “ignorantia affectata”: “in eis, fuit ignorantia affectata, quae eos non poterat excusare”), il popolo è scusabile solo in parte, mentre i romani risultano i più scusabili, perché non conoscevano la legge ebraica e non potevano dunque riconoscere con la facilità dei capi giudei, la divinità di Cristo.

      • athèos=a-éthos ha detto in risposta a athèos=a-éthos

        Errata corrige: si tratta della Questione 47 (articolo 6 della Terza Parte) e non della Questione 46 (articolo 6 della Terza Parte).

      • JdM ha detto in risposta a athèos=a-éthos

        purtroppo non esistono edizioni in italiano on line della Summa

        Purtroppo è la Contra Gentiles che non si trova online in italiano (almeno io non sono mai riuscito a trovarla), la ST c’è: qua la questione a cui fai riferimento. Qua lo schema generale.

        Qua ci sarebbe quella a cura di p. Centi e p. Belloni, ma i link al momento non sembrano funzionare (però è scaricabile come pdf).

        • athèos=a-éthos ha detto in risposta a JdM

          Many thanks, nella fretta avevo trovato solo il link non funzionante… JdM mi contatteresti via mail, avrei da dirti un paio di cose (sono in partenza per le vacanze, ma al rientro potrò risponderti)? Grazie

  16. Henry ha detto

    Direi che Gesù afferma che bisogna pregare per i propri persecutori.
    Dunque penso che la richiesta al Padre potesse coinvolgere tutte e tre le categorie: capi, popolo e romani.

    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Henry

      Opinione non condivisa da San Tommaso… e non è poco. Ciao

      • Henry ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

        @ a-theòs=a-éthos

        Certamente rispetto per le ipotesi di S Tommaso.
        Tuttavia è certo che quando Gesù afferma che bisogna pregare per i propri persecutori, intende precisamente dei persecutori, ed afferma che bisogna farlo proprio per distinguersi dai pagani.
        Dunque non mi sento di sottoscrivere l’ipotesi di S Tommaso in questo caso.

        • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Henry

          Beh, ma sicuramente il Cristo si è sacrificato per tutti, San Tommaso non contesta questo, dice semplicemente che dal fatto oggettivo che lo hanno messo del tutto ingiustamente a morte e dal fatto oggettivo che non potevano ignorare la legge (i testi sacri e le profezie riguardanti il Messia), si deduce che l’ignoranza ei capi non poteva non essere colpevole, ossia voluta mancanza di riconoscimento del Messia in Gesù, di cui non potevano oggettivamente non avere riconosciuto i tratti divini. E quindi, dato che la frase di Gesù si riferisce a chi invece abbia delle scusanti, almento parziali, per il proprio comportamento oggettivamente peccaminoso, evidentemente essa non poteva riferirsi ai capi dei giudei. Il discorso è perfettamente logico in ogni senso…

  17. @Henry e JdM
    Scusatemi, se sono costretto a interrompere la discussione, ma ho già pochissimo tempo a disposizione e ho inviato almeno 2 lunghi post che sono stati censurati, senza nessun motivo, dato che non contengono alcuna polemica, ma semplici spiegazioni filosofiche… Boh, mi sto veramente incominciando a scocciare…, di trucchetti o arbitrii non proprio limpidi per “guidare” le discussioni se ne verificano un po’ troppi per i miei gusti.
    Una buona Santa Pasqua a tutti

    • JdM ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Un’occasione persa (per tutti) per imparare qualcosa. Peccato.

      Ciao AT=AE, Buona Pasqua!

    • Meister Eckhart ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Cara Redazione di UCCR, scusate ma io vorrei sapere se è vero che alcuni post di at=ae vengono censurati o cancellati per motivi diversi. Mi pare si tratti di uno degli utenti più attivamente impegnati su questo sito e, almeno per quanto mi riguarda, i suoi interventi sono sempre ricchi di scienza (conoscenza delle fonti) e ben argomentati. Oltretutto, mai ho letto alcunché di sconveniente nei suoi post. Davvero si sono verificate discrimazioni nei suoi confronti? Se sì, perché? A me non sembra possibile. Se fosse vero, non mi pare accettabile.

    • Moderatore improvvisato ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Alcuni commenti sono finiti automaticamente nel cesto dello spam, probabilmente per una qualche maniera di mettere i link ai siti esterni che non gli è piaciuta. Personalmente, quando trovo commenti di AT=AE in coda di moderazione cerco di approvarli ma probabilmente ci sono stati degli attriti in passato (forse flame con altri utenti) che lo hanno messo nella lista di quelli da controllare.

  18. Kamisamagainai ha detto

    L’Inferno esiste, lo vivo sin da quando sono nato, quindi non sarebbe una novità trovarmi di fronte ad un’eternità di dolore e non mi spaventerà. Spero di finire nel girone dei traditori fino al collo nel ghiaccio perché odio il caldo. Probabilmente non mi ci manderanno proprio perché sarebbe un mezzo piacere.

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