Guido Meda: l’eroe è chi salva da un suicidio

Intervenire, fermare, far ragionare, sostenere, impedire che si facciano sciocchezze in un momento di confusione. Questo bisognerebbe fare di fronte ad un tentativo di suicidio. Ma oggi il mondo gira al contrario e l’eroe per i media è diventato chi è riuscito a trovare il coraggio di suicidarsi, così si è visto nel caso recente di Lucio Magri (suicidatosi per “semplice” depressione….) e prima di Monicelli. In mezzo agli applausi e agli appelli di stima per queste persone -da Chiara Lalli a Floro Flores D’Arcais-, in tanti hanno avanzato forti perplessità per queste assurde reazioni, tra questi a sorpresa anche Marco Travaglio per ben due volte (prima volta e seconda volta, quest’ultima rimasta abbastanza nascosta).

Ovviamente gli insulti per lui sono stati infiniti, sopratutto da militanti della sua stessa area politica. Tuttavia ancora nessun sedicente “libertario” ha ancora accusato il noto giornalista sportivo Guido Meda.  Anzi, Repubblica” assicura che è diventato addirittura “eroe del web per un giorno”, sempre che valga qualcosa. Il telecronista sportivo ha infatti salvato un giovane disoccupato dal suicidio: Meda era collegato su Twitter verso l’1.30 di notte quando ha notato i messaggi di sconforto lasciati da un utente e ha così cercato di confortarlo, ascoltando i suoi problemi e tentando di fornire un po’ di speranza. Ma quando il giovane, collegato dalla sua abitazione di Foggia, ha scritto: “La mia vita non ha senso, la faccio finita”, senza più rispondere ad altri messaggi del giornalista, Meda ha pensato bene di chiamare immediatamente la polizia della città in cui si trovava (Trento), convinto che quelle sarebbero state le ultime parole del giovane foggiano. I poliziotti hanno avvisato la questura di Foggia e gli agenti sono immediatamente andati a casa del ragazzo, sono entrati e l’hanno trovato ancora collegato al pc. Il foggiano – ha raccontato – è disoccupato, divorziato e da qualche tempo non ha neanche la possibilità di vedere sua figlia, che l’ex moglie gli nega di incontrare. Dopo l’intervento degli agenti, un ultimo post rassicurante: “Dopo una bella chiacchierata con gli angeli blu provo a dormire”. 

Dopo aver ricevuto diversi complimenti, Guido Meda ha risposto: «Chiunque la notte scorsa al mio posto avrebbe fatto la stessa cosa». Troppo ingenuo a nostro avviso, oggi tanti non avrebbero mai chiamato la polizia (ovvero lo Stato), ma anzi, avrebbero incoraggiato l’aspirante suicida nel suo gesto, magari consigliando anche quali gocce prendere per “addolcire” la morte. Dicono così loro: «No, caro Travaglio. Non siamo matti. Siamo semplicemente libertari. Miriamo cioè ad una forte limitazione del potere dello Stato sulla vita (e soprattutto la morte) dei cittadini, massimizzando la libertà individuale e politica». La polizia dunque non doveva intervenire e Guido Meda -per i radicali e i nuovi paladini dell’autodeterminazione totale- non è altro che l’ennesimo ficcanaso.

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210 commenti a Guido Meda: l’eroe è chi salva da un suicidio

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  1. Davide ha detto

    Credo che questo nuovo argomento di riflessione (il contrasto fra l'”eroismo” di chi salva una vita e quello di chi invece se la toglie) sia uno dei più interessanti proposti negli ultimi tempi dalla redazione di UCCR.

    Il casi proposti e il tono utilizzato mi paiono decisamente azzeccati, quindi vi esorto a continuare!

    • Raffa ha detto in risposta a Davide

      Quoto, credo mettano in luce bene le contraddizioni dei radicali e dei loro devoti (non si capisce come un partito che ha meno dello 0,3% di voti possa essere così incidente).

  2. Carlo ha detto

    Quando la vita scorre “felice” nessuno pensa al suicidio. Quando i problemi ti tormentano inizi a pensarci. Se poi questi continuano, non ce la fai più e allora prendi la tragica “scelta”.

    Il suicidio è la dimostrazione lampante che non è vero il detto secondo cui Dio “carica” ognuno secondo la sua capacità di resistenza. Che poi non ho capito una cosa….siamo per caso delle cavie x test???

    • A. Dent ha detto in risposta a Carlo

      Davvero tu “inizi a pensare” al suicidio quando i problemi ti tormentano?
      Tutti i suicidi di cui ho sentito parlare io erano probabilmente dovuti a momenti di massimo sconforto, in cui quel pensiero era sembrata l’unica soluzione possibile, magari anche tra i fumi dell’alcol.
      E cosa vorresti dire con quel discorso delle cavie?

    • Ottavio ha detto in risposta a Carlo

      “il detto secondo cui Dio “carica” ognuno secondo la sua capacità di resistenza. Che poi non ho capito una cosa”
      Io sapevo che i detti falsi fossero questi due : “fidarsi è bene non fidarsi è meglio”, ma anche “tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”. Sbaglio?

  3. Chiara Lalli ha detto

    Non ho mai applaudito Lucio Magri perché non ho mai scritto sulla sua morte, ma ho soltanto scritto rispetto a questioni tirate in ballo da Marco Travaglio (in un articolo che mi è sembrato sciatto e scritto di fretta), questioni generali, di diritti invocati e di leggi esistenti.
    Flores D’Arcais si chiama Paolo e non Floro – Floro Flores sembra un marsala all’uovo.

    • Laura ha detto in risposta a Chiara Lalli

      La ringrazio per essere intervenuta.
      E’ vero, non l’ha mai fatto direttamente, tuttavia ha difeso enormemente il suo gesto giustificando il fatto che “ci sono molte condizioni cliniche croniche che alcuni non tollerano e non vogliono più vivere e che non possono essere considerate malattie terminale”. Noto che ha aggiunto la parolina “cronica” per tirare la depressione di Magri alla pari di uno stato terminale. Tuttavia chiunque sa che una semplice terapia farmacologica a base di farmaci antidepressivi o benzodiazepine è assolutamente efficacie.

      Il suo articolo (http://www.giornalettismo.com/archives/174469/dieci-considerazioni-su-travaglio-e-magri/) appare agli occhi del lettore una difesa, una giustificazione del gesto di Magri e del medico che lo ha aiutato. Ha avuto l’occasione per prendere le distanze dal gesto (pur giustificandolo) ma non l’ha fatto. Vuole farlo ora?

      P.S.
      Ha poi parlato di Eluana dicendo: “Eluana Englaro era in una condizione che si chiama stato vegetativo persistente e permanente”. Dovrebbe sapere che il termine “persistente o permanente” è ormai inutilizzato dalla medicina. Anzi, lo stesso termine “stato vegetativo” verrà a breve messo fuori uso, perché non c’è nulla di vegetativo in questi pazienti. Ha poi affermato che “Eluana Englaro qualche tempo fa sarebbe morta”, quando invece il suo stato non si è mai aggravato nel corso del tempo e non necessitava di nessuna cura, se non essere alimentata con un aiuto esterno, come si fa abitualmente con disabili e bambini.

      P.S.S.
      Sul marsala all’uovo sono d’accordo. Ma fa anche ridere che lui si definisca filosofo.

      • Chiara Lalli ha detto in risposta a Laura

        Laura, la mia frase che riporta faceva riferimento a condizioni di patologie croniche come la SLA. Penso a Piergiorgio Welby, per capirci: ecco, nel suo caso io credo che Welby aveva il diritto di scegliere. Non avevo alcuna intenzione di tirare aggettivi o di lasciare intendere. Semplicemente non volevo parlare del suo caso, perché non volevo parlare della depressione (avevo troppo poco spazio, e il discorso richiederebbe almeno la discussione di cosa intendiamo per “depressione” e a quali criteri diagnostici, eziologici, terapeutici vogliamo abbracciare). Non volere parlare del gesto specifico di Magri non posso neanche prenderne le distanze – contrariamente a quanti pensano di sapere tutto, io ingoro le ragioni profonde per cui ha deciso quanto ha deciso e non mi sento di commentare.

        Per quanto riguarda Eluana, con “qualche tempo fa” intendevo alcuni anni fa, e specificamente alla rianimazione dopo l’incidente (alcuni anni fa, senza le tecniche ora esistenti Eluana sarebbe morta). Non facevo quindi riferimento ai precedenti anni, quelli dopo l’incidente. Quanto alla definizione, è in corso una discussione al riguardo e uno dei neurologi che ha visitato Eluana Englaro; Carlo Alberto Defanti, così ha spiegato: http://www.chiaralalli.com/2008/02/intervista-carlo-alberto-defanti-su.html

        Su Floro e sulla definizione di filosofo: io rispondo delle mie posizioni ovviamente e non di quelle di qualcun altro. Mi piacerebbe sapere però perché gli contesta la definizione di filosofo. Magari sarà un filosofo che non le piace e con cui non è d’accordo (legittimo), ma sarebbe utile spiegarne le ragioni.

        • Kosmo ha detto in risposta a Chiara Lalli

          “con “qualche tempo fa” intendevo alcuni anni fa, e specificamente alla rianimazione dopo l’incidente (alcuni anni fa, senza le tecniche ora esistenti Eluana sarebbe morta)”

          “alcuni” anni fa, cioè prima delle tecniche di anestesia, il 99% delle persone affette da appendicite sarebbero morte.

          • Chiara Lalli ha detto in risposta a Kosmo

            Kosmo, che cosa mi sta contestando? La mia era una informazione senza implicazione. Un semplice dato, dal quale non volevo ricavare nulla. Riflettevo sulla novità di alcuni dilemmi sollevati dalle tecnologie.

            • Kosmo ha detto in risposta a Chiara Lalli

              Semplicemente che, se ci si basasse sulle tecniche di natura medica di “qualche tempo fa” la maggior parte di noi sarebbe morta.
              Che senso ha dirlo?
              Senza le tecniche di disinnesco all’epoca esistenti, il gioduce Falcone ci sarebbe rimasto stecchito già all’epoca dell’attentato dell’Addaura.

        • Laura ha detto in risposta a Chiara Lalli

          Chiara, grazie per avermi risposto.
          Caso Welby: il diritto a chiedere ce lo hanno tutti, tuttavia non si può chiedere allo Stato di ucciderti. Su questo la penso esattamente come Travaglio. Rispetto alla depressione: non è molto importante quale di “tipo” di depressione si sta parlando, non ci si può uccidere di depressione quando c’è una terapia assolutamente efficacie per qualsiasi livello di gravità. Il suicidio è un male a priori, non può mai “dipendere” dalle cause. Può essere comprensibile, ma mai giustificabile.

          Eluana: chiunque sarebbe morto “molti” anni fa (non “alcuni”) per tecniche di rianimazione. Ma questo cosa significa, mi scusi? Eluana era sana, pesava 65 chili, aveva regolarmente le mestruazioni, deglutiva e respirava autonomamente. Lei mi cita Defanti, che ammette questo: “non ho fatto una visita formale, ma ho trascorso circa un’ora accanto a lei insieme a Marino e alla suora che da oltre 15 anni la accudisce e che la considera in qualche modo una figlia”. Io le cito Giuliano Dolce, tra i massimi esperti di stato vegetativo che ha visitato Eluana poco prima di morire: http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2010/2/10/ELUANA-Il-medico-che-la-visito-lo-stato-vegetativo-e-vita-e-non-e-questione-di-fede/66240/
          Lo stesso Dolce si esprime sul “permanente”: “La sentenza milanese parlava poi di «stato vegetativo permanente». Ma questa espressione è sbagliata, altrimenti chi definisce lo stato permanente si arroga il diritto di decretare una prognosi irreversibile”.

          Nelle stesse condizioni di Eluana erano anche Amy Pickard (6 anni in Stato Vegetativo permanente), Christa Lily Smith (11 anni in stato vegatativo), Patricia White Bull (16 anni in Stato vegetativo), Donald Herbert (10 anni in Stato vegetativo), Jan Grzebsky (19 anni di coma), Sarah Scantlin (20 anni di coma), Terry Wallis (19 anni in Stato vegetativo). Tutti inchiodati ad un letto o ad una carrozzella fino a che tutti si sono “risvegliati”. Sono toranti a comunicare e a vivere.

          Parlare di stato vegetativo persistente e permanente è sbagliato anche secondo il dott. Massimo Gandolfini, Direttore del Dipartimento Neuroscienze e Primario Neurochirurgo della Fondazione Poliambulanza di Brescia e il dott. Gian Luigi Gigli, Direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Udine e membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Neurologia (SIN) i quali scrivono: “la comunità scientifica ha accantonato la dizione “permanente” (oggi utilizzata più in termini ideologici ed utilitaristici che scientifici), assumendo un atteggiamento più prudente (si noti che dietro il concetto di “permanente” c’è il concetto di “irreversibile”) con il termine “persistente” o “prolungato”, che lascia la porta aperta all’ulteriore ricerca sia diagnostica che terapeutica” (https://www.uccronline.it/2011/03/29/i-neurologi-gandolfini-e-gigli-%C2%ABterapia-per-stati-vegetativi-non-sono-irreversibili%C2%BB/)

          Ecco uno stato vegetativo considerato permanente: http://salvatorecrisafulli.myblog.it/

    • Paolo Viti ha detto in risposta a Chiara Lalli

      @Lalli
      Posso chiederle una cosa: se lei fosse stata al posto di Meda, avrebbe chiamato la polizia?

    • Ottavio ha detto in risposta a Chiara Lalli

      Augurandomi che la sig. Lalli abbia interesse non solo a difendere giustamente la sua posizione, ma anche a confrontarsi con chi ha un punto di vista opposto al suo, avrei anch’io una domanda da farle.

      E’ una donna molto impegnata, in particolare su questi fronti: depenalizzazione cannabis, depenalizzazione del suicidio assistito, “sterminio” (metaforico, ovviamente) dei medici obiettori di coscienza e promozione di campagne mediatiche contro chiunque faccia coming out come ex-omosessuale, negandone l’esistenza (non si capisce come) e l’efficacia delle terapie psicologiche di supporto.

      Bene, le prime due battaglie che porta avanti sono sintomo di una grande convinzione sull’autodeterminazione radicale della persona. Giusto? Tuttavia, nelle altre due campagne, lei vuole privare alcune persone di esercitare questa autodeterminazione della loro persona. Non vede nessuna contraddizione?
      L’embrione è ormai provato che sia un essere umano, perché un medico contrario alla sua uccisione non potrebbe esercitare la sua autodeterminazione nel farlo? Perché un omosessuale non potrebbe esercitare la sua autodeterminazione nello scegliere di farsi aiutare per riordinare quel che lui ritiene disordinato (ammesso e non concesso ovviamente che le terapie funzionino, non voglio parlare di questo)?

      La ringrazio se volesse rispondermi.

      • Xylos ha detto in risposta a Ottavio

        Dubito che se la senta di confrontarsi al di fuori di giornalettismo.

      • Chiara Lalli ha detto in risposta a Ottavio

        Ottavio, sono felice di leggere che lei sa più cose sul mio conto di quante ne sappia io! Sulla depenalizzazione ho scritto un pezzo (credo solo uno) e questo farebbe di me una paladina della battaglia? Io scrivo e cerco di ragionare (tutti i miei ragionamenti sono sottoponibili a critica, e ben volentieri anche).
        Non ho mai fatto alcuna promozione mediatica – anche nel caso dell’omosessualità ho sollevato dubbi e questioni (di nuovo sottoponibili a critica). credo che non esista un orientamento sessuale migliore di altri, Giusto e da “suggerire”. Credo che le terapie riparative siano sbagliate e dannose. Ne ho scritto, evito di riportare il tutto qui. Quanto agli obiettori, la mia analisi è appena più complessa e lo sterminio, le assicuro, non è nel mio carattere.

        Vengo alle sue domande.
        1. e 2. (Obiezione di coscienza): l’obiettore della 194 ha scelto liberamente di fare il medico in una struttura pubblica, il discorso perciò deve spostarsi sui doveri professionali e le garanzie dei servizi. Io sarei ben felice se si trovasse il modo di garantire il più alto numero possibile di scelte soggettive. Oggi la situazione non è questa, allora dovremmo almeno discuterne e conoscere gli effetti sulle donne che interrompono una gravidanza (linko a una storia esemplare al riguardo: http://www.chiaralalli.com/2012/01/del-dolore-evitabile.html
        3. Lo può fare, e gli altri sono liberi di commentare e di esprimere pareri. Credo inoltre che bisognerebbe conoscere le ricerche e gli studi in merito alla terapia riparativa. il parere delle associazioni psichiatriche. Non ho mai scritto e pensato che bisognerebbe impedire a qualcuno di chiedere una terapia riparativa. Siamo liberi di chiedere una terapia che non funziona o che è dannosa. (Diverso il discorso sui terapeuti riparatori e di come gli ordini e le associazioni psichiatriche e psicologiche dovrebbero comportarsi).

        • Ottavio ha detto in risposta a Chiara Lalli

          Mi scusi se le sono sembrato presuntuoso, ma era un modo per introdurre le domande.

          1 e 2: l’obiettore sceglie di fare il medico, giustamente come dice lei. Ma fa questa scelta per curare le persone, non sopprimere quel che la scienza chiama essere umano. Non a caso l’85% circa dei medici in Italia (il 90% negli USA, l’80% nel Regno Unito) è obiettore (togliamo pure il 10% dei finti obiettori). L’aborto NON è una cura sanitaria (anzi, aumenta le cure sanitarie necessarie in post-aborto), la gravidanza NON è una malattia e il NON nato non è un tumore da estirpare. Lei ha raccontato una storia limite, quella di Margherita, ma il 90% degli aborti è per motivi economici. Perché non ci spendiamo almeno per un supporto economico alle donne in gravidanza? Perché nessun abortista porta avanti questa battaglia? Per non parlare dell’adozione. Sarebbe d’accordo a limitare l’aborto solo nei casi di stupro e malattie gravissime del feto (e sicurezza madre)?

          3. Lei intitola il suo pezzo contro Adamo Creato così: “Lo strano caso del gay curato con la Chiesa”. Si è mai accorta che lo stesso Adamo nella sua testimonianza non ha mai parlato di “guarigione” o di “terapie riparative”? Ecco il pezzo: https://www.uccronline.it/2011/09/23/omosessualita-%C2%ABuscirne-si-puo-io-lho-fatto%C2%BB/
          Chiude il suo articolo così: “Contribuire a ingrossare la corrente – già troppo violenta – delle cosiddette terapie riparative è decisamente ripugnante”. Adamo non ha mai parlato di terapie! Questa è pura disinformazione e propaganda mediatica a casa mia.

          Conosce questo studio: http://www.amazon.com/gp/product/083082846X/, e questo: http://www.mygenes.co.nz/whiteheadcomorbid10_2.pdf
          Conosce Robert Perloff ex presidente dell’Apa? Ecco cosa dice “sono felice di aderire alla posizione della NARTH: essa rispetta la dignità di ogni cliente, l’autonomia e il libero arbitrio. Ogni individuo ha il diritto di rivendicare un’identità gay o di sviluppare il suo potenziale eterosessuale. Il diritto di cercare una terapia per cambiare il proprio adattamento sessuale è considerato ovvio e inalienabile. Condivido pienamente la posizione della NARTH” (http://www.narth.com/docs/perloff.html).

          Conosce Nicholas Cummings, ex presidente dell’Apa e tra gli psicologi più importanti negli Usa? Ecco cosa dice: “Per prima cosa, lasciatemi dire che sono stato un campione permanente dei diritti civili, compresi quelli delle lesbiche e dei gay. Ho nominato il primo presidente della task force dell’APA sulle questioni gay e lesbica, che poi è divenuta una delle divisioni dell’APA. In quel periodo il problema era proprio la scelta di una persona dello stile gay, mentre ora è messa in discussione la scelta di un individuo a non essere gay, questo perché la leadership dell’APA sembra aver concluso che l’omosessualità è immutabile. Relegando l’attrazione dello stesso sesso come immutabile -come si fa con un gruppo di afro-americani per esempio- distorce la realtà. Far passare il tentativo di rendere “immorale” la terapia del riorientamento sessuale viola la scelta del paziente e rende l’APA il determinante de facto degli obiettivi terapeutici. L’APA ha permesso che la correttezza politica trionfasse sulla scienza, sulla conoscenza clinica e sull’integrità professionale. Il pubblico non può più fidarsi della psicologia organizzata per parlare di prove, piuttosto si deve basare per quel che riguarda l’essere politicamente corretti. Al momento la governance dell’APA è investita da un gruppo elitario di 200 psicologi che si scambiano le varie sedi, commissioni, comitati, e il Consiglio dei Rappresentanti. La stragrande maggioranza dei 100.000 membri sono essenzialmente privati ​​dei diritti civili. Alla Convenzione APA del 2006 a New Orleans, ho tenuto un discorso intitolato “Psicologia e la necessaria riforma dell’APA”, che è stato ampiamente diffuso nei listserves di psicologia ma è stato totalmente ignorato dalla leadership dell’APA”. Lui stesso ha visitato molti omosessuali, aiutandoli ad “uscire” dall’omosessualità: https://www.uccronline.it/2011/11/16/lex-presidente-dellapa-%C2%ABdallomosessualita-si-puo-uscire-lapa-e-solo-politica%C2%BB/

          Immagino invece che conosca bene Robert L. Spitzer, l’allora responsabile dell’eliminazione dell’omosessualità dal “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders”, che oggi aderisce alle terapie riparative.

          Faccio notare che a me non interessa nulla di queste terapie, io credo come lei che gli omosessuali abbiano il diritto a richiederle e su di esse c’è moltissima disinformazione, anche per colpa delle posizioni politiche delle associazioni psichiatriche (come dicono gli ex). E di qualche giornale (dalla desinenza -ismo)

    • Falena-Verde ha detto in risposta a Chiara Lalli

      Salve signorina/signora Lalli. Penso, modestamente, che la battuta su Flores d’Arcais sia dovuta all’esistenza del calciatore Floro Flores. L’articolista, probabilmente, ha voluto “mischiare” i due nomi.
      Saluti.

  4. Luigi Pavone ha detto

    Molti fronti su cui Chiara Valli è schierata sono molto condivisibili. La questione della legalità dell’aborto, al di là di tutte le stime sulla sua effettiva incidenza sulla diminuzione delle interruzioni di gravidanza, è una questione di diritto. Uno stato che proibisca e dunque sanzioni l’aborto è uno Stato che in linea teorica afferma ed esercita di fatto un diritto sul corpo dei propri cittadini. Questo comporta un duplice problema, quello appunto teorico (lo Stato può esercitare diritti sul mio corpo?), l’altro pratico: cioè, poiché quei comportamenti (l’aborto) sono rivolti al mio corpo, ciò implica una incapacità tecnica delle autorità esecutive di individuare i reati (e dunque aborto clandestino).

    Lo stesso discorso, mutatis mutandis, vale per l’eutanasia, che non è il diritto al suicidio assistito simpliciter, ma è il diritto al suicidio assistito in casi eccezionali, rigorosamente contemplati.

    Sul matrimonio gay non sono invece d’accordo. Dal mio punto di vista non esistono argomentazioni valide a suo sostegno.

    • Nofex ha detto in risposta a Luigi Pavone

      “Uno stato che proibisca e dunque sanzioni l’aborto è uno Stato che in linea teorica afferma ed esercita di fatto un diritto sul corpo dei propri cittadini”
      Lo Stato impone le cinture di sicurezza, dunque esercita un diritto sul corpo dei cittadini. Quando lo Stato non mi sanzionerà perché giro senza casco, allora potrò accettare quanto stai dicendo.
      L’embrione è un essere umano unico ed irripetibile, è tale dal momento della fecondazione ci dice l’embriologia. Uccidere un essere umano è un reato punito dalla legge.

      “lo Stato può esercitare diritti sul mio corpo?”
      Lo fa già ogni volta che sali in macchina, che ti impedisce di donare gli organi, che ti obbliga all’uso del caschetto in cantiere, che ti proibisce di fare il bagno se c’è bandiera rossa ecc.. l’autodeterminazione NON esiste nel diritto.

      Non ho capito cosa dici sull’eutanasia però…

      • Luigi Pavone ha detto in risposta a Nofex

        Nofex, non capisco il tuo discorso, lo dico francamente. Tu dici: lo Stato mi obbliga a portare le cinture di sicurezza. Ma lo Stato proibisce anche l’aborto in alcuni paesi. Qui la questione a me pare riguardi non come lo Stato di fatto si configura in Italia o in altri Paesi, ma come lo stato dovrebbe configurarsi.

        • Nofex ha detto in risposta a Luigi Pavone

          Il mio discorso parte da questa frase: “Uno stato che proibisca e dunque sanzioni l’aborto è uno Stato che in linea teorica afferma ed esercita di fatto un diritto sul corpo dei propri cittadini”.
          Dunque il problema della penalizzazione dell’aborto, per te, è sul fatto che lo Stato non deve esercitare un diritto sul corpo dei propri cittadini. E’ un discorso generale quindi.

          E io ti rispondo: lo Stato impone tutti i giorni il suo diritto sul corpo dei suoi cittadini (ti ho spiegato come), perché non dovrebbe farlo sull’aborto?

          • Luigi Pavone ha detto in risposta a Nofex

            Ti rispondo: ogni giorno lo stato permette alle donne di abortire, perché dovrebbe obbligare i cittadini a portare le cinture?

            • Nofex ha detto in risposta a Luigi Pavone

              Pavone, guarda che le cinture sono già obbligatorie. Ma cosa stai dicendo?? Hai girato la frittata ma ti è venuta male…

              • Luigi Pavone ha detto in risposta a Nofex

                Nofex, mi scuso se non mi sono espresso bene. Ma il punto non è come lo Stato è attualmente, ma come dovrebbe essere. Attualmente alcuni Stati obbligano le cinture, altri proibiscono l’aborto, in altri ancora vige la pena di morte. Nessuno di questi fatti può costituire un argomento normativo, ma quello che tu mi contesti è appunto un discorso normativo.

                • Nofex ha detto in risposta a Luigi Pavone

                  La sicurezza antinfortunistica (che poi è salvavita e non tanto salva infortunio) è presente ovunque, sicuramente in Occidente.

                  I casi sono due dunque: o sei contrario all’obbligo di casco e cinture obbligatorie (e così via) oppure ritieni che lo Stato debba imporre il suo diritto sul corpo dei cittadini almeno in alcuni casi. Quale delle due?

                  • Luigi Pavone ha detto in risposta a Nofex

                    Ti confesso, Nofex, che non ho mai riflettuto sul casco e le cinture. Tuttavia, non voglio sottrarmi alla tua domanda: nella misura in cui casco e cintura implichino una sorta di esercizio di diritti dello Stato sul mio corpo, allora ritengo che l’obbligo del casco e delle cinture andrebbe eliminato, almeno per coloro che hanno compiuto la maggiore età.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Però, attento, non mi voglio impegnare nella tesi che l’obbligo del casco e delle cinture non abbiano anche un valore sociale. Francamente immagino di sì, altrimenti ne seguirebbe che lo stato dovrebbe anche proibire di fumare per tutelare la mia salute.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      In altre parole – forse così riesco a spiegarmi meglio: tu parti dalla premessa che l’obbligo delle cinture sia giusto, invece dal mio punto di vista è un problema. E’ un problema perché non riesco a focalizzarlo bene. Mi pare molto improbabile, per farti un esempio, che i carabinieri possano multarmi se all’interno della mia proprietà costruisco una pista in cui viaggio senza cinture. Quindi l’obbligo delle cinture pare non sia esclusivamente finalizzato a tutelare la mia salute anche contro la mia volontà. Se così fosse, ne seguirebbe che lo stato dovrebbe obbligarmi alla visita medica mensile, dovrebbe proibirmi di fumare etc.

                    • Nofex ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      “allora ritengo che l’obbligo del casco e delle cinture andrebbe eliminato”.
                      Bene, avendo aperto questo file ovviamente se ne aprono infiniti: perché le cinture vanno eliminate ma rimane il divieto di balneazione con il mare in burrasca? Perché un balcone in una casa di proprietà dev’essere a livelli di sicurezza? Potrei continuare per ore, ovviamente. Questo, su cui ammetti di non aver mai riflettuto, annulla completamente l’idea dell’esistenza dell’autodeterminazione (cavallo di battaglia dei promotori dell’eutanasia) e invece fa notare come lo Stato eserciti di fatto un diritto sul corpo dei propri cittadini, come è giusto che sia (quindi potrebbe benissimo vietare l’aborto).

                      Per approfondire ti consiglio queste due interviste: http://rassegna.governo.it/rs_pdf/pdf/XWP/XWPNF.pdf e http://www.avvenire.it/Dossier/fine%20vita/interviste/Pagine/il%20giurista_201103080746575470000_201103080751000900000.aspx, ma anche questa pagina: https://www.uccronline.it/2010/04/22/non-esiste-alcun-diritto-allaborto-e-allautodeterminazione/

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Nofex, ti invito a rileggere quello che ho scritto. Io dubito che tutti i casi da te citati siano forme di tutela della salute dei cittadini contro la loro stessa volontà. Ti ho fatto l’esempio della pista all’interno della mia proprietà. Però, se lo fossero, sarebbero da eliminare, perché aperto questo file, ne seguirebbero altri: divieto di fumo, visita medica mensile obbligatoria, dieta forzata, etc. Vogliamo questo? Vogliamo questo inferno?

                    • Nofex ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Quando ho scritto il commento non ho notato le altre tue risposte, come quella sulla pista privata ecc…

                      Tu dici: «dubito che tutti i casi da te citati siano forme di tutela della salute dei cittadini contro la loro stessa volontà».
                      Cosa pensi che siano allora? Perché ci obbligano a tutti quei divieti di cui ti ho parlato? Cosa ci guadagna lo Stato?

                      La pista privata…ma chi ti ha detto che tu possa costruire una pista nella tua proprietà? Ci vogliono sempre dei permessi da parte del Comune e poi chi ti ha detto che tu possa non seguire norme di sicurezza? Hai qualche notizia in merito? Restano ovviamente aperti tutti gli altri casi, ne puoi pensare da solo a centinaia.

                      Davvero vuoi arrivare ad eliminare tutti questi divieti?
                      Sei sicuro che il divieto di fumo sia paragonabile all’entrare in acqua con l’alta marea? O avere un quadro elettrico in casa non a norma di legge? O il guidare senza cinture di sicurezza?
                      Fumare una sigaretta è grave quanto fare un incidente senza cinture di sicurezza?

                      La visita medica mensile obbligatoria, è già obbligatoria per chi vuole fare sport e quindi ha un alto rischio di morte in caso di disfunzione del sistema cardiocircolatorio. Hai appena trovato un altro caso in cui lo Stato difende il tuo corpo contro la tua volontà. Davvero vuoi lasciare all’arbitrio di chi fa attività sportiva -dai ragazzini ai sessantenni- l’avere una visita medica che certifica l’idoneità a fare attività motoria? Faresti davvero fare attività agonistica ad un quarantenne sapendo che ha due bypass o una cardiomiopatia dilatativa con blocco di branca completo? Magari mettendo nei guai la società sportiva e l’allenatore…

                      I casi da te descritti non li ritengo valide obiezioni, non sono infatti paragonabili (dal punto di vista della gravità) a quelli per cui lo stato oggi interviene. Tornando al nostro discorso, questo spiega perché lo Stato non permette l’eutanasia e il suicidio assistito, in quanto è sempre orientato al preservare la vita della persona, anche contro la sua volontà (fino ad un certo punto ovviamente, la libertà di buttarci da un ponte sarà sempre lasciata). Rispetto all’aborto, lo Stato dovrebbe intervenire ma non tanto per salvaguardare la vita della donna a causa dell’aborto (la donna che abortisce non ha un alto rischio di morte) ma perché viene soppressa una vita umana geneticamente unica e irripetibile, così come la scienza embriologica stabilisce.

    • enrico ha detto in risposta a Luigi Pavone

      @ Luigi Pavone

      Uno stato che tollera l’omicidio come diritto?

      • Luigi Pavone ha detto in risposta a enrico

        Lo Stato tollera attualmente l’omicidio in particolari circostanze, per esempio quando tutela il diritto di legittima difesa. Nel caso dell’aborto, se non lo tollerasse, andrebbe incontro a due problemi: uno teorico (lo Stato può esercitare diritti sul mio corpo?); uno pratico: poiché il comportamento che intende sanzionare è un comportamento rivolto al mio corpo, diviene eccessivamente difficile individuare i reati, e dunque aborto clandestino impunito (con le conseguenze tipiche di ciò che è clandestino).

        • enrico ha detto in risposta a Luigi Pavone

          Da un punto di vista logico.

          1 L’embrione nei suoi vari stadi è vivo e comunica attraverso segnali chimici con la madre.
          Cresce e si nutre
          Non è un’appendice del corpo della madre, tant’è che il corpo della madre non lo può autonomamente generare.
          Non contiene nemmeno le medesime informazioni genetiche ma la somma di quelle del padre e della madre.

          2 Considerando che un neonato non ha coscienza di sè che poi è una possibile definizione di persona e cito “in ambito filosofico si definisce persona un essere dotato, nella concezione moderna almeno potenzialmente, di coscienza di sé e in possesso di una propria identità” si potrebbero proporre altre forme di omicidio come il soffocamento durante la nascita, o nei primi mesi.
          A stretto rigore razionale.
          Che non significa essere ragionevoli.
          A meno che lei non mi sappia dimostrare che è razionale…( non ragionevole)…non dico l’aborto ma in generale non uccidere se ne ricavo un vantaggio.

          Inoltre non è un comportamento rivolto “al mio corpo” non contiene nemmeno le medesime informazioni genetiche.

          Non voglio gettare la croce su donne che hanno abortito o su chi ha collaborato.
          Ma per pentirsi di qualcosa bisogna prima capire che un’ azione è male e perchè.

        • Nofex ha detto in risposta a Luigi Pavone

          “lo Stato può esercitare diritti sul mio corpo?”
          Come abbiamo già discusso, lo Stato esercita continuamente diritti sul tuo corpo, tant’è che tu vorresti eliminarli tutti. Riaprire qui la discussione non mi sembra utile, no?

          “diviene eccessivamente difficile individuare i reati e dunque aborto clandestino impunito”
          Perché? Che legame c’è con il divieto? Immagino che saprai che ci sono tantissimi Paesi in cui l’aborto è illegale, tra di essi l’Irlanda. Un Paese giovane, in cui le donne sono sane, in cui i cittadini non vogliono cambiare e non ci sono tassi differenti di aborto clandestino dai Paesi in cui è legale abortire: https://www.uccronline.it/2012/01/08/nuovo-studio-lirlanda-e-un-paese-giovane-e-sano-grazie-al-divieto-di-aborto/

        • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

          Rispondo ad Enrico. Rispondo con un esperimento mentale, come dicono i professionisti. Immagina Giuseppe e Aldo. Giuseppe è il papà di Aldo. Giuseppe si ammala, purtroppo. La sua vita dipende da un trapianto di rene. Aldo è un soggetto compatibile e può donare il rene al padre. Qual è il ruolo dello Stato in queste dinamiche? Non c’è dubbio che lo Stato ha l compito di tutelare la vita di Giuseppe, ma questa sua tutela può spingersi fino ad obbligare Aldo a donare il proprio rene? La vita di Giuseppe passa attraverso il corpo di Aldo.

          Non identica, ma molto simile è la situazione del feto, la cui vita dipende dal corpo della madre. Lo Stato deve tutelare la vita del nascituro, ma può spingersi in questo suo proposito ad obbligare le donne a portare avanti la gravidanza e partorire?

          • enrico ha detto in risposta a Luigi Pavone

            @ Luigi Pavone

            Gedanken experiment?
            Mi spiace le condizioni che lei pone sono errate.
            Nessuno obbliga la madre a mettere la propria vita a repentaglio rispetto quella del bambino.
            Non è la posizione della Chiesa Cattolica.

            • Luigi Pavone ha detto in risposta a enrico

              Lo Stato non può obbligare nemmeno a un trapianto assolutamente sicuro come un improbabile trapianto d’unghia. Non c’entra nulla il fatto che il donatore di rene mette a repentaglio la sua vita, perché possiamo sempre ricostruire l’esperimento senza coinvolgere un eventuale rischio, ma anche in quel caso ci troveremmo in una situazione in cui lo Stato non può esercitare nessun tipo di costrizione.

            • Luigi Pavone ha detto in risposta a enrico

              Oddio, vuoi forse dire che se lo sviluppo della medicina portasse a trapianti assolutamente certi e privi di ogni rischio, lo Stato dovrebbe obbligare Aldo a donare il proprio rene?

          • enrico ha detto in risposta a Luigi Pavone

            @ Luigi Pavone

            Seguendo il suo gedanken experiment, un neonato non è assolutamente indipendente, non ha coscienza di sè…soffocamento durante il parto o rupe tarpea?

          • enrico ha detto in risposta a Luigi Pavone

            “Non identica, ma molto simile è la situazione del feto, la cui vita dipende dal corpo della madre. Lo Stato deve tutelare la vita del nascituro, ma può spingersi in questo suo proposito ad obbligare le donne a portare avanti la gravidanza e partorire?”

            Ancora alcuni piccoli appunti riguardo il suo gedanken experiment.
            Dunque il feto è proprietà della madre, qual’è il punto di discontinuità, posto che non può essere nè l’indipendenza, che non ha nemmeno il neonato, nè la coscienza di sè che nemmeno questa è caratteristica del neonato?

            Dove sarebbe il rischio di per se per la madre?
            Di ingrassare causa l’essere in stato interessante?

            • Luigi Pavone ha detto in risposta a enrico

              No, il feto non è proprietà della madre, esattamente come Giuseppe non è proprietà di Aldo. Il punto di discontinuità è dato dalle diverse modalità in cui la vita di un uomo può dipendere dal corpo di un altro uomo.

              Sopra ho prolungato il mio esperimento mentale, aggiungendo condizioni sicurissime per il trapianto (anzi, immaginiamo pure che esistono studi statistici che dimostrino che chi ha un rene prolunga la sua vita di 10 anni), e ti ho domandato: in queste condizioni, in cui il trapianto è sicuro, e in cui chi ha un rene campa dieci anni in più, in queste condizioni lo Stato dovrebbe obbligare Aldo al trapianto?

              • enrico ha detto in risposta a Luigi Pavone

                @ Luigi Pavone

                Noto che lei abilmente non risponde alle domande che io ho posto.
                Quale sia precisamente il punto di discontinuità.
                Un neonato può non dipendere dal corpo della specifica madre, ma certamente dipende dal “corpo” e dall’esistenza di qualcuno, dunque è affatto indipendente.
                Secondo il suo ragionamento fino all’indipendenza da un dato “corpo”, qualcuno, grazie alla cui esistenza il neonato vive, potrebbe esercitare diritto di vita o di morte sul neonato.
                Ripeto soffocamento durante il parto o rupe tarpea?
                E’ interessante notare dove conducono certe posizioni.

                • Luigi Pavone ha detto in risposta a enrico

                  Mi scuso se ho dato l’impressione di non rispondere furbescamente alle domande, ma io credo di aver risposto. Una domanda sicuramente in sospeso è piuttosto quella che ho fatto io: lo Stato deve obbligare Aldo a donare il rene, posto che la donazione non comporta rischi?

                  Il neonato non dipende dal corpo della madre, dipende dalle sue cure.

                  • enrico ha detto in risposta a Luigi Pavone

                    No lo Stato non può. E’ legato alla sua coscienza.
                    Il fatto che lei distingua fra “corpo” e “cure” è un sofisma.
                    Nessuno può dare cure nella condizione di “non esistenza”, per dare delle cure bisogna “esistere”, non si tratta semplicemente di cure, ma di dipendenza.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a enrico

                      Dato che “corpo” non significa “cura”, sarebbe un sofisma il non distinguerli. Non ho parlato di “esistenza” e di “non esistenza”.

                      Tu dici: lo Stato non può. Tuttavia, se Aldo decide di non donare il proprio rene, Giuseppe non sopravvive. Perché tu ritieni che lo Stato dovrebbe comportarsi in quel modo, giungendo finanche a permettere che Giuseppe non sopravviva?

                    • enrico ha detto in risposta a enrico

                      @ Luigi Pavone

                      Il thread ha un diverso argomento.
                      Tuttavia è stata sollevata la questione dell’aborto e della sua liceità o meno.
                      Dunque le rispondo sperando di non interferire eccessivamente con le discussioni degli altri utenti.

                      L’esempio che lei porta è oggettivamente errato.

                      Poichè l’embrione non è parte del corpo della madre tant’è che non contiene nemmeno la medesima informazione genetica, come invece un rene della stessa.
                      Dunque si tratta della dipendenza di qualcuno, che ha una propria identità distinta, da un’altra persona.
                      E questo rientra nel mio esempio.
                      In cui lei non mi ha ancora segnato un punto di discontinuità oggettivo.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a enrico

                      gentile Enrico, non penso proprio che il mio esperimento mentale sia “oggettivamente errato”. Lei dice che è errato “poiché l’embrione non è parte del corpo della madre”. Chi dice il contrario? Ma nel mio esperimento, proprio tenendo conto di questa separatezza, l’individuo Giuseppe è tenuto separato dall’individuo Aldo.

                      Ci rifletta su, e se riesce a trovare un principio sulla cui base risulta da un lato ingiusto costringere Aldo a donare un rene (in totale sicurezza, anzi guadagnandoci 10 anni di salute), dall’altro giusto costringere una donna alla gravidanza e al parto, la prego di comunicarmelo. Lo discuteremo serenamente.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a enrico

                      Io non mi sognerei mai di affermare che il feto è una parte del corpo della donna di cui la donna può fare quello che vuole. Io non difendo il diritto della donna di uccidere il feto. Difendo il suo diritto (di fronte alle leggi dello Stato) di non portare avanti la sua gravidanza.

                    • enrico ha detto in risposta a enrico

                      “Io non difendo il diritto della donna di uccidere il feto. Difendo il suo diritto (di fronte alle leggi dello Stato) di non portare avanti la sua gravidanza.”

                      Prima risolva questa contradizzione nel suo ragionamento

                    • enrico ha detto in risposta a enrico

                      Successivamente:
                      Nel suo esperimento inoltre Aldo si priva di parte del suo corpo.
                      La donna non si priva di parte del suo corpo.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a enrico

                      Enrico, nessuna contraddizione: Aldo ha il diritto di non donare il rene, non ha il diritto di uccidere Giuseppe, benché la sua decisione di non donare il rene comporta la morte di Giuseppe. Allo stesso modo, la donna ha il diritto di non portare avanti la gravidanza, non ha il diritto di uccidere il feto, benché la sua decisione di non portare avanti la gravidanza abbia come conseguenza la morte del feto.

                      Quanto alla sua osservazione relativa al fatto che costringere Aldo a donare il rene significherebbe privarlo di una parte del suo corpo, mentre costringere una donna alla gravidanza e al parto non avrebbe questa conseguenza ha pregio nella misura in cui mette capo a un principio di questo genere: lo Stato ha diritto sui corpi dei propri cittadini a condizione di non sottrarne nessuna parte. Il principio a me pare piuttosto grossolano. Le ripeto, il suo compito (non ora, ci rifletta su) è quello di fornire un principio alla luce del quale risulti ingiusto costringere Aldo a donare un rene (in totale sicurezza), dall’altro giusto costringere una donna alla gravidanza e al parto.

                    • enrico ha detto in risposta a enrico

                      @ Pavone

                      Quando si scontrano due supposti diritti, e rigorosamente logico considerarli rispetto alle loro conseguenze.
                      La differenza fra le possibilità che lei prospetta sono evidenti nelle conseguenze, poichè da una parte si ha la morte contro alcuna perdita o menomazione.
                      Lei semplicemente sostiene il diritto all’omicidio rispetto al disturbo di nove mesi di gravidanza.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a enrico

                      Dov’è il principio che copre l’esperimento di Aldo e non copre l’aborto? Ci pensi, senza fretta.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a enrico

                      Anche lei difende allora il diritto all’omicidio permettendo a Aldo di non donare il suo rene in totale sicurezza e con dieci in più di salute! Comunque, se lei non enuncia in modo chiaro un principio che copra il mio esperimento senza coprire il caso dell’aborto, qui discutiamo a vanvera. Il principio che ho enunciato io, cioè lo Stato non può esercitare diritti sul mio corpo, non riesce a coprire il primo senza coprire anche il secondo(l’aborto).

                    • enrico ha detto in risposta a enrico

                      @ Luigi Pavone

                      Vivere senza un rene comporta una diversa qualità di vita.
                      Lei non può parlare in questo caso di “senza rischi”.
                      Dico che non può obbligarlo. Non che sia la scelta più corretta.
                      L’uomo non è costituito con due reni per donarne uno in sovrappiù.
                      La donna è precisamente adatta ad una gravidanza.
                      Diritto sul corpo di che genere?
                      lo Stato ha diritto sul corpo dei cittadini li può incarcere, non può certamente seviziarli o menomarli.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a enrico

                      La mia ipotesi non porta all’estinzione dell’umanità, porta al massimo rispetto per le persone. Lei invece prende le persone, le sequestra, le fa quello che vuole, ma… tutto sempre a fin di bene, naturalmente.

                  • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                    Enrico, il mio esperimento mentale, se lo rilegge, prevede che non ci siano rischi (anzi 10 anni di salute in più). E’ un esperimento mentale. Un noto filosofo, Hilary Putnam, tempo fa, dimostrò con un esperimento mentale, il quale prevedeva l’esistenza di una terra gemella, che i generi naturali sono designatori rigidi, ma nessuno può confutare quell’esperimento, dicendo: ma dai Hilary, ma cosa dici mai? non esiste una terra gemella!

                    • enrico ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      @ Luigi Pavone

                      In queste condizioni l’esperimento è adirittura banale.
                      Certo che lo Stato può e deve obbligarla allora.
                      Tant’è che la obbliga a soccorrere un uomo incidentato.
                      Si chiama omissione di soccorso e penso sia penale.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Quindi, se ho capito bene, di fronte ad Aldo che non vuole donare il proprio rene, lo Stato dovrebbe prenderlo con la forza e asportargli il rene.

                    • enrico ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      @ Luigi Pavone

                      Certo.
                      A meno che lei non cambi le carte in tavola nuovamente per tenere in piedi l’esperimento.
                      Le sue condizioni sono che non vi sia rischio alcuno e solo vantaggi.
                      Lo Stato non le permette di tirare dritto di fronte ad un’emergenza, oggi manco se investe un gatto.
                      Se poi vuole ricambiare le condizioni per mantenere le sue posizioni è libero di farlo.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      No, non voglio cambiare le carte in tavola. Io affermo il diritto di Aldo di rifiutare, di avere l’ultima parola su ciò che è bene e male per lui. Penso che uno stato che asportasse il rene ad Aldo, contro la sua discutibile volontà, sarebbe uno Stato macellaio.

                    • enrico ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      @ Luigi Pavone

                      Lei ha semplicemente cambiato le carte in tavola.
                      Le condizioni del suo “esperimento”, me le ha spiegate uno o due interventi sopra, sono che non ci sono conseguenze negativa per alcuno.
                      Lo Stato già adesso la obbliga a prestare soccorso ad un bisognoso, prendiamo il caso di una persona che ha subito un incidenti.

                      Caricare con la parola “macellaio” varrebbe solo se ci fossero delle conseguenze.
                      Ma qui non ci sono.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Sarebbe ugualmente un macellaio se, anche senza rischi (come le mie condizioni prevedono), agisse ed esercitasse lui, al posto di Aldo e contro Aldo, la volontà sul suo corpo. Come fa a non avere la sensibilità per avvertire questa come una situazione claustrofobica?

                    • enrico ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      @ Luigi Pavone

                      Lo Stato incarcera ed obbliga i suoi cittadini ad altri comportamenti come quello di soccorrere che le ho illustrato.
                      Se valesse solo la volontà del singolo si andrebbe alle scelte soggettive del singolo di cosa sia giusto o sbagliato, e poichè le posizioni soggettive possono essere le più varie si giungerebbe al caos.
                      Ma questo c’entra poco con il fatto che un omicidio resta tale.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Enrico, abbia pazienza, ma chi ha detto che deve valere solo la volontà del singolo? Chi dice questo? Io ho detto che lo Stato non ha diritti sul mio corpo. Per lei invece, a patto che sia a fin di bene, può esercitare diritti sul corpo dei sui cittadini anche contro la loro volontà. Sono due visioni diverse, di cui una porta alla macelleria e alla eugenetica di Stato.

                    • enrico ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      @ Luigi Pavone

                      Ma per cortesia.
                      Da una parte paragona la nascita di una vita a donare un rene.
                      Lei dovrebbe, visto che le piacciono i gedanken experiment, portare le sue teorie all’estremo.
                      Valida la sua ipotesi l’umanità potrebbe potenzialmente estinguersi in una generazione, posto che tutti decidessero di abortire.

                      Lei ha posto che non vi siano conseguenze nel donare tale rene, nessuna.
                      Dunque si tratterebbe di una semplice scelta egoistica.
                      Portato alle estreme conseguenze l’egoismo individuale lo Stato si dissolverebbe.

                      Lei sostiene di voler avere diritti sul suo corpo, ma se ne frega dei diritti di quelli di un altro corpo, che viene spazzato via in nome dei suoi diritti.
                      In buona sostanza prevale il più forte.

                      La ragione, poichè l’uomo è una creatura ragionevole fintanto che decide di esserlo, fa valutare pro e contro di una situazione.
                      Qui di contro non c’è proprio nulla.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      La mia ipotesi non porta all’estinzione dell’umanità, porta al massimo rispetto per le persone. Lei invece prende le persone, le sequestra, le fa quello che vuole, ma… tutto sempre a fin di bene, naturalmente. Stranamente, però, in questo dibattito, nessuna donna è intervenuta. Per fortuna ci sono state donne che hanno parlato anche per loro, nella difesa anche dei loro corpi dai tentacoli dello Stato.

                    • enrico ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Stato che giustifica per la loro libertà la morte di altri uomini.
                      Poichè è di tutta evidenza che ciò che è in loro è distinto da loro fin dal momento del concepimento.
                      Ed in questo si rende complice non sostenendole nella loro debolezza ma giustificandole.

  5. Chissenefrega ha detto

    La regina d’Inghilterra, donna dotata di notevole sense of humour, quando venne informata che la sorella Margaret aveva tentato il suicidio, domandò se per caso si fosse buttata dal primo piano. Questo per dire che i molti suicidi che di solito non vanno a “buon” fine non sono veri tentativi di suicidio, ma più che altro una richiesta di aiuto e di attenzione. E questo mi sembra il caso capitato al giornalista, che comunque ha fatto benissimo ad avvisare i carabinieri. Non si sa mai.
    Purtroppo quelli che hanno veramente intenzione di suicidarsi non mandano segnali, ma agiscono. Tant’è vero che la reazione tipica, in questi casi, è sempre di stupore e sorpresa.
    Presso gli antichi il suicidio poteva essere una espressione di libertà. Secondo la filosofia stoica il sapiente non più in grado di esercitare la propria libertà o perché impedito da cause fisiche come la vecchiaia, o da costrizioni esteriori, come il doversi piegare a un tiranno, era moralmente tenuto al suicidio e così fecero Zenone, fondatore della scuola e il suo successore Cleante. Ma lo stoico più famoso resta Catone che si tolse la vita a Utica per non cadere nelle mani di Cesare. Il personaggio fu tanto ammirato, anche in età cristiana, che Dante, nonostante il suicidio, lo pone come custode del Purgatorio, reinterpretando il suo gesto come affermazione suprema di libertà dal peccato (“libertà va cercando…”). E aveva dalla sua i padri della chiesa. A dimostrazione del fatto che anche nel pensiero cristiano la valutazione del suicidio non è poi così chiara. Come giudicare infatti padre Kolbe che si offrì di morire al posto di un padre di famiglia? Egli non era tenuto a farlo e non avrebbe commesso peccato a non proporre lo scambio. Egli scelse deliberatamente di morire. Così come, sul versante “laico”, non credo che si possa definire viltà il suicidio di quei partigiani che si tolsero la vita in carcere per paura di essere costretti a rivelare sotto tortura il nome dei loro compagni. Merita una citazione anche Jan Palach il giovane cecoslovacco che si diede fuoco per protestare contro l’invasione sovietica. Un novello stoico.
    Si potrebbe poi discutere a lungo di suicidi come quello di Jacopo Ortis e del giovane Werther, ma siccome si tratta di suicidi letterari meglio lasciar perdere.
    Per quanto mi riguarda, se una persona ormai condannata dal male (esclusa però la depressione) decide, in piena libertà, di togliersi la vita o di farsi aiutare quando le sue condizioni fisiche non glielo permettano, per evitare inutili sofferenze a sé e ai suoi, non mi sento di tacciarla di “viltà” ma semmai la rispetto
    per aver cercato di morire con “dignità”
    Spiegare il suicidio solo come un gesto ispirato da “viltà” o etichettarlo all’insegna della “cultura della morte” mi sembra alquanto superficiale e riduttivo. Il suicidio è anche libertà, coraggio e dignità. E per quanto possa sembrare paradossale il suicidio non avviene per il venir meno della volontà di vivere ma piuttosto per il suo contrario, come afferma Shopenhauer in alcune mirabili pagine de’ “Il Mondo come Volontà e Rappresentazione”.
    P. S. Ho trovato piuttosto greve l’umorismo (sic) con cui in questa Ultimissima viene affrontato il tema del suicidio e dell’eutanasia. Come se coloro che sono favorevoli a quest’ultima siano persone che non vedano l’ora di accoppare qualcuno. In tempo di guerra è capitato più volte che un soldato abbia sparato a un commilitone il colpo di grazia quando il suo restare in vita era solo una inutile sofferenza. Talvolta su richiesta del morente. Anche questi erano dei trucidi assassini? O non esercitavano forse in una situazione drammatica e terribile una delle più nobili virtù cristiane: la pietas.

    • joseph ha detto in risposta a Chissenefrega

      Mi pare che tu faccia un po’ di confusione. Innanzitutto Evitiamo di confondere il sacrificio estremo con il suicidio deliberato/rituale. Il caso di Padre Kolbe, come quello di altri martiri, è emblematico ed è figura di quello di Cristo: non si cerca la morte, ma si mette la propria vita nelle mani degli altri del per salvare il più debole o per testimoniare la propria fede. I partigiani suicidi rientrano in questa casistica: col loro gesto hanno salvato altre vite. Probabilmente Dante ha interpretato in questa maniera il suicidio di Catone. Il caso dei suicidi “per protesta” non mi pare possa rientrare in questo canone: chi è stato salvato dal gesto di Palach?
      Il gesto di Magri (come quello di welby) ha salvato qualcuno? No, anzi. E’ un invito a tutti i sofferenti: “Perchè resistere? Cedete, è giusto, è facile.” Capisci che una persona debole, fisicamente o psicologicamente, è molto esposta aquesto tipo di seduzione.
      Quanto ai “colpi di grazia” dei soldati ai commilitoni, sono e restano omicidi, almeno tecnicamente, ma vanno inquadrati nel loro contesto: per i particolari momento e luogo in cui sono avvenuti credo che nella maggior parte dei casi fossero, se non leciti, quantomeno giustificabili.

    • enrico ha detto in risposta a Chissenefrega

      @ Chissenefrega

      1 Kolbe non si è suicidato ma è stato ucciso dopo essere stato torturato.

      2 Ogni situazione è soggettiva, non si può conoscere le condizioni di deliberato consenso e piena avvertenza.

      3 Il colpo di grazia viene dato in condizioni in cui non è possibile nè trasportare la persona altrove ne alleviare le sue sofferenze.

  6. Nofex ha detto

    Ringrazio Chiara Lalli per essere intervenuta, spero che rimanga a lungo per confrontarsi con una persona intelligente (al di là della disinformazione operata su Giornalettismo).

    Finalmente! Non come ha fatto Odifreddi che ha scaricato la bomba ed è sparito.

  7. alessandro giuliani ha detto

    Il martire cristiano come Kolbe (anche se non nel senso proprio di martire ma ci siamo capiti) è l’esatto contrario del suicida : egli non sceglie di morire ma affronta la morte se vi è costretto da un ‘male maggiore’ , nel caso di Kolbe togliere dal mondo un padre di famiglia, egli cioè mira ‘all’aumento’ e non alla ‘diminuzione’ della vita, insomma lo scopo conta eccome !

    • Tiziana ha detto in risposta a alessandro giuliani

      Grazie Alessandro, hai anticipato una possibile (e classica) obiezione, ovvero che i martiri sarebbero teorici del suicidio. Quando va bene, quando va male sarebbero assimilabili ai terroristi islamici che si fanno saltare in aria perché “non hanno paura della morte”.

      • Chissenefrega ha detto in risposta a Tiziana

        Io non ho parlato dei martiri cristiani perchè non li considero affatto dei suicidi. Sono stati ammazzati, su questo non ci piove. Ma il caso di Kolbe mi sembra diverso. Se non si offriva in cambio del padre di famiglia avrebbe commesso peccato? Qualsiasi cristiano in una situazione affine è tenuto a sacrificare se stesso? Parlare di “male maggiore” e di “male minore” mi fa venire in mente la casistica gesuitica che ben poco ha a che fare con la semplicità evengelica. Nessuno ha costretto Kolbe. Ha scelto lui deliberatamente di morire. Ditemi piuttosto che ha scelto di morire per un altro a imitazione di Cristo che ha scelto di morire per l’umanità. Non vorrei far passare Gesù Cristo per un suicida ma certo se ne potrebbe discutere.

  8. Carlo ha detto

    Il suicidio è il gesto autolesionistico più estremo, tipico in condizioni di grave disagio psichico, particolarmente in persone affette da grave depressione. Ovviamente essi possono essere determinati da eventi ben pratici, quali delusioni amorose, condizioni di salute o di estetica, condizioni sociali, ecc.

    Come vedete il suicidio non è un passatempo, ma una “risposta” a gravi eventi che ti accadono nella vita. E’ facile pontificare quando uno è sazio….

    La vita umana in determinati condizioni è veramente dura….molto dura…al punto che una persona ritiene più conveniente non vivere che continuare a farlo!!!

    • Karma ha detto in risposta a Carlo

      Quindi una delusione amorosa vale una vita umana? Ho capito bene? Per non parlare delle condizioni estetiche…la vita è dura e insopportabile se la si priva di un senso e di un significato più grande, è una scelta di alcune persone.

      Carlo, il tizio dell’articolo era a pezzi: depresso, privato dei figli, senza lavoro, economicamente “al verde” ecc…, voleva suicidarsi. Tu avresti chiamato la polizia?

  9. Carlo ha detto

    @Karma: Se conviene vivere o no in certe situazioni è una scelta soggettiva. La vita è dura e insopportabile non quando la si priva di senso ma quando ti capitano le disgrazie. Il soggetto dell’articolo perchè voleva suicidarsi? Perchè privato dei figli,senza un euro ecc ecc non perchè non trovava un significato alla sua vita.
    La sofferenza ha un limite, superato il quale un essere umano decide che è più conveniente morire che restare in vita.

    Io non avrei chiamato la polizia. Se Dio di fronte ad una persona che sta per suicidarsi non interviene rispettando il libero arbitrio, perchè dovrei farlo io???

    • Chissenefrega ha detto in risposta a Carlo

      Se tu non avessi chiamato la polizia avresti fatto male. Uno che manda dei “segnali” prima di suicidarsi di solito non ha intenzioni “serie” ma in realtà cerca attenzione e aiuto. Leggiti la prima parte del mio intervento (0re 19.48 di ieri)

      • Carlo ha detto in risposta a Chissenefrega

        Quindi secondo te anche Dio sbaglia a non “fermare” un suicida?

        • GiuliaM ha detto in risposta a Carlo

          Dio lascia comunque pieno libero arbitrio all’uomo, come è giusto che sia. E’ il comportamento degli uomini e della società che deve prevenire che queste cose accadano; questa è vera libertà, la libertà di fare del bene al prossimo.
          Inoltre, sapevi che molte conversioni hanno avuto luogo in persone inquiete e sfiduciate?

    • Ugo ha detto in risposta a Carlo

      @Carlo
      Io ho paura se uno come te mi sarebbe vicino, lo dico davvero.

  10. Antonio72 ha detto

    E’ inutile continuare a nascondersi dietro un dito o un filo d’erba. La giurisprudenza internazionale e nazionale (Corte Costituzionale) lascia di fatto “carta bianca” alla comunità scientifica quando trattasi di entrare nel merito di qualsiasi terapia medica. La determinazione dei limiti di ammissibilità di una determinata terapia non spettano al legislatore, né con una legge regionale (sentenze 282/2002 e 388/2003) né con una legge nazionale. E’ lo stesso art. 32 della Costituzione ad impedire un tale intervento del legislatore: laddove viene stabilito, in negativo, che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” significa, in positivo, che ognuno deve poter usufruire, col proprio consenso, di un determinato trattamento sanitario, senza che il legislatore lo possa autonomamente e in maniera generalizzata vietare (vedasi caso di illegittimità costituzionale delle legge 94/1998 che riguardava il noto multitrattamento Di Bella).
    Il ragionamento della Consulta è chiaro: l’impossibilità di stabilire legislativamente l’ammissibilità o meno di una terapia discende da una totale incompetenza del legislatore in sé, in quanto soggetto politico, ad intervenire su scelte terapeutiche secondo valutazioni che devono rimanere nell’alveo degli organi scientifici. Quindi il confronto del controllo da parte del legislatore qualsiasi terapia medica, ivi compreso il suicidio assistito qualora venisse legalizzato, con quello di altri comportamenti di natura non medica né scientifica, come l’uso delle cinture di sicurezza, è scorretto.
    Per quanto riguarda i trattamenti sanitari (procreazione assistita, aborto, ecc…) la palla passa quindi alla comunità scientifica. Sintetizza bene il concetto l’espressione introdotta da Federico Stella: “il mondo del diritto è un consumatore del sapere scientifico, non un produttore”.
    Quindi responsabilità e deontologia medico-scientifica, da un lato, e il consenso libero e informato del paziente, dall’altro, costituiscono una buona garanzia per la Corte, tra le esigenze scientifiche e le esigenze giuridiche.
    In particolare i dilemmi etici devono essere risolti da Comitati Etici che devono avere una composizione multidisciplinare, ivi compreso a norma di legge, un esperto in materia giuridica, e non da “leggi forti” che la Corte Costituzionale ha più volte ribadito non poter sussistere in questa materia.

  11. Antonio72 ha detto

    Prendiamo per esempio la questione dell’aborto legalizzato. Sappiamo che nella gran parte dei paesi europei l’aborto è legalizzato, anche se normato in maniera differente, ivi compresa l’Italia con la legge 194/78 sull’IVG.
    Eppure sappiamo anche che, nonostante ciò, il tasso di abortività italiano è molto inferiore a quello di paesi considerati più evolutivi dal punto di vista della consapevolezza sessuale e della diffusione di contraccettivi chimici, come l’Inghilterra, la Francia, la Svezia (la prima tra l’altro, ha anche il ben noto triste record di madri minorenni). Se ne deduce che la spiegazione di una minor tendenza delle donne italiane ad abortire deve ricercarsi in altre cause che non siano l’educazione sessuale né la diffusione e la pubblicizzazione dei contraccettivi chimici e meccanici. Allora quale sarebbe la causa, o meglio una delle più determinanti concause? Secondo me è il sistema valoriale il cui centro di gravità permea intorno alla famiglia tradizionale e su una concezione di libertà non scevra dalle responsabilità conseguenti. Insomma, guarda caso, proprio quanto predica la Chiesa Cattolica. Tuttavia quando la stessa Chiesa vuole intromettersi nel dibattito meramente politico rischia, come dire, di contaminare la chiara voce che parla direttamente alle coscienze delle persone. Non si arriva diretti alla coscienza attraverso un decreto legge scritto in burocratese.

    • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

      Anche io avevo fatto una riflessione simile tempo fa, ed ero giunta alle tue stesse conclusioni 🙂

      • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

        E però non hai risposto sulla questione dell’etica affidata dalla legislazione nazionale ed internazionale alla comunità scientifica.
        Il dubbio è questo: se il mondo del diritto che stabilisce l’etica sociale evolve e si plasma con il progresso tecnico-scientifico, il conflitto con qualsiasi etica non-scientifica molto meno malleabile, come per es. quella religiosa, è inevitabile.

    • Carlo ha detto in risposta a Antonio72

      Appunto. La legge deve lasciare libertà di scelta alla donna, e la Chiesa deve essere libera di predicare.

      • GiuliaM ha detto in risposta a Carlo

        Non quando si lede il diritto di un bambino a vivere…

      • Carlo ha detto in risposta a Carlo

        Perché è possibile usare male male la propria libertà e i fratelli possono correggersi, come Gesù ha insegnato. Nessuno impedisce il suicido, chiunque può liberamente buttarsi già da un ponte. Tuttavia è possibile aiutare un altro a comprendere meglio quello che sta facendo. Lo Stato invece deve rifiutare la richiesta di aiuto al suicido perché ha anche un ruolo educativo.

        Conosco molte più persone che hanno trovato la fede grazie alla malattia e alla sofferenza. Loro e i loro parenti.

        ################################################

        Non si tratta di usare male la propria libertà. Un uomo si suicida perchè generalmente ritiene la morte un “male” minore rispetto alla sofferenza che porta. E’ un “conto” che solo il soggetto interessato può fare e nessun altro. Un detto dice che il sazio non crede a chi è digiuno.
        Ripeto…se Dio non interviene per limitare la libertà del soggetto, perchè devo intervenire io???
        Pochi anni fa nel mio paesello è morto un bimbo di pochi anni per una mewningite. La madre disperata si è tolta la vita dopo 1 anno la morte del figlio. Si era ridotta ad una larva umana, faceva pietà solo a guardarla. Alcuni anziani dicevano “I guai non vengono mai soli”!!!
        Ulteriore dimostrazione della falsità secondo cui “Dio da un male ne trae un bene”. In questa caso da un male è venuto altro male.

        • Ercole ha detto in risposta a Carlo

          Togliersi la vita non è mai un male minore, è sempre il male peggiore, in qualsiasi situazione. Non c’è nulla che giustifichi la morte, come non c’è nulla che giustifichi lo stupro. Sono concetti massimi su cui non esiste il relativismo, mi spiace Carlo.
          Ripeto…io non obbligo nessuno a restare in vita, l’uomo è sempre libero di suicidarsi. Lo Stato è invece legittimato a rifiutare una richiesta di suicidio.
          Ripeto…dato che ci sono miliardi di persone convertitesi dopo o durante una malattia significa che non è essa la causa dell’abbandono della fede. Dipende dalla capacità di una persona nel saper affrontare il male e anche dalla capacità della società di aiutare questa persona. I Paesi con i maggiori tassi di suicidi sono tutti ex-comunisti, dove la società è completamente nichilizzata.

          Dio da un male trae un bene se l’uomo si affida. La donna non è stata capace, come invece molte altre donne sono state capaci non solo di affrontare la morte di un figlio, ma di diventare testimoni per tanti altri.

        • enrico ha detto in risposta a Carlo

          @ Carlo

          “Ulteriore dimostrazione della falsità secondo cui “Dio da un male ne trae un bene”. In questa caso da un male è venuto altro male.”

          La morte è una condizione che accumuna, tutti come ricorda S. Paolo.
          Del resto è un fatto che attende non solo le persone coinvolte nella situazione che lei ha riportato ma anche me e lei.
          Dunque non può sapere cosa Dio abbia tratto da questi fatti.

      • Antonio72 ha detto in risposta a Carlo

        E’ qui, secondo me, la questione caro Carlo.
        La legge può modificare i comportamenti individuali e quindi paradossalmente solo ridefinire la libertà individuale, ma non ampliarla affatto?
        Almeno in Italia, lo scopo della legge sull’aborto era chiaro: includere l’aborto nell’alveo delle legalità in modo di introdurre precisi protocolli sanitari, con un iter che prevedesse il consenso informato per responsabilizzare e consapevolizzare la donna. In definitiva lo scopo della legge è quello di controllare e possibilmente, ridurre il fenomeno abortivo ed in parte ci è riuscita. Quindi più che di liberalizzazione si dovrebbe parlare di legalizzazione.
        Tornando alla prima domanda, è innegabile, in quanto i dati statistici parlano chiaro, che la legalizzazione dell’aborto in certi paesi europei ha causato una sorta di assefuazione della donna ad abortire, che oggi pare consideri l’aborto una sorta di metodo contraccettivo ritardato (si guardi le statistiche delle minorenni che ricorrono all’aborto all’estero) grazie anche all’introduzione della pillola RSU486.
        Il diritto assieme al progresso tecnico-scientifico hanno modificato l’etica condivisa e le donne si sono adeguate: in questo consiste la presunta libertà delle donne. E quindi ritorno alla mia domanda di come un’etica flessibile, in quanto piegata dall’innovazione tecnologica, possa andare d’accordo con un’etica religiosa di carattere universale. O meglio se questa etica universale abbia ancora senso in un mondo sempre più ipertecnologizzato.

  12. Carlo ha detto

    Dio lascia comunque pieno libero arbitrio all’uomo, come è giusto che sia. E’ il comportamento degli uomini e della società che deve prevenire che queste cose accadano; questa è vera libertà, la libertà di fare del bene al prossimo.
    Inoltre, sapevi che molte conversioni hanno avuto luogo in persone inquiete e sfiduciate?

    ############################
    Se Dio lascia libero arbitrio al suicida perchè io dovrei limitarlo???
    La società ha le sue colpe, ma solo in parte. Una malattia che ti porta a soffrire come un cane non è certo colpa della società.

    Sapevi che tante persone hanno perso la fede dopo un lutto o una malattia?

    • Ercole ha detto in risposta a Carlo

      Perché è possibile usare male male la propria libertà e i fratelli possono correggersi, come Gesù ha insegnato. Nessuno impedisce il suicido, chiunque può liberamente buttarsi già da un ponte. Tuttavia è possibile aiutare un altro a comprendere meglio quello che sta facendo. Lo Stato invece deve rifiutare la richiesta di aiuto al suicido perché ha anche un ruolo educativo.

      Conosco molte più persone che hanno trovato la fede grazie alla malattia e alla sofferenza. Loro e i loro parenti.

    • GiuliaM ha detto in risposta a Carlo

      Se Dio lascia libero arbitrio al suicida perchè io dovrei limitarlo???
      Perchè il suicida è una persona disperata, che ha bisogno di altri aiuti al posto di quello di spingerlo a morire (sostegno economico, affettivo ecc.). Siamo noi uomini che dobbiamo aiutarci tra noi, penso sia più gratificante che incolpare Dio dei nostri guai o delle nostre mancanze, ed è questo che il Signore stesso vuole per l’umanità.

      Sì, ci sono le persone che hanno perso la fede dopo un fatto grave, ma ce ne sono tante altre che invece hanno trovato Dio proprio nella sofferenza, come per esempio http://www.giadamenicagli.it/
      Solo perchè questi casi non vengono sbandierati, non è detto che non ci siano o che siano pochi…

  13. Antonio72 ha detto

    Vorrei anche criticare il confronto improprio tra la libertà limitata dal codice stradale che obbliga ad adottare comportamenti individuali, come mettere il casco o la cintura di sicurezza, e l’intromissione legislativa o da parte di terzi nell’autodeterminazione del paziente che si sottopone ad un trattamento sanitario prescritta a livello internazionale dall’obbligo del consenso informato, il quale può essere liberamente revocato dal soggetto in qualsiasi momento, anche un secondo prima di entrare in sala operatoria.
    E’ ovvio che un paragone del genere non sta in piedi, in quanto l’obbligo della cintura comincia e finisce col mettersi la cintura, mentre qualsiasi trattamento sanitario, che sia sperimentale o meno, è sempre invasivo ed è suscettibile di determinare degli effetti psico-fisici molto più complessi e coinvolgenti di un singolo gesto come allacciarsi la cintura.
    E’ la stessa distinzione di libero arbitrio che si faceva tra i gesti semplicistici descritti nelle sperimentazioni neuroscientifiche (schiaccia o meno quel pulsante) e le scelte individuali di vita che sono molto più complesse, coinvolgenti e multidimensionali. In definitiva mentre mettere la cintura non cambia la vita, portare avanti o meno una gravidanza, restare o meno per anni inchiodato ad un lettino in stato di minima coscienza, ecc.. sono scelte di quest’ultimo tipo, le quali tra l’altro, non coinvolgono mai solo il soggetto ma anche le persone che gli stanno attorno, soprattutto i familiari.
    Quindi per favore, non cadiamo in questi tranelli….

  14. Carlo ha detto

    Perchè il suicida è una persona disperata, che ha bisogno di altri aiuti al posto di quello di spingerlo a morire (sostegno economico, affettivo ecc.). Siamo noi uomini che dobbiamo aiutarci tra noi, penso sia più gratificante che incolpare Dio dei nostri guai o delle nostre mancanze, ed è questo che il Signore stesso vuole per l’umanità.

    Perchè Dio non può aiutarci? E’ impegnato a fare altro?? Eppure dovrebbe essere Onnipotente!!!
    Comunque la mia domanda era abbastanza precisa. Se Dio lascia libertà all’aspirante suicida (lasciandogli piena libertà) perchè io dovrei limitarlo? Un suicida può essere disperato perchè affetto da malattia, e questa non è certo colpa della società. Una persona può essere disperata perchè ha avuto un grave lutto in famiglia (come il portiere della nazionale tedesca Robert Enke che si è suicidato dopo la morte di sua figlia per una malattia cardiaca http://blog.panorama.it/foto/2009/11/11/il-portiere-robert-enke-si-e-ucciso-lo-shock-della-germania/
    questa non è certo colpa della società o di noi uomini

    Sì, ci sono le persone che hanno perso la fede dopo un fatto grave, ma ce ne sono tante altre che invece hanno trovato Dio proprio nella sofferenza, come per esempio http://www.giadamenicagli.it/
    Solo perchè questi casi non vengono sbandierati, non è detto che non ci siano o che siano pochi…

    Come ti dicevo ci sono tante persone che perdono la fede dopo un grave evento nella loro vita, perchè si rendono conto che questo Dio tanto Buono non lo è

    • Antonio72 ha detto in risposta a Carlo

      Nessuno può limitare il suicidio né oggi né ieri. Altra cosa invece è il discorso di volerlo legalizzare, in quanto si passa da una mera libertà individuale senza effetti a livello sociale, ad un comportamento legalizzato e quindi normato, che attiene alla società in genere. Quando si vuole legalizzare un comportamento è inevitabile che si ridefinisca l’etica e si proponga un nuovo modello sociale.
      Detto in sintesi: oggi il suicida sa di commettere un atto antisociale, e quando non lo sa, il suicidio diventa lo sbocco estremo in caso di patologia psichiatrica/psicologica come una grave depressione.
      Quindi prima delle legalizzazione: aspirante suicida=persona antisociale/ affetto da patologia grave.
      Dopo la legalizzazione: aspirante suicida=persona normale consapevole/accettabile alternativa terapeutica.
      Come può lo Stato conciliare il suicidio legalizzato con la tutela della salute dovuta al paziente depresso, o affetto da altre gravi patologie psico-motorie?
      Questa è una contraddizione irrisolvibile per qualsiasi Stato che voglia legalizzare il suicidio.

      • Antonio72 ha detto in risposta a Antonio72

        Per fare un esempio. Sappiamo che il tasso dei suicidi nelle carceri italiane è molto superiore alla media e se ne conoscono anche le cause.
        Qualora lo Stato legalizzasse il suicidio dovrebbe, da una parte, consentire l’opzione suicidiaria anche al carcerato che ne faccia richiesta, dall’altra parte, tentare di rimuovere le cause che spingono i detenuti a suicidarsi.
        Mi capisci che la contraddizione è lampante.

        • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

          Semplicemente sbarazzarsi dei detenuti in più spingendoli a “levarsi di mezzo” è meno costoso di migliorare le loro condizioni 🙁

  15. enrico ha detto

    @ Carlo

    Almeno qui siamo sull’argomento proposto.

    Lei non ha alcun elemento per affermare che Dio non intervenga a sostegno dell’aspirante suicida attraverso la grazia.
    Tuttavia l’uomo può non corrispondere alla grazia.
    Il proposito di suicidarsi non può coinvolgere obbligatoriamente altre persone.
    Meno che mai rendere lo Stato complice di questo.

  16. Carlo ha detto

    Grazia?? E cosa è esattamente??

    • enrico ha detto in risposta a Carlo

      @ Carlo

      Quella cosa che è accaduta a Frossard signor Carlo (visto che è argomento che conosce).
      Quelle situazioni o persone che ci capitano o si incontrano e che potrebbero aiutarci a sostenere la nostra situazione ed a convertirci.
      Rispetto alle quali si può rimanere però refrattari, come chi scrive in un blog sempre sui medesimi argomenti allo scopo di deporre sempre il medesimo uovo.

  17. Chissenefrega ha detto

    Secondo me sia il tema del suicidio sia il tema dell’aborto, che non casualmente è subentrato nella discussione, ruotano attorno al concetto di libertà, che è assai diverso da un credente a un non credente. Un credente non è libero di ricorrere all’eutanasia, un non credente sì. Una donna credente non è libera di abortire, una non credente sì. Questo è naturalmente un discorso teorico perché la realtà non è così schematica. Il problema che si pone è: quale punto di vista deve assumere la legge? A me sembra del tutto evidente. La legge non può assumere il punto di vista del credente perché in tal modo obbliga tutti ad essere credenti. Mentre invece il punto di vista del non credente dà la possibilità dell’eutanasia a chi non crede, ma non obbliga chi crede. E lo stesso vale per l’aborto. E questo a prescindere dal sentire comune che oggi è ben lontano dalla morale cattolica ufficiale. Infatti anche se molti si proclamano cattolici su certe questioni applicano una morale, diciamo così, privata
    Molte statistiche dimostrano che una legge che consentisse l’eutanasia andrebbe incontro alle aspettative della maggioranza dei cittadini. E riguardo all’aborto la maggioranza delle donne ritiene drammatica questa esperienza, ma contemporaneamente è favorevole alla 194, perché dà libertà di scegliere.

  18. Antonio72 ha detto

    Cmq, lasciando perdere il carattere laico della faccenda, che come ho dimostrato presenta le sue contraddizioni, le domande che Carlo pone non sono campate per aria, anzi toccano proprio una questione teologica controversa che induce molti a non credere.
    Se vuoi Carlo, ti dò una mia risposta, visto che ho affrontato di recente la questione con il prof. Masiero. Di fronte alla questione del male, la terna: Dio-sommo Bene, Dio-onnipotente, Dio-intellegibile, non sta insieme.
    Siccome ho scelto di rinunciare al Dio-intellegibile (nel senso che non lo so e basta!), il professore ha obiettato perchè non avessi rinunciato alla seconda opzione, ovvero Dio-onnipotente, sostenendo che Dio, per concedere la libertà all’uomo si auto-sospende dalla Sua onnipotenza.
    Ma siccome la questione dell’auto-sospensione non la capisco, nel senso che non so come Dio possa rinunciare alla Sua onnipotenza restando onnipotente, sono rimasto coerente con la scelta della terza opzione.
    E tu, Carlo, a quale opzione saresti disposto a rinunciare?

    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Antonio72

      Dio-intelligibile? Forse si tratta di un lapsus, volevi dire “Dio-onnisciente”?

      • Antonio72 ha detto in risposta a Luigi Pavone

        Scrive il prof. Masiero:

        Di fronte al problema del male, per Jonas, la terna Dio-sommo Bene, Dio-onnipotente, Dio-intellegibile non sta insieme. Da credente non può eliminare il primo attributo; da ebreo non può eliminare il terzo; e così sacrifica il secondo.
        Daniele ha eliminato Dio, sciogliendo gordianamente il nodo. Ma anche se lo afferma, trovo difficile credere che questo sia il motivo principale del suo dichiarato ateismo.
        E tu, Antonio, se posso chiedertelo: perché hai preferito sacrificare l’intelligibilità di Dio all’auto-sospensione della Sua onnipotenza?

        • enrico ha detto in risposta a Antonio72

          Non vedo il problema.
          Dio è sommo bene.
          Creando l’uomo crea un essere libero. Credere è un rapporto di amore con Dio. Tuttavia un rapporto per essere tale deve essere libero, altrimenti l’uomo sarebbe una marionetta.
          Sicchè Dio compie un passo indietro nella creazione rispetto alla propria onnipotenza.
          Un ente onnipotente può fare qualunque azione ma poichè libero può decidere di non compierla.
          Nel rapporto con le creature dotate di libero arbitrio vi è la possibilità di allontanarsi da Dio e dunque compiere il male.
          Male che deriva dalla libera volontà della creatura.

          • Antonio72 ha detto in risposta a enrico

            Ma come può Dio onnipotente limitare il proprio potere pur rimanendo onnipotente?
            E se Dio fosse onnipotente perchè permette il male, che evidentemente non proviene solo dall’uomo?
            E se Dio è infinito ed onniscente e conosce quindi ogni istante di tutto il tempo presente-passato-futuro, come fa ad essere libero di scegliere senza calarsi nel tempo?
            Queste domande sono dei veri rompicapi per me difficilmente risolvibili, per questo ho preferito rinunciare all’intelligibiltà piuttosto che all’onnipotenza. Non credo che si possa arrivare al Padre senza passare attraverso il Figlio il quale si è fatto uomo appunto per colmare questa apparente distanza siderale tra l’uomo e Dio.

            • Luigi Pavone ha detto in risposta a Antonio72

              Però, l’intelligibilità non mi pare sia, propriamente parlando, una proprietà, al pari delle altre proprietà considerate. E’ piuttosto una relazione. Dio, per esempio, è intelligibile a sé stesso.

              • Antonio72 ha detto in risposta a Luigi Pavone

                Tuttavia questa scelta opzionale tra quella terna si dava per rispondere alla famosa questione del male.
                Secondo me la rinuncia della terza opzione e quindi dell’intelligibilità di Dio da parte dell’uomo, mantiene inalterato il mistero del male, se così posso definirlo.
                Per quanto mi riguarda il male è una caratteristica intrinseca di tutta la materia, in quanto corruttibile.
                Se Dio non avesse voluto il male avrebbe dovuto creare un universo molto diverso da quello che conosciamo (e magari lo ha anche creato).

                • Luigi Pavone ha detto in risposta a Antonio72

                  Una soluzione più lineare è che nella misura in cui Dio crea, crea altro da sé, che, proprio perché è altro da Dio, non può essere come lui perfetto, se lo fosse, Dio non avrebbe creato altro da sé, cioè non avrebbe creato affatto. In quest’ottica il male risiede nell’alterità stessa della creatura rispetto al creatore.

                  • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                    sottoponi questa soluzione a Masiero, vedi che ti dice 😉

                  • Antonio72 ha detto in risposta a Luigi Pavone

                    Un elegante giro di parole per dire la stessa cosa!
                    Tuttavia se fosse vermanete così l’uomo non potrebbe avere colpa di alcunchè visto che la sua alterità rispetto a Dio non proviene da una sua libera scelta.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Antonio72

                      Pensare che tutto il male del mondo dipenda dalla libertà dell’uomo mi sembra troppo presuntuoso però!

  19. enrico ha detto

    “Secondo me sia il tema del suicidio sia il tema dell’aborto, che non casualmente è subentrato nella discussione, ruotano attorno al concetto di libertà, che è assai diverso da un credente a un non credente.”

    La libertà è data dal poter scegliere.
    Si può scegliere quando vi è un vincolo.
    Rimossi tutti i vincoli non si è liberi poichè in realtà non si sceglie.
    Una donna credente può anche scegliere di sbagliare, chiaramente compie il male.
    Tuttavia non corrompe il senso delle proprie azioni per giustificarle se malvage.
    Il primo santo è un ladro, stando al vangelo.
    Che riconosce le proprie colpe senza autogiustificarsi.
    La legge può scegliere di giustificare certe azioni solo alterando la natura di ciò che esse sono.
    Qui essere credenti o meno conta nulla.

    • Antonio72 ha detto in risposta a enrico

      Allora Dio non è libero visto che non può evidentemente avere dei vincoli?

      • Luigi Pavone ha detto in risposta a Antonio72

        Ottima obiezione!

      • enrico ha detto in risposta a Antonio72

        Dio non è creatura.

        • Antonio72 ha detto in risposta a enrico

          Non può essere ugualmente libero ed onnisciente allo stesso tempo.
          Vedi perchè non mi piace affrontare queste questioni teologiche?! A me pare che non si possa discutere del Padre saltando a piè pari la figura di Gesù Cristo. Anche le stesse dimostrazioni dell’esistenza di Dio, provano forse l’amore di Dio per l’uomo?

          • enrico ha detto in risposta a Antonio72

            Veramente basterebbe leggere la Summa Teologica di S. Tommaso.

            • Antonio72 ha detto in risposta a enrico

              E quindi S. Tommaso sarebbe riuscito a provare razionalmente l’esistenza dell’amore di Dio?
              Com’è che non si riesce a fare lo stesso con gli uomini?

              • enrico ha detto in risposta a Antonio72

                @ Antonio72

                Il fatto che lei esiste prova l’amore di Dio.
                Per le ragioni sotto indicate.
                Il fatto che permetta il male prova precisamente che è Amore proprio perchè lascia alla creatura la libertà di scegliere o meno il rapporto e quindi di compiere il male rifiutandolo.
                Sperimentalmente lei può considerare cosa invece generi la scelta opposta ovvero costringere forzosamente l’uomo, dunque negarne la libertà, nelle strategie che i vari totalitarismi hanno esercitato verso l'”altro” nella ricerca di generare l’uomo nuovo.

            • Antonio72 ha detto in risposta a enrico

              Lo sai invece da dove ricavo io la dimostrazione dell’amore di Dio per l’uomo?

              Maria, dunque, quando giunse dov’era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!” Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: “Dove l’avete posto?”. Gli dissero: “Signore vieni a vedere!”. Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: “Vedi come lo amava!”. (Gv 11,32-36).

              In particolare, rileggendo la parte in cui Gesù scoppia in pianto, mi vengono ancora le lacrime agli occhi, anche se non so spiegarlo razionalmente.

  20. enrico ha detto

    @ Antonio72

    Dio è sommo bene onnipotente e quindi libero.
    Lei in quanto creatura può scegliere di accettarlo come Padre dunque può accettare liberamente il rapporto con Dio.
    Rapporto che costituisce il vincolo.
    Il fatto di esistere, dunque di essere chiamati all’esistenza è preferbile alla non esistenza per ragioni che ho già spiegato, ovvero tolti gli argomenti suggestivi e personalistici (felicità e male del mondo, esperienze positive e negative prettamente dei singoli, precedenti poetici e simili), la Ragione si inclina comunque a favore dell’esistenza, perché solo nell’esistenza stessa essa può darsi: l’esistenza, indipendentemente dal proprio contenuto non misurabile, non oggettivamente confrontabile, non ripetibile etc. è un quid pluris rispetto all’inesistenza.

    • Antonio72 ha detto in risposta a enrico

      Allora se Dio è sommo Bene onnipotente e libero, perchè permette il male?
      Come la giri, non se ne esce…

      E poi non concepisco queste discussioni astratte; che significa: la Ragione si inclina comunque a favore dell’esistenza. Si può dire lo stesso anche del male. L’uomo mica è fatto solo di Ragione, non solo con la maiuscola ma nemmeno con la minuscola.

      • enrico ha detto in risposta a Antonio72

        @ Antonio72

        Non capisco i suoi ragionamenti.
        Dio dovrebbe chiamare all’esistenza le creature come marionette non libere di rifiutarlo e dunque di scegliere il male?
        Lei nei suoi rapporti con chi ama pone situazioni di scelte libere o di costrizione forzata.

        Sull’esistenza anche il ragionamento è piuttosto lineare.
        Lei non ha sperimentalmente la possibilità di confrontare la sua condizione di essere chiamato all’esistenza con quella di un individuo non esistente.
        Condizione che per altro non le permetterebbe nemmeno di porsi tale dilemma.

        • Antonio72 ha detto in risposta a enrico

          Ma io non sono onnipotente ed il male spesso l’uomo lo si subisce e basta!

          • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

            Ti incollo una piccola, preziosa e famosa citazione: “i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce e li rende utili per una vita migliore”.
            E’ la fiducia in Dio che rende i dolori effettivamente sopportabili e anche utili, perchè bagaglio di esperienza. Se un uomo ha sofferto, può essere in grado di aiutare gli altri a vivere la sua stessa sofferenza con serenità, per esempio.

            • Luigi Pavone ha detto in risposta a GiuliaM

              Se il dolore è così utile, non si capisce perché invece di cercare le esperienze dolorose, le evitiamo naturalmente.

              • GiuliaM ha detto in risposta a Luigi Pavone

                Occhio, Manzoni non dice di cercare il dolore a tutti i costi, ma di trarne profitto qualora essi siano inevitabili; d’altronde sfido chiunque a trovarmi un uomo che in vita sua non ha mai sofferto…

              • GiuliaM ha detto in risposta a Luigi Pavone

                “trarre profitto” è un termine un po’ brutto… intendo dire trasformare quella sofferenza in qualcosa di positivo per noi stessi.

            • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

              Più che fiducia credo sia la fede. E se ci mettiamo anche a razionalizzare la fede, ti assicuro che ci infiliamo in un tal ginepraio che nemmeno ti immagini.
              In ogni caso non si spiega il male che colpisce gli innocenti come i bambini, visto che come saprai, il dolore e la sofferenza non si preoccupano di certo di tutelare i minori.
              Mi sa che la questione andrebbe totalmente rovesciata.
              La religione cristiana non giudica di certo un bene il dolore che l’uomo è costretto a patire in quanto facente parte del sistema natura (che è indifferente alla sofferenza dei viventi); lo dimostrano anche le stesse opere e parole di Gesù Cristo.
              Tuttavia, essendo il male e quindi il dolore e la sofferenza, non evitabili almeno in questo mondo, l’etica cristiana prescrive non solo di non procurarne coscientemente in aggiunta al prossimo, oggi e qui sulla Terra, ma anzi di “Amare il prossimo tuo come te stesso”.
              E’ l’amore il vero e l’unico rimedio in grado di sanare il dolore e la sofferenza umane. L’amore di Dio deve passare attraverso l’amore per il prossimo; nessuno può dire di amare Dio se non ama il prossimo. Chi lo dice non conosce affatto Dio anche se potesse spiegarlo razionalmente.

              • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

                E’ quello che volevo dire io, e sappi che Manzoni non si preoccupava affatto di razionalizzare la fede: per fiducia intendeva proprio la fede. Leggiti un po’ di critica sui Promessi Sposi, male non ti farà 😉

                • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

                  No guarda, da questo punto di vista la scuola ha fatto molti danni…
                  Lo so che può sembrare una bestemmia, ma preferisco di gran lunga Dostoevskij, almeno per quanto riguarda l’eterno conflitto tra il bene ed il male che dilania da sempre l’animo umano, che sia credente o meno.

                  • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

                    Dostoevskij è più psicologico e spesso incentrato solo sul protagonista (come in “Delitto e castigo”), i Promessi Sposi è un romanzo praticamente corale, che mostra un gran varietà di tipi umani; senza contare che sono stati scritti in periodi vicini ma “diversi”. Non si possono fare paragoni, è questione di gusti (anche se io adoro entrambi).

                • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

                  Ho anche visitato i luoghi manzoniani, mio malgrado, e praticamente ci vivo..quindi per me vale la massima evangelica che nessuno è profeta in patria.

                  • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

                    Aspetta, quale “patria” intendi? Quella “nazionale” (l’Italia) o quella “religiosa” (il cattolicesimo)? 😉

  21. enrico ha detto

    Mi permetto un’altra osservazione pratica.
    Posto che il male deriva da una libera scelta della creatura, posto che il male inquina il creato e dunque le conseguenze di questo toccano ogni uomo così come derivano da ogni uomo, dal male derivante dalla libera scelta può derivare il bene.
    Tant’è che un genitore permette al figlio di sbagliare per verificare che il male fa male.
    Così come l’evitare qualunque difficoltà al figlio stesso non lo forma punto.

    • Antonio72 ha detto in risposta a enrico

      Rifiuto categoricamente che tutto il male provenga dalla cosiddetta creatura.
      Per quanto riguarda il discernimento tra il bene e del male, nessuno nasce con il libretto delle istruzioni, ovvero la scelta non è così chiara come quella tra le pere o le banane, e tra il caffè o il tè.
      L’unico libretto delle istruzioni che conosco è rappresentato dai Vangeli, i quali appunto affermano quello di cui ho appena scritto nell’altro commento, e quindi l’amore per il prossimo, che ha fame di giustizia e di verità. Quello che riteniamo giusto e vero per noi e che crediamo sia il nostro bene, lo dobbiamo applicare anche al nostro prossimo incondizionatamente. Ma dove arriva questa consapevolezza del bene se non dalla nostra più profonda coscienza, dall’intimo del nostro essere, dove Dio stesso ci chiama e ci parla, restando spesso inascoltato? Quindi Dio ci sussurra cosa sia bene, ma noi siamo presi spesso da altri rumori, che prevaricano quel leggero sussurro. Siamo quindi liberi di abbassare le manopole che regolano il volume del mondo caotico. Più che scegliere il bene che non conosciamo affatto in quanto può provenire solo da Dio, siamo liberi di regolare il volume del mondo. Raggiunta la soglia minima di volume raggiungibile, il bene esce fuori da sè.

      • enrico ha detto in risposta a Antonio72

        @ Antonio72

        Cosa significa
        “Rifiuto categoricamente che tutto il male provenga dalla cosiddetta creatura.”
        Mi spieghi meglio questa affermazione.

  22. Carlo ha detto

    @Enrico: Una persona malata di cancro non ha bisogno della grazia ma della guarigione. Una persona la cui figlioletta sta per morire non ha bisogno della grazia ma che sua figlia viva. Il resto è fuffa.

    @Antonio72: Inutile continuare a fare domande da cui non si avrà MAI una risposta. Dio esiste ed è Onnipotente secondo i credenti. Il male esiste. O Dio non esiste o non è onnipotente, non se ne esce. I credenti lo sanno bene di essere “fregati” e quindi si sono dovuti inventare delle “vie di fuga” come “Il male è un mistero”… “Dio da un male trae un bene”…. “la vita oltre la vita” ecc ecc ecc

    D’altronde qualcuno ha detto: I credenti devono spiegare il male,gli atei tutto il resto

    • GiuliaM ha detto in risposta a Carlo

      Quindi tu hai un’altra teoria sull’origine del male?

    • Antonio72 ha detto in risposta a Carlo

      @Carlo
      Ed infatti ho già spiegato tutto nei miei ultimi commenti. Vale per tutti gli uomini ed anche per i non-credenti.

    • enrico ha detto in risposta a Carlo

      @ Carlo

      Bisogna distinguere tra male fisico e male morale.
      Il male fisico, come la morte, proviene dal fatto che l’uomo è creatura e vive per un determinato lasso temporale.
      Perciò seppur la morte è un evento traumatico, cionondimeno accumuna tutti gli uomini come dice S. Paolo, quindi la morte di qualcuno non è un evento singolare ma che accumuna tutta l’umanità.
      In ottica della fede la morte è un passaggio.

      Nell’ottica materialista la morte è la fine di tutto.
      Anche la vita in sè non ha poi effettivamente questo gran significato, perchè dovrebbe averlo la morte.

      In definitiva

      1 Se Dio esiste, esiste la trascendenza dunque non ha senso incolparlo per una morte, poichè la morte non è la fine di niente

      2 Se Dio non esiste e non esiste la trascendenza allora non ha alcun significato incolparlo per la morta di un uomo.
      Non esiste.

    • Ercole ha detto in risposta a Carlo

      @Carlo, hai una tale confusione in testa che non si sa nemmeno da dove partire…

      • Daphnos ha detto in risposta a Ercole

        Vorrei contraddirti, Ercole. Non conoscendo il personaggio, che era solito frequentare il blog di Tornielli, non puoi saperlo, ma ti assicuro che costui in testa è tutt’altro che confuso.

        Anzi, ha le idee molto chiare: recita tre slogan, frutto della cultura sinistrorsa anticlericale. Dio non esiste a causa della sofferenze, gli atei sono liberi di pensare e i credenti sono schiavi, il mondo sarà perfetto una volta legalizzate tutte le istanze della sinistra radicale.

        Il fatto è che appena si prova a grattare un po’ la superficie, e qui non mi è chiaro se sia perché non voglia farlo o perché non ci arriva, si chiude a riccio e ribadisce le sue tesi. Il botta e risposta qui sotto è abbastanza significativo. Meglio non provare nemmeno a dialogare; non si metterà minimamente in discussione.

  23. Carlo ha detto

    Caro Ercole, la confusione in testa mi sa che ce l’hai tu!! Le mie sono domande chiare, sei tu che non sai rispondere. Ma consolati sei in buona compagnia. Ho parlato con diversi sacerdoti e alla fin fine mi hanno detto questo:

    -La presenza del male nel mondo resta un mistero che l’uomo non riouscirà mai a spiegare. Solo dopo la morte avremo tutto chiaro.

    -Dio non è venuto a spiegare la sofferenza ma a condividerla.

    Come vedi caro Enrico non ho nessuna confusione, ma siete voi cattolici che per spiegare la presenza della sofferenza nel mondo dovete ricorre ad artefizi vari (vita dopo la morte,mnistero della sofferenza ecc ecc ecc).

    Per il male che l’uomoi compie, Dio non è responsabile, ma per il male che l’uomo subisce si. Una malattia, una deformità, un handicap, una tara ereditaria, sono tutte cose che l’uomo subisce e che Dio infligge.

    Ergo, o non esiste o non è Onnipotente

    • enrico ha detto in risposta a Carlo

      @ Carlo

      Il male fisico è distinto dal male morale.
      Qualunque condizione sia essa di malattia, deformità o handicap non toglie a nessun uomo la sua umanità.
      Posto Dio esistente posta dunque la trascendenza la nostra condizione è quella di passaggio e dunque non definitiva.

      Nel cristianesimo Dio si è fatto uomo ed ha accettato la nostra condizione e di farsi peccato pur essendo senza colpa.
      Lui stesso ha vissuto la nostra fragilità.
      Il Dio cristiano non è lontano dalla nostra condizione di sofferenza fisica, percosso e messo in croce per la nostra Salvezza.

      “L’immortalità dell’anima ci dona la certezza di una vita futura ed eterna, alla quale la vita presente è ordinata e nella quale i desideri del nostro cuore saranno soddisfatti, a meno che la giustizia non esiga la pena del male da noi compiuto. Alla luce di questa verità, per cui la vita dell’uomo si inizia nel tempo ma si continua nell’eternità, deve essere risolto il problema del dolore, che acquista, nella Provvidenza divina, una mirabile finalità. Il dolore, innanzi tutto, distacca l’uomo dalle cose terrene e lo avvicina a quelle eterne; se, nonostante le frequenti infelicità della terra, così pochi pensano all’eternità, quanti sarebbero quelli che si ricorderebbero del loro ultimo fine, se nella vita non vi fossero che gioie?”

      apologetica cattolica.

      Come le ho già spiegato lei accusa Dio di colpe che acquisterebbero significato posta inesistente la nostra trascendenza.

      Poichè è di tutta evidenza che è privo di logica accusare qualcuno se non questi esiste, lei può prendersela solo con un Dio vivente per le condizioni che porta all’attenzione.
      Ma tali condizioni non sono che di passaggio ed hanno un intrinseco valore salvifico posto Dio esistente.

      • Daphnos ha detto in risposta a enrico

        Ma perché continui a discutere? O non esiste o non è buono e onnipotente. Qualunque concetto un pochino più accurato è troppo difficile da capire. Quindi è fuffa. Così è stato sentenziato.

    • lorenzo ha detto in risposta a Carlo

      A che punto sei con la recita del S. Rosario?

  24. Carlo ha detto

    Vedi Enrico che quanto affermavo è vero. Dovete far ricorso per forza alla trascendenza e al mistero per giustificare cose che altrimenti sarebbero illogiche.

    Qualunque condizione sia essa di malattia, deformità o handicap non toglie a nessun uomo la sua umanità.
    Posto Dio esistente posta dunque la trascendenza la nostra condizione è quella di passaggio e dunque non definitiva.

    E quindi?? Siccome siamo in una situazione di trascendenza si può “massacrare” l’uomo con malattie e deformità varie? E che Dio è questo???

    Nel cristianesimo Dio si è fatto uomo ed ha accettato la nostra condizione e di farsi peccato pur essendo senza colpa. Lui stesso ha vissuto la nostra fragilità.
    Il Dio cristiano non è lontano dalla nostra condizione di sofferenza fisica, percosso e messo in croce per la nostra Salvezza.

    Dio è Dio e non un uomo. Volontariamente ha accettato di farsi uomo e volontariamente ha accettato di soffrire. A noi invece viene IMPOSTO tutto senza uno straccio di risposta plausibile. Ti sembra un Dio Buono ed Onnipotente questo?

    “L’immortalità dell’anima ci dona la certezza di una vita futura ed eterna, alla quale la vita presente è ordinata e nella quale i desideri del nostro cuore saranno soddisfatti, a meno che la giustizia non esiga la pena del male da noi compiuto. Alla luce di questa verità, per cui la vita dell’uomo si inizia nel tempo ma si continua nell’eternità, deve essere risolto il problema del dolore, che acquista, nella Provvidenza divina, una mirabile finalità. Il dolore, innanzi tutto, distacca l’uomo dalle cose terrene e lo avvicina a quelle eterne; se, nonostante le frequenti infelicità della terra, così pochi pensano all’eternità, quanti sarebbero quelli che si ricorderebbero del loro ultimo fine, se nella vita non vi fossero che gioie?”

    Questo discorso dimostra una sola cosa: Il carburante delle religioni è la sofferenza. Dato che logica e fede sono in contrasto (inconciliabilità tra presenza del male e determinate carattristiche divine)si deve per forza ricorrere ad altri artefizi che provocano più domande di quante ne risolvono. Non riesci nemmeno a spiegare il contrasto tra la presenza del male e le caratteristiche divine e introduci altri discorsi di cui non ne sai una cippa? (anima,trascendenza ecc ecc. Ma che ne sai tu? Hai fatto esperienza diretta?? Mah!!!)

    Poichè è di tutta evidenza che è privo di logica accusare qualcuno se non questi esiste, lei può prendersela solo con un Dio vivente per le condizioni che porta all’attenzione. Ma tali condizioni non sono che di passaggio ed hanno un intrinseco valore salvifico posto Dio esistente.

    Infatti io non affermo che Dio esiste. Ma dico che il vostro Dio non esiste, perchè in contrasto con la logica e il buon senso.

    • Antonio72 ha detto in risposta a Carlo

      No Carlo, il carburante delle religioni non è la sofferenza. Tuttavia la sofferenza ed il dolore esistono in questo mondo, a prescindere da qualsiasi religione.
      Per quanto mi riguarda ci sono due approcci possibili alla sofferenza: maledire la natura, e quindi isolarsi e rinchiudersi in una disperazione definitiva, oppure accettare la consolazione e la speranza religiosa, che non è una cosa astratta, in quanto viene incarnata nell’amore verso il prossimo, in particolare i deboli ed i “piccoli”, come ci consiglia l’etica cristiana.
      Tu mi obietterai che non si deve essere necessariamente religiosi per essere solidali verso il prossimo e dimostrargli amore e compassione. E’ giusto, ed infatti lo stesso Gesù, il quale era consapevole di questa evidenza (perchè di questo trattasi, poi spiego) cosa afferma nel Vangelo di Luca 6,46?
      “Perchè mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico? (…)” (Se ti interessa leggiti pure il prosieguo).
      Quindi per Gesù Cristo vengono sempre prima le opere; se vuoi approfondire leggiti anche il Vangelo secondo Marco 25,31 “Il giudizio finale” e verifica da te quali siano queste opere: “Perchè io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avere dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.”
      Si può quindi essere non-credenti e condurre una vita cristiana, e viceversa essere credenti ma allo stesso tempo perfetti ipocriti come i farisei. O forse dovrei considerare il non-credente Carlo (non ti conosco, ma immagino che tu sia una persona nella media, cosiddetta normale) più lontano dalla verità cristiana, rispetto ad un prete pedofilo e recidivo, per il quale lo stesso Gesù disse: “Guai al mondo per gli scandali! E’ inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!” (Mt 18,7).
      No, non lo credo!
      Quindi comportati cristianamente anche se non ti piace credere in Dio, ovvero fa ciò che ti consiglia la tua coscienza. Chi sono io per giudicarti quando lo stesso Gesù Cristo non giudica?
      Oggi ho sentito due ragazzi che definivano la Bibbia una sorta di letteratura fantastica. Questo è il danno che secondo me comporta il predominio delle scienze naturali, ovvero considerare pura fantasia ciò che non è empiricamente accertabile o verificabile. Grave errore, in quanto la gran parte delle cose che danno senso alla vita di qualsiasi uomo, ateo e credente, non rientrano nell’alveo delle scienze sperimentali. E la Bibbia, in particolare i Vangeli di cosa parlano, se non dell’uomo e delle relazioni tra gli uomini? Trattasi quindi di vita vissuta, altro che fantasia! Per l’uomo sono molto più fantastiche le teorie della relatività e la MQ…

  25. enrico ha detto

    @ Daphnos

    Continuo a discutere perchè vorrei che Carlo capisse che un cristiano non è che non si ponga certe domande.
    Tuttavia trova delle risposte ragionevoli, alla luce delle scritture, della tradizione e delle proprie esperienze per le problematiche che ad esempio Carlo propone.
    La fede non è un salto nel buio.

    • Daphnos ha detto in risposta a enrico

      Ne sono perfettamente consapevole, e il tuo discorso vale anche per me. Ma non puoi sapere che su un altro blog allo steso utente è stato posto tutto ciò che è stato detto adesso, in tutti i modi possibili, e lui insiste a dire che i cristiani non danno risposte. Credo che ne sia convinto a priori, per questo credo che sia inutile non solo discutere, ma persino cercare di spiegare un punto di vista differente.

  26. enrico ha detto

    @ Carlo

    Andiamo con ordine e metodo.

    L’uomo esiste.
    O ben è chiamato all’esistenza da Dio o ben è generato dal caso.

    Poichè si stanno mettendo in discussione gli attributi di Dio definiti dalla fede, sommo bene, onnipotente, onniscente, prendo in considerazione la prima ipotesi.

    Ci si potrebbe chiedere dunque se sia meglio esistere, e dunque dover scegliere se accettare Dio come Padre o meno, o non esistere.
    Come ho già spiegato la ragione si inclina per l’esistenza, sia perchè non è possibile paragonare tale condizione con un individuo non esistente, sia perchè solo in tale condizione ci si può porre il medesimo dubbio.
    Tale condizione appare dunque un quid pluris rispetto alla non esistenza.

    A questo punto ci si può interrogare su quale sia la possibile natura del rapporto che la creatura può avere con il proprio Creatore.
    Libero o di costrizione all’obbedienza.
    Dio è sommo bene, dunque il rapporto con Lui non può che essere nell’Amore.
    Dunque necessariamente un rapporto libero e non di costrizione.

    Un rapporto libero prevede la possibilità di accettare o rifiutare il rapporto.
    Essendo Dio sommo bene, rifiutarlo non può che essere una privazione di bene e dunque male.

    Il male dunque entra nel mondo causa della libertà data all’uomo di scegliere.
    Di questo non è causa Dio ma l’uomo liberamente nella sua scelta.
    Il male inquina il creato.
    Così come un fumatore non inquina solo se stesso ma tutto ciò che è nell’ambiente in cui si trova.
    Come precisato nel dogma del peccato originale, concilio di Trento, tale condizione genera un’umanità spiritualmente e fisicamente decaduta.
    Da cui discende il male fisico ed il male morale.

    Di cui dunque sono responsabili tutti gli uomini.
    E non certo Dio.
    A meno che non si intenda la libertà di scelta come un male.
    Tuttavia tale condizione, per grazia, fa comprendere all’uomo, come le ho spiegato nell’intervento delle ore 15:16, che:

    “Alla luce di questa verità, per cui la vita dell’uomo si inizia nel tempo ma si continua nell’eternità, deve essere risolto il problema del dolore, che acquista, nella Provvidenza divina, una mirabile finalità. Il dolore, innanzi tutto, distacca l’uomo dalle cose terrene e lo avvicina a quelle eterne; se, nonostante le frequenti infelicità della terra, così pochi pensano all’eternità, quanti sarebbero quelli che si ricorderebbero del loro ultimo fine, se nella vita non vi fossero che gioie?”

  27. enrico ha detto

    @ Antonio72

    Leggo il suo intervento che non mi trova totalmente d’accordo.

    Il cristianesimo non è un moralismo, è l’esperienza dell’ incontro con il Salvatore.
    Sono necessarie la fede e le opere, che tuttavia non sono solamente le opere di misericordia materiale ma anche spirituale.

    Riguardo ai farisei non è che gli stessi non rispettassero la legge, e dunque quanto contenuto nelle Scritture, il problema è che ritenevano di salvarsi da se stessi.
    cfr “Parabola del fariseo e del pubblicano al tempio Luca 18,10-14”

    Riguardo allo scandalo, stando al suo significato originale, non si tratta del peccato, Gesù infatti è venuto per i peccatori e non per i giusti, accoglie in tutti i vangeli qualunque categoria di peccatori, ma scandalo significa provocare l’inciampo a chi tenta di camminare per la via giusta.
    L’unica categoria che non accoglie è quella di coloro che si ritenevano giusti da se stessi.

    • Antonio72 ha detto in risposta a enrico

      Quindi l’amore verso il prossimo rientra solo nella componente materiale umana e non attiene allo spirito? E se dai da bere ad un assetato, gli togli solo la sete? E nemmeno la giustizia terrena c’entra nulla con lo spirito?
      La parabola del fariseo e del pubblicano è chiara e si spiega con l’ultima frase: “Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”.
      Anche lo scandalo a cui si riferisce Gesù in quel passo evangelico è molto chiaro, e non trattasi di peccato generico; e qui sta proprio confondendo i termini!
      E poi con l’ultima frase cade in netta contraddizione con la premessa. Per essere giusti ci vogliono la fede e le opere; ergo gli uomini senza fede, o di altra fede, non possono essere affatto giusti.
      Appunto: chi si esalta sarà umiliato e che si umilia sarà esaltato.

      • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

        Per essere giusti ci vogliono la fede e le opere; ergo gli uomini senza fede, o di altra fede, non possono essere affatto giusti.
        E allora le persone giuste e pie che non hanno mai conosciuto Gesù e i Vangeli? Sono perduti? Occhio, intendo proprio quelli che non ne hanno mai sentito parlare da nessuno, non i male informati… 😉

        • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

          GiuliaM, ovviamente la tua critica ha sbagliato il bersaglio…
          Infatti, se hai letto bene i miei commenti e la mia risposta alle obiezioni di Enrico, credo che non puoi avere dubbi sul fatto che sì, per me i giusti sono giusti, a prescindere, anche se non hanno mai conosciuto Gesù ed i Vangeli! E viceversa, alcuni credenti che conoscono bene i Vangeli non è detto che siano dei giusti.
          Ma forse mi sono spiegato male…

          • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

            La tua frase mi sembrava abbastanza chiara: Per essere giusti ci vogliono la fede e le opere; ergo gli uomini senza fede, o di altra fede, non possono essere affatto giusti.
            Dimmi te come interpretarla, allora…

            • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

              Ma in questa frase rilevavo la contraddizione di Enrico! Non puoi estrapolare così una frase dal suo contesto, GiuliaM, dovresti saperlo.

            • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

              Va bene, ho sbagliato punteggiatura..dovevo metterci i due punti e magari anche le virgolette; chiedo venia. Ora sei soddisfatta?

        • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

          Ho capito, hai frainteso la mia critica rivolta ad Enrico per una mia posizione! Ora credo di essermi spiegato bene, altri dubbi?

      • enrico ha detto in risposta a Antonio72

        @ Antomio72

        Comincio dalla fine del suo intervento.
        Il mio intervento non intende dire che uomini di altre fedi religiose non possano salvarsi, come ricorda anche il catechismo.
        Tuttavia la Salvezza passa solo attraverso Cristo.

        « Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, e tuttavia cercano sinceramente Dio, e sotto l’influsso della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di Dio, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna »

        Tuttavia venire a conoscenza della Verità custodita dalla Chiesa e rifiutarla è una scelta.
        Su questo tema sono interessanti alcune riflessioni di Edith Stein.
        Certo non possiamo conoscere la misura in cui un’anima è venuta a contatto con la Verità del Vangelo.

        Il termine che viene tradotto con “bambino” è il termine greco “pais”, che significa “servo, inesperto, ingenuo”.
        Il termine greco “skandalon” significa “inciampo, insidia, qualcosa messo di traverso per far cadere”.
        Dunque qui si parla delle azioni di coloro che volontariamente con i loro comportamenti o insegnamenti provocano inciampo nella fede ai semplici.

        Infatti si legge:

        “Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare”

        Questi piccoli che credono.

        Il problema dei farisei, concludendo, è che si ritenevano giusti da se stessi, dunque non bisognosi di Salvezza.
        Penso che rispetto a questa tematica siano importanti le parole di S. Teresina del Bambin Gesù, che nonostante la vita Santa, affermava che nel momento del giudizio, non avendo meriti personali da presentare a Gesù gli avrebbe portato i Suoi meriti.
        Parafrasando perchè le parole precise non le ricordo.

        • Antonio72 ha detto in risposta a enrico

          La prima parte è contradittoria: la salvezza passa solo attraverso Cristo, ma anche senza Cristo. A meno che si intenda identificare quelli che ignorano con colpa, coloro che sono nati e morti prima della venuta di Gesù Cristo, che evidentemente non ne avevano colpa. Allora la domanda nasce spontanea: un ebreo giusto di oggi ignora Cristo con colpa o senza colpa? Vale lo stesso per tutti gli altri uomini non-cristiani nati dopo la venuta di Cristo, o se vuoi tuttora viventi.

          Scusa, ma la tua puntualizzazione lessicale sullo scandalo e sui piccoli o bambini, non cambia evidentemente il contenuto del passo evangelico, a meno che non vuoi ritradurre anche la macina appesa al collo. Insomma, ma che cambia?
          Per quanto riguarda l’ultima parte: perchè il pubblicano forse si riteneva bisognoso di salvezza, a differenza del fariseo? Per me l’interpretazione giusta rimane quella che ho riportato, ovvero la stessa spiegazione che ne dà Gesù.

          • enrico ha detto in risposta a Antonio72

            @ Antonio72

            Ho citato parte del catechismo, il catechismo della Chiesa Cattolica specifica ancora meglio tale questione quando tratta del battesimo ccc 1261.
            Dio è onnipotente dunque non è limitato dai Sacramenti.
            Dunque è lecito supporre che chi non ha conosciuto la Verità del Vangelo tuttavia abbia ricercato Dio secondo la propria coscienza, fede e cultura possa essere salvato.
            Ma tale salvezza deriva unicamente dal Scrificio di Cristo.
            Come ci ricorda S. Paolo nella lettera ai Romani

            “Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. Fino alla legge infatti c’era peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.”

            Solo attraverso il sacrificio di Cristo l’umanità viene liberata dal peccato che dalla colpa di Adamo accumuna ogni uomo.
            Cristo infatti dopo la morte scende agli inferi e porta in Cielo le anime dei salvati.
            Non vi è dunque salvezza all’infuori di Cristo.

            Riguardo al passo evangelico mi sembra di aver chiarito per quanto mi è possibile.
            Si parla di “piccoli” che “credono in me” e di “scandalo”, che per l’appunto significa far inciampare.
            la pedofilia è un peccato grave, ma il significato del testo parla di essere scandalo, cioè inciampo, per la fede dei semplici.
            Poi volendo si può estendere a questi casi.

            • Antonio72 ha detto in risposta a enrico

              Ne deduco che un ebreo giusto si salva attraverso Cristo anche se lo ignora con colpa. Vale per tutti gli altri giusti che lo ignorano con colpa (anche se non ho ben capito cosa significhi ignorare con colpa).
              Quindi fammi capire, secondo te è più grave l’inciampo della fede dei semplici, che l’abuso degli stessi. E non si inciampa ancor di più la fede di un innocente quando l’abuso viene compiuto da un prete? Può esistere forse una forma di corruzione di un minore (che ha fede) ancora peggiore? E se il minore non ha fede già in partenza, il peccato è forse meno grave? Ovvero si fa distinzione tra i semplici che hanno fede ed i semplici che non ce l’hanno?
              Ma lasciamo perdere questa triste questione; io resto cmq della mia idea, avendo anche riletto tutto il passo evangelico di Matteo 18,6 e non estrapolata una parte specifica. D’altronde lo possono fare tutti.

              • enrico ha detto in risposta a Antonio72

                @ Antonio72

                Se mi permette riguardo alla prima parte la rimando al catechismo, almeno quello che le ho indicato.
                Riguardo all’ignorare con colpa nè io nè lei conosciamo il cuore di ogni uomo.
                Edith Stein tratta precisamente la questione e la ritengo una fonte piuttosto valida.
                Come si può ritenere che rifiutare volutamente Cristo che è la Verità, come lui stesso afferma, che è il Pastore, non sia una colpa.
                Non si può certamente conoscere però la profondità con cui un’ anima ha avuto la possibilità di conoscere Cristo che è la Verità

                Io ho provato a spiegare il passo nel limite delle mie possibilità.
                Dove ho scritto cosa sia più grave non lo so, non mi pare di averlo scritto, le ho semplicemente spiegato alcuni termini del passo.
                Se poi non le piace la mia spiegazione va bene lo stesso.

                • Antonio72 ha detto in risposta a enrico

                  Quindi, se ho capito bene, ricadiamo nella contraddizione di cui dicevo all’inizio. Non mi pare che il catechismo sia il Vangelo.
                  Ma lei per esempio cosa ne pensa, a prescindere, diciamo, dalle posizioni ufficiali?
                  Insomma per Lei questo ebreo giusto ha una speranza di salvarsi o meno, pur ignorando con colpa e restando giusto?
                  La prego cmq di rispondermi Lei, ed eventualmente si risparmi la fatica di rimandarmi ad altro.

      • enrico ha detto in risposta a Antonio72

        @ Antonio72

        “Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”
        Appunto, ritenevano di essere giusti da se stessi.

        “Per essere giusti ci vogliono la fede e le opere”
        Per essere giusti non l’ho scritto.

        • Antonio72 ha detto in risposta a enrico

          Allora per essere salvi..

          No, il fariseo credeva che per essere giusto bastasse seguire letteralmente la legge, senza compassione né amore per il prossimo. Ma quelle non possono affatto considerarsi opere che provengono dal cuore e quindi carità cristiana! Mentre il pubblicano si batteva il petto perchè è proprio dal cuore che sentiva di aver peccato contro il suo prossimo e quindi contro Dio.
          In definitiva il primo è arido di cuore a differenza dell’ultimo che è tutto cuore.

  28. Carlo ha detto

    @Enrico: Il tuo ragionamento non tiene. Io non rammento d’aver commesso nessun peccato originale, per cui non ritengo giusto che debba subire conseguenze su cui non ho nessuna responsabilità.

    Al limite il tuo ragionamento è valido solo per quanto riguarda il male commesso dalla volontà dell’uomo e per quello subito.

    Però non dimentichiamo che Dio è Onnipotente. Volendo potrebbe eliminare almeno il male che non dipende dalla condotta dell’uomo (malattie, catastrofi naturali ecc) perchè non lo fa?

    Se tuo figlio (disubbidendo) cade in un burrone tu cosa fai? Lo vai a prendere o lo lasci nel burrone per punizione?

    • enrico ha detto in risposta a Carlo

      @ Carlo

      Le ho già spiegato il significato salvifico del dolore.
      Il suo intervento non tiene conto che Dio nel burrone è venuto tant’è che si è fatto uomo e morto in croce per noi senza colpa.

    • Fabio Moraldi ha detto in risposta a Carlo

      Dio ha lasciato libertà alla natura attraverso l’evoluzione, così come ha lasciato libero l’uomo di compiere il male. La sua creatura è una creatura libera, anche di fare il male. Oppure sei un creazionista Carlo?

  29. Carlo ha detto

    @Antonio72: TUTTE le religioni (nessuna esclusa) sono nate per dare una risposta al problema della morte e della sofferenza.

    • enrico ha detto in risposta a Carlo

      @ Carlo

      la religione cristiana poggia su un fatto che è la resurrezione di Cristo.
      Fatto testimoniato ed inquadrato in un preciso contesto storico.
      Supportato dai profeti, testimoniato dai Santi, avvalorato dai miracoli e dalle apparizioni mariane di cui abbiamo testimonianza.
      Infine dal incontro con Cristo base di ogni conversione personale.

      Se non si cerca qualcuno non lo si trova.

    • Antonio72 ha detto in risposta a Carlo

      E allora dare un senso anche alla vita.

    • Fabio Moraldi ha detto in risposta a Carlo

      Tutte tranne una, è vero. Il cristianesimo non nasce dall’uomo, ma nasce esternamente all’uomo: tutto parte dal fascino di alcuni pescatori verso Gesù di Nazareth. Il cristianesimo non risponde al male e alla sofferenza, ma attraverso Gesù rende misterioso il male e la sofferenza e permette di non scandalizzarsi. Gli ospedali nascono proprio da cristiani che non hanno paura o scandalo del male e del dolore.

    • lorenzo ha detto in risposta a Carlo

      Ne sei proprio sicuro?

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