L’aborto non è un diritto, mai è stato definito così dalla legge

L’aborto è un diritto della donna, si sente dire spesso. Ma dove sta scritto? Secondo quale legge? Oltre alla controversia etica del presunto diritto di interrompere una vita umana seppur allo stadio embrionale, nessuna legge lo ha mai dichiarato un “diritto”.

«La Corte europea non ha mai affermato che esista un “diritto all’aborto”», ha dichiarato Vladimiro Zagrebelsky, magistrato (comunista) ed ex giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo. Anzi, la Corte «ha negato che possa pretendersi una pura e semplice libertà di scelta da parte della donna». Inoltre, ha proseguito, «nemmeno la legge italiana prevede un “diritto all’aborto”, essa regola la difficile, drammatica contrapposizione tra la prosecuzione della gravidanza e la tutela della madre». D’altra parte, l’interruzione di gravidanza potrebbe essere considerata un diritto soltanto se il feto umano venisse equiparato ad un dente da rimuovere o ad un tumore da estirpare. Cioè, appena si riconosce che al momento della fecondazione appare un essere nuovo, autoreferente, diverso dalla madre, allora la donna perde immediatamente il diritto all’autodeterminazione poiché non si tratta più solo del suo corpo (su cui il principio invece permane).

In questo dossier -continuamente aggiornato- documentiamo meglio tutto questo, dando spazio ai documenti giuridici internazionali e alla posizione di molti esperti e specialisti che si sono pronunciati in materia.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

————- ————–

1. EVIDENZE SCIENTIFICHE SULL’EMBRIONE

Il mondo scientifico considera all’unanimità l’embrione e il feto come esseri umani appartenenti alla specie “Homo Sapiens”[1]. Due esempi (abbiamo affrontato specificamente l’argomento in una pagina apposita: “La scienza dimostra che embrione e feto sono esseri umani”). In uno dei testi scientifici maggiormente citati, Human Embryology and Teratology” (2001), di R. O’Rahilly e F. Müller, si trova scritto: «Anche se la vita è un processo continuo, la fecondazione (che, per inciso, non è un ‘momento’) è un punto di riferimento critico perché, in circostanze normali, un nuovo organismo umano geneticamente distinto forma quando i cromosomi del pronucleo maschile e femminile si fondono nell’ovocita»[2]K.L. Moore in “The Developing Human: Clinically Oriented Embryology” (2003), spiega invece: «Lo sviluppo umano inizia al momento della fecondazione, cioè il processo durante il quale il gamete maschile o spermatozoo si unisce ad un gamete femminile (ovulo) per formare una singola cellula chiamata zigote. Questa cellula totipotente altamente specializzata segna il nostro inizio come individuo unico […]. Un zigote è l’inizio di un nuovo essere umano (cioè, l’embrione)»[3].  L’embrione è dunque fin da subito riconosciuto dalla scienza come un “organismo umano“, un “individuo unico“, un nuovo “essere umano“.

 

————- ————–

2. LA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI

Tutti sanno che l’articolo 1) della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani recita: «Tutti gli “esseri umani” nascono liberi ed eguali in dignità e diritti», mentre l’articolo 3) dice: «Ogni “individuo” ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona»[4]. Va da sé che se si applica correttamente il responso dell’embriologia che individua l’inizio della persona umana al concepimento, l’aborto non solo non è un diritto ma si configura addirittura una violazione dei diritti umani.

 

————- ————–

3. I DIRITTI ANIMALI

Su un sito web che si batte per il riconoscimento dei diritti agli animali, troviamo questa domanda: «Perché un uomo ha il diritto di non essere torturato ed ucciso mentre un animale non ha questo diritto? Perché la libertà e la vita di un uomo sono inviolabili mentre la libertà e la vita di un animale sono ritenute senza valore?»[5]. Questi movimenti si battono per dare diritti agli animali, che certamente non sono “esseri umani”, tuttavia molti animalisti non riconoscono i diritti del nascituro,  sicuramente un “essere umano”. Un essere umano varrebbe dunque meno di un essere animale. La posizione più ambigua è quella di Peter Singer, ateo dichiarato, filosofo a Princeton e fondatore del movimento del diritto agli animali. Nel suo noto libro “Liberazione animale“, afferma: «Se il possesso di un superiore livello di intelligenza non autorizza un umano ad usarne un altro per i suoi fini, come può autorizzare gli umani a sfruttare i nonumani per lo stesso scopo?»[6]. Gli esseri non-umani avrebbero dunque un diritto da rivendicare. Peccato che sostiene anche che: «I feti, i bambini appena nati e i disabili sono non-persone, meno coscienti e razionali di certi animali non umani. E’ legittimo ucciderli»[7]. Dunque capiamo che embrioni, feti e neonati hanno meno diritti di un gatto o di un topo. Quindi è sicuramente coerente quando sostiene: «Molti anni fa, nel 1994, proposi di fare eutanasia fino a un mese dalla nascita. Oggi penso che non dovremmo porre alcun limite temporale. Più aspettiamo più cresce il legame fra il bambino e i genitori, quindi l’eutanasia deve essere eseguita prima possibile. I feti, i neonati e i menomati cerebrali non hanno diritto alla vita»[8].

 

————- ————–

4. DIRITTO ALL’ABORTO? PAROLA AGLI ESPERTI E AGLI ORGANI LEGISLATIVI

Di seguito abbiamo elencato una serie di dichiarazioni in ordine cronologico (e saranno aggiornate continuamente) circa il presunto “diritto all’aborto”. Troviamo intellettuali, giuristi, abortisti, religiosi, non credenti ecc…

p style=”text-align: justify;”> 

Il 15 luglio 2013 Vladimiro Zagrebelsky, magistrato ed ex giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo, ha spiegato che «la Corte europea ha affermato che, in materia così delicata, legata come è a Valutazioni di natura etica, gli Stati hanno un margine di apprezzamento nazionale che giustifica l’adozione di soluzioni diverse. Essa non ha mai affermato che esista un “diritto all’aborto”, anzi ha negato che possa pretendersi una pura e semplice libertà di scelta da parte della donna. Secondo la Corte, la disciplina nazionale relativa all’aborto riguarda il diritto al rispetto della vita privata della donna, con la conseguenza che sono ammesse restrizioni al suo esercizio. Il diritto al rispetto della vita privata, infatti, non è un diritto assoluto, insuscettibile di limitazioni e regole». «Nemmeno la legge italiana prevede un “diritto all’aborto”», ha concluso il magistrato, «essa regola la difficile, drammatica contrapposizione tra la prosecuzione della gravidanza e la tutela della madre».

 

Il 21 giugno 2012 il giurista Cesare Mirabelli, già presidente della Corte costituzionale, ha dichiarato: «Nelle sue sentenze passate la Corte costituzionale ha sempre affermato che non esiste alcun diritto all’aborto e che vanno tutelati anche i diritti dell’embrione e non solo quelli della madre […]. Bisogna però vedere quale dei due diritti finisca per prevalere nei casi in cui si debba scegliere tra evitare un danno per la salute della donna e salvare la vita all’embrione. E’ sempre escluso però che l’aborto possa essere un diritto, perché non esiste un diritto all’aborto, anche nella giurisprudenza della Corte costituzionale».

 

Il 6 gennaio 2011 il giudice della Corte suprema americana, Antonin Scalia, intervistato sul tema dell’aborto dalla rivista California Lawye, ha dichiarato che l’aborto non è un diritto riconosciuto dalla Costituzione degli Stati Uniti. Ha aggiunto: «Volete il diritto all’aborto? Non c’è nulla a tal proposito nella Costituzione Usa. Se si attribuisce a certe parti della Costituzione un significato mutevole in modo che esse assumano quello che la società attuale pensa che debbano avere, non ci sono affatto limitazioni per la stessa società»[9]

 

Il 16 dicembre 2010 il Tribunale Europeo dei Diritti Umani ha deciso che non c’è un “diritto umano all’aborto” in un caso relativo a una sfida alla Costituzione irlandese. Le leggi che rendono illegale l’aborto, come accade in Irlanda, non violano dunque la Convenzione Europea dei Diritti Umani. Il tribunale ha dichiarato che l’unico diritto è quello “al rispetto della vita privata e familiare”. Grégor Puppinck, direttore del Centro Europeo di Diritto e Giustizia, ha lodato questo riconoscimento storico, assieme al fatto che sia stato decretato “il diritto alla vita del non nato come diritto legittimo”[10].

 

Il 28 giugno 2009 Carlo Casini, membro del Comitato Nazionale per la Bioetica e Presidente del Movimento per la Vita italiano, ha riflettuto sul diritto all’aborto. Egli spiega che è inammissibile il diritto di un essere umano ad uccidere un altro essere umano, innocente per di più. L’embrione e il feto sono esseri umani. Viene chiamato in causa il diritto di autodeterminazione, tuttavia la libertà finisce dove comincia quella dell’altro, dove iniziano i diritti di altri. Il concepito è evidentemente un “altro” e non è certo una parte della madre. Non c’è alcuna differenza in termini di qualità tra il neonato o il bimbo che sta nel seno materno, anzi, la distanza tra un feto e un neonato è meno grande della distanza tra un neonato e un adulto. Casini continua il ragionamento dicendo che è evidente che l’utero appartenga alla donna, ma l’essere umano, il figlio, che dopo il concepimento sta dentro l’utero. Nessun essere umano può essere in proprietà di alcuno. Le unghie e i capelli appartengono al soggetto, il quale ha il potere di decide se farli crescere o tagliarli. Ma l’embrione e il feto umano non possono essere paragonati ad un unghia o ad un dente da togliere. Il diritto d’autodeterminazione esiste solo quando le scelte di un soggetto non riguardano l’altro. Esiste solo per i comportamenti del soggetto agente e non toccano la sua stessa vita, che è indisponibile. Scegliamo quando andare a letto ma non possiamo invocare l’autodeterminazione per schiaffeggiare una persona antipatica o per ucciderla. Ci si può autodeterminare anche a commettere un furto o a testimoniare il falso, ma ciò non costituisce un diritto[13].

 

L’8 settembre 2008 nell’aula del Parlamento di Melbourne, in Australia, Gianna Jessen ha tenuto una testimonianza. E’ una delle tante «sopravvissute all’aborto», che ritiene di essere stata soppressa per i diritti della donna. Dopo aver raccontato la sua storia afferma: «Sono felice di essere viva. Sono quasi morta. Non mi considero un sottoprodotto del concepimento, un pezzo di tessuto. Ho incontrato altri sopravvissuti all’aborto, sono tutti grati per la vita. Lo slogan oggi è: “libertà di scelta, la donna ha il diritto di scegliere”, e intanto la mia vita veniva soppressa nel nome dei diritti della donna»[15].


 

Il 26 agosto 2008 è apparso un video su Youtube, pubblicato dal gruppo “Prolifenews”, in cui una ragazza, Brandi Lozier, racconta di essere una delle tante sopravvissute all’aborto. Racconta: «Ho 25 anni e sono una vera sopravvissuta all’aborto. Sono stata bruciata viva nell’utero di mia madre a 4 mesi e mezzo di gestazione con un aborto salino. La chiara intenzione era di uccidermi! Sono qui per essere la voce per quelli che non avranno mai una possibilità di scelta. Dei bambini non ancora nati, come ero io, dicono che non abbiamo “alcun diritto” e “nessuna scelta”, il che è sbagliato! Quando parli con me, stai parlando al volto della “scelta”! Sono viva, e quindi sono la realtà dell’aborto. L’aborto non può essere ignorato e/o “falsamente giustificato”. Comunque non si può negarlo, e non è mai davvero giustificato! Quando avevo 15 anni mia zia, che mi ha allevato, è morta e sono andata a vivere con mia madre. Mia madre non mi accettava e non mi ama neanche adesso. Mio padre è un alcolista violento ed è tossicodipendente. Divorziò da mia mamma quando ero giovane e non ha fatto parte della mia vita. Ho sentimenti contrastanti verso i miei genitori e mi sforzo di onorarli come Dio mi comanda di fare. Sono impegnata nelle attività pro-life da quando sono adulta e impiegherò la mia vita per amore dei bambini non ancora nati, senza esitazione. I bambini uccisi dagli aborti salini vengono bruciati vivi, dentro e fuori, e buttati nella spazzatura. Alcuni nascono vivi e vengono lasciati morire. Questo è ciò che doveva capitare a me, ma Dio aveva altri progetti»[16].

 

Il 26 aprile 2008 mons. mons. Elio Sgreccia, eminente bioeticista e presidente della Pontificia Accademia per la Vita si è chiesto: «Su quali basi si potrebbe giustificare il diritto di interrompere la vita di un essere umano innocente e, per di più, debole e indifeso? A meno di adottare criteri antropologici discriminatori e arbitrari, che non riconoscano a ogni essere umano uguale dignità e diritti fondamentali, questa pretesa è del tutto infondata e arrogante. Essa può essere giustificata solo da impostazioni di pensiero fortemente ideologiche e parziali, che non pongono la persona umana — o almeno, non ogni singola persona umana — come fine ultimo e misura della vita sociale, e quindi della regolazione legislativa». Egli ribadisce che la dignità essenziale del feto umano è legata alla sua stessa natura, al fatto stesso di appartenere alla specie umana e non alle tappe del suo sviluppo biologico. Non esistono dunque «limiti gestazionali ragionevoli» entro i quali sia possibile derogare a tale diritto fondamentale, poiché la vita umana individuale possiede il suo valore peculiare ed inalienabile in ogni momento della sua storia personale. Se è sacrosanto rivendicare il rispetto per l’integrità corporea della madre, altrettanto lo è affermare e rivendicare quella del figlio, tanto più che quest’ultimo non è in condizioni di reclamare e difendere da solo i propri interessi[17].

 

Il 7 aprile 2008 il Centro Studi Separazione e Affido Minori, un’associazione di professionisti che si occupa di separazioni coniugali e delle problematiche che ne derivano a minori ed adulti prende posizione sull’aborto con le parole del presidente, lo psicologo Gaetano Giordano: «Il corpo mio me lo gestisco io: l’ideologia femminista assume come “corpo delle donne” quello che non è più corpo delle donne, ma è l’embrione in via di sviluppo, cioè un sistema di vita che ha una capacità autoreferenziale di definire il proprio destino e la propria crescita, e che si autodefinirà come corpo irreversibilmente diverso da quella del corpo della donna. Il diritto all’aborto viola questa autoreferenzialità dell’embrione, dotato in tal senso di una propria “autonomia”, cioè della capacità di definire sé stesso da sé stesso, sia pure con una dipendenza “diversa” rispetto al vivente già fuoriuscito dal corpo del materno. Il diritto di disporre del proprio corpo si ferma al momento del concepimento, quando la donna ha ancora la possibilità di disporre del (e solo del) proprio corpo.  La libertà di scelta di ogni individuo non può che fermarsi di fronte a ciò che ormai è – sia pure con modi e tempi di sviluppo assolutamente propri – irrimediabilmente altro sistema vitale, con una propria autoreferenzialità di organizzazione e crescita. Il concetto di “indipendenza” è in realtà frutto delle prospettive dell’osservatore, che definisce come “indipendente” l’essere vivente dotato di caratteristiche simili alle sue. In realtà il vivente è appunto sempre “dipendente” da qualche altra cosa (aria, cibo, integrità fisica) e l’embrione è dipendente solo in modo differente dal vivente che invece è posto fuori dall’utero (l’embrione ha cioè solo altre regole di dipendenza per il proprio sostentamento. L’aria, il cibo, l’ambiente di sviluppo, gli devono essere fornitio in modo diverso da quelli di un adulto). L’embrione ha in sé ogni autonomia, perché capace di autodefinirsi come organismo assolutamente altro rispetto all’organismo della donna. La dipendenza dell’embrione dalla madre è solamente “diversa” ma non inferiore alla dipendenza degli adulti umani da altre categoprie e regole del vivere. L’embrione è identico all’adulto, ma solo dotato di una dipendenza dal corpo della donna che ce lo fa apparire – ma non essere – parte di quel corpo. D’altra parte, se non si rispetta il concetto di “autonomia del vivente” per definire i limiti del rispetto dovuto ai viventi, e si accetta come solo punto cardine il concetto di “indipendenza”, si aprono per il genere umano scenari da incubo, appunto, nei quali è possibile eradicare tutti coloro che non hanno come badare a sé stessi»[18]

 

Il 19 febbraio 2008, su Il Manifesto è apparso un articolo, intitolato “A chi piace il diritto all’aborto?“, di Ida Dominijanni, storica femminista italiana. La militante critica Giuliano Ferrara e Giorgio Merlo poiché, prendendo prendendo entrambi le distanze dal diritto all’aborto da parte della donna, attribuiscono questo slogan al mondo femminista di ieri e di oggi. La Dominijanni replica: «E quando mai? Qui non si tratta di un immaginario perverso, ma di una proiezione in piena regola. La traduzione del problema dell’aborto in termini di diritto (da ridurre) è tutta loro oggi, così come fu dei Radicali (per conquistarlo) negli anni 70. Ma sfidiamo i Ferrara, i Merlo e quant’altri, a trovare nella letteratura femminista in materia un solo riferimento all’aborto come diritto». L’aborto -continua la filosofa- è da sempre nel vocabolario femminista un’eccedenza irriducibile al linguaggio del diritto e dei diritti. Elenca quindi una serie di libri femministi a conferma. Secondo lei «una parte significativa del femminismo degli anni ’70 era più favorevole alla semplice depenalizzazione che non alla legalizzazione dell’aborto». Conclude difendendo la legge 194, che definisce «legge di compromesso tra de-criminalizzazione e statalizzazione dell’aborto», la legge funziona «non come legge abortista, ma come cornice di regolazione e limitazione degli aborti»[19].

 

Il 21 agosto 2007 in una nota ufficiale di Amnesty International, la Ong impegnata a livello internazionale nella difesa dei diritti umani ha comunicato che: «In occasione del XXVIII Congresso internazionale di Amnesty International l’organizzazione per i diritti umani ha ratificato la sua posizione sull’aborto. La posizione di Amnesty non è per l’aborto come diritto ma per i diritti umani delle donne che devono vivere libere dalla paura, dalla violenza e dalle coercizioni quando affrontano le conseguenze dello stupro e di altre violazioni dei diritti umani». Amnesty non chiede di rendere l’aborto illegale ma nemmeno di legalizzarlo. Tuttavia è a favore dell’aborto in caso di violenza sessuale, incesto o per rischi alla salute. Rifiuta inoltre di giudicare «se l’aborto sia giusto o sbagliato»[20].

 

L’8 maggio 1981 Il Corriere della Sera intervistava il laico Luigi Bobbio, il quale disse: «Non parlo volentieri di questo problema dell’aborto. È un problema molto difficile, è il classico problema nel quale ci si trova di fronte a un conflitto di diritti e di doveri. Innanzitutto il diritto fondamentale del concepito, quel diritto di nascita sul quale, secondo me, non si può transigere. È lo stesso diritto in nome del quale sono contrario alla pena di morte. C’è anche il diritto della donna a non essere sacrificata nella cura dei figli che non vuole. E c’è un terzo diritto: quello della società. Il diritto della società in generale e anche delle società particolari a non essere superpopolate, e quindi a esercitare il controllo delle nascite. Il primo, quello del concepito, è fondamentale; gli altri, quello della donna e quello della società, sono derivati. Inoltre, e questo per me è il punto centrale, il diritto della donna e quello della società, che vengono di solito addotti per giustificare l’aborto, possono essere soddisfatti senza ricorrere all’aborto, cioè evitando il concepimento. Una volta avvenuto il concepimento, il diritto del concepito può essere soddisfatto soltanto lasciandolo nascere. Le femministe dicono: “Il corpo è mio e lo gestisco io”. E’ aberrante farvi rientrare l’aborto. L’individuo è uno, singolo. Nel caso dell’aborto c’è un “altro” nel corpo della donna. Il suicida dispone della sua singola vita. Con l’aborto si dispone di una vita altrui. Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il “non uccidere”. E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere»[21].

 

Il 9 febbraio 1975 sull’Espresso è apparas un’intervista a Marco Pannella, leader storico dei radicali. Oggi è uno dei militanti per l’aborto, ma allora disse: «E l’eutanasia per quando? M’è stato chiesto in un recente dibattito sull’aborto. Deluderò nemici in agguato e amici impazienti, ma io sono contro. Nessuno ha il diritto di compiere la scelta della morte dell’altro, finché in chi soffre e fa soffrire ci sia un barlume e la speranza d’un barlume di volontà e di coscienza»[22].

 

Il 19 gennaio 1975 il Corriere della Sera pubblicava un articolo di Pier Paolo Pasolini col titolo “Sono contro l’aborto“, il grande intellettuale diceva: «Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio. Nei sogni, e nel comportamento quotidiano – cosa comune a tutti gli uomini – io vivo la mia vita prenatale, la mia felice immersione nelle acque materne: so che là io ero esistente. Mi limito a dir questo, perché, a proposito dell’aborto, ho cose più urgenti da dire. Che la vita sia sacra è ovvio: è un principio forte ancora che ogni principio della democrazia, ed è inutile ripeterlo. Io so intanto, come ho detto, che la maggioranza è già tutta, potenzialmente, per la legalizzazione dell’aborto (anche se magari nel caso di un nuovo “referendum” molti voterebbero contro, e la “vittoria” radicale sarebbe molto meno clamorosa). L’aborto legalizzato è infatti – su questo non c’è dubbio – una enorme comodità per la maggioranza. Soprattutto perché renderebbe ancora più facile il coito – l’accoppiamento eterosessuale – a cui non ci sarebbero più praticamente ostacoli. Ma questa libertà del coito della “coppia” così com’è concepita dalla maggioranza – questa meravigliosa permissività nei suoi riguardi – da chi è stata tacitamente voluta, tacitamente promulgata e tacitamente fatta entrare, in modo ormai irreversibile, nelle abitudini? Dal potere dei consumi, dal nuovo fascismo. Esso si è impadronito delle esigenze di libertà, diciamo così, liberali e progressiste e, facendole sue, le ha vanificate, ha cambiato la loro natura»[23]

 

————- ————–

5. CONCLUSIONI

Appare dunque evidente che la promozione dell’aborto come diritto della donna di autodeterminarsi si poggia su un assunto assolutamente sbagliato. La coppia non è stata costretta a creare una nuova vita e, una volta scelto di procedere, deve essere capace di assumersi le sue responsabilità umane. Certamente occorrono leggi politiche che possano aiutare e facilitare questa decisione per la vita e l’adozione rappresenta sempre e comunque un’alternativa, l’unica che non lede nessun diritto. Né quello della donna, né quello del figlio, permette di vivere una sessualità responsabile e magari rende felice un’altra coppia.

 

———————————————

NOTE
[1]^
[2]^ R. O’Rahilly & F. Müller, “Human Embryology and Teratology“, Wiley-Liss, 2001, p. 8
[3]^ K. Moore, “The Developing Human: Clinically Oriented Embryology“, Saunders 2003, pp. 2
[4]^ http://boes.org/un/itahr-b.html
[5]^ http://www.unhappyanimal.org/diritti_animali_violati
[6]^ P. Singer, “Liberazione animale”, NET 1975
[7][8]^ http://s2ew.mpv.glauco.it/mpv/s2magazine/
[9]^ http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2011/1/6
[10]^ http://www.zenit.org/article-24965 e http://www.avvenire.it/Mondo/corte+europea
[11]^ http://www.corriere.it/cronache/10_aprile_01/papa_aborto papa 2010
[12]^ http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo378440.shtml
[13]^ http://www.zenit.org/article-18794?l=italian
[14]^ http://www.zenit.org/article-16197
[15]^ Ultimissima 26/11/10
[16]^ http://www.youtube.com/watch?
[17]^ http://www.scienzaevitafirenze.it/cms/
[18]^ http://www.centrostudi-ancoragenitori.it/politica-famiglia
[19]^ http://www.womenews.net/spip3/spip.php?article1638
[20]^ http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/
[21]^ http://www.europaoggi.it/content/view/534//
[22]^ http://www.antoniosocci.com/2006/04/pannella-sconfessato/
[23]^ http://www.europaoggi.it/content/view/1358/45/

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace