Il film Silence e l’abiura della fede: sotto minaccia, è lecito rinnegare Dio?

film scorsese fede in dioL’ultimo film di Martin Scorsese, intitolato Silence, è da vedere. Il messaggio che trasmette è discutibile nel suo relativismo, tuttavia appaiono nascosti spunti davvero validi ed ha il merito di generare riflessioni ben più profonde rispetto alle abituali proposte cinematografiche.

Senza svelare la trama, è la storia di due padri gesuiti che nel 1638 partono per il Giappone in ricerca del loro maestro spirituale, padre Ferreira, rifiutandosi di credere che abbia davvero abiurato alla sua fede a causa della persecuzione subita. Arrivati a destinazione incontrano la nascosta comunità cristiana che da anni vive priva di sacerdoti, morti come martiri. Loro stessi subiscono persecuzioni che lo shogun, il dittatore giapponese, applica ai danni dei cristiani e dei convertiti, venendo sfidati ripetutamente a rinnegare la fede.

Il ricatto che subiscono dalle autorità giapponesi è psicologicamente devastante: abiurare la fede in Cristo, calpestare la Sua immagine posta simbolicamente ai loro piedi, per salvare la vita dei fratelli cristiani che hanno incontrato. Lo spettatore si immedesima e si domanda: “ed io, cosa avrei fatto?”. “Se oggi venissi sfidato da un terrorista islamico come mi comporterei?” 

E’ a questa domanda che padre Angelo Bellon, docente di teologia morale nel seminario dell’arcidiocesi di Genova, ha voluto rispondere. Oltre al dovere della testimonianza in prima persona (ma non del proselitismo, come insegnano Benedetto XVI e Francesco), Gesù ha indicato il criterio della prudenza: tollerare alcuni mali per evitarne più grandi. «Se vi perseguitano in una città, fuggite in un’altra» (Mt 10,23), e Lui stesso ne ha dato l’esempio (Gv 8,59 e 10,39), imitato dagli apostoli (2 Cor 11,33; At 12,8-11). «Vi possono essere momenti (ad es. in tempi di persecuzione)», ha spiegato padre Bellon, «in cui è più prudente non manifestare pubblicamente la fede. In certi casi, come nell’eventualità di essere scoperti e denunciati, vi può essere anche l’obbligo di derogare dalle leggi ecclesiastiche che non obbligano mai con grave incomodo». 

E’ quindi lecito togliere il crocifisso dal collo per evitare di attirare le attenzioni di eventuali sequestratori islamici, così come nascondere i simboli cristiani per evitare di venire scoperti, come fa la comunità sotterranea giapponese nel film di Scorsese. «I precetti morali positivi che comandano di testimoniare la fede», ha continuato il teologo domenicano, «obbligano sempre ma non in ogni momento. Qui è lecito occultare il crocifisso per salvare la propria vita necessaria alla famiglia, alla Chiesa e alla società». Obbedire non sarebbe rinnegare Dio, ma cessare di compiere un atto che non è strettamente richiesto. Ma il cristiano, di fronte alla richiesta di una esplicita abiura non può rinnegare la verità, anche esponendosi al martirio. Gli stessi apostoli hanno preferito morire piuttosto che tradire, imitati da tanti santi e sante che «hanno testimoniato e difeso la verità morale fino al martirio, perché non è mai lecito rinnegare la fede e per questo si deve essere disposti a testimoniare la verità fino al martirio».

Anche il teologo Stefano Biavaschi, da noi contattato, ha confermato: «Un conto è rinnegare la propria fede, un conto è evitare di indossare segni sacri, cosa che in fondo non è prescritta dal Vangelo. Uno può essere un ottimo cristiano anche senza indossare segni sacri. Si può scendere fino al gradino più basso del compromesso con l’altro (togliersi un crocifisso) ma mai fino allo stato di abiura. Tra l’altro il film di Scorsese mostra chiaramente due cose: 1) chi abiura non trova la pace, e sente urgente bisogno di confessarsi: segno che lui stesso si percepisce in stato di peccato. 2) verso chi si costringe ad abiurare non ci si limita nella richiesta di un singolo gesto (calpestare un’immagine, peraltro talvolta nemmeno benedetta ma fatta dal nemico stesso come strumento di abiura, e quindi semplice prodotto di arte umana che potrebbe al limite – ma proprio al limite – indurci a far nostro quanto disse addirittura un papa: “come legno ti spezzo, ma come Cristo ti adoro”) ma a chi abiura si richiede nei fatti una abiura continua, ripetuta nel tempo, che vada oltre la debolezza del momento per diventare scelta effettiva, che coincide con il rinnegamento vero e proprio della fede».

Questo perché, ha proseguito Biavaschi, «l’abiura, alla fine, modifica la persona, la distacca da Dio inizialmente per un senso di colpa verso di Lui, e successivamente per una retrocessione dei pensieri alti, fino al coinvolgimento di tutti i pensieri e tutti i valori: se ho piegato il pensiero più alto (“credo in questo Dio”) ancor più si piegheranno tutti i pensieri ed i valori rimasti. Alla fine l’abiura diventa quindi non quella del singolo gesto (calpestare un’immagine) ma quella di un’intera vita (calpestare l’opzione di fondo). Ecco perché la Bibbia ci mostra come modello Gesù, che non ha negato la sua figliolanza con Dio, anche se questo gli provocò sia la morte sia lo strazio della madre e di quanti lo amavano».

La redazione

36 commenti a Il film Silence e l’abiura della fede: sotto minaccia, è lecito rinnegare Dio?

  • unochepassava ha detto:

    Va bene il martirio proprio, ma quello altrui? Nel film si tratta di salvare vite altrui

    • Max ha detto:

      SPOILER

      Per quanto sia difficile… non si puo’ cercare di fare del bene, vale a dire salvare le vite altrui, facendo del male. Mi pare lo dicesse San Paolo. Ed il fondo lo fa capire anche Martin Scorzese: quando il protagonista del film accetta di abiurare, si sente un gallo cantare.

      Poi, un conto e’ l’abiura sotto pressione psicologica – fai queste cose per salvare delle persone in un preciso momento – un altrro conto e’ adattarsi al nuovo sistema, come accadra’ sempre al protagonista.

      Il bravo teologo e divulgatore Robert Barron spiega bene tutte queste cose (in Inglese, ma vale la pena):

      https://www.youtube.com/watch?v=5Th7Tiz1cEk

  • Gianfranco ha detto:

    Il film è tratto dall’omonimo libro del cattolico giapponese Shusaku Endo. Suggerisco la lettura della lunga intervista del gesuita padre Antonio Spadaro a Martin Scorsese sul film. Scorsese è cattolico, magari travagliato e a modo suo, ed il film rappresenta una parte del suo percorso di fede.
    Per quanto mi riguarda lo considero uno dei migliori film di Scorsese. Non riesco a vedere nel film il relativismo del regista, anzi. Il messaggio, nella sua crudezza, tipico dei suoi film (ha vissuto una infanzia difficile a New York), mostra la fede dei poveri cattolici giapponesi perseguitati e il cinismo dei persecutori. Bellissima è l’ultima immagine del film, che a mio parere mette in dubbio questa visione relativistica e da un senso alle scene precedenti.

    Altro spoiler
    Il silenzio di Dio (che poi è il titolo del libro e del film) viene rotto solo in un momento. Ovvero nel momento dell’abiura, quando Gesù invita a calpestare l’immagine. Perché? Perché, secondo Endo-Scorsese-Spadaro, Cristo si è fatto carico sulla croce dei peccati e delle debolezze dell’uomo, redimendolo.

    • Max ha detto:

      Ma li’ si sente anche un gallo che canta…

      • Gianfranco ha detto:

        Esatto. Io avrei scritto: E lì si sente anche un gallo che canta. La scena è più simile all’ascesa al calvario che alla resurrezione. Pietro rinnegò tre volte ma è Cristo che andò in croce facendosi carico dei peccati degli uomini, anche di Pietro. Pietro con l’abiura salvo se stesso ed in seguito si pentì e pianse amaramente. Anche il protagonista del film abiurò per salvare i suoi fratelli di fede. Ed anche lui pianse amaramente per questa scelta.

  • Steve ha detto:

    Il film è da vedere sicuramente. Ma bellon mamma mia, ricordo ancora quando nemmeno troppo velatamente mise sulle stesso piano un ragazzino che si masturba con un serial killer, in termini di peccato e ipotetica spedizione solo andata all’inferno, terrificando il ragazzino in questione sul sito dei domenicani che gli chiedeva appunto spaventato conforto.

    Anche no.

    Anche no.

    • Max ha detto:

      Dove? quando?

      • Steve ha detto:

        Bellon gestisce una rubrica sul sito dei domenicani, dove risponde ad una mole spropositata di mail riguardo escatologia, morale, consigli, ecc.

        Anche ad esempio quando un lettore, disperato, gli chiese se secondo lui la sua amata moglie appena defunta, persona integerrima, tiepida credente ma non praticante, potesse essere andata all’inferno proprio per questo. E Bellon di certo non lo rassicurò.

        • Max ha detto:

          Conosco, conosco il suo blog. Ma chiedevo se mi potevi dare una referenza alla prima affermazione di cui sopra.

          • Steve ha detto:

            Cerca nella sezione escatologia, ci sono varie domande di ragazzini riguardo la masturbazione e PESSIME risposte di bellon che invita loro a reprimere la pulsione sessuale, aggiungendo pure che non è la normalità.

            Fragabriop: sul concetto finale concordo con te, ovvero che non è certo bellon a sapere dove stanno le anime e soprattutto il metodo di giudizio dell’onnipotente, ma il suo è il Dio bacchettone che nei miei lunghi trascorsi da agnostico ho sempre cercato di NON immaginarmi.

            • Max ha detto:

              Boh, io lo leggevo in passato e la maggior parte delle risposte che leggevo erano “tranquille”. Certo che se uno non e’ d’accordo con le idee che stanno alla base.. ma questo e’ certamente un altro discorso.

        • fragabriop ha detto:

          Scusi quindi cosa doveva dire? Tranquillo è in Paradiso. Se crede giusto dire le menzogne faccia pure. Ma sa p. Bellon non è il Padre Eterno che conosce dove sono le anime… 😉

  • lorenzo ha detto:

    Imbracciare le armi contro il persecutore è legittima difesa: è vero che Gesù ha detto che “tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada”, però, morire per morire, almeno tenterei di salvare la vita a qualcun altro.

  • Giobbe ha detto:

    Segnalo e consiglio un breve saggio sul libro, scritto da un sacerdote e pubblicizzato sul blog di Costanza Miriano, di cui condivido il contenuto: https://costanzamiriano.files.wordpress.com/2017/01/saggio-su-silenzio.pdf
    Il giudizio sul film è sostanzialmente negativo. Io lo considero un film molto cupo, in cui il cattolicesimo e la fede vera non si respirano. La grazia non si vede. Un film insidioso. Non abbiamo bisogno di prendere lezioni di fede da Martin Scorsese.

    • unochepassava ha detto:

      Ma come la fede vera non si respira? Non ne avevano forse quei due sacerdoti?
      E che cosa vuol dire che la grazia non si vede? Non e’ forse sempre cosi? A cosa sono servite le preghiere dei milioni di ebrei trucidati dai nazisti?
      Il film e’ piu’ che realistico: il giovane prete prega e quello anziano gli dice: prega pure ma sappi che non servira’ a nulla, anche io a suo tempo ho pregato e cio’ non ha salvato la vita a nessuno

      • Giobbe ha detto:

        Ecco appunto, la tua risposta dice tutto: pregare non serve a nulla. Questo il punto di vista di Scorsese. Ma questa non è fede. Nella vita di fede la grazia si tocca con mano. Non a caso i martiri, anche quelli giapponesi (è storia, non raccontata nel film) andavano spesso incontro alla morte con gioia. Non è follia, è Fede: è l’esperienza di chi ha toccato con mano la grazia.

      • lorenzo ha detto:

        Io conosco un tale che pregava e, in collaborazione con un gruppo di persone armate, ha salvato molte vite.

  • Giallo ha detto:

    C’e’ un altro film, “Ogni cosa è illuminata” in cui c’e’ una scena dove un anziano ebreo, durante le persecuzioni naziste viene costretto dai soldati ad una scelta: o sputa sulla Torah e la ripudia o sparano a sua figlia, davanti ai suoi occhi.
    Che fare in una circostanza di questo tipo?

    • Taigura Araphael ha detto:

      immagino far sparare la propria figlia. 🙂

      • Alèudin ha detto:

        Io sputerei, in fondo uno sputo è un bacio molto intenso.

        Quello che voglio dire è che in una situazione limite come questa a mio avviso non si tratta di abiura, il peccato lo fanno coloro che ti costringono.

        • Taigura Araphael ha detto:

          da non credente non mi pongo il problema, ma immedesimandomi in un credente credo che la vedrei come te. Del resto immagino che il ripudio o al contrario una vera conversione avvenga nel cuore ad un livello spirituale, non certo recitano a memoria il catechismo o in questo caso specifico, sputando o ripudiando a parole con l’intendo di salvare la vita di una creatura. Non credo vada assolutamente contro il volere divino, anzi al contrario……

          • Klaud ha detto:

            …da non credente non mi pongo il problema…
            Dovresti portelo. È successo anche che la ‘fede’ fosse imposta con la forza: che faresti?
            Solo a pensarci provo un senso di nausea, ma certamente sceglierei la vita: è l’unico modo per sconfiggerli.
            La gloria degli altari non mi soddisfarebbe… e poi non ci sono altari atei! 😛

            • Taigura Araphael ha detto:

              infatti visti i tempi che corrono sarebbe opportuno, ad esempio, prima di prendere l’aereo o viaggiare all’estero, imparare passi del corano……non vorrei trovarmi castrato o con la testa che mi rotola. 🙂

        • Katy ha detto:

          @Aleudin: è in realtà Biavaschi nell’articolo a rispondere che non è un solo gesto…cito: “verso chi si costringe ad abiurare non ci si limita nella richiesta di un singolo gesto (calpestare un’immagine, peraltro talvolta nemmeno benedetta ma fatta dal nemico stesso come strumento di abiura, e quindi semplice prodotto di arte umana che potrebbe al limite – ma proprio al limite – indurci a far nostro quanto disse addirittura un papa: “come legno ti spezzo, ma come Cristo ti adoro”) ma a chi abiura si richiede nei fatti una abiura continua, ripetuta nel tempo, che vada oltre la debolezza del momento per diventare scelta effettiva, che coincide con il rinnegamento vero e proprio della fede”.

  • O, eta! ha detto:

    “RIFIUTANDOSI A CREDERE CHE ABBIA ABIURATO”.
    Bello notare quanto poco ci metta un “credente” a rifiutarsi a “credere”: basta che le parti s’invertano et voilà.

  • Sophie ha detto:

    Non prometto per paura di non mantenere, ma chiedo ogni giorno a Gesù di avere la forza di non rinnegarlo nemmeno di fronte a minacce serie.

  • Edo Secco ha detto:

    L’ho visto qualche giorno fa. Leggendo alcuni commenti qui sopra, bisognerebbe tenere presente che è importantissimo separare due cose:

    1) il fatto storico delle apostasie: ossia che fosse stata una circostanza storica effettiva, accaduta, quale che ne fosse la portata e le modalità, che ci piaccia o no.

    2) altra cosa è chiedersi se, nel raccontare questi fatti, Shusaku Endo nel suo romanzo e poi Jay Cocks e Martin Scorsese nell’adattamento a film volessero fare effettivamente un elogio dell’apostasia.

    A mio avviso il raccontare in maniera così efficace (ammetto di non essere un grande cinefilo ma dal punto di vista meramente oggettivo l’ho trovato un bel film, per la cura di moltissimi aspetti) un fatto storico che noi come Cristiani troviamo deprecabile, non vuol dire automaticamente che chi l’ha narrato volesse farlo passare per accettabile.

    Io so soltanto di essere uscito dalla sala frastornato, non ve lo nascondo, e in testa mi esplodeva la domanda “io, che penso di essere conscio della mia Fede, cosa avrei fatto io se mi fossi trovato in quella situazione?”

    Se poi Endo, Cocks o Scorsese hanno detto di aver avuto invece proprio quell’intendimento allora la faccenda cambia. Ma bisogna trovare per esempio delle interviste.

    • Fabio ha detto:

      La medesima domanda me la sono posta pure io al termine del film: che cosa avrei fatto al posto loro?
      Personalmente penso che il mio istinto di sopravvivenza avrebbe finito col predominare.
      Le scene del film erano molto cruente e facilmente immedesimabili, tra condannati a morire bruciati sui covoni di paglia, o crocefissi tra gli scogli e finiti dalle onde del mare, oppure messi a testa in giù, dentro una buca, a morire lentamente.
      Condanne a morte ciniche e atroci.
      Tutt’al più, trovandomi al posto del giovane missionario e, postomi davanti al governatore inquisitore, avrei giocato d’astuzia, cercando di lavorarmelo psicologicamente, ossia facendo emergere in lui il lato buono che è insito in qualsiasi persona, anche in quella più cattiva, oppure, in alternativa, facendogli credere di essere un personaggio influente alla corte di qualche grande e potente sovrano europeo. Magari mescolando entrambe le cose, perché no!
      Ecco, io al suo posto avrei agito così.

      Mi viene in mente l’ammirevole figura di Giorgio Perlasca, grande uomo ed altrettanto ingegnoso, nell’essersi improvvisato console del governo di Spagna, con l’intento di salvare la vita a migliaia di ebrei nel bel mezzo della shoah, nella Germania nazista.
      Giocò d’astuzia anche lui, sapendo che spacciandosi per un diplomatico di un paese estero, per giunta anche potenzialmente alleato, (stiamo parlando della Spagna del Caudillo Franco), avrebbe goduto dell’immunità e di piena libertà d’azione.

      Prima di essere agnelli sacrificali, ci si deve improvvisare serpi astute.
      Gesù stesso invita nel Vangelo ad esserlo.
      Ci si salva la vita e la si può salvare anche agli altri.

  • Fabio ha detto:

    E chi l’ha detto, che il Signore non ascoltò il grido del Suo popolo internato nei campi di concentramento nazista, durante la Seconda Guerra Mondiale?

    Guardate che fine fece la Germania nazista!
    Fu ridotta in macerie, un paese lugubre e spettrale cinto in una morsa stritolante e mortale: ad ovest l’esercito americano che avanzava oltre il Reno; ad est l’esercito sovietico che oltrepassava la Vistola e l’Oder. Milioni di ebrei liberati dai lager.

    Come avvenne per la prigionia in terra di Babilonia, quando l’esercito persiano fece a pezzi il rivale babilonese, permettendo così la liberazione degli ebrei, altrettanto si ripetè nel Secondo Conflitto Mondiale.
    Dio si serve degli eserciti per salvare gli uomini che gli gridano aiuto.

    Giorgio Perlasca salvò la vita ad oltre 5000 ebrei.

    Oskar Schindler salvò la vita ad oltre 1000 ebrei.

    Benito Mussolini, (sì, proprio lui, il Duce!), salvò la vita a 3000 ebrei, internandoli in campi di prigionia italiani, per evitare che finissero deportati in Germania.

    Totale ebrei salvati: oltre 9000.

    Ma la Potenza di Dio la si può evincere anche nell’intelletto che diede a Robert Oppenheimer, fisico americano di origini ebraiche e padre della bomba atomica, con la quale gli americani poterono vincere la Seconda Guerra Mondiale.

    Qualcuno certamente obietterà il fatto che la bomba atomica fu usata contro la popolazione civile.
    Certo, fu un atto crudele, ma se gli americani non l’avessero usata, il Giappone, pur stremato e perdente su tutti i teatri di guerra del Pacifico, avrebbe continuato ostinatamente il conflitto fino all’ultimo kamikaze, e chissà quante decine o centinaia di migliaia d’altri soldati americani sarebbero morti per concludere in maniera convenzionale il conflitto.

    Gli ebrei patirono molto, troppo, durante quegli anni, furono bruciati vivi nei forni crematori, ma dall’ingegno di un ebreo nacque l’arma più potente che l’uomo abbia mai concepito nella storia, con la quale si può vincere qualunque guerra e con la quale si è sempre imposta la pace dopo il 1945.

    Alla fine del Secondo Conflitto Mondiale, il popolo ebraico potè finalmente riavere la propria nazione, dopo migliaia di anni di diaspora, lì, nella terra che il Signore aveva indicato ad Abramo migliaia di anni prima.

    Ergo, molte volte dopo la ricostituzione dello Stato Ebraico, gli eserciti dei paesi arabi coalizzati tentarono ripetutamente d’invaderlo, (1948, 1967, 1973), ma Israele, da solo, li respinse su tutti i fronti, uscendone sempre vincitore.

    Nessuno può vincere Israele!
    In esso vige l’eterna alleanza tra Dio e Abramo.

    IPSUM MAGNUM DEUS EST.