Il filosofo Antiseri: «il messaggio cristiano libera dell’ideologia razionalista»

Tra i filosofi più affermati del nostro tempo, c’è sicuramente Dario Antiseri, già docente presso l’Università “La Sapienza” di Roma, l’Università di Siena, alla LUISS di Roma e all’Università di Padova. Lo abbiamo citato altre due volte, entrambe in merito al tema della laicità: essa la dobbiamo la cristianesimo ha affermato, spiegando in un secondo articolo che la vera laicità stima il cristianesimo, non è contro.

Molti dubbi sollevano le sue prese di posizione su tematiche etiche, sopratutto perché egli arriva spesso ad abbracciare il più aperto relativismo. E’ emerso questo in un suo recente articolo per il “Corriere della Sera”, in cui ha sottolineato in maniera molto interessante la forte limitatezza della scienza in ambito conoscitivo: «Tutta la ricerca scientifica, in qualsiasi ambito essa venga praticata – in fisica e in economia, in biologia e in storiografia, in chimica come nella critica testuale – si risolve in tentativi di soluzione di problemi, tramite la proposta di ipotesi o teorie da sottoporre ai più severi controlli al fine di vedere se esse sono false […]. Ciò nella consapevolezza che, per motivi logici, non ci è possibile dimostrare vera, assolutamente vera, nessuna teoria: anche la teoria meglio consolidata resta sempre sotto assedio». La parte più controversa della sua presa di posizione (occorrerebbe più spazio per trattarla), è la sua domanda: «tutte le etiche sono diverse, ma ce n’è una migliore delle altre? C’è, insomma, un qualche principio etico che, razionalmente fondato, possa valere erga omnes?», e la sua risposta, che apre al relativismo etico: «Si tratta di un’inevitabile domanda che, tuttavia, non pare possa avere una risposta positiva». Questa è una negazione della legge naturale iscritta in ogni uomo, quella legge che -iscritta dal Creatore- rende uguale il “cuore” di ognuno in qualsiasi angolo del mondo.

Alla stessa domanda che si è posto Antiseri, papa Benedetto XVI ha risposto –nel suo celebre discorso sul diritto naturale-, di “si”: l’etica migliore delle altre è «la conoscenza di questa legge iscritta nel cuore dell’uomo», la quale «aumenta con il progredire della coscienza morale […]. La legge naturale è la sorgente da cui scaturiscono, insieme a diritti fondamentali, anche imperativi etici che è doveroso onorare […]  è, in definitiva, il solo valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica […] La legge iscritta nella nostra natura è la vera garanzia offerta ad ognuno per poter vivere libero e rispettato nella propria dignità.».  Sulla base del diritto naturale, «è possibile sviluppare un fecondo dialogo tra credenti e non credenti; tra teologi, filosofi, giuristi e uomini di scienza, che possono offrire anche al legislatore un materiale prezioso per il vivere personale e sociale». Tornando ad Antiseri, è vero che -come afferma lui- non è la scienza a poter aiutare in questo, perché da essa «non è estraibile un grammo di morale. I princìpi etici si fondano su scelte di coscienza e non sulla scienza», ma sbaglia, a nostro avviso, in modo clamoroso quando sostiene che «sorprende l’insistenza di tanti intellettuali cattolici i quali pensano che sia la ragione, al di fuori della Rivelazione, a stabilire, in maniera ultima e definitiva, ciò che è Bene e ciò che è Male». La verità è invece conoscibile da ogni persona, credente o meno, nella semplice “lettura” corretta della sua coscienza, questa possibilità è alla base del dialogo tra le religioni, è la base di una comune ricerca, e quindi della democrazia.

Superato questo punto controverso, Antiseri si domanda «che cosa sarebbe questa nostra «cum-scientia» umanitaria, che cosa sarebbe in altri termini l’Occidente senza il messaggio cristiano?». Rileva infine la caratteristica fondamentale del cristianesimo: «La fede cristiana – che, essendo appunto fede, viene abbracciata e va testimoniata, proposta e non imposta – libera l’uomo dall’idolatria, anche dall’idolatria di una ragione concepita come Dea-Ragione». La ragione, continua il filosofo, «non è quella prostituta di cui parla Lutero, ma non è nemmeno quella dea davanti alla quale seguitano a inginocchiarsi i seguaci – laici e cattolici – delle svariate forme di fondamentalismo razionalistico. La ragione, piuttosto, è una preziosa lanterna, da tenere sempre accesa, necessaria per la correzione dei nostri errori; indispensabile perché le nostre scelte vengano compiute a occhi aperti, vale a dire con l’intelligenza delle loro conseguenze; e capace di scrutare quei limiti di se stessa, senza la cui consapevolezza popoleremmo la Terra, come insegnano tragiche esperienze del passato e del presente, di idoli mostruosi assetati di sangue». A conti fatti, un altro bell’articolo di Antiseri, che espone la sua visione in modo chiaro, seppur in parte -come spiegato- non condivisibile.

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131 commenti a Il filosofo Antiseri: «il messaggio cristiano libera dell’ideologia razionalista»

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  1. lorenzo ha detto

    E’ vero che è la ragione a stabilire ciò che è Bene e ciò che è male, ma può correttamente farlo solo se è retta ragione e, la retta ragione, è tale esclusivamente se conforme alla Rivelazione.

      • lorenzo ha detto in risposta a Alessandro M.

        Catechismo della Chiesa Cattolica – Cap. 3 – Art. 1 La legge morale naturale (1954 – 1960)

        1960 I precetti della legge naturale non sono percepiti da tutti con chiarezza ed immediatezza. Nell’attuale situazione, la grazia e la rivelazione sono necessarie all’uomo peccatore perché le verità religiose e morali possano essere conosciute “da tutti e senza difficoltà, con ferma certezza e senza alcuna mescolanza di errore” [Pio XII, Lett. enc. Humani generis: Denz. -Schönm., 3876]. La legge naturale offre alla Legge rivelata e alla grazia un fondamento preparato da Dio e in piena armonia con l’opera dello Spirito.

        • Lucio ha detto in risposta a lorenzo

          Vero, vero, verissimo!

        • Alessandro M. ha detto in risposta a lorenzo

          Caro Lorenzo, ma attento a quello che citi. Pio XII sta solo dicendo che la rivelazione è un aiuto per conoscere “senza difficoltà e con ferma certezza”. Ovvero può bastare la ragione, seppur sia più difficile.
          La legge morale è comune a tutti gli uomini.

          “Sebbene infatti nella divina rivelazione siano comprese anche cose non inaccessibili all’umana ragione, e tuttavia rivelate agli uomini “perché si potessero da tutti conoscere con più prontezza, con ferma certezza e senza mescolanza di errori, non per questo però si può affermare che la rivelazione sia assolutamente necessaria” http://www.vatican.va/holy_father/leo_xiii/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_18111893_providentissimus-deus_it.html

          • lorenzo ha detto in risposta a Alessandro M.

            Nelle parole del Papa che mi hai citato, si afferma che:
            La divina rivelazione è fatta di cose che, pur accessibili alla ragione umana, sono state ugualmente rivelate allo scopo di permettere a tutti di conoscerle in modo immediato, certo, e senza il rischio di mischiare Verità ed errore. (La Rivelazione contro il pericolo del relativismo)
            Tuttavia, prosegue nell’enciclica Leone XIII: “…, non per questo però si può affermare che la rivelazione sia assolutamente necessaria, ma perché Dio, nella sua infinita bontà, ordinò l’uomo ad un fine soprannaturale.”
            Il periodo che avevi riportato era incompleto e, come lo avevi troncato tu, dava veramente l’impressione che il Papa affermasse che la rivelazione non fosse assolutamente necessaria all’umana ragione, mentre egli afferma che è prioritaria (sia assolutamente necessaria), nella rivelazione, la destinazione dell’uomo alla Vita eterna.

      • lorenzo ha detto in risposta a Alessandro M.

        Ti sei chiesto che significato potessero avere le parole: “Il fatto che la natura, l’essere stesso non sia più trasparente per un messaggio morale, crea un senso di disorientamento che rende precarie ed incerte le scelte della vita di ogni giorno.”, nel discorso del Papa?

        • Alessandro M. ha detto in risposta a lorenzo

          Si, ma cosa c’entra scusa?

          • lorenzo ha detto in risposta a Alessandro M.

            Ti riporto più periodi contigui del discorso di Benedetto XVI, dai quali si evince chiaramente i rischi di relativismo insiti nella sola ragione:
            “C’è un altro pericolo meno visibile, ma non meno inquietante: il metodo che ci permette di conoscere sempre più a fondo le strutture razionali della materia CI RENDE SEMPRE MENO CAPACI DI VEDERE LA FONTE DI QUESTA RAZIONALITA’, la Ragione creatrice. La capacità di vedere le leggi dell’essere materiale CI RENDE INCAPACI DI VEDERE IL MASSAGGIO ETICO contenuto nell’essere, messaggio CHIAMATO DALLA TRADIZIONE lex naturalis, LEGGE MORALE NATURALE. Una parola, questa, per molti oggi quasi incomprensibile a causa di un concetto di natura non più metafisico, ma solamente empirico. Il fatto che la natura, l’essere stesso non sia più trasparente per un messaggio morale, crea un senso di disorientamento che RENDE PRECARIE ED INCERTE LE SCELTE DELLA VITA DI OGNI GIORNO. Lo smarrimento, naturalmente, aggredisce in modo particolare le generazioni più giovani, che devono in questo contesto trovare le scelte fondamentali per la loro vita.”

  2. Luigi Pavone ha detto

    Una opinione simile a quella di Antiseri è quella di Vattimo. Anche Vattimo vede nel cristianesimo una ricetta contro il razionalismo.

  3. Michele Silvi ha detto

    Io penso che, semplicemente, Antiseri intenda che non è possibile distinguere un’interpretazione corretta della legge naturale da una sbagliata, non con certezza almeno (a parte i casi più eclatanti).
    E sono d’accordo con lui, nulla ci permette di essere certi di aver compreso la legge naturale che è in noi, se ci limitiamo in un contesto razionale.

    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Michele Silvi

      Non conosco approfonditamente Dario Antiseri, però immagino che il tuo commento sia corretto. Comunque, vale la pena, in aggiunta, osservare che se non c’è certezza in ambito razionale sul diritto naturale, non può esserci certezza neanche nella fede, dal momento che ciò che è certo (in termini epistemici, beninteso, non in termini psicologici) è per ciò stesso universale (ancora in termini epistemici, non in termini meramente numerici), ma la fede, per sua natura, non è universale, perché, se lo fosse, l’assenso alla rivelazione divina sarebbe interamente necessitato dalla ragione, e soprattutto non necessiterebbe del dono della grazia.

      • Alessandro M. ha detto in risposta a Luigi Pavone

        Quello che dici è in parte giusto. La fede è un contributo alla ragione, ovvero permette di conoscere quel che la ragione non può conoscere. Molti filosofi e teologi parlano di “illuminazione della ragione”.

      • Michele Silvi ha detto in risposta a Luigi Pavone

        La Fede è per definizione “extra-razionale”, riguarda ciò a cui la ragione, in condizioni normali, non può ambire. Quindi sì, non ne possiamo avere certezza razionale, e quindi oggettiva, sia per questo motivo sia perché la mia esperienza non è la tua, e per quanto possa comunicartela non lo sarà mai.

    • Alessandro M. ha detto in risposta a Michele Silvi

      Credo invece che Ratzinger dica un’altra cosa, Michele. Ogni uomo ha la possibilità di riconoscere il bene dal male, proprio in quanto basandosi in modo onesto su di sé. Altrimenti non sarebbe nemmeno comprensibile come un uomo possa capire che il cristianesimo sia l’unica strada possibile per la verità.

      Il relativismo infatti è su tutto. Davvero pensi che il tuo essere cristiano sia un tentativo? Allora c’è qualcosa che non va. O c’è una certezza di fondo oppure occorre rivedere le motivazioni per cui sei cattolico. L’uomo non è fatto per il dubbio, ma può raggiungere una verità e una certezza morale.

      • Michele Silvi ha detto in risposta a Alessandro M.

        La certezza di fondo c’è, ma non è una certezza razionale, è una “certezza” che si basa su elementi di altra natura. E Antiseri, essendo un filosofo, penso parli di un certo tipo di “certezza”, ovvero quella universale perché comunicabile al di fuori dell’esperienza.

      • Semelets ha detto in risposta a Alessandro M.

        E’ vero che l’uomo non è fatto per il dubbio, nel senso che non è il dubbio il fine della sua esistenza, ma allo stesso tempo non può sfuggire ad esso: “è tipico della stessa impostazione fondamentale del destino umano, il fatto di poter trovare l’assetto definitivo dell’esistenza unicamente in questa interminabile rivalità fra dubbio e fede, fra tentazione e certezza. Tanto il credente quanto l’incredulo condividono dubbio e fede, sempre beninteso che non cerchino di sfuggire a se stessi e alla verità della propria esistenza.” (J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, p.18). Ratzinger parla di dubbio non come di un incidente di percorso da superare, ma addirittura come impostazione fondamentale e assetto definitivo dell’esistenza.
        Per quanto riguarda le questioni sollevate dall’articolo e le posizioni di Antiseri, direi che esistono due modi di intendere l’autonomia della ragione. Uno è l’autonomia così come la intendeva san Tommaso (vedi articolo UCCR del 20-4-2012 su Kant e san Tommaso nel punto in cui si parla del “secondo articolo”): la ragione si muove in modo autonomo, ma nel sentiero indicato dalle verità di fede. L’altro è un’autonomia assoluta della ragione, che è quella di cui parla Antiseri e che può muoversi solo in un orizzonte relativista: è la ragione sganciata da Dio, cioè quella del peccato originale, che alla fine è costretta a DECIDERE cosa sono il bene e il male anziché RICONOSCERLI. Trovo dunque sostanzialmente corretto, come analisi, quanto sostiene Antiseri nell’articolo cui si fa riferimento (non fondabilità razionale di qualsiasi principio etico, se per razionale si intende una ragione autonoma in senso assoluto: in pratica è la solita questione dell’impossibilità di un’etica laica, se non come un sempre rivedibile “mettersi d’accordo”); ho l’impressione però che il filosofo mantenga un’eccessiva fiducia che definirei “popperiana”. In campo etico infatti Popper sosteneva un approccio di razionalismo critico che era più o meno questo: non è importante quali norme etiche assumiamo come punto di partenza, vanno benissimo anche i dieci comandamenti; starà a noi sottoporli al vaglio critico della ragione, scartando o modificando quelle parti che non riterremo più idonee al contesto socio-culturale in cui ci troveremo a vivere. All’inizio può anche sembrare che tutto fili liscio, perché si vive di rendita, ma nel lungo periodo credo che il risultato di questo approccio, con una ragione che si muove in un’autonomia assoluta, sia sotto gli occhi di tutti: un passo alla volta, anche un piccolissimo passo alla volta e viene stabilito come bene, in modo civile e democratico, ciò che una ragione ben agganciata riconosce con evidenza come male.

  4. Klaus ha detto

    A me sembra di aver capito (ma forse sbaglio, l’articolo è di lettura complessa) che quanto Antiseri intende dire sia proprio il contrario di quello che gli attribuisce Lorenzo. Ciò che afferma è che la ragione non può indicare cosa è bene e cosa è male in assoluto, perché una simile conoscenza può derivare soltanto dalla Rivelazione.
    Riporto testualmente: “sorprende l’insistenza di tanti intellettuali cattolici i quali pensano che sia la ragione, al di fuori della Rivelazione, a stabilire, in maniera ultima e definitiva, ciò che è Bene e ciò che è Male”.
    Ciò sulla base di quella che lui chiama “legge di Hume”, cioè “l’impossibilità logica di dedurre asserti prescrittivi da asserti descrittivi”, nel caso specifico precetti morali da leggi scientifiche.
    In linea generale si tratta di argomentazioni che a me appaiono sensate, ma resta un punto che non capisco come Antiseri (del quale sono un estimatore) affronti e proprio sotto il profilo logico: come facciamo a decidere che la Rivelazione è tale se non sulla base della ragione? E’ sempre con la ragione che prendiamo in esame le testimonianze della Tradizione e dei Vangeli, anche alla luce dei loro frutti, come la testimonianza di vita delle persone di fede o il ruolo del Cristianesimo nella storia, e decidiamo di dar loro credito.
    Mi sembra (ma, lo ripeto, sono concetti complessi e potrei sbagliare) che Antiseri identifichi la “ragione” esclusivamente con il procedimento di conoscenza scientifica, e se così fosse le sue affermazioni sarebbero a mio parere incontestabili, mentre Benedetto XVI (probabilmente è lui il più importante degli “intellettuali cattolici” in questione, il che spiegherebbe perché Antiseri non faccia nomi) la intende in senso molto più ampio.

    • Alessandro M. ha detto in risposta a Klaus

      Sono convinto anch’io che Antiseri demonizzi eccessivamente la ragione. Così facendo è un controsenso parlare di “verità” in quanto essa è rilevabile soltanto tramite la ragione.

      • Gab ha detto in risposta a Alessandro M.

        No poiché la ragione in sé e per sé è corrotta dal peccato originale. E’ solo la Fede che, purificando la ragione, potrà in maniera limpida e definitiva far comprendere anche alla Ragione la Verità assoluta.

    • Gab ha detto in risposta a Klaus

      Klaus non sono d’accordo. E’ la Fede che ti spinge a credere, confortata dalla Ragione. Non è il contrario. Non è l’atto razionale in partenza. La razionalità interviene successivamente a supportare la Fede. Ma senza la purificazione della Fede la Ragione non ha la possibilità di comprendere davvero il Bene e il Male. La ragione è usata anche da chi non ha Fede e questo, spesso e volentieri, porta al relativismo. Quindi la Ragione senza la Fede rimane corrotta, limitata, non capace di andare in alto. E’ solo con la Fede che la Ragione riacquisisce davvero la sua dignità.

    • lorenzo ha detto in risposta a Klaus

      Nella Genesi, l’Uomo, disobbedendo, mangia dell’albero della conoscenza del bene e del male, ma l’effetto che ne ricava è solo quello di rendersi conto dei propri limiti (si accorsero di essere nudi).
      L’Uomo era pertanto in grado di conoscere il bene ed il male, ma non di portare la conoscenza acquista al compimento voluto dal Creatore.
      Dirà Gesù: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.” (Mt 5.17), come ad affermare che solo sulla base di una ben determinata legge morale naturale, cui alcuni erano giunti, poteva trovare il suo compimento la Legge rivelata.

  5. Klaus ha detto

    Gab, guarda che la penso in buona parte come te. Certamente la ragione usata da chi non ha fede porta spesso al relativismo. Io intendevo criticare la contrapposizione tra le modalità di conoscenza proprie della ragione (che indubbiamente ha dei limiti e il cui principale punto d’arrivo sta nel riconoscere i limiti stessi) e Rivelazione. Quello che intendevo dire è che, a mio parere, senza la ragione non possiamo giungere a riconoscere la Rivelazione come tale. Non credo che fede e ragione possano operare distintamente in tale ambito, quindi sono del tutto d’accordo sul fatto che la ragione senza la fede rimane limitata. Ma la fede senza ragione come potrebbe sussistere? sarebbe solo una vaga adesione sentimentale, senza motivazioni serie. Io non credo che l’atto razionale stia in partenza, ma non credo neanche che in partenza stia una pura adesione di fede; almeno, per me non è così. Questa fede su cosa si baserebbe, se non sull’osservazione del mondo che ci circonda, sull’analisi introspettiva, dalle quali giungiamo a certe conclusioni, per esempio che non può essere che tutto ciò non abbia un senso, che tutto sia organizzato dal caso? E non è la ragione a consentire simili considerazioni?

    • Gab ha detto in risposta a Klaus

      Klaus ma la Fede non dipende da te, bensì è dono di Dio. La Fede non è propria della conoscenza umana. Non è una conquista dell’uomo, è solo grazia divina. All’uomo spetta saperla coltivare. S. Tommaso ha bisogno di vedere le piaghe del Signore eppure il Signore ci dice che è beato colui che pur non avendo visto ha creduto. Quindi la Fede esula dalla Ragione in partenza. Quando però la Fede è nutrita dai Sacramenti, dalla preghiera e dalla meditazione della Parola di Dio allora la Ragione invece che respingere la Fede trova la sua naturale collocazione; vi aderisce in maniera, appunto, razionale. La Ragione poiché è corrotta dal peccato originale finalmente si purifica. E va a supportare la Fede (come fa S. Tommaso d’Aquino, ad esempio).

      La donna che nell’episodio del Vangelo tocca la veste del Signore è spinta dalla Fede e infatti il Cristo le dice che la sua Fede l’ha salvata. Quindi, la Fede è data in dono ma poi spetta ad ognuno di noi farla “nostra”.

      Io prima di abbracciare la Fede pensavo che la Ragione di per sé era sufficiente e, nel dire questo, credevo di avere ragione, appunto. Non c’era bisogno della fede per usare la ragione. Avevo torto! La ragione era su un binario morto, vedeva tutto offuscato senza capire il perché di quello che dici anche tu alla fine, che tutto doveva essere dettato dal caso. Ma piuttosto evitavo di ragionarci, fuggivo dalla ragione stessa pur di non voler avere a che fare con la Fede. Quando mi arresi all’evidenza era stata la Fede ad entrare in “soccorso”. Ho lasciato per un pò la ragione “da parte” fino a quando è ritornata ad essere più chiara, a far aprire gli occhi di fronte al “nuovo mondo” che la Fede aveva spalancato. Alla fine l’atto di fede diventa razionale e diventa invece irrazionale non aderire alla Fede.

      La ragione da sola infatti tende a ribellarsi alla Fede (poiché la ragione è corrotta dalla superbia di Adamo). Poi però una volta che la Fede ha risanato la Ragione essa non può più fare a meno della Fede.

  6. Topazia ha detto

    Ammonizione VII di San Francesco:
    “Dice l’Apostolo: «La lettera uccide, lo spirito invece dà vita». Sono morti a causa della lettera coloro che unicamente bramano sapere le sole parole, per essere ritenuti i più sapienti in mezzo agli altri e potere acquistare grandi ricchezze e darle ai parenti e agli amici.
    Così pure sono morti a causa della lettera quei religiosi che non vogliono seguire lo spirito della divina Scrittura, ma piuttosto bramano sapere le sole parole e spiegarle agli altri. E sono vivificati dallo spirito della divina Scrittura coloro che ogni scienza che sanno e desiderano sapere, non l’attribuiscono al proprio io, ma la restituiscono, con la parola e con l’esempio, all’altissimo Signore Dio, al quale appartiene ogni bene.”

  7. Scusate, ma su questi argomenti vedo che regna una grande confusione nelle vostre opinioni e interpretazioni.

    1) Antiseri, che conosco, è un relativista assoluto. La sua condanna del razionalismo include qualsiasi forma di filosofia che pretenda di spiegare qualcosa tramite la ragione, tanto per intenderci vi è incluso pure il tomismo. Attenzione, dunque, la sua condanna non si limita solo agli eccessi illuministici, positivistici o idealistici. Lasciatelo assolutamente perdere, è un perniciosissimo maestro.
    1.1) La fede di Antiseri è di conseguenza un totale fideismo anti-intellettualistico, condannato ampiamente dal Magistero.

    2) La legge naturale non è qualcosa di iscritto (non si sa come) nel nostro cuore. Si tratta invece di un complesso di verità morali, aventi diversa gradazione, che la ragione pratica umana in parte scopre e in parte deduce a partire dai principi primi pratici di immediata evidenza (sinderesi). Faccio notare anche che per San Tommaso l’intero decalogo non è altro che legge naturale (cioè la legge morale che l’uomo potrebbe scoprire con la sua ragione), che però, dato il larghissimo accesso alla verità che Dio desidera per l’uomo, è stata anche rivelata nella forma, appunto, dei dieci precetti delle due tavole, in modo che non solo i dotti (e pochi tra loro) potessero arrivarci.

    ATTENZIONE AD ANTISERI, lasciatelo nel suo brodo relativistico e tenetevene alla larga, che è peggio della pece!!!

    • Gab ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Per legge naturale si intende legge iscritta da Dio nella sua creatura. Nell’atto della Creazione dell’uomo Dio ha impresso queste leggi. Prima del peccato originale non ci sarebbe stato bisogno di nessuna Tavola della Legge. Le Tavole furono “ridate” da Dio a Mosè per ribadire ciò che erà già stato scritto. Ce n’era bisogno poiché il peccato originale aveva offuscato la ragione ed il cuore era diventato di pietra. Tra l’altro anche il Signore lo afferma nel Vangelo.

      Quindi la Legge era necessaria per invertire la rotta al cammino dell’uomo perso nel fango del suo peccato.

      In questo senso la legge morale quindi è sempre iscritta nei cuori di ciascuno di noi, ma poiché viene anche tramandato il peccato in ogni generazione allora l’uomo con la sola ragione non è in grado di individuare senza la Fede in maniera chiera tutte le leggi naturali. Le può intuire o ci può arrivare a tentoni ma la ragione rimane sempre offuscata.

      Il cambio di passo arriva con la Rivelazione del Figlio dove il riscatto dei nostri peccati e la vita di grazia nella Chiesa per gli uomini permette ad essi di avere un cuore “di carne”, in modo tale che non c’era più bisogno della durezza della legge antica. Il cuore di “carne” tende ad essere quel cuore originario della Creazione di Dio che sa già e persegue le leggi naturali. E che infatti vengono racchiusi nei 2 comandamenti lasciati dal Signore.

      Nel Catechismo della Chiesa Cattolica:

      “1958 La legge naturale è immutabile e permane inalterata attraverso i mutamenti della storia; rimane sotto l’evolversi delle idee e dei costumi e ne sostiene il progresso. Le norme che la esprimono restano sostanzialmente valide. Anche se si arriva a negare i suoi principi, non la si può però distruggere, né strappare dal cuore dell’uomo.”

      • Gab ha detto in risposta a Gab

        in maniera chiara*

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Gab

        Gab, non capisco perché tu ti intestardisca a dire cose su argomenti che evidentemente ignori del tutto. Oppure pensi che la filosofia di San Tommaso d’Aquino, il più grande dei teologi cattolici, dottore della Chiesa proprio per questo, spari scemenze a proposito di uno dei punti fondamentali dell’etica?

        Comunque per tagliare la testa al toro, ti segnalo questo bel volume, pubblicato meno di un anno fa, che espone e analizza molto bene la dottrina tomista intorno alla legge naturale: Aldo Vendemiati, San Tommaso e la legge naturale, Urbaniana University Press, 2011, pp. 368. Ma presso la libreria della mia attuale università (Pontificia Università San Tommaso d’Aquino – Angelicum) trovi le ancor più belle e acute opere di Padre Reginaldo Pizzorni, domenicano ultranovantenne, che si è occupato a fondo di legge naturale e di etica.

        • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          Perché, invece di assegnare pollici versi privi di spiegazione, non esponete le ragioni del vostro dissenso, così ne discutiamo.

        • Lucio ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          Ciao a-theòs=a-éthos,
          Premetto innanzitutto di essere abbastanza ignorante in materia, ma quando tu scrivi: “Pensi che la filosofia di San Tommaso d’Aquino, il più grande dei teologi cattolici, dottore della Chiesa proprio per questo, spari scemenze a proposito di uno dei punti fondamentali dell’etica?” mi dai un po’ da pensare. Nessuno contesta l’importanza e la grandezza del pensiero di Tommaso d’ Aquino, ma non mi risulta che fosse dotato del dono dell’ infallibilita’. Su questioni del genere, molto umilmente, credo che bisognerebbe fare affidamento ai documenti ufficiali scritti nei concili e alle encicliche… Complimenti comunque per la tua preparazione.

          • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Lucio

            Ma infatti, è stato il Magistero stesso, in particolare papa Leone XIII, ma anche i suoi successori fino a Giovanni Paolo II, a raccomandare fortemente lo studio di San Tommaso a tutti i teologi e filosofi cattolici. Ma poi, come ho spiegato sotto, non c’è assolutamente contraddizione tra le espressioni semi-metaforiche riferite al “cuore” (dovute ad un riferimento all’ebraico dell’Antico Testamento) e le dottrine di San Tommaso, che hanno invece maggiore riferimento alla concezione greca. Benedetto XVI non fa altro che ripetere che il Cattolicesimo non costituisce altro che la migliore armonizzazione tra la Weltanschaung ebraica e quella greca.

        • Gab ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          E meno male che ho anche citato il Catechismo. Tu evidentemente fraintendi la filosofia tomista poiché non faccio altro che riportare il pensiero di S. Tommaso in quello che ho detto. Oltre che essere la dottrina cattolica di sempre. Mi sa che qua sei tu che fa parecchio relativismo.

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Gab

        Questo uno dei pregevolissimi volumi di Padre Pizzorni, che potete ordinare on-line: http://www.ibs.it/code/9788870943412/pizzorni-reginaldo-m-/diritto-naturale-diritto.html
        Ve lo consiglio molto vivamente, anche perché, ed è un punto fondamentale, Padre Pizzorni ha ben chiaro il punto centrale: senza Dio, la vita umana non ha senso. Uno dei capitoli del volume è infatti intitolato: Dio fondamento ultimo della morale e del diritto naturale: “Se Dio non esiste tutto è permesso”, pp. 77-123.

    • Semelets ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      “stare alla larga” non farebbe onore a chi ha scelto il confronto razionale come strumento privilegiato di approfondimento (U.C.C.R.).

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Semelets

        Non è vero per tre motivi: 1) Antiseri non ha scelto il confronto razionale, ma la totale irrazionalità ed è completamente sordo; 2) la prudenza è una virtù importante anche in questioni intellettuali; 3) un vero e utile confronto parte necessariamente da una comprensione adeguata di ciò con cui ci si vuole confrontare, mentre dall’articolo di UCCR traspare un’evidente fraintendimento dell’importanza assolutamente centrale che il relativismo ha nella visione di Antiseri e anche, di conseguenza, della sua critica al razionalismo (che, lo ripeto, non è una critica al razionalismo del pensiero moderno, ma una critica relativistica all’uso dell’intelletto in una qualsiasi questione filosofica, in primis in campo etico).

        Per farvi capire meglio, qui c’è un mio articolo contro il relativismo (pubblicato su Aquinas, la rivista ufficiale dell’università Lateranense, dove Antiseri bazzica quotidianamente): “Nota critica su alcune forme di relativismo antitetiche rispetto alla ‘Filosofia del senso comune’ di Antonio Livi” (http://www.teorefilo.net/abstracts.html), in cui è compresa una parte specificamente rivolta contro l’assurda impostazione relativistica di Antiseri. Pensate che abbia ricevuto la minima risposta da parte sua o degli altri professori criticati (l’articolo gli è stato consegnato)? Certo io sarò una caccola a suo confronto, ma se ho ragione in quello che dico in quell’articolo (e ce l’ho), semplicemente quello che lui afferma risulta totalmente privo di senso…

        • Semelets ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          Il confronto che intendevo è quello tra i partecipanti a questo blog, i quali possono legittimamente partire da qualsiasi intervento o affermazione di chiunque.

    • Semelets ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      @a-theòs=a-éthos

      Hai scritto che “la legge naturale non è qualcosa di iscritto (non si sa come) nel nostro cuore”. Di per sé sarebbe un punto di vista rispettabile e su cui si potrebbe discutere, ma poiché nel punto 1.1 indichi il Magistero come punto di riferimento, tieni presente che lo stesso Magistero afferma che “la legge naturale è scritta e scolpita nell’animo di tutti e di ciascun uomo…” (enciclica Veritatis Splendor).

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Semelets

        Certo, ma si tratta di affermazioni semi-metaforiche, che vanno comprese per quello che indicano. “Scolpite nell’animo” significa che la ragione naturale dell’uomo non può non scoprirle, non che se le ritrova “scolpite” dentro (ripeto, non si sa come). E anche dal punto di vista scientifico, va notato che San Tommaso indica chiaramente l’esistenza di una parte di leggi naturali ottenute per vera e propria “deduzione”, cioè non semplicemente di leggi naturali lette, appunto, in natura, ma proprio dedotte per necessario utilizzo del ragionamento. Vedi quanto rispondo sopra a Gab.

        • Gab ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          Certo che si sa come. Dio è il Creatore. L’uomo la sua creatura. E quindi cosa ne deduci? Meno male che conosci la materia.

          • Gab ha detto in risposta a Gab

            “Quantum ergo ad illa principia communia, lex naturalis nullo modo potest a cordibus hominum deleri in universali”

            Vediamo se lo capisci in latino.

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Semelets

        Per essere più chiaro: ciò che troviamo scolpito nella nostra natura sono tutta una serie di “inclinazioni naturali”, che vanno da quelle che abbiamo in comune con gli altri animali, a quella specificamente umana che è l’inclinazione alla verità, propria del nostro intelletto. Ma avere inclinazioni non corrisponde ancora ad avere i precetti della legge naturale, che vanno appunto “enunciati” e questo è il compito della ragione pratica, che, da un lato, prende atto delle inclinazioni naturali-biologiche (alla sopravvivenza e alla riproduzione) e dall’altro estende il dato biologico immediato con le proprie deduzioni, che raggiungono quanto di specificamente umano va aggiunto al puramente biologico. Un esempio molto chiaro fatto da San Tommaso stesso: come gli animali non razionali abbiamo l’inclinazione alla riproduzione, ma nel nostro caso, data la necessità di un’educazione dell’anima, l’opera della ragione pratica scopre l’ulteriore legge naturale del “matrimonio indissolubile”, che non vale per gli animali. Una delle ragioni fondamentali dell’indissolubilità è proprio dovuta alla necessità di dare un’educazione dello spirito e un esempio morale ai figli.

        Dunque per San Tommaso Dio ha voluto far partecipare l’uomo alla “legge eterna” tramite la scoperta autonoma (libera e razionale) della “legge naturale”, che non corrisponde ad una pedissequa “lettura” di precetti letteralmente scritti nel nostro animo, ma ad una vera e propria scoperta e deduzione dei suoi precetti.

        • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          Una scoperta delle legge naturale che NECESSITA dunque assolutamente della ragione! Ma poiché non tutti hanno il tempo di essere filosofi, Dio ha voluto rivelare la legge naturale anche nella forma dei dieci precetti delle tavole.

          • Gab ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

            Ma che sciocchezze incredibili che vai dicendo. La Ragione è corrotta dal peccato originale. Come pensi che tu da solo possa perseguire la legge naturale? Il peccato originale lo mandi a benedire?

            Le Tavole della Legge erano necessarie per far ritrovare la strada della virtù all’uomo.

            Con Gesù Cristo la Legge trova compimento e diventa più naturale per l’uomo aderire alla legge naturale grazie ai Sacramenti.

            Ti dirò S. Tommaso era anche teologo ma tu sembri ignorarlo.

            • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Gab

              Tu invece, come dimostri ad ogni sapiente parola che enunci, lo conosci benissimo San Tommaso; dunque non ti costerà molto fare riferimenti più precisi alle sue opere e alla bibliografia d’interesse, vero? Ma che ti rispondo a fare? Tieniti la tua crassa e saccente ignoranza, che almeno eviti il trauma di scoprire che il mondo è un po’ più ampio delle 4 idee ben confuse che hai in testa…

        • Semelets ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          Sono d’accordo sul fatto che quando si parla di legge naturale non si parla di leggi che troviamo in natura (dalla natura non possiamo dedurre norme etiche) ed anche ovviamente sul fatto che “scolpite” è da intendere in senso metaforico e non letterale. L’enciclica che ti ho citato d’altra parte va addirittura oltre e fa coincidere la legge naturale con la stessa ragione umana (“la legge naturale non è altro che la stessa ragione umana che ci comanda di fare il bene e ci intima di non peccare”). Più “scolpita” di così!
          Quando però la Chiesa parla di autonomia della ragione non si riferisce ad un’autonomia in senso assoluto, cioè sganciata da Dio, ma al fatto che la ragione, quando rimane agganciata a Dio, può procedere autonomamente con i mezzi che le sono propri, fiduciosa di essere intimamente orientata al bene e che nel suo cammino saprà riconoscere questo bene senza bisogno di una continua, esplicita “rivelazione”.

          • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Semelets

            1) La dottrina sulla legge naturale di S. Tommaso afferma invece che dalle inclinazioni naturali si può e si deve trarre razionalmente (per tramite cioè della ragione che “riconosce” e “deduce”) i vari precetti della legge naturale.

            2) Se per “dalla natura non possiamo dedurre norme etiche” tu ti riferissi alla famigerata “legge di Hume”, questo è in realtà uno spauracchio citato sempre da chi la legge di Hume spesso non ha nemmeno studiato, ma prende “per buona” secondo la sua vulgata più di moda, perché proveniente dagli ambienti della rigorosa “filosofia analitica”. Questo è il caso anche, purtroppo, di una corrente molto rappresentata del tomismo contemporaneo, che per puro timore reverenziale nei confronti della filosofia analitica, dà per buona la dicotomia tra fatti e valori. Ma le cose non stanno così.

            E’ un po’ complesso da spiegare, ma in pratica la legge di Hume si riferisce alla spiegazione del fatto, in sé indubitabile, che l’uomo connette e deduce principi morali da descrizioni della realtà. E la validità di tale legge nel mettere in crisi questo fatto (connessione fatti-valori) sarebbe insuperabile solo nel caso in cui Dio non esistesse, perché senza Dio non sarebbe possibile fondare razionalmente la nozione di bene sui puri dati di fatto naturali (= esistenza di un “finalismo di fatto”).

          • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Semelets

            3) La legge naturale coincide con la ragione umana, non nel senso che nella ragione umana trovi elencati i precetti della legge naturale, ma nel senso che la ragione pratica è il mezzo per enunciarli e dedurli, a partire dalle inclinazioni naturali.

            4) Se per “agganciata a Dio” intendi agganciata a puri dati di fede superiori alla ragione naturale, ti sbagli. La ragione umana nello scoprire quali siano i precetti della legge naturale non necessita della fede. Ma ciò non significa che la ragione sia assolutamente indipendente, proprio perché Dio è autore della natura e delle sue leggi.

            • Semelets ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

              Eppure l’enciclica che ho citato prosegue dicendo che “la legge naturale è la stessa legge eterna, insita negli esseri dotati di ragione…” e che “l’uomo può riconoscere il bene e il male grazie a quel discernimento del bene e del male che egli stesso opera mediante la sua ragione, in particolare mediante la sua ragione illuminata dalla rivelazione divina e dalla fede…”.
              Io dico che l’uomo naturale che può scoprire i precetti senza la fede è un uomo ipotetico che semplicemente non esiste. L’unico uomo che esiste è quello creato da Dio e che dunque conosce Dio e questa conoscenza di Dio non viene azzerata dal peccato originale. Per uomo naturale “agganciato” a Dio intendo l’uomo che, pur non conoscendo la definitiva rivelazione cristiana, si muove non mettendo a tacere colpevolmente questa nostalgia di Dio: è una ragione umana sostenuta dalla fede (seppure una fede non in grado di salvarlo) ed è perciò orientata al bene, perché orientata verso Dio.

            • Semelets ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

              Ogni volta che ho sentito qualcuno fare riferimento alle inclinazioni naturali da cui dedurre le norme della legge naturale ho sempre sentito elenchi di inclinazioni naturali “buone” (inclinazione alla verità, alla sopravvivenza, alla riproduzione, al senso della proprietà privata…), senza mai un riferimento all’inclinazione al sopruso, alla violenza, alla menzogna, alla sopraffazione…

        • Semelets ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          Direi che l’errore di Antiseri sia quello di avere nei confronti della ragione umana la stessa fiducia che ne ha la Chiesa, ma di nutrire questa fiducia anche per la ragione autonoma intesa in senso assoluto, cioè sganciata da Dio. Questa posizione renderebbe oltretutto Dio un elemento accessorio e in definitiva accantonabile.

          • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Semelets

            No, non è così. Antiseri ha una totale sfiducia nelle capacità della ragione umana di raggiungere qualsiasi verità stabile, all’opposto del Magistero. Per questo è relativista.

            • Semelets ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

              Antiseri crede che l’uomo non possa raggiungere una conoscenza certa da un punto di vista oggettivo, per quanto si possa sperimentare una certezza soggettiva, ma crede allo stesso tempo che la ragione sia il migliore strumento che abbiamo nel nostro cammino di conoscenza e crede (ma anche questo è un atto di fede) che questa conoscenza sia una conoscenza reale di cose oggettivamente vere, ma mai dimostrabili come vere in senso definitivo e anche su questo non credo non si possa non essere d’accordo (una cosa è credere nella verità delle proprie conoscenze, un’altra è il poterlo dimostrare).
              Anche la certezza della Chiesa non è una certezza di tipo assoluto, perchè è una certezza a partire dalla Rivelazione, alla quale si aderisce con un atto di fede che non cancella il dubbio e la possibilità che tutto possa essere falso (è tutto vero SE la risurrezione di Cristo è vera).

              • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Semelets

                Ma poiché è dimostrabile che la Resurrezione è avvenuta…

                Poi mi spiegherai che senso ha “credere” in un’oggettività della conoscenza che non si è in grado di provare… Questo è solo fideismo, basato sul nulla. In filosofia vale solo ciò che si può dimostrare e se non si può dimostrare con certezza nulla, allora la ragione diviene solo un trastullo per i poveretti che vogliono credere a qualcosa pur senza avere ragioni che possano dimostrarlo.

                • semelets ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

                  Non mi risultano dimostrazioni relative alla Resurrezione.

                  La questione del senso non ha molto a che fare con quella della dimostrabilità certa. Noi crediamo che esista un mondo esterno, oggettivo, governato da leggi ecc. e le nostre ricerche sembrano confermare ciò, ma non possiamo mai dimostrarlo con certezza definitiva; e tuttavia ha senso procedere in questa direzione.
                  Crediamo anche alla Resurrezione pur non potendo dimostrare che essa sia avvenuta, ma non penso che il credervi non abbia senso. Il fatto che qualcosa sia ragionevole non implica che sia dimostrabile.

                  • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a semelets

                    Assolutamente no! Noi sappiamo per esperienza immediata sensibile, che esiste un mondo materiale esterno alla nostra mente. Non è materia di credenza, ma di evidenza sensibile immediata e di conseguenza si tratta di una verità indubitabile.

                    La Resurrezione è poi provabile, certamente non con un grado di evidenza simile a quello dell’esistenza del mondo esterno, attraverso i classici argomenti dell’apologetica tradizionale.

                    • Semelets ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

                      Non basta dire “le dimostrazioni della Resurrezione esistono”. Devi enunciare in modo semplice, chiaro e sintetico almeno una di queste dimostrazioni, in cui tu ti riconosca, in modo che l’interlocutore possa accettare o confutare la tua posizione.
                      Evidenza sensibile, verità, dimostrabilità e ragionevolezza non sono sinonimi, o termini intercambiabili. Non tutto ciò che ha evidenza sensibile è vero: l’esperienza al contrario ci ha insegnato che a volte i nostri sensi ci ingannano, per cui l’evidenza sensibile non può mai essere un criterio certo di verità. Se dunque le basi della nostra conoscenza poggiano sull’evidenza sensibile, la nostra conoscenza poggia su basi incerte e dunque la nostra conoscenza è in fondo sempre ipotetica, anche se noi possiamo sperimentarla come certa. Se fosse ragionevole solo ciò che è dimostrabile, credere alla Resurrrezione di Cristo non sarebbe ragionevole.

        • Semelets ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          In alcuni punti del suo articolo per il Corriere, Antiseri sembra semplicemente prendere atto del fatto che il sistema democratico si basa sulla libera circolazione delle idee e sulla legge dei numeri, per cui la maggioranza decide. Il sistema democratico cioè sarebbe relativista per natura, perchè tutte le idee hanno diritto di cittadinanza e in questo non si può certo dargli torto. Quello che mi lascia perplesso è la sua ingenua fiducia sul fatto che questo sistema porti quasi necessariamente ad un progresso nel bene, con la sola vaga raccomandazione di vigilare.

          • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Semelets

            Qui hai ragione in parte. La democrazia intesa come la intese la rivoluzione francese è naturalmente ed essenzialmente relativista. Si tratta infatti di una concezione della democrazia, opposta a quella classica e cristiana, che è corretto definire “assoluta”, nel senso che deputa lo stabilire cosa sia lecito fare o non fare alla maggioranza, in assoluto, cioè rispetto a qualsiasi questione senza alcun limite invalicabile. Ma questo virtualmente è vero totalitarismo, come dimostra ad esempio il caso di Hitler, eletto, formalmente, in modo perfettamente democratico.

            Dunque la concezione democratica uscita dalla rivoluzione francese, fatta dalla massoneria, è la concezione anti-cristiana per eccellenza della democrazia, come il Magistero ha più volte ribadito contro il liberalismo. L’unica democrazia che un cattolico può accettare è quella in cui vi sia un limite ben preciso, rappresentato, appunto, dai precetti della legge naturale. Per intenderci, l’aborto, che, in quanto omicidio, viola gravemente la legge naturale, non può essere mai reso lecito, anche se votato a stragrande maggioranza; così come l’elezione di Hitler non si può certo ritenere un bene, benché avvenuta democraticamente.

        • lorenzo ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          La legge naturale è scritta in ognuno di noi.
          Il peccato originale non permette alla ragione di leggere correttamente.
          La grazia aiuta a leggere correttamente.
          Nessuno può avere la certezza provata di aver letto correttamente
          Solo l’Autore può rivelare la Verità riguardo allo scritto.
          La certezza che L’Autore sia ciò che afferma di essere, è un dono che, di norma, va cercato e che non limita né contrasta con le razionalità.

          • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a lorenzo

            Che la grazia aiuti, è fuori discussione. Certo che aiuta enormemente. Ma da ciò non seguono le tue estreme conseguenze, rispetto alle quali ho già abbondantemente risposto, appoggiandomi alla sanissima e inerronea dottrina di San Tommaso d’Aquino.

            • lorenzo ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

              In particolare?

              • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a lorenzo

                In particolare cosa sbagli?

              • lorenzo ha detto in risposta a lorenzo

                si

                • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a lorenzo

                  lorenza ha scritto: “Il peccato originale non permette alla ragione di leggere correttamente. […] Nessuno può avere la certezza provata di aver letto correttamente”.

                  Se queste tue affermazioni estremamente recise si riferiscono all’impossibilità di avere certezze a riguardo dei principi della legge naturale, ti sbagli e sei in pieno contrasto anche con il Magistero. Se invece intendi dire che non tutto quanto è contenuto nella Sacre Scritture è esauribile in termini razionali (e che dunque la Rivelazione aggiunge parecchio alla legge naturale), questo è corretto. Ma resta di base che i principi etici fondamentali e persino l’esistenza di Dio, sono conoscibili con assoluta certezza dalla ragione umana.

                  • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

                    errata corrige: “lorenzo” ha scritto

                  • lorenzo ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

                    In base a che cosa è inerronea la dottrina di S. Tommaso?
                    La prova provata di essere giunto alla Verità, è data all’Aquinate dalla logica del ragionamento o dalla Rivelazione? Non sono forse i suoi ragionamenti posteriori alla Rivelazione?
                    Cosa significano le parole di Cristo che è venuto a dare compimento alla Legge ed ai Profeti se non che l’Uomo, pur essendo giunto alla Verità non era però in grado di sapere se era arrivato alla meta, se aveva sbagliato strada o se la ricerca doveva ancora continuare?

                    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a lorenzo

                      Ripeto, tu sbagli per la total unilateralità delle tue affermazioni. San Tommaso, quando parla da filosofo, prescinde dai dati rivelati e la verità delle sue dottrine filosofiche si scopre per raffronto alla realtà delle cose.

                    • lorenzo ha detto in risposta a lorenzo

                      Provo a farla più semplice: pur essendo in grado di tornare da solo alla meta, non posso avere la certezza che il percorso intrapreso sia quello giusto, se non alla fine, a meno che, prima, Qualcuno…

                    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a lorenzo

                      Guarda che siamo quasi d’accordo, semplicemente io sostengo che vi è un ambito in cui la ragione naturale dell’uomo può raggiungere verità indipendentemente dalla Rivelazione e questa è la dottrina Cattolica, non la mia personale visione delle cose.

                    • lorenzo ha detto in risposta a lorenzo

                      Io mi baso sul Catechismo che al n.1960, come ho già riportato sopra, scrive: “I precetti della legge naturale NON SONO PERCEPITI DA TUTTI CON CHIAREZZA ED IMMEDIATEZZA. Nell’attuale situazione, LA GRAZIA E LA RIVELAZIONE SONO NECESSARIE all’uomo peccatore perché le verità religiose e morali possano essere conosciute “da TUTTI e SENZA DIFFICOLTA’, con FERMA CERTEZZA e SENZA MESCOLANZA DI ERRORE”.”
                      Come vedi, il Magistero afferma che la grazia e la rivelazione sono necessarie (non a tutti ovviamente, ma io parlo dal mio punto di vista) per non rischiare di cadere nel relativismo.

                    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a lorenzo

                      Ma è proprio quel “non a tutti” che fa la differenza, perché significa che per chi ha tempo e capacità, filosofo o teologo, è possibilissimo arrivare con l’uso della sola ragione naturale a scoprire i principi morali fondamentali (quelli della legge naturale, che poi sono quelli stessi contenuti nel decalogo). Che poi la Rivelazioni faccia da stampella per chi questo tempo non lo ha, è una cosa che ho detto per primo io sin dall’inizio e che San Tommaso ripete costantemente.

    • Luigi Pavone ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Meglio: “Sappiate che non dovete avere con Antiseri alcun rapporto né scritto né orale. Che non gli sia reso alcun servizio e che nessuno si avvicini a lui più di quattro gomiti. Che nessuno dimori sotto il suo stesso tetto e che nessuno legga alcuno dei suoi scritti”. 😀

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

        Esatto! Il relativismo o si è in grado di combatterlo, anche se ovviamente non giova alla carriera in un mondo tendenzialmente relativista, oppure ce ne si tiene alla larga. L’ironia è del tutto fuori posto, data la strage di menti che il relativismo produce.

  8. Ripeto, invece di tanti pollici versi, invero alquanto vigliacchini, fatevi avanti che ne parliamo. Coraggio!

    • gemini ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Hai ragione Alessandro (scusa se ti do del tu) il relativismo è come al Caos ti attira non ti sfida.

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a gemini

        Diamoci tranquillamente del “tu”. Guarda, non ne posso parlare troppo apertis verbis, ma ti assicuro che negli ambienti universitari da cui sono transitato negli ultimi anni, che sono cattolici per antonomasia, il relativismo è una delle correnti imperanti e meno contrastate (per usare un eufemismo). Il che porta, purtroppo, a fare probabilissime congetture su quanto “i grembiulini” si siano profondamente e abilmente insinuati nel mondo cattolico!

    • Francesco Santoni ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Se ti consola, io sono completamente d’accordo con te. L’anno scorso al Workshop del DISF (http://www.disf.org/DWG/programma.asp vedi in fondo alla pagina) l’intervento di Ruini è stato introdotto proprio con una critica ad Antiseri (purtroppo sul sito non c’è la trascrizione completa degli interventi).

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Francesco Santoni

        Grazie, mi piacerebbe capire solo se chi non è d’accordo con me, non lo è perché ritiene ingiusta la mia critica all’articolo di UCCR o perché parteggia per le posizioni di Antiseri (il che sarebbe veramente drammatico).

        • Alessandro M. ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          @a-theòs=a-éthos

          Nemmeno io riesco a capire l’uso dei pollici, evidentemente c’è qualcuno che passa il suo tempo a mettere tutti i pollici su o giù a seconda del nome di chi commenta. Senza nemmeno leggere il commento.

          Non capisco due cose nei tuoi interventi:
          1) Quando dici: “La legge naturale non è qualcosa di iscritto (non si sa come) nel nostro cuore”.
          Eppure Benedetto XVI afferma: “La legge naturale è, in definitiva, il solo valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica. La conoscenza di questa legge iscritta nel cuore dell’uomo aumenta con il progredire della coscienza morale”. Il Papa dice l’opposto di quanto affermi tu, oppure ho capito male io?

          2) Inviti a stare alla larga da Antiseri, ma in realtà mi sembra corretto valorizzare ogni intervento critico verso l’ideologia laicista. Nessuno chiede di prenderlo da modello, ma vale la pena confrontarsi con quel che ha da dire. Mi sembra che nell’articolo venga sottolineata una presa di distanza dalle sue affermazioni sul relativismo. Nell’articolo leggo: “La parte più controversa della sua presa di posizione…”, e ancora: “Questa è una negazione della legge naturale iscritta in ogni uomo…”, e infine: “Superato questo punto controverso”.
          Mi sembra che si siano valorizzate alcune prese di posizione, criticando invece la sua affermazione sul relativismo.

          • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Alessandro M.

            1) L’espressione usata da Sua Santità è metaforica (anche se per la verità, usando un linguaggio biblico, nemmeno tanto, dato che per gli ebrei parlare di “cuore” indica la persona come tutto —> v. Nota 1 in calce), dunque non si oppone alla dottrina tomista, di stampo tipicamente greco (e che ho già più volte ricordato).

            Nota 1) “La Scrittura designa spesso simbolicamente l’intero della persona con il termine “cuore” per significare il centro, l’istanza essenziale che la fa scegliere e amare, insomma la persona stessa nei suoi atti li libertà. Si vede bene che lungi dall’opporla allo spirito, come un luogo dell’affettività che si opponga a un luogo della ragione, la Scrittura fa del cuore il luogo dei pensieri e dei disegni dell’uomo” (Denis Biju-Duval, La profondità del cuore tra psichico e spirituale, Efftà Editrice, Torino 2009, p. 5 della Prefazione di Mons. Jean Laffitte).

            • Alessandro M. ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

              Scusa non ho capito molto la tua risposta. In che senso parla in modo metaforico? Mi sembra che tutto il suo intervento sia centrato sul fatto che la legge naturale sia fissa in ogni uomo.

              Egli dice: “Tale legge, a cui accenna anche l’apostolo Paolo (cfr Rm 2,14-15), è scritta nel cuore dell’uomo ed è, di conseguenza, anche oggi non semplicemente inaccessibile. Questa legge ha come suo primo e generalissimo principio quello di “fare il bene ed evitare il male”. Nota che questo principio è presente non solo nell’uomo cristiano, ma in ogni uomo, a conferma che tale legge è iscritta in me come in qualunque altro essere umano.

              Infatti augura che gli studiosi approfondiscano il tema perché vi sia una responsabilità comune. Non avrebbe senso l’augurio se fosse fatto solo per gli uomini credenti e dunque che credono alla rivelazione.

              Tieni conto che questo concetto è il centro del pensiero di Don Luigi Giussani, ovvero la possibilità di dialogo con chiunque proprio per l’esistenza di questo centro, di questo “cuore” identico in ogni uomo.

              • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Alessandro M.

                Espressione metaforica nel senso che per “cuore” si intende il centro dell’uomo, che non è un elemento carnale, ma il suo spirito (la sua mente, cioè la sua ragione e razionalità) e infatti il Santo Padre cita proprio il primo principio della sinderesi tomista (sinderesi è, nella dottrina della legge naturale di San Tommaso, l’insieme dei principi morali immediatamente evidenti): “fai il bene ed evita il male”.

          • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Alessandro M.

            2) Se c’è uno che incarna perfettamente lo spirito laicista, sebbene con una declinazione debolista, è proprio Antiseri con il suo relativismo assoluto. Verissimo che si è presa distanza dal suo relativismo, ma non in maniera che abbia colto la relazione tra il suo relativismo e la condanna, del tutto strumentale, al razionalismo, che, ripeto, non è condanna del razionalismo moderno, ma della ragione in quanto tale. E non cogliendo questa relazione essenziale, si mette in luce positiva un’opinione profondamente errata e di conseguenza, seppur parzialmente, il suo autore. Bisogna stare molto attenti, altrimenti a furia di “concedere” attenuanti, a chi non è minimamente degno (dal punto di vista dottrinale, su quello personale, naturalmente, non mi esprimo), si finisce per autoingannarsi.

  9. Luigi Pavone ha detto

    @a-theòs=a-éthos,
    la filosofia non è un campo di battaglia tra le forze del bene e quelle del male, in cui la linea di demarcazione sarebbe quella che separa il tomismo dal non-tomismo. C’è differenza tra l’essere filosofo e l’essere un meticoloso, serioso guardiano dell’integrità di una dottrina filosofica. Detto di passaggio, il legare a doppio filo il messaggio cristiano ad una particolare filosofia, quella di Tommaso d’Aquino, rischia di snaturare quella filosofia, conferendole i tratti del dogma religioso, e di snaturare quel messaggio, che non è filosofico.

    Quanto al tuo articolo, che in questa sede hai citato quale confutazione del presunto relativismo di Antiseri, è molto polemico e poco filosofico. Innanzitutto, esso non tiene conto delle varie forme di relativismo e delle attuali teorie della verità – ti consiglio la lettura del libricino di Diego Marconi, “Per la verità”, per una rapida rassegna; non tiene conto che la verità si predica analogicamente, e fa pertanto confusione tra i diversi significati che la verità assume in diversi contesti linguistici; la definizione di un generico relativismo nei termini della tesi che “necessariamente ogni verità diverrà falsità” (p. 2) è francamente improponibile, si tratta di una tua invenzione alla quale riconduci – con operazioni inevitabilmente semplicistiche -, a fini di polemica “filosofica”, o per altri fini che non riesco a riconoscere nell’interesse del progresso della filosofia, tutte le posizioni che fiuti come non-tomistiche.

    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

      1) Invece la filosofia è proprio uno dei principali campi di battaglia tra bene e male, specialmente nella modernità. Tagliamo corto: a men non importa che della verità, le etichette servono solo se le si pone in relazione ad essa. Il resto è ideologia.

      2) Che “necessariamente la verità diverrà falsità” esprime (con le opportune precisazione colà svolte) proprio quanto pensa Antiseri, di cui ho citato i testi. Ovvio che io non abbia fatto riferimento ad ogni forma di relativismo, dato che la nota era specificamente intesa a controbattere alle posizioni dei tre intellettuali considerati.

      • Luigi Pavone ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

        2) Ancora ho il cervello che mi funziona, grazie a Dio, e colà non c’è nessun argomento che giustifichi, a partire dalle citazioni di Antiseri, che la sua posizione possa essere riassunta dalla tesi che necessariamente la verità diverrà falsità.

        • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

          Bene, vai allora di esegesi di questo testo di Antiseri che ho citato, ma ti avverto che ho i minuti contati:
          «[…] la criticabilità delle teorie filosofiche è una criticabilità relativa: relativa a quegli strumenti che, di volta in volta, in quell’ambiente ne scansano le pretese. E se la criticabilità delle teorie metafisiche è relativa, relativa è anche (dove ciò possa venir fatto) la loro insistenza sugli “indizi di verità”: questa pretesa è relativa (fa riferimento) a quegli eventuali supporti che alle teorie filosofiche provengono da quell’ambiente culturale, in quella determinata epoca (teorie scientifiche, immagine della scienza, valori condivisi, risultati matematici, teo-remi logici, ecc.). In poche parole: le teorie scientifiche sono razionali perché fattualmente confutabili; e vengono accettate quando risultano confermate, nonostante i nostri più severi tentativi di falsificarle. Le teorie filosofiche sono razionali quando sono criticabili e vengono, di volta in volta, accettate in base a quegli “indizi di verità” (più o meno forti, a seconda dei casi) disponibili nella cultura dell’epoca. È così che la logica della ricerca – scientifica e filosofica – si configura come discussione continua, come una lotta senza sosta tra teorie; si scorge in essa una vita, nascita, mutamenti e morte di teorie, una selezione di tipo “darwiniano”. La ricerca di teorie razionali – scientifiche e filosofiche – è ricerca senza fine».

          • Luigi Pavone ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

            In che senso hai i minuti contati? Spero non in quel senso 😀 Non vedo come potrei dedurre da questa citazione che ogni verità diventa falsità e che ciò avvenga per giunta necessariamente. Infatti, credo di poter condividere interamente la citazione (tranne il divertente ammiccamento al darwinismo), ma ritengo falsa la tesi che ogni verità sia destinata a diventare falsità, e che lo sia in aggiunta necessariamente.

            • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

              E chi può dirlo se non li ho anche in quel senso?

              Antiseri:
              1) “relativa è anche (dove ciò possa venir fatto) la loro insistenza sugli “indizi di verità”: questa pretesa è relativa (fa riferimento) a quegli eventuali supporti che alle teorie filosofiche provengono da quell’ambiente culturale, in quella determinata epoca (teorie scientifiche, immagine della scienza, valori condivisi, risultati matematici, teo-remi logici, ecc.).

              2) “Le teorie filosofiche sono razionali quando sono criticabili e vengono, di volta in volta, accettate in base a quegli “indizi di verità” (più o meno forti, a seconda dei casi) disponibili nella cultura dell’epoca”.

              3) “La ricerca di teorie razionali – scientifiche e filosofiche – è ricerca senza fine”.

              Dato che tutto è relativo al contesto culturale dell’epoca, tutto è appunto un susseguirsi di “selezioni naturali” che portano ad una discussione interminabile, ove ciò che è sopravvissuto, perché meglio adattatosi alle mutate condizioni dell’epoca, viene superato da ciò che viene dopo. Questa non è una visione che indica un successivo perfezionamento, è invece una visione che parla di una continua sostituzione di teorie filosofiche e delle verità che esse credevano di avere individuato (diverso il discorso sulle scienze empiriche).

              Ma filosoficamente non c’è possibilità di trovare teorie migliori di quella che abbia colto nel vero ad avere affermato, per esempio, che un mondo fisico extra-mentale esiste, piuttosto che il contrario; oppure che Dio esiste, piuttosto che il suo contrario.

              • Luigi Pavone ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

                a-theòs=a-éthos, una teoria è giudicata essere vera in virtù di certi criteri di verità (i criteri di verità non sono la verità), i quali sono innegabilmente soggetti a mutamenti: non solo sul piano storico, ma anche contestuale in senso lato; cioè, in certi contesti un enunciato può essere considerato vero se soddisfa certe condizioni di verità, in altri contesti quelle condizioni possono non essere sufficienti, FERMO RESTANDO che quell’enunciato sarà vero o falso (o altro, se esistono altri valori di verità) indipendentemente dai criteri di verità che adottiamo. Quella di Antiseri è pura etnografia epistemica su cui non si può non essere d’accordo. Sulla base di quello che citi non solo non è possibile concludere che Antiseri sia un relativista nel senso della tesi che necessariamente ogni verità diventerà falsità, ma non è possibile nemmeno concludere che sia un relativista epistemico, almeno nella misura in cui non afferma, faccio esclusivamente riferimento ai passi da te citati, che il mutamento dei criteri di verità sia soggetto ai mutamenti nelle strutture sociali o economiche, cioè non esclude criteri di evoluzioni intrinseci ai criteri di verità.

                • gemini ha detto in risposta a Luigi Pavone

                  Criteri nati per trovare la verità non per negarla.

                  • Luigi Pavone ha detto in risposta a gemini

                    Infatti si chiamano “criteri di verità” e non “criteri contro la verità”.

                    • gemini ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      È quello che fa il relativismo negando la verità, rende superflua la struttura della filosofia.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Stiamo parlando di Antiseri e non di un generico relativismo che negherebbe l’esistenza della verità.

                    • gemini ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Il suo modo di pensare in molte questioni non si basa su asserzioni assolute ma delega tutto a posteriori (democrazia).
                      Poi lo trovo un uomo insignificante, ma questo è un mio parere.

                • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

                  I criteri di verità non sono certo le verità che ne derivano, ma essi stessi sono vero/falsi, o no?

                  • Luigi Pavone ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

                    I criteri hanno fondamentalmente carattere normativo e ciò che da essi possiamo derivare non sono verità, ma ulteriori norme epistemiche. Possiamo studiarli così come si danno nella scienza o nella così detta conoscenza del senso comune, possiamo anche studiare come mutano: questa conoscenza, non i criteri di verità, può essere vera o falsa.

                    Posto anche che avesse senso parlare della loro verità o falsità, il loro essere soggetti a mutamenti contestuali non implica l’identificazione del vero e del falso. Succederebbe per essi qualcosa di analogo a quanto succede per qualsiasi altra teoria che abbiamo ritenuta come vera e poi rigettata in quanto falsa.

                    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Fammi un esempio di criterio di verità.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      La conformità al principio di non-contraddizione.

                    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Perfetto. E che questo sia criterio di verità, perché lo affermi? Perché se lo negassi, dovresti negare il principio di non contraddizione stesso e ciò è, in base all’elenchos, assurdo (a meno che non si accetti di far finta di poter essere “òmoios futò”).

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Non tutti i criteri di verità si trovano nella posizione privilegiata in cui si trova il principio di non contraddizione (mi avevi chiesto un esempio generico). Comunque, dal mio punto di vista, il principio di non-contraddizione non è né vero né falso, esattamente come la sua negazione; la preferenza per il primo è dovuta alla circostanza che non c’è logos che non lo presupponga, come mostra Aristotele. Tutto questo, però, non capisco dove va a parare. Se vuoi sostenere che alcuni criteri di verità non sono soggetti a mutamento, sono in linea di massima d’accordo. Tuttavia, ai logici paraconsistente pare che la condizione del logos sia qualcosa di più debole della formulazione classica del principio di non-contraddizione. Anche qui, prima di sbraitare e gridare allo scandalo, vediamo cosa ha da dirci la logica paraconsistente. In quanto filosofi non ci è dato conservatori simpliciter 😉

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Come si vede dagli errori che commetto, adesso sono stanco, se ti va possiamo riprendere il discorso un’altra volta.

                    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Sì meglio riprendere, anche io sono oberato di impegni. Ti segnalo solo più sotto la risposta sul decalogo.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Non la vedo. Sono più stanco io a non vederla o tu a credere di averla scritta? 😀

              • Luigi Pavone ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

                meglio: non possiamo affermare che Antiseri sia un relativista epistemico radicale.

          • Luigi Pavone ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

            Devi distinguere il piano epistemico da quello ontologico!

  10. gemini ha detto

    Luigi Pavone
    Senza quella presunta “verità” indagatrice (proiezione per i teisti di un Disegno e per gli anti-teisti di una volontà innata della natura) non esisterebbe la filosofia (contenitore di idee).
    La ragione e la fede personale contribuiscono in modo notevole ad indirizzare il soggetto verso una definizione assoluta e finita di sè e del mondo.
    La filosofia è questa: la soluzione o la definizione dei problemi del mondo (e ciò spesso “passi” tramite il bene o il male è una questione fede).
    Il relativismo è una corrente nata contro l’ideale stesso di filosofia e pertanto genera e produce (con un meccanismo perverso) idee aberranti.
    Solo i filosofi da quattro soldi scelgono quella via filosofica, è più facile.
    È più facile capire l’Assoluto o il relativo?
    Ahimè il mondo ci appare parziale, senza la fede.

    • Luigi Pavone ha detto in risposta a gemini

      Le varie teorie relativistiche non sono contrarie alla filosofia, ma sono esse stesse teorie filosofiche. E’ chiaro che se noi ci rappresentiamo la filosofia, come fa a-theòs=a-éthos, come un campo di battaglia tra il bene e il male, allora è inevitabile che, come in battaglia è opportuno che i soldati abbiano una rappresentazione il più possibile negativa del nemico (per meglio colpire), così in filosofia diventa opportuno rappresentarci le posizioni filosofiche che giudichiamo rappresentare il male in modo abnorme (“necessariamente la verità diverrà falsità”), negando ad essa perfino lo statuto di filosofia, come fai tu.

      • gemini ha detto in risposta a Luigi Pavone

        Ma se una teoria (come quella relativista ) confuta le basi della “ricerca” e della “verità”, come la definiresti?
        È una teoria filosofica, ma elimina parte della struttura filosofica stessa (come la conoscenza).

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

        Sì, appunto, teorie filosofiche false in quanto contraddittorie. Per un relativista (1) la verità proprio non esiste, oppure (2) ciò che può essere detto verità è qualcosa dalla natura così debole, da essere superato (negato) da una verità più aggiornata (= più adeguata al mutato contesto culturale)? Entrambe le posizioni sono contraddittorie.

  11. gemini ha detto

    Il relativismo rende cieca la filosofia, è il nemico della conoscenza, della sapienza e dell scienza.

  12. Tu invece, come dimostri ad ogni sapiente parola che enunci, lo conosci benissimo San Tommaso. Ma che ti rispondo a fare? Tieniti la tua crassa e saccente ignoranza, che almeno eviti il trauma di scoprire che il mondo è un po’ più ampio delle 4 idee ben confuse che hai in testa…

    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Riferito @ Gab.

    • Luigi Pavone ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Non conosco molto Tommaso d’Aquino, però ti invito a riconsiderare la posizione di Tommaso riguardo al decalogo: dubito fortemente che egli lo consideri, tutto, espressione del diritto naturale; o almeno penso che non dovrebbe, conformemente alla sua filosofia. Infatti, consideriamo il primo comandamento “Io sono…”. Ebbene, “Io” è un indicale che si riferisce a un certo Dio, quello della tradizione ebraica, affermare che la sola ragione è in grado di pervenire alla legge espressa dal primo comandamento significherebbe affermare che la ragione è in grado di pervenire all’affermazione dell’esistenza di Dio per come esso è caratterizzato dalla tradizione religiosa ebraico-cristiana, ciò che è contro la sua filosofia naturale.

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

        Questo che ti indico è un passo tratto dalla questione della Summa interamente dedicata al decalogo: “[…] Praecepta moralia ex ipso dictamine naturalis rationis efficaciam habent, etiam si nunquam in lege statuantur. Horum autem triplex est gradus. Nam quaedam sunt certissima, et adeo manifesta quod editione non indigent; sicut mandata de dilectione Dei et proximi, et alia huiusmodi, ut supra dictum est, quae sunt quasi fines praeceptorum, unde in eis nullus potest errare secundum iudicium rationis. Quaedam vero sunt magis determinata, quorum rationem statim quilibet, etiam popularis, potest de facili videre; et tamen quia in paucioribus circa huiusmodi contingit iudicium humanum perverti, huiusmodi editione indigent, et haec sunt praecepta Decalogi”.

        Non ho il tempo di commentare, ma direi che si capisce abbastanza bene che per San Tommaso tutto il decalogo è composto da precetti “quorum rationem statim quilibet, etiam popularis, potest de facili videre”.

        • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          Ops, si tratta della questione 100 della I-II, articolo 11, respondeo.

        • Luigi Pavone ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          In realtà il passo da te citato non ci dice molto sulla appartenenza del decalogo tutto al diritto naturale. Fai attenzione in particolare alla circostanza che Tommaso d’Aquino parla spesso di evidenza, ragione etc., ma in alcuni casi si tratta di una evidenza e di una ragione che seguono o che si costituiscono all’interno della fede. Quando parliamo di diritto naturale parliamo invece di una legislazione che la ragione è in grado di scoprire senza l’ausilio della fede. Allora considera questi passi:

          1)
          Infatti ci sono alcune cose che la ragione naturale di qualsiasi
          uomo giudica subito e direttamente come da farsi o da non farsi: tali, p. es.,
          sono i precetti: «Onora il padre e la madre», «Non uccidere», «Non rubare»
          [Es 20, 12.13.15; Dt 5, 16.17.19]. E questi precetti appartengono IN SENSO ASSOLUTO alla legge naturale. – Ci sono invece altri precetti per i quali i sapienti giudicano necessaria un’indagine più sottile. E questi, pur essendo di legge naturale, esigono un’istruzione da parte di persone sagge: tale è, p. es., il precetto [Lv 19, 32]: «Alzati davanti a chi ha i capelli bianchi. Onora la persona del vecchio». – Ci sono infine altri precetti per giudicare i quali la ragione umana HA BISOGNO DELL’INSEGNAMENTO DI DIO che ci istruisca nelle cose divine, come questi, p. es.: «Non ti farai idolo né immagine alcuna»; «Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio» [Es 20, 4.7; Dt 5, 8.11]. (articolo 1)

          Al decalogo appartengono quei precetti di cui l’uomo riceve la conoscenza direttamente da Dio. E tali sono quelle norme che si possono subito apprendere in base ai primi princìpi universali con una breve riflessione; OPPURE quelle che vengono subito apprese DOPO l’infusione della fede. (articolo 3)

          L’uomo non può osservare tutti i precetti della legge senza osservare il
          precetto della carità, il che è impossibile senza la grazia. È quindi impossibile quanto diceva Pelagio, che cioè l’uomo può osservare la legge senza la grazia. (articolo 10)

        • Gab ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          Perché non lo traduci? Vediamo le idiozie che dirai questa volta. Ma ovviamente non conosci né il latino, né S. Tommaso e neanche la filosofia. Evita di portarci la tua cultura da Wikipedia e di dare del relativista usando relativismo. Ipocrita da 4 soldi.

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