Il filosofo Gaston Bachelard contro l’illusione del riduzionismo scientista

Dal 2001 al 2011 gli studi scientifici ritrattati sulle riviste sono aumentati di 15 volte. La scienza avanza per continui errori, anzi, per dirla con Albert Einstein: «La scienza non può stabilire dei fini e tanto meno inculcarli negli esseri umani; la scienza, al più, può fornire i mezzi con i quali raggiungere certi fini. Ma i fini stessi sono concepiti da persone con alti ideali etici […] La scienza può solo accertare ciò che è, ma non ciò che dovrebbe essere, ed al di fuori del suo ambito restano necessari i giudizi di valore di ogni genere» (“Pensieri degli anni difficili”, 1965).

La realtà è dunque ben più complessa di quanto affermano i riduzionisti, categoria sempre meno presente -fortunatamente- nelle accademie universitarie, ma purtroppo ancora stabile sul web e sugli organi di informazioni. “La scienza ha detto quello”, “la scienza ha fatto quest’altro”, ripetono persone che mai hanno visitato un laboratorio, nemmeno quando andavano a scuola. Parlano di “vittoria della scienza sulla filosofia“, la ritengono l’unica fonte di verità, definiscono la “fantomatica” scienza come un essere pensante, un organismo che muovendosi e pronunciandosi autonomamente decide come vadano le cose nel mondo. E’ semplicemente la forma più comune di idolatria dei moderni, «quando il Cielo si svuota di Dio, la Terra si riempie di Idoli», direbbe Karl Barth. Da una parte, nella sezione scientifica dei quotidiani si parla solo di “gene della fedeltà”, “gene della sofferenza”, “gene dell’umiltà”, dall’altra c’è la guerra tra gli scienziati costretti a pubblicare qualsiasi cosa, anche con scarsa attendibilità, pur di ricevere uno straccio di finanziamento. «La scienza è malata» (Cortina 2010), è il titolo del recente libro di Laurent Segalat, genetista e direttore di ricerca al Centre National de la Recherche Scientifique, il quale ha spiegato che le quattro riviste scientifiche più conosciute totalizzano da sole il 20% degli articoli ritirati per “errori conclamati”, riconoscendo l’incompetenza dei propri redattori.

Secondo il fisico premio Nobel Richard Feynman, «a una maggiore conoscenza si accompagna un più insondabile e meraviglioso mistero, che spinge a penetrare ancora più in profondità» (“The Value of Science”, Basic Books 1958). Per lui nessuno potrà mai sostenere di aver capito la meccanica quantisitica, mentre il fisico statunitense Lee Smolin ha riconosciuto che «abbiamo fallito […]. La nostra comprensione delle leggi della natura ha continuato a crescere rapidamente per oltre due secoli, ma oggi, nonostante i nostri sforzi, di queste leggi non sappiamo con certezza più di quanto ne sapessimo nei lontani anni Settanta» (“L’universo senza stringhe”, Einaudi 2007, p. X). Secondo il dottor Massimo Buscema, dr. computer scientist, esperto in reti neurali artificiali e sistemi adattivi, «la scienza non esiste se non fa errori. Di fronte alla complessità della natura, i pensieri di un uomo di scienza non possono che essere sfumati, flessibili, spesso contraddittori».

Proprio in questi giorni vi è stato un convegno all’Università di Milano-Bicocca e all’Università di Bergamo sul pensiero del celebre filosofo francese Gaston Bachelard, il quale ha contribuito (assieme a Kuhn, Popper e Feyerabend, ad esempio) ad obbligare «intere generazioni a fuoriuscire dalla tentazione sempre viva di riduzionismo e cioè di limitare la ragione alla sola ragione scientifica, confusa via via, per lo più, con il paradigma scientifico in vigore (meccanicismo, vitalismo, positivismo, evoluzionismo…) o addirittura ricondotta a empirismo o, ancora, identificata con la tecnologia», come ha spiegato Francesca Bonicalzi, docente di Filosofia morale nell’Università di Bergamo. La quale aggiunge: «Rispetto alle chiusure sempre ritornanti di una scienza che si sclerotizza in descrizioni oggettive e rigidi paradigmi e che, per questo, si rende incapace di interrogarsi sui propri metodi, la riflessione bachelardiana si impone come un pensiero al lavoro che produce effetti e misura il movimento dinamico – vale a dire attivo – della ragione». Anche il tentativo di sfruttare la scienza per abbordare il mistero dell’Essere pare dunque fallito. Passano i secoli, le ideologie si alternano, ma sempre più verificata è la dolorosa ammissione del premio Nobel Thomas S. Eliot: «Tutto il nostro sapere ci porta più vicini alla nostra ignoranza».

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36 commenti a Il filosofo Gaston Bachelard contro l’illusione del riduzionismo scientista

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  1. Alessandro Giuliani ha detto

    Bellissimo articolo, forse ci stiamo avvicinando a comprendere il senso originario della scienza come forma d’arte. C’è una cosa infatti a cui siamo debitori al VERO pensiero scientifico e pensatori come Pascal e Florenskij che di scienza se ne intendevano veramente l’avevano ben capito: la pulizia del pensiero, l’onestà delle argomentazioni e, come ben predicava il cardinal Paleotti quando fondava l’estetica della Riforma Cattolica ‘la necessaria semplicità ed universalità dei ragionamenti’.
    Insomma alla base del pensiero scientifico, quando è onesto, c’è un tacito assioma per cui le esperienze condivise da tutti gli uomini (palle che si scontrano, oggetti che cadono o che si impacchettano tra di loro..)possono essere alla abse della nostra comprensione del mondo. Se la scienza perde questa semplicità ed onestà di fondo perde la sua ragion d’essere e noi uomini perdiamo la possibilità di un discorso ragionevole.

    • Alessandro Bagni ha detto in risposta a Alessandro Giuliani

      Ricordo questa citazione di Einstein poco prima di morire: “Chi non ammette l’insondabile mistero non può nemmeno dirsi scienziato”. Pensiamo quanto sono lontani dal suo pensiero i vari divinizzatori della scienza. Pensiamo al povero Flores D’Arcais secondo cui la scienza avrebbe spiegato tutto, chi siamo, dove andiamo, perché andiamo, da dove veniamo e perché veniamo.

    • Gab ha detto in risposta a Alessandro Giuliani

      Riforma Cattolica? …….. di quale riforma parli scusa?

      • Alessandro Giuliani ha detto in risposta a Gab

        Quella che abitualmente si chima Controriforma, lo scritto del cardinale Paleotti ‘Dialogo sopra le Immagini Sacre e Profane’ data al 1582 ed è stata la base teorica dell’arte di Caravaggio, si trova su Internet è interessantissimo !

  2. Luca ha detto

    Io penso che il vero problema sia la divulgazione scientifica, non la scienza in sé. Chiunque abbia visto un articolo o altro prodotto scientifico credo abbia potuto rendersi conto come la distinzione tra dati ed interpretazioni sia uno dei punti chiave, forse IL punto chiave della logica scientifica, in tutte le discipline. Il fatto che un’interpretazione possa venir ritrattata diventa allora il punto di forza, non di debolezza della scienza. Il problema secondo me é che anche la fede avrebbe bisogno di divulgatori migliori (meglio: di testimoni). Trovo difficile da accettare questa continua sfida atei vs crednti nella quale gli atei sono convinti di battersi contro i cultori del soprannaturale, perciò secondo loro dell’irrazionale. Il soprannaturale ha ovviamente un peso importante, ma diventa assurdo comunicarlo in astratto, slegato da quella sostanza che lo rende concreto e tangibile: deus caritas est.

    • Panthom ha detto in risposta a Luca

      E’ ovvio che la colpa è di chi usa la scienza e non della scienza stessa che è uno strumento inventato dall’uomo per conoscere quel lo circonda. E’ come dire che a causare l’incidente è la macchina e non l’autista, è sbagliato di certo. La fede ha sicuramente bisogno di testimoni, e invito te per primo ad essere migliore di quelli che ci sono. Altrimenti è sempre una lamentela..lo dico anche a me stesso ovviamente. Infine, la battaglia ate Vs credenti è solo intesa così da “loro”. Io non mi sento in battaglia con nessuno, vedo solo uomini che non accettano che io sia credente senza dirmi che sono stupido. Ad essi rispondo, ma senza sentirmi su un campo di guerra.

  3. Fabrizio Ede ha detto

    …certo che una mezza frase di Bachelard, capace di far almeno intuire al lettore in cosa consista la sua grandezza nella demolizione del riduzionismo, in mezzo a tente altre citazioni avrebbe dato un pò di sostanza all’articolo.
    Pur condividendo lo scopo dell’articolo trovo che rimanga su un piano debole, esigenziale, in quanto afferma solo con il sostegno solo delle autorità che cita

    • Qumran ha detto in risposta a Fabrizio Ede

      Si credo che un sunto del pensiero di Bachelard non avrebbe fatto male…può essere un invito ad approfondire personalmente, no?

  4. Fabrizio Ede ha detto

    scusate l’italiano, non l’avevo riletto …:-)

  5. Vronskij ha detto

    Gaston Bachelard è un altro che ha seguito il metodo psicanalitico senza essere freudista.

  6. Antonio72 ha detto

    Sono d’accordo sul fatto che la scienza sia malata, ma lo è innanzitutto perchè lo sono gli uomini e quindi anche gli stessi scienziati. Nel mondo contemporaneo i soli valori che contano sono la visibilità, fino al vero e proprio potere, ed ovviamente anche il benessere economico personale. Sono invece quasi del tutto scomparsi gli scienziati che si applicano con passione solo per amore della verità e per contribuire al benessere dell’umanità.
    Secondo il mio modesto parere, da una parte vi è ancora uno sparuto gruppetto di scienziati il quale resiste alle sirene del mondo globalizzato senza verità e a cui non serve alcuna verità, mentre dall’altra vi sono i cosiddetti scientisti riduzionisti i quali pensano, spesso anche in buona fede, che la scienza possa scoprire una sorta di verità del Tutto.
    Ma entrambe le fazioni sono perdenti oggigiorno dato che i loro dibattiti non interessano la maggior parte degli uomini, scienziati e filosofi compresi. Ma di chi è la colpa? Forse della stessa scienza che ha rinunciato da tempo alla sua missione conoscitiva per vendersi quasi del tutto, ed è paradossalmente un’evidenza scientifica, alla tecnologia, per cui si combatte la lotta della sopravvivenza del più adatto nel mercato globale.
    La scienza nei confronti della tecnologia ha quindi assunto il medesimo ruolo della filosofia medievale rispetto alla teologia: la scienza è ancella della tecnologia. Ed è così perchè solo quest’ultima può permettere qualsiasi progresso scientifico. La scienza andrà via via riducendo la portata dell’ingegno umano, per confidare il suo progresso ai sempre più potenti strumenti tecnologici.
    Anche lo stesso scienziato viene quindi alienato dal potente apparato tecnologico. E forse questa può essere una spiegazione plausibile di ciò che viene denunciato nell’articolo, ovvero dell’accozzaglia di errori scientifici: il movimento dinamico oggi prevalente non è certo quello della ragione.

    • Vronskij ha detto in risposta a Antonio72

      Scienza sana, uomini sani, scienziati sani e commentatori sani vai a cercare nel Giardino dell’Eden prima della caduta. Tecnologia moderna è soltanto un raffreddore cominciato circa 200 anni fa. Vicino al computer tieni un fazzolettino per pulire il naso.

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Antonio72

      Secondo me, Antonio, hai mischiato considerazioni valide con 2 assurde. Ti dico le 2 assurde, così per complementarietà risulteranno anche le valide.
      1. “Vi è ancora uno sparuto gruppetto di scienziati che resiste alle sirene”. Tu accusi giustamente molti scienziati di ricercare visibilità per avere successo, soldi, ecc. Da questo trai che gli onesti sono pochi. Questo è un ragionamento sbagliato, molto sbagliato, che dimostra quanto vivi fuori da quel mondo. E’ ovvio infatti che, per definizione di visibilità, appaiono soltanto i primi, mentre i secondi lavorano silenziosamente nei laboratori. E’ un po’ l’errore che farebbe un alieno a leggere la cronaca dei giornali: dagli omicidi familiari che vi legge, potrebbe trarre la conclusione che nella maggior parte delle famiglie i mariti uccidono le mogli, o i figli uccidono i genitori. La mia conoscenza diretta (anche se non ho fatto statistiche) è l’opposta: sono pochissimi gli scienziati disonesti, non cercano la ribalta e quelli che appaiono sono quasi sempre ex scienziati in pensione o che si sono dedicati alla “divulgazione”. Sai dov’è il marcio prevalente? Come per la cronaca nera rispetto alla bianca: nei mass media.
      2. “La scienza è diventata ancella della tecnica”. E’ una battuta semplicistica che equivale a dire che, in passato le galline producevano le uova, mentre adesso sono le uova che producono le galline. Il rapporto tra scienza e tecnica è indissolubile e ognuna delle due avanza con l’altra, come nessuna delle due avanza senza l’altra. Il problema è un altro e, purtroppo, è più complicato di come lo racconti tu: e sta nel rapporto della tecnica con l’economia da una parte e nella debolezza della politica sull’economia dall’altra. Ma qui il discorso si farebbe lungo. Solo che se vogliamo come cristiani dare il nostro contributo per ripristinare il controllo umano sulla tecnica, dobbiamo avere le idee molto chiare e non accrescere con mancanza di lucidità la confusione, come già i gruppi economici interessati nostri avversari lucidamente fanno.

      • Kosmo ha detto in risposta a Giorgio Masiero

        “…che dimostra quanto vivi fuori da quel mondo…”

        Dio mio quanto ha ragione prof!!!

      • Antonio72 ha detto in risposta a Giorgio Masiero

        1. Professore, è paradossale che proprio la sua replica, che vorrebbe confutare la mia teoria, invece la rafforza di più. Affermando che ci sono molti scienziati che lavorano coscienziosamente e silenziosamente nei laboratori, assume come un dato di fatto che il mondo contemporaneo il quale, non vorrà negare sia basato sulla competitività e quindi anche sulla visibilità, costringe questi scienziati al silenzio e ne premia altri, i quali come al solito, approfitterano molto rumorosamente del lavoro di altri (magari anche precari). Mi dispiace, ma se la divulgazione scientifica ed i mass-media prediligono questa parte di scienziati, non ho detto disonesta (non sempre, o solo dal punto di vista intellettuale), ma di certo non disinteressata, significa che è questa fetta di scienza che oggi detta legge. E’ quindi una sorta di evoluzione neodarwiniana: il più adatto al villaggio globale sopravvive, e vale anche per gli scienziati.
        2. Ed infatti oggi è l’economia globale a dettare legge e come sappiamo la competitività aggressiva si combatte soprattutto sul piano dell’innovazione tecnologica (le multinazionali che non tengono il passo frenetico del progresso tecnologico sono destinate a scomparire). Ne viene quindi che la scienza asserve la tecnologia, e che contano molto di più i brevetti (vedasi caso emblematico delle biotecnologie) di qualsiasi ricerca pura (in medicina ed in psichiatria addirittura si inventano malattie di sana pianta per alimentare l’appettitoso mercato dei farmaci – oggi anche invecchiare è diventata una malattia). Ovvero la ricerca è finalizzata ai brevetti. Non è quindi vero che la scienza non abbia un fine, e questo fine è quasi sempre monetizzabile.
        Cosa deve fare il cristiano? Almeno prendere atto che il mondo va esattamente al contrario di quanto viene predicato qui:

        http://www.uccronline.it/2012/03/15/il-messaggio-cristiano-il-primato-degli-umili-e-la-rivoluzione-sociale/

    • Luca ha detto in risposta a Antonio72

      Sottoscrivo parola per parola il commento di Giorgio Masiero. Vorrei anche ribadire che il problema non é la scienza ma quello che della scienza arriva ai giornali ed al grande pubblico. Il mestiere del comunicatore é se possibile anche più difficile di quello dello scienziato. Infine sottolineo quella che per me é una leggerezza dell’articolo, che probabilmente mal indirizza la discussione. L’alto numero di interpretazioni scientifiche “ritrattate” é un punto di forza del metodo scientifico, non una sua debolezza.

      • Antonio72 ha detto in risposta a Luca

        @Luca
        se hai letto bene l’articolo, viene data una spiegazione per il sempre più crescente numero di studi scientifici ritrattati, e non si parla solo di incompetenza.
        Il comunicatore è un mediatore tra chi consuma e chi produce, ed è solo a quest’ultimo che risponde, essendo spesso sul suo libro paga o di qualcun’altro, ma sempre riconducibile al primo. Che il comunicatore debba avere un ruolo pedagogico, ormai dovrebbero crederci in pochi o nessuno. Anche la divulgazione scientifica riduzionista ha un preciso scopo: cancellare per sempre qualsiasi religione dalla faccia della Terra, assimilando il concetto di religiosità a quello di superstizione. E lo sai perchè? Perchè, e ce lo dice Gesù, non si può servire Mammona e Dio allo stesso tempo. Cancelli Dio e che rimane? Mammona…
        Non è nemmeno un caso che la divulgazione scientifica mass-mediatica usi toni sensazionalistici parlando di “geni che fanno questo” o “geni che fanno quello” e facezie simili. Paradossalmente in questo mondo globale, la casualità esiste solo quando si discute di big bang, di origine della vita, o molto più spesso di Enalotto.

        • ignotius ha detto in risposta a Antonio72

          Come in ogni mestiere anche tra gli scienziati e i tecnologi c’è chi si impegna con onestà passione e vocazione autentica, chi cerca di cavarne un dignitoso salario e chi cerca solo di far soldi, tanti tanti soldi.
          Ma concordo con Antonio: il rischio perenne è quello di confondere il fine e i mezzi e di strumentalizzare innovazioni tecniche e scoperte scientifiche per scopi tutt’altro che umanitari, di utilizzarle per asservire gli esseri umani al principe di questo mondo; l’impiego dell’atomica a Hiroshima e Nagasaki è l’esempio forse più eclatante, ma basta anche leggere le etichette dei prodotti alimentari e non di uso quotidiano per vedere la quantità industriale di sostanze tossiche che ci vien servita per foraggiare l’industria dei veleni, e non penso che la ricerca nel campo degli ogm venga portata avanti per pura filantropia. Altro caso: sul morbo della mucca pazza si sapeva e si è taciuto a lungo, e si sarebbe taciuto ancora se le morti sospette non fossero state un po’ troppe… direi che sì, la scienza è fortemente condizionata dagli interessi economici

        • Luca ha detto in risposta a Antonio72

          Il punto é Antonio che per chi fa scienza l’unica cosa certa o discutibile solo sul piano tecnico sono le misure ed il margine di errore associato. Le interpretazioni sono uno strumento logico che traccia una strada alle ricerche future ma non hanno mai un sapore di verità assoluta. DEVONO essere discusse o magari ritrattate perché la scienza va avanti così: per prove ed errori. Anzi é l’errore l’unica cosa bella, quella che ti insegna qualcosa. Infatti se ci azzecchi ti resterà sempre il sospetto di non averlo visto l’errore e l’unico conforto resterà una cosa molto volatile come il maggior o minor consenso dei colleghi. Per questo sostengo che le ritrattazioni, lungi dall’essere un segno di debolezza sono un segno di buona salute. Quando leggi l’articolo di un quotidiano oppure guardi superquark succede l’opposto: l’unica cosa che conta é l’interpretazione, mentre i dati e le misure scompaiono sotto il tappeto. E’ inevitabile (? forse ?) che finisca così perché tra scienziato e pubblico manca un background comune. Questo ovviamente non vuol dire che tutta la ricerca sia buona e bella o magari tutta la divulgazione falsa e bugiarda, ma il problema é lì e bisognerebbe tenerne conto.

          • Antonio72 ha detto in risposta a Luca

            @Luca
            ma nell’articolo non si parla affatto di interpretazioni ma di veri e propri studi scientifici, che sono cosa diversa dall’interpretazioni filosofiche. Ora, siccome sappiamo che l’unica verifica ammessa dal punto di vista scientifico è l’esperimento e dato che per eseguire gli esperimenti ci si deve servire di strumenti tecnologici sempre più raffinati ed evoluti, non si capisce come gli errori degli studi scientifici possano essere aumentati 15 volte in dieci anni, anzichè diminuire. Infatti la colpa non può essere rintracciabile negli apparati tecnologici che al contrario dovrebbero limitare il margine di errore e non aumentarlo, piuttosto nella superficialità degli essere umani. L’errore quindi non può essere che un errore umano. Ma dato che l’uomo è quello che è e non può stravolgersi totalmente in soli dieci anni, significa che l’errore non è intrinseco nell’uomo (che ha dei margini di errori, diciamo, naturali). A questo punto viene da chiedersi se quegli errori siano dovuti alla superficialità degli scienziati, oppure che non siano dei veri e propri errori, ma degli stratagemmi, più o meno voluti, per aumentare la propria visibilità all’interno della comunità scientifica o magari solo per accedere a dei finanziamenti o ancora in risposta a pressioni esterne da parte dei potentati economici (lobbies) o politici, o forse un po’ di tutte queste componenti. Allora in parte viene convalidata la mia teoria di una scienza contaminata fino al midollo dalle influenze del mondo esterno non scientifico. Insomma una scienza malata, come si dice bene nell’articolo.

            • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Antonio72

              Anche questa volta, Antonio, non posso condividere il tuo giudizio severo nei confronti della comunità scientifica. Tu dici: “Non si capisce come gli errori degli studi scientifici siano aumentati 15 volte in 10 anni, anziché diminuire… la colpa non può essere degli apparati tecnologici … ma… degli uomini… dovuti alla superficialità degli scienziati”, o addirittura intenzionali.
              Al contrario io attribuisco questo aumentato tasso di errori a fattori del tutto diversi:
              1. L’aumento massiccio del numero degli scienziati in 10 anni, con l’affacciarsi sulla scena dei nuovi paesi emergenti.
              2. La maggiore distribuzione di errori nelle comunità emergenti rispetto a quelle tradizionali più collaudate.
              3. La difficoltà crescente delle nuove frontiere di ricerca, in tutte le discipline.
              4. La crescente sofisticazione degli apparati tecnologici. Certo la “colpa” non è mai delle macchine, ma ti sbagli di grosso a pensare che esse siano sempre più affidabili. Al contrario l’integrazione delle tecnologie richiesta per i controlli sui campi di frontiera comporta errori anche sistematici che sono a priori i più difficili da correggere (v. caso dei neutrini del Cern).
              5. La competitività tra i gruppi di ricerca che, in connessione all’esigenza del loro finanziamento, comporta una gara nell’anticipare le pubblicazioni . Questo non va visto in termini necessariamente negativi, perché la competitività comporta progresso e c’è comunque sempre alla fine il vaglio della comunità internazionale.
              Escludo al 99% la “superficialità” e al 100% addirittura che si tratti di “stratagemmi” in malafede: questo è un giudizio ingiusto che la comunità scientifica non si merita. Tieni conto, Antonio, che molto spesso sono i proponenti stessi degli studi a “ritrattare” in seguito ad ulteriori controlli le loro prime ipotesi (vedi ancora il caso dei neutrini).
              E poi, infine, lo vogliamo capire o no che è questo il metodo scientifico? Che ogni errore è un ulteriore progresso? Mica stiamo parlando di errori morali… Quindi, per me, una scienza giovane e più sana che mai!

              • Antonio72 ha detto in risposta a Giorgio Masiero

                1. I quali appunto devono guadagnare visibilità internazionale, e quindi questa evidenza non è in contraddizione con quanto dicevo.
                2. L’eccesso di errori è dovuto alla maggiore superficialità o frenesia nel presentarsi alla comunità scientifica e quindi sono una conseguenza del punto 1.
                3. Il fatto che la scienza abbia rallentato gli entusiasmi viene evidenziato anche nell’articolo, ed in parte sarà di certo così, tuttavia potrebbe essere il sintomo di un cambio di paradigma scientifico (forse per questa ragione si è avuto questo grande entusiasmo per l’esperimento del Cern/Gran Sasso; ci si aspetta qualcosa di eclatante?).
                4. Su questo punto mi trovo d’accordo, ovvero che la maggiore sofisticazione degli apparati tecnologici introduca nuove complessità, mentre il limite umano resta quello che è. Ma secondo me non vale solo in ambito scientifico, ma riguarda l’impatto tecnologico sull’uomo in genere. Gli sbocchi possono essere solo due: 1) l’uomo un giorno verrà sovrastato dalla tecnologia 2) Le ridotte capacità cognitive umane saranno aumentate implementando direttamente nell’essere umano supporti tecnologici ad hoc o introducendo interfacce sempre più perfomanti uomo-macchina.
                5. La competitività porta progresso ed allo stesso tempo moltiplica anche l’avidità umana. Inoltre la frenesia di arrivare sempre primi favorisce spesso facili scorciatoie che ignorano volutamente qualsiasi regola etica (vedasi attuale crisi economica). D’altronde è lo stesso meccanismo darwiniano della sopravvivenza del più adatto, come dicevo. Alla fine si dovrà confrontare sulla bilancia il peso del progresso con quello delle inevitabili distorsioni imposte dalla frenetica competitività e conseguenti impatti socio-economici. Quando si corre senza preoccuparsi di qualsiasi fine ci si può ritrovare in cima ad una vetta a godere di una fantastico panorama, oppure sull’orlo di un abisso spaventoso.

            • Luca ha detto in risposta a Antonio72

              Negli undici casi emblematici riportati nell’articolo Antonio si mescolano: – due frodi conclamate (la memoria dell’acqua di Benveniste e il vaccino per l’autismo); – due errori tecnici che poco o niente hanno a che fare con la ricerca scientifica (lo shuttle e l’acceleratore del CERN); – due prodotti pubblicitari (clonazione e test di longevità). Di questi ultimi niente so, ma per il poco che ne capisco penso che la loro realizzazione sia purtroppo solo questione di tempo, di opportunità politica, chissamai di etica. Gli altri cinque (neutrini, canali di Marte, transuranici, fusione fredda, Hymalaia) sono invece per l’appunto frutto della cattiva interpretazione dei dati. Peraltro Schiapparelli lavorava 150 anni fa, Fermi 80. Su queste basi é impossibile capire di cosa si stia parlando a proposito del famoso conclamato 15%. Gli unici interessanti ai fini della tesi sono le due frodi. Sembra più che altro un caso di cattiva divulgazione.

              • Antonio72 ha detto in risposta a Luca

                Non ho capito, il CERN non avrebbe a che fare con la ricerca scientifica?
                Ricapitolando: abbiamo due frodi, due errori tecnici (e non si capisce perchè non dovrebbero avere niente a che fare con la ricerca scientifica), e due opportunità politiche.
                Ne deduco Luca che possiamo dirci d’accordo, o volevi contraddirmi?

                • Luca ha detto in risposta a Antonio72

                  Il cern quando costruisce una macchina fa un lavoro tecnico con gli errori connessi, idem la NASA. Un errore scientifico sarebbe ad esempio se si dimostrasse che sulla luna non si può andare o che l’acceleratore di Ginevra conteneva nel progetto un errore teorico. Gli scienziati talora escono dal seminato della scenza e si fanno pubblicità, come nel caso della clonazione eppure io spero che un pubblico appena avveduto sappia distinguere questi aspetti dalla scienza. Volevo contraddirti certo, volevo sottolineare che tutto questo con il “riduzionismo” o con il valore della ricerca scientifica non ha assolutamente niente a che fare. Se vogliamo fare un discorso serio bisognerebbe perlomeno capire di cosa si tratta quando parliamo di articoli ritirati, ma di questo purtroppo non c’é traccia. Grazie comunque per la chiaccherata e gli stimoli, ciao.

                  • credino ha detto in risposta a Luca

                    comunque va detto che, nel caso dei neutrini, non ci sono stati errori da parte del Cern.

                • Luca ha detto in risposta a Antonio72

                  Aggiungerei, per maggior chiarezza: anche clonazione e test di longevità al pari degli esempi cern e nasa hanno molto poco a che fare con la scienza, tutto con la tecnica. La scienza ha messo a disposizione lo strumento clonazione e lo strumento DNA. Se mi chiedi: ha fatto bene ? Ti rispondo semùnz’altro di sì. Se mi chiedi: é bene che un uomo venga clonato o chiunque conosca la sua durata in vita “potenziale” (problema a questo punto “tecnico”) la risposta é inevitabimente molto diversa e più articolata. Clonare un uomo per il gusto di provare la propria potenza sembra in sé un esercizio di delirio di onnipotenza, simile al peccato originale o alla torre di Babele, ma non posso escludere che un giorno le circostanze non lo rendano utile e necessario. Idem per il test di lontgevità.

  7. Antonio72 ha detto

    Dal punto di vista biologico lo starnuto equivale pressapoco ad un colpo di proiettile, o meglio ad una sventagliata di mitra. Non credo che il corpo umano abbia a disposizione un’arma più potente per colpire ad una certa distanza nel più breve tempo possibile.

    • Vronskij ha detto in risposta a Antonio72

      Salute per lo starnuto Antonio raffredato dalla tecnologia, ma se lo usi come Kalashnikov è segno di tuberculosi edenica originaria, che per sanarla serve la tecnologia moderna dei antibiotici. Ti fanno reazione gli antibiotici?

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