Il naturalista Attenborough: «fede in Dio compatibile con evoluzione biologica»

Ogni tanto occorre occuparsi anche della nota leggenda nera secondo cui la fede in Dio sia in contrasto con l’adesione all’evoluzione biologica. Uno dei pionieri dei documentari naturalistici a livello internazionale si chiama David Attenborough, noto divulgatore scientifico e naturalista britannico. Oltre alle decine di premi e riconoscimenti, è stato nominato Membro onorario della Royal Society e della Società Zoologica di Londra.

Recentemente ha allarmato gli scientisti britannici in quanto, in un’intervista radiofonica ha detto che l’adesione all’evoluzione biologica e la fede in Dio non sono in contrasto e che, in quanto agnostico, non esclude la possibilità dell’esistenza del Creatore. Proprio l’opposto, quindi, di quanto sostenuto da alcuni suoi colleghi, che amano strumentalizzare la teoria evolutiva per perseguire fini religiosi (o, meglio, irreligiosi). Un esempio classico dalle nostre parti è ovviamente quello di Telmo Pievani (anche se il termine “collega” in questo caso risulta essere quasi blasfemo…). «Non penso che la comprensione e l’accettazione della storia di 4 miliardi di anni di vita sia in alcun modo in contrasto con la credenza in un essere supremo», ha spiegato l’85 enne Attenborough. «E io non sono così sicuro di definirmi ateo, preferisco dire di essere un agnostico».

La notizia non è questa ovviamente, sarebbe una novità se esistesse qualcuno a sostegno di Pievani e delle sue strumentalizzazioni ideologiche. Ciò che rende interessante la questione è l’irrazionale allarmismo del gran sacerdote degli Atei Americani, David Silverman, il quale si è subito precipitato a puntualizzare: «Io non credo che lui abbia detto che ci possa essere Dio. Penso che quello che sta dicendo è che le persone che credono in Dio possono anche credere nel fatto scientifico dell’evoluzione. Abbiamo sentito dire la stessa cosa da parte della Chiesa cattolica»Sul Dailymail l’hanno invece presa con ironia: «C’è qualcosa di divino nell’aria. Agnostici e atei stanno cominciando ad annuire rispettosamente in direzione dell’Onnipotente, mentre ancora, naturalmente, sostengono che Lui non c’è». Anche riferendosi alla recente iniziativa dello scrittore Alain de Botton, si legge: «La voce stridula di Dawkins viene gradualmente emarginata dai ‘senza fede’ come lui».

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46 commenti a Il naturalista Attenborough: «fede in Dio compatibile con evoluzione biologica»

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  1. Michele Forastiere ha detto

    Ho sempre pensato che Attenborough fosse un grande, onesto, vero divulgatore scientifico!

  2. Alessandro M. ha detto

    Che Silvarman sappia che la chiesa non ha nessun problema con l’evoluzione mi stupisce. Almeno sono informati.

  3. Elijah ha detto

    E’ corretto affermare che l’evoluzione biologica non è in contrasto con la fede in Dio, bisogna però riconoscere che a seguito della formulazione della teoria dell’evoluzione le principali religioni hanno dovuto rivedere tante delle proprie convinzioni.
    Attenborough fa bene a dichiararsi agnostico perchè sceglie il punto di vista più corretto, quello di chi lascia la porta aperta all’eventualità che un qualcosa di non dimostrato possa un giorno essere dimostrato. La posizione estrema è sucuramente occupata da atei e credenti, che in un certo qual modo si trovano su di uno stesso piano intellettuale, anche se ovviamente agli antipodi. A questo merito vale la pena ricordare la posizione di Albert Einstein, il quale si definiva “un non credente profondamente religioso” che però considerava le religioni organizzate, quali ebraismo e cristianesimo, “l’incarnazione delle più infantili superstizioni”.

    • Michele Silvi ha detto in risposta a Elijah

      Il punto di vista più corretto, forse, ma a me non interessa la correttezza, a me interessa la verità.
      E dove sento che sia, lì vado, lì cerco, per quanto corretto il punto di vista di chi si astiene, di chi “rimane fuori” non posso che considerarlo triste, a meno che non sia prodotto di una seria ricerca, a meno che non sia il punto di vista di chi cerca di capire dove sta la verità, e non se ne frega.
      L’agnosticismo spesso non è affatto una posizione “di mezzo”, a volte è una posizione “di fuori”, e “di fuori” è la posizione di chi aspetta che la porta sia aperta da altri, perché non ha interesse nella ricerca.
      Per dire che sarà corretto quanto ti pare, ma se alla fine salta fuori che Dio esiste, beh, allora sei stato solo un “tiepido”, sa capisci cosa intendo.

      Prova a riflettere su questo, comunque: se non ti esprimi e alla fine Dio non esiste, non cambia nulla.
      Se non ti esprimi ed alla fine Dio esiste, ti sei “perso” Dio e tutto ciò che consegue dall’avere fede in Lui.
      Sei ancora sicuro che le due posizioni agli antipodi siano intellettualmente equivalenti? Se sì, lo sono anche nella pratica? Seriamente, ho i miei dubbi…

    • Norberto ha detto in risposta a Elijah

      Che l’evoluzione abbia modificato qualcosa all’interno del cattolicesimo è una leggenda popolare come tante. Anzi, ha aiutato forse a concepire meglio il concetto di male.

      Che l’agnosticismo sia la posizione corretta in quanto neutrale è un’altra leggenda popolare perché il non prendere posizione è, oltre ad un’immensa perdita di tempo, anche un’azione da codardi. Per il solo fatto di esserci bisogna scegliere per il “si” o per il “no”. Stare in mezzo non esiste e infatti l’agnostico vive da ateo. La neutralità (educativa, sessuale, religiosa) è una grandissima bufala inventata dalla modernità.

      Tirare per la giacca Einstein è un’altra azione molto popolare. Non ha mai detto di essere un non credente, ma semmai ha detto “Io non sono ateo e non penso di potermi definire panteista”. Secondo lui: “La scienza contrariamente ad un’opinione diffusa, non elimina Dio. La fisica deve addirittura perseguitare finalità teologiche, poichè deve proporsi non solo di sapere com’è la natura, ma anche di sapere perchè la natura è così e non in un’altra maniera, con l’intento di arrivare a capire se Dio avesse davanti a sè altre scelte quando creò il mondo” (Holdon, The Advancemente of Science and Its Burdens, Cambridge University Press, New York 1986, pag. 91)

      Mi auguro che il nostro amico Elijah possa fare interventi meno preparati, meno popolari e un pochino più aderenti alla realtà.

      • Elijah ha detto in risposta a Norberto

        Einstein viene tirato dalla giacca da tutti per le sue affermazioni spesso contradditorie, ma una cosa è certa: non amava le persone di fede nè gli atei, per questo l’ho citato. E oggi sarebbe considerato senza dubbio un “pericoloso” scientista: “Se qualcosa in me può essere chiamato religioso è la mia sconfinata ammirazione per la struttura del mondo che la scienza ha fin qui potuto rivelare”. Questa era la sua idea di Dio, direi quindi molto distante da quella cristiana.

        • Norberto ha detto in risposta a Elijah

          No, Einstein non capiva la religione perché non aveva mai fatto un incontro cristiano. Era un deista e per lui Dio era ricavato dallo studio del cosmo, come più volte ha detto. Una posizione assai vicina a quella di Antony Flew. Uno scientista è colui che usa la scienza come dio, non chi ne prova ammirazione come hanno fatto migliaia e migliaia di scienziati cristiani. La sua idea di Dio è quello Spirito immensamente superiore che deve pur esserci alla base della realtà, ma che non è panteismo. Questo dio è per lui un creatore, dunque cosciente e onnipotente. L’unica cosa che dici giusta è la sua lontananza dal cristianesimo, anche se ammirava moltissimo la figura di Gesù. Gli è mancato un incontro, questo il motivo.

          • Elijah ha detto in risposta a Norberto

            Perchè allora insistere nel citare uno che “non capiva la religione”?

            • Fabrizio ha detto in risposta a Elijah

              Einstein era un ebreo laico, sul tema di Dio si è sempre mostrato teista, non deista o panteista, ma un semplice teista. Concepiva Dio come Spirito Creatore, trascendente, onnipresente. Tuttavia potrei dire con certezza che alcuni suoi pensieri strettamente teologici, sul mistero della comprensione e di Dio stesso non sono dissimili da un quadro di teologia e metafisica cristiana, nella fattispecie cattolica. Lui non era un cristiano di fede, nel senso di incontro con il Padre amorevole che parla Nostro Signore nei Vangeli, ma di certo in maniera non consapevole non era tanto lontano dalla teologia cattolica. Con ciò non voglio dare a lui la bandiera di cristiano, intendiamoci.

              • Elijah ha detto in risposta a Fabrizio

                Temo che tu non abbia letto abbastanza sul pensiero di Einstein e ti assicuro che non è facile, perchè parlando di religione ha dichiarato cose molto diverse. per questo motivo ogni fazione si dedica a citare alcuni (ma solo alcuni) dei suoi passi per dimostrare come fosse vicino al Dio giudaico o cristiano oppure all’ateismo. La verità è che Einstein mal sopportava sia i religiosi che gli atei. Trovo abbastanza divertente vedere come a distanza di anni le due parti cerchino ancora di avvicinarlo alle proprie posizioni.

                • Norberto ha detto in risposta a Elijah

                  Ti ricordo che lo hai tirato in ballo tu. In tutti i tuoi commenti c’è questo errore fondamentale: essere credenti ed essere cristiani è la stessa cosa, secondo te. Invece nessuno ha mai detto che Einstein fosse cristiano, ma era deista (teista per Fabrizio. Non certamente ateo. Praticamente era un passo indietro al cristiano e dalla parte opposta della strada rispetto all’ateo. Tutte le volte che ha parlato di questi temi ha confermato la lontananza dall’ateismo, l’ammirazione per il cristianesimo ma la lontananza dalle religioni e la sua fede in un Dio trascendente e creatore.

                  La prossima volta scegli meglio chi citare.

                  • Elijah ha detto in risposta a Norberto

                    E quando mai ho detto che fosse ateo? Ho l’impressione che ripeti a memoria una lezioncina imparata chissà dove.
                    Se credi veramente che Einstein avesse una visione religiosa assimilabile in qualche modo al cristianesimo spiegami come puoi inquadrare sotto l’idea di cristianità affermazioni del genere:

                    “Non riesco né voglio concepire un individuo che sopravviva alla propria morte fisica”
                    “Non riesco a concepire un Dio che sia dotato di una volontà simile alla nostra”
                    “Per me, la parola Dio non è niente di più che un’espressione e un prodotto dell’umana debolezza…”
                    “Io credo nel Dio di Spinoza* che si rivela nella ordinaria armonia di ciò che esiste, non in un Dio che si preoccupa del fato e delle azioni degli esseri umani”*(le cui opere erano tra i libri proibiti della Chiesa cattolica)
                    “Credo che i principi morali siano di primaria importanza ma questo non comporta l’idea di un legiferatore…”

                    Dimmi adesso se Einstein ti sembra così vicino al pensiero di cristiano. Forse perchè spese buone parole a favore di Gesù? Cosa dovrebbero dire allora gli induisti, dato che provava un’autentica venerazione nei confronti di Gandhi e divenne pure vegetariano? Dovrebbero tirarlo per la giacchetta pure loro?

                • Fabrizio ha detto in risposta a Elijah

                  Io ho fatto una mia considerazione personale, non ho voluto entrare nel merito della religiosità di Einstein. Einstein in quasi tutto i suoi scritti offre al lettore la sua chiara posizione teista. Lui non era religioso nel senso di fede in Dio come Padre, ma certamente era credente. Essere credenti non è essere cristiani, lo ricordiamo. Anche se dal punto di vista di chi conosce la teologia cristiana, le sue riflessioni su Dio non sono molto diverse dalla teologia.

  4. Elijah ha detto

    Tu aggiungi una quarta categoria: gli indifferenti. in realtà stiamo parlando di agnostici consapevoli, come penso sia il caso di Attenborough (ed anche il mio, se t’interessa saperlo). Il discorso tra correttezza e verità ha poco senso perchè, a mio modo di vedere, correttezza, verità, giustizia, ecc. vanno nella stessa direzione. Un credente può avere la verità in mano ed anche un ateo può avere la verità in mano. Ma solo uno dei due, non entrambi. L’unica differenza è che al secondo è sostanzialmente impossibile dare prova della propria convinzione (dimostrare la non-esistenza di qualcosa è impossibile, se non affidandosi al solo ragionamento). La parola spetta quindi al primo (ricorderai il famoso discorso sull’onere della prova), ma anche tu saprai bene che nessun credente che abbia ragionato con attenzione su queste cose sa che è in grado di dare prove definitive.

    • Elijah ha detto in risposta a Elijah

      Scusate, il mio commento era in risposta a Michele Silvi, ma è scivolato qui.

    • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Elijah

      Non ci possono essere alcune prove per il metafisico, altrimenti non sarebbe metafisico.

      Nessuna dimostrazione serve nei tribunali (le prove si usano nei tribunali!) per dimostrare l’innocenza. E’ la mancanza di innocenza che esige delle prove, quindi non è chi afferma, ma chi nega l’affermazione che deve esibire le prove. Anche se, ripeto, in questo caso sarebbe assurdo parlare di prove.

      L’agnostico è peggio dell’ateo perché è ancora più contraddittorio. Si comporta da ateo ma si illude di non voler prendere posizione.

      Se la verità esiste e la posizione più corretta è quella di chi cerca la verità, come fa continuamente il credente. L’agnostico è fermo e indeciso, l’ateo nega l’esistenza della verità. La posizione più corretta è quella che parte dal positivo: se la verità esiste la trova solo chi sta cercando. Chi è fermo e chi nega sono in tutti i casi dei perdenti, sia che abbiano ragione sia che abbiano torto.

      • Michele Silvi ha detto in risposta a Renato Valsecchi

        Non generalizzare, c’è chi cerca la verità in tutti e tre i gruppi, poi probabilmente c’è qualcuno che cerca nel posto giusto e qualcuno che cerca nel posto sbagliato.
        E niente di oggettivo può confermarci che siano noi quelli che cercano nel giusto…

        • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Michele Silvi

          Sbagli purtroppo. Se uno si mette a cercare significa che ammette l’esistenza della verità. Né l’ateo né l’agnostico possono ammettere l’esistenza della verità.

          Non serve a nulla l’oggettività (la “prova”) per capire che siamo sulla strada giusta, basta e avanza la nostra capacità morale, così come in tutti i rapporti interpersonali. Per capire che lei è la donna di cui sono innamorato non ho certo bisogno di prove oggettive.

          • Michele Silvi ha detto in risposta a Renato Valsecchi

            Tu dai per scontato che la verità stia dove la cerchiamo io e te, se fosse da un’altra parte?

            • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Michele Silvi

              Se avessi il minimo dubbio non sarei certamente cattolico. Se sono cattolico è perché capisco di avere trovato la risposta alla mia umanità. Ovviamente non è la risposta definitiva, che avremo solo un giorno, ma sperimentare il cosiddetto centuplo quaggiù di cui parla il Vangelo. La certezza della strada è segnata dal mio compimento umano, solo questo mi interessa per me. E tu? Perché sei lontano?

              • Michele Silvi ha detto in risposta a Renato Valsecchi

                Mah, Renato, semplicemente riesco ad immedesimarmi in chi la Fede non ce l’ha, e la mia esperienza mi dice anche che se la Fede non c’è… non c’è, punto.
                Certo, la Fede posso cercarla quanto mi pare, ma finché non la raggiungo non posso dirmi credente, o sbaglio? La ricerca personale è solo una delle due parti che riguardano quel dono teologale, l’altra parte è quella che fa cadere a terra sulla via di Damasco, è quella che lascia ciechi e con il disperato bisogno di vedere di nuovo.
                Avendo vissuto qualcosa del genere è ovvio che non mi pongo tra gli agnostici, ma non posso nemmeno dire che chi lo fa sbaglia, o che sia qualcuno che non cerca.
                Anzi, ti dirò di più, quando ho ricevuto la Fede ancora a cercare non avevo iniziato, in realtà, quindi se qualcuno cerca anche prima, forse non è da sottovalutare.
                In quanto al dubbio, il fatto è che riconosco che tutto ciò che ho vissuto potrebbe, in fin dei conti, essere un immenso errore. Potrebbe, ma non penso affatto che lo sia, semplicemente esiste questa eventualità, che si fa un po’ più visibile nei momenti di sconforto, e scompare nei momenti in cui la Fede si vive davvero…

                • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Michele Silvi

                  Chi trova la fede è perché l’ha cercata, si è aperto alla possibilità di trovarla. Se uno nega che l’ago sia finito nel pagliaio non lo troverà mai, perché nemmeno lo sta cercando. L’agnostico e l’ateo, orgogliosi di esserlo, negano proprio l’esistenza di una risposta, quindi non troveranno mai nulla. Soltanto chi mette in dubbio la propria posizione può trovare. Per trovare bisogna partire da un’ipotesi positiva. Questo è certo. Se qualcuno cerca è perché non è più ne ateo né agnostico, stando alle definizioni standard che si danno a questi due termini.

                  Rispetto al dubbio, se pensi che la tua posizione possa anche essere sbagliata allora è perché c’è troppa poca fede. Ovvero non hai colto ancora del tutto le ragioni per cui essere certi. La certezza morale non è per nulla aleatoria. Io sono certo che mia moglie o mia madre mi vorranno sempre bene, qualunque cosa accada. Questa è una certezza morale (non scientifica), ma è salda come la roccia. Nessuna ammissione di dubbio o di errore, nemmeno nei momenti di sconforto.

                  • Michele Silvi ha detto in risposta a Renato Valsecchi

                    Sì, ma io non parlo di certezza morale, non solo 😉
                    Né la mia fede è perfetta, troppo ce ne vorrà ancora…
                    Però diciamo che mi sento sulla buona strada.

                    Ad ogni modo non è detto che chi è agnostico non stia cercando, è agnostico anche chi parte sì da un’ipotesi positiva, ma al contempo non afferma la verità di quell’ipotesi perché non ha raggiunto un adeguato grado di convinzione, potremmo dire di “Fede”.
                    E ti assicuro che la Fede può trovarla anche chi non l’ha cercata, anche chi si è aperto solo per un istante, è pieno di testimonianze del genere, anche leggendo vite di santi se ne trovano: l’importante è non chiudersi, non rifiutare qualsiasi cosa estranea a ciò che si sa già.

                    • Fabrizio ha detto in risposta a Michele Silvi

                      Credo che Michele stia perfettamente nel “pellegrinatio anime” agostiniano secondo la quale la ricerca della fede è un cammino alla ricerca della pienezza che è appunto la fede stessa.

                      Quanto agli agnostici, credo che qui il dibattito sia più generale sul tema della convinzione che vale per credenti e non. Dipende da come si vive la propria convinzione/fede. Se la vivono come parte “politica”, un partito è inevitabile notare delle contraddizioni in tutti i casi specie però per gli agnostici che in quel caso lì può scivolare nell’ipocrisia, perché è inevitabile che vivano una condizione diversa rispetta a quanto affermano di credere. Quanto agli atei credo che se si organizzano sono generalmente mossi da sentimento anticlericale più che anti teista.

                      Personalmente conosco agnostici che vivono la loro condizione non come indifferenza ma come tentativo di ricerca. Un pò come me e Michele, che però noi partiamo dalla fede, loro da una non fede.

                    • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Michele Silvi

                      Rimane il fatto che un agnostico sospende il suo giudizio sull’esistenza della verità, quindi se si mette a cercare la verità non è più agnostico, in quanto un giudizio sulla verità lo ha dato (nessuno cercherebbe qualcosa che non esiste).

                      L’ateo ancora di più: nel momento in cui cerca sta superando la sua posizione originale e per definizione non è più ateo.

                      Attento Fabrizio, perché Michele è in dubbio sulla verità della sua posizione di fede (“non sappiamo se abbiamo ragione noi o loro), non tanto una ricerca del miglioramento. Questa è una forma di scetticismo molto forte e denuncia, come gli ho scritto, una mancanza di certezza, una forte mancanza di fede. Significa che non c’è alcun feedback, nessuna risposta. Oppure è lui che non la percepisce. Non capisco come permanere in una posizione di cui non si è certi.

                    • Michele Silvi ha detto in risposta a Michele Silvi

                      Ma l’esistenza della verità e l’esistenza di Dio non sono la stessa cosa, non sempre almeno.
                      Certo, chiunque si metta alla ricerca riconosce che la verità esiste, però gli agnostici sospendono il giudizio su Dio, o su alcune caratteristiche di Dio (quanti non credono al Dio personale?).

                      Ad ogni modo non metto in dubbio la mia posizione di fede, metto in dubbio le mie capacità, è diverso.
                      Il feedback c’è, come anche la risposta, ma niente mi consente di dire che sia impossibile, per me, sbagliare interpretazione, e se per quanto riguarda l’esistenza di Dio il dubbio è ai minimi storici, il resto della dottrina cristiana è in una situazione molto più complessa, e dato che a me la conoscenza non basta mai (lo so, non è un comportamento molto conveniente, ma la mia indole è questa) non posso che mettere tutto in discussione giorno per giorno.
                      Il miracolo è che non è mai caduto nulla, quindi le cose sono due: o è tutto vero, o non sono proprio capace di far tremare le mie convinzioni. Però, considerato che pseudo-deismi e panteismi vari sono durati molto poco, e che invece Cristo si fa più convincente ogni giorno che passa, diciamo che la certezza si intravede.
                      La risposta della Fede è un’esperienza, poi tocca alla fallace mente umana collegare quell’esperienza ad un’interpretazione, tutto inizia quando per la prima volta si viene rivoltati su sé stessi, quando per la prima volta qualcosa dentro di te viene stravolto per sempre e ci si vede in modo completamente diverso.
                      Poi però non ci si ferma lì, periodicamente tutto questo si ripete, proprio quando passa abbastanza tempo per lasciar spazio al dubbio, quando ci si inizia a chiedere “ma sarà successo veramente o me lo sono solo immaginato?” il “segno” arriva di nuovo, e di nuovo ancora, e mi dispiace di essere uno che non si accontenta mai, forse sono troppo umano.
                      Un esempio: tre mesi fa ero già cristiano da un pezzo, eppure pensavo, tra me e me, che il sacramento della confessione fosse inutile, come molti pensavo di non aver bisogno di un sacerdote (o comunque di un’altra persona) per riconciliarmi con Dio.
                      Poi ho osato andare a fondo nella questione: ora penso che il cristianesimo senza riconciliazione non sia affatto cristianesimo, o almeno che io non posso più viverlo senza quel sacramento.

                      Se invece tu sei certo di tutto, e lo sei stato da subito, allora buon per te, devo presumere che la prima volta che lo Spirito ti ha “preso a schiaffi” è stato così “violento” da imprimertelo così tenacemente da creare questa situazione, con me è stato un po’ più blando, forse, o forse ho la testa troppo dura 😛

                    • Fabrizio ha detto in risposta a Michele Silvi

                      Faccio presente a Michele che il suo percorso non è tanto differente dal mio. 😉

    • Michele Silvi ha detto in risposta a Elijah

      Solo uno dei due, esatto.
      Quindi in che modo la posizione dell’agnostico sarebbe la più corretta (secondo la logica in cui correttezza e verità vanno nella stessa direzione)?
      Sarà al massimo la più corretta per quanto possa saperne oggettivamente in quel momento, ma non c’è nulla di definitivo, perché prima o poi la vera risposta verrà a galla, e non sarà mai quella dell’agnostico (perché non è una risposta).
      Quindi la risposta più corretta, in questo senso, semplicemente non sappiamo qual è, ma Pascal riesce a spiegare abbastanza sapientemente i motivi per cui scommettere è fondamentale.
      Inoltre, se è vero che non possiamo sapere qual è la risposta corretta in questo momento, nè qual è oggettivamente, personalmente, nella mia “soggettività”, ho i miei buoni motivi per pensare che la risposta sia una piuttosto che l’opposto, motivi che appartengono ad un “residuo non oggettivizzabile” dell’esistenza umana, “prove” che chi non possiede non potrà mai condividere, né conoscere davvero.

      Ad ogni modo, “indifferenti” non era contrapposto a consapevoli, ma a “cercatori”, insomma a quella categoria, se così vogliamo chiamarla, di persone che la risposta la cercano ogni giorno.

      • Elijah ha detto in risposta a Michele Silvi

        Più corretta sul piano dimostrativo. Ti faccio un esempio: uno scienziato afferma di aver osservato un animale particolarissimo (diciamo una scimmia con le piume) mentre un altro dice che tale animale non esiste, che potrebbe trattarsi dell’Ara gigante, il cui richiamo nell’epoca dell’amore può essere confuso con quello di un primate. Tra i due contendenti mi trovo io e si da il caso che conosco abbastanza bene l’habitat dove vivrebbe questo animale. A chi do ragione? L’unica cosa che posso fare è sospendere il giudizio finchè il primo scienziato non mi porti le prove di quanto afferma o finchè il secondo non riesca a convincermi al 100% che tale animale effettivamente non esiste.
        Questa è la mia posizione, ma come devono comportarsi i due scienziati? Entrambi devono mettere in conto di poter essere nel torto e che quindi l’altro abbia ragione, devono cioè riconoscere la loro parte di agnosticismo sebbene siano fermamente convinti di ciò che pensano.
        Per questo dico che l’agnosticismo è la posizione più corretta, non perchè sia quella che alla fine possa risultare vincente ma perchè certe cose non si possono decidere per scommessa o sulla base di semplici convinzioni personali.
        Il pensiero di Pascal: “Se vincete, vincete tutto, se perdete non perdete nulla” è ingannevole perchè non può essere la convenienza a consigliarci quale decisione prendere in un caso di questo tipo. Permettimi infine aggiungere che la conclusione: “se perdete non perdete nulla” può essere la parte meno vera della frase, in quanto ogni scelta sbagliata ha comunque delle conseguenze e non ci sono scelte immuni da conseguenze. Anche un supposto discorso a favore “dell’inganno a fin di bene” porterebbe fuori strada perchè non sarebbe a dimostrazione della veridicità di un’affermazione.

        • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Elijah

          La vita non è un gioco Elijah. E non è nemmeno uno scambio di punti di vista. Il senso della vita è l’unica cosa che vale per un uomo e buttarla sul gioco a premi: “aspetto una risposta” è la cosa più insensata che possa esserci. Tant’è che di fatto finché non hai questa “prova” ti comporti come se la prova non esistesse.

          Ti dico già che l’attesa è completamente inutile e stai buttando via il tuo tempo: non esiste nessuna prova e nessuno potrà convincerti se non prenderai tu l’iniziativa di verificare in prima persona. Aspettare seduto sul divano fino a sera sperando che qualcuno ti dia una ragione per alzarti è la cosa più stupida (altro che posizione più giusta!) che un uomo può fare. Alzati e verifica se c’è qualcosa per cui valga la pena stare in piedi, da vero uomo.

        • Michele Silvi ha detto in risposta a Elijah

          Hai ragione, il problema è che questa questione non è puramente dimostrativa, per un semplice motivo: la dimostrazione non la avremo mai.
          Quindi occorre cercare al di là del dimostrabile, lasciare il terreno sicuro per procedere su terreni molto meno sicuri: ma in gioco c’è la felicità, mica qualcosa da nulla.
          Ed avanzando su questo tipo di terreno le risposte arrivano, pur rimanendo nel campo del non-dimostrabile, arrivano le conferme e ti aiutano a capire se stai procedendo nella direzione giusta o verso quella sbagliata, se ci si ferma ad aspettare si potrà essere meno vulnerabili, ma non si avrà mai ciò che ottiene chi cerca.
          E ti assicuro che la via della Fede i suoi risultati li offre, percorrendola la vita cambia anche violentemente, giorno per giorno, poi per carità, sei liberissimo di non credermi.

          • Elijah ha detto in risposta a Michele Silvi

            Buttarla sul campo della fede non cambia le cose in un discorso come quello che stiamo sviluppando qui. Non si può aggiungere l’eccezione di un oggetto di fede che non necessita e che non può offrire dimostrazioni. Io ho un padre e una madre che posso vedere tutti i giorni e che tutti conoscono e non puoi pretendere che pensi come te che c’è un altro genitore in un sistema superiore che posso vedere (o constatare) solo se credo fermamente che esista. Non voglio disprezzare la tua fede ma devi capire che un discorso del genere non serve per questa dimostrazione. Per tornare all’esempio dei due scienziati (quindi dell’atteggiamento razionale, unico condivisibile tra tutte le persone) non si può affermare: “Io so che tale cosa esiste ma non posso apportare prove”. Purtroppo questa regola non vale, come non vale la scommessa di Pascal o, come dici tu, la promessa di felicità, perchè non credo che tu possa affermare che sia più felice un divulgatore credente rispetto ad un Attenborough o un Pievani, e se invece ti riferisci alla felicità eterna, torniamo al punto di partenza, perchè prima devi dimostrare che esiste la vita ultraterrena.

            • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Elijah

              Lo ripeto: la vita non è un gioco, non esiste nessuna prova e nessuno potrà convincerti se non prenderai tu l’iniziativa di verificare in prima persona. Aspettare seduto sul divano fino a sera sperando che qualcuno ti dia una ragione per alzarti è la cosa più stupida (altro che posizione più giusta!) che un uomo può fare. Alzati e verifica se c’è qualcosa per cui valga la pena stare in piedi, da vero uomo.

              La certezza morale è completamente personale e stai perdendo tempo e vita ad attendere qualcosa che non arriverà mai. Nessuno vorrà darti nessuna dimostrazione di Dio o di vita eterna, se anche si potesse sarebbe annullato completamente il libero arbitrio e l’uomo sarebbe un burattino nelle mani di Dio. Basi la tua vita su un equivoco enorme (e molto sciocco! Non si parla di prove di Dio dal 1800!!) di cui ti sei auto-convinto, ti auguro di riflettere a fondo prima di perdere altro tempo.

              • Elijah ha detto in risposta a Renato Valsecchi

                Vedo che cerchi di replicare al posto di altri, scusami se non ti rispondo ma ho poco da dire a chi pensa che l’agnostico sia quello che passa la giornata sul divano aspettando che arrivi qualcuno a risolvergli la vita. Non credo sia possibile instaurare un dialogo costruttivo con chi parte da questi sciocchi pregiudizi.

  5. Hugo ha detto

    azz….telmo pievani è davvero insopportabile, concordo appieno.

  6. Luca ha detto

    Bello. Chissà, forse ci sarebbe bisogno di un divulgatore come Attenborough anche per la teologia. Più in generale ci sarebbe bisogno di qualcuno che aiutasse noi fedeli da una parte e gli atei dall’altra a separare correttamente ricerca scientifica e religione senza limitare né la libertà di ricerca né il valore universale della fede.

    • Daphnos ha detto in risposta a Luca

      Hai ragione. Ma ci sono anche altre “parti in causa” oltre a credenti ed atei, e lo abbiamo appena visto. L’agnosticismo… la frase “uno scienziato deve porsi con spirito agnostico di fronte all’indagine del mondo” secondo me è correttissima, e provo anch’io a metterla in pratica, ma c’è chi trasforma questa frase in “uno scienziato DEVE essere agnostico anche nella vita”, come sembra sostenere il nostro ospite. Chi pone un’equivalenza tra le due frasi è proprio colui che ritiene che la ricerca scientifica e quella di Dio coincidano, si effettui sullo stesso terreno, e su questo io mi distanzio da chiunque, che sia credente, ateo, agnostico o ateo-agnostico e via discorrendo.

      • Fabrizio ha detto in risposta a Daphnos

        “Uno scienziato deve porsi con spirito agnostico di fronte all’indagine del mondo”. Credo che forse sia meglio mettere il termine “senza pregiudizi”. Visto e considerando che questa frase farebbe molto più male a quei “scienziati” che credono e sperano di negare Dio con la scoperta scientifica…

        • Daphnos ha detto in risposta a Fabrizio

          Era proprio quello che intendevo dire, chiaro che la parola “agnostico” offre terreno fertile per numerose speculazioni…

          • Fabrizio ha detto in risposta a Daphnos

            Direi molte, anche Padre George Coyne S.J si riferisce alla scienza come “agnostica”. Io personalmente non condavido, spesso il termine agnostico significa sospensione di giudizio su un qualcosa di cui non si avrà mai conoscenza. Io preferisco dire “ricerca continua”, dove la ricerca presuppone di trovare qualcosa (e qualcosa si trova sempre). Del resto anche lo scienziato ha una fede, confida nei risultati che ottiene ed otterrà.

            Immagino che anche in questo caso il termine “fede” susciterà qualche speculazione…. 😉

      • Luca ha detto in risposta a Daphnos

        Mi pare di essere totalmente daccordo con Daphnos. Mi domando tuttavia se non dovrebbe bastare a tutti il giudizio di Giovanni Paolo II che Giorgio Masiero ha riportato nel suo articolo su Hawking: “in fisica non c’è ragione di nominare Dio”. Mi pare dovrebbe bastare a tutti, anche se capisco che Hawking da una parte o alcuni cattolici dall’altra lo possano intendere come insopportabile segno di relativismo. E’ su questo secondo me che si dovrebbe lavorare. Permettere ai fisici i loro dati e le loro speculazioni senza sentirsene offesi se vanno in direzione diversa dalle nostre attese; aiutare i fisici a capire come la loro disciplina e persino la scienza tutta non é l’unico possibile sguardo razionale sulla realtà. Enunciati in astratto sono sicuramente due proposizioni condivise da chiunque, il punto é probabilmente davvero quello di provvedere ad una buona divulgazione scientifica. Divulgazione delle scpeculazioni “estreme” come quelle di Hawking da una parte come dall’altra della spiritualità e dei suoi rapporti con la “carne” che da sempre i credenti felicemente vivono.

        • Fabrizio ha detto in risposta a Luca

          Onestamente pure io mi trovo d’accordo, però credo che forse il termine “agnostico” sia abbastanza fuori luogo. Anche perché “agnosticismo” ha un significato un pò più complesso, non è riducibile a questo campo.

  7. Fabrizio ha detto

    Oggi su Micromega c’è qualcosa che sicuramente susciterà dibattito in questa discussione perché è legata al tema dell’evoluzione e caso, sto parlando del libro di Pievani: “Il fascino di un’evoluzione che non ci aveva previsto” di Telmo Pievani in cui afferma che è oramai un fatto accertato scientificamente che l’evoluzione non ha un fine, non ha uno scopo, non ha un senso.

    Ancora una volta si nota tristemente come vi siano delle persone che vogliono che la scienza si esprima su una questione di metafisica e facendo così filosofia attorno ad una scoperta scientifica, che come l’epistemologia vuole, va presa sempre parzialmente perché assoggettabile alla falsificabilità e deve essere verificata sperimentalmente. :O

    In sostanza non si rendono conto che il concetto di teleologia è riservato ad una visione metafisica e non può essere fornita attraverso una prova scientifica. Cosicché probabilmente attaccheranno la solita parodia del “creazionismo” evangelico, non dissimile dal concetto di fabbricazione dell’ebraismo e del deismo. Oppure il concetto di creazione intesa come determinista dell’azione dove in pratica isola Dio solamente all’inizio della creazione. E’ probabile che forse non conosceranno affondo il concetto di creazione del cattolicesimo dove la s’intende come ontologica, cioè flusso di essere proveniente da Dio, e non come fabbricazione. Anzi secondo i padri greci essa non è dissimile dall’incarnazione dove la creazione è un progressivo svuotamento del Verbo divino (kenosis) che man mano si completa per arrivare a Dio. Tra l’altro questa visione mi suscita una particolare riflessione: il caso non è altro che quella libertà che ciascun elemento nell’universo, in quanto essere, di poter vivere secondo la sua natura. Caso e Causa non sono affatto in contraddizione. Dio è creatore ontologico, creatore di essere. La libertà di ciascun essere riflette il libero atto di Dio di trasmettere essere (cioé creare).

    Solitamente il concetto di caso è opposto dai creazionisti e dai sostenitori del determinismo, ma in effetti non è affatto in contraddizione con il credo cattolico, per esempio San Tommaso d’Aquino sosteneva: “Non spogliamo le cose create dalle loro proprie azioni, anche se attribuiamo a Dio tutti gli effetti delle cose create dato che lui opera in tutte”, diciamo che è perfettamente anche evangelico e biblico, dove Dio figura agendo sempre attraverso a persone, a cause seconde. Ed anzi è anticristiano concepire una creazione senza casualità come sostiene sempre Tommaso.

  8. Luca ha detto

    Trovo molto bello quello che hai scritto Fabrizio, grazie

    • Fabrizio ha detto in risposta a Luca

      Tra l’altro MicroMega e Pievani dimenticano che l’evoluzione non ha un fine, ma ciò è determinato dall’evoluzione stessa, non è affatto una conclusione, è per convenzione arbitraria che le cause formali e finali sono evitate dalla scienza moderna e lasciate alla filosofia.

      Tra l’altro in biologia esiste il concetto di teleonomia per comprendere l’unità dell’organismo che viene analizzato. Come ho detto prima la finalità è un qualcosa che non è ravvisabile nel processo evolutivo o dalla scienza ma è una questione tutta della filosofia, ma sopratutto della teologia.

      Purtroppo il conflitto evoluzione e creazione verte sopratutto su molta ignoranza dell’una e dell’altra.

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