Francia: psicologi, filosofi, giuristi e sindaci contro le nozze gay

Come sappiamo in Francia sta per riproporsi puntualmente quello che già avvenuto in altri Paesi: dopo aver realizzato le unioni civili (qui legalizzate nel 1999) il passo successivo è quello del matrimonio e l’adozione per le persone dello stesso sesso. Lo aveva annunciato in campagna elettorale Francois Hollande, che ha inteso mantenere fede alla parola (compresa l’abolizione dei termini “mamma” e “papà” per non offendere gli omosessuali). Tuttavia il presidente del gruppo dell’Ump all’Assemblea nazionale, Christian Jacob, ha affermato: «Se la legge sarà adottata, la abrogheremo una volta tornati al potere» (e da come si sta mettendo per Hollande si presume molto presto).

Sicuramente si aspettava una strada più in discesa, qualche ostacolo di troppo sta facendo rallentare i piani, come abbiamo già visto in un precedente articolo. Si tratta di una schiera di psicologi, psichiatri, intellettuali, filosofi e uomini delle istituzioni (e anche omosessuali) che stanno prendendo forti posizioni contrarie a questo mutamento antropologico del significato del matrimonio e alla violazione del diritto di un bambino di crescere con un padre e una madre. Ma anche il 52% di semplici cittadini francesi, secondo un recente sondaggio Ifop, sono ora contrari all’adozione per gli omosessuali (prima dell’elezione di Hollande il 58% era favorevole), invece i sostenitori del matrimonio gay calano dal 63% al 58%.

Il quotidiano La Stampa infatti spiega che «anche in questa materia, Hollande sta scoprendo che mantenere le promesse è più difficile che farle. I tempi si allungano: il testo doveva passare in Consiglio dei ministri il 31 ottobre ma lo farà solo il 7 novembre, e il dibattito parlamentare è slittato da dicembre a fine gennaio». L’articolo riporta la forte protesta di 12 mila sindaci (di diversi schieramenti), coloro a cui toccherà unire davanti alla République due lui o due lei. La rivolta è guidata dal Collettivo dei sindaci per l’infanzia, capeggiato da Philippe Gosselin, sindaco di Remilly-sur-Lozon. Molti, come il sindaco di Orange, Jacques Bompard, hanno richiesto che la legge contempli l’obiezione di coscienza, «come per un medico che non vuole praticare l’ aborto».

Posizioni contrarie sono arrivate anche da tutte le rappresentanze religiose. La Chiesa cattolica, i protestanti, i musulmani, gli ortodossi, gli evangelici e anche gli ebrei. Gilles Bernheim, gran rabbino di Francia, ha inviato un documento in cui ha chiesto che «il matrimonio non [sia] unicamente il riconoscimento di un amore» ma rispetti il suo vero significato: «l’istituzione che congiunge l’alleanza dell’uomo e della donna con la successione delle generazioni». Per questo, ha proseguito, «non si può concedere il diritto al matrimonio a tutti coloro che si amano», citando l’esempio di una donna che ama due uomini o di un uomo che ama una donna sposata (o, aggiungiamo, di padre e figlio che si amano ecc.), e proponendo di trovare «delle soluzioni tecniche». La riflessione del rabbino è stata valorizzata da Avvenire e dall’Osservatore Romano.

Sul lato scientifico è stato ripreso un lungo articolo di qualche anno fa di Claude Halmos, psicanalista e una dei massimi esperti riconosciuti in età infantile, la quale ha spiegato che è sbagliato affermare che le coppie omosessuali sono uguali a quelle etero, e «rivendicando il “diritto alla non differenza” richiedono che le coppie gay abbiano il diritto “come le coppie eterosessuali” di adottare bambini . Questo mi sembra un grave errore […]. I bambini che hanno bisogno di genitori di sesso diverso per crescere». La questione, ha scritto, non è se «gli omosessuali maschili o femminili sono “capaci” di allevare un bambino», ma essi non «possono essere equivalenti ai “genitori naturali” (necessariamente eterosessuali)». In questo dibattito, inoltre, «il bambino come persona, come un “soggetto” è assente». Ed ecco il vero punto della questione: «ignorando un secolo di ricerche, i sostenitori dell’adozione si basano su un discorso basato sull”amore”, concepito come l’alfa e l’omega di ciò che un bambino avrebbe bisogno», non importa se esso arrivi da un uomo e una donna, o da due donne. Ma queste affermazioni, ha continuato la psicanalista, «colpiscono per la loro mancanza di rigore» perché «un bambino è in fase di costruzione e, come per qualsiasi architettura, ci sono delle regole da seguire se si tratta di “stare in piedi”. Quindi, la differenza tra i sessi è un elemento essenziale della sua costruzione». Invece si vuole mettere il bambino «in un mondo dove “tutto” è possibile: dove gli uomini sono i “padri” e anche “mamme”, le donne “mamme” e anche “papà”. Un mondo magico, onnipotente, dove ciascuno armato con la sua bacchetta, può abolire i limiti», ma questo risulta essere «debilitante per i bambini».  Essi si “costruiscono” attraverso «un “legame” tra il corpo e la psiche, e i sostenitori dell’adozione si dimenticano sempre il corpo. Il mondo che descrivono è astratto e disincarnato». Nella differenza sessuale, invece, «tutti possono trovare il loro posto […], consente al padre di prendere il suo posto come “portatore della legge […], permette al bambino di costruire la sua identità sessuale».

Decisamente contrario anche il filosofo Thiuband Collin, come anche Xavier Lacroix, teologo e filosofo, membro del Comité consultatif national d’éthique (Comitato consultivo nazionale di etica), il quale ha affermato in una bellissima intervista su Le Monde: «Oggi, nove persone su dieci pensano che il matrimonio sia la celebrazione sociale dell’amore. Ma, antropologicamente, tradizionalmente, giuridicamente, universalmente, il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna in vista della procreazione; se si tolgono la differenza di sesso e la procreazione, non resta niente, eccetto l’amore, che può finire. Il matrimonio è anche un’istituzione e non solo un contratto. L’istituto del matrimonio è definito da un corpus di diritti e di doveri degli sposi tra loro e verso i figli. La società vi interviene come terza parte, tenuto conto del fatto che ne ha bisogno per l’interesse generale». E ancora: «i cambiamenti sociologici attuali mi sembrano superficiali rispetto ad una realtà antropologica che perdura. Se il matrimonio si limitasse ad una celebrazione dell’amore, non ci sarebbe più fondamento della filiazione, della genitorialità. Ma chi dice matrimonio, dice filiazione […]. I sostenitori dell’omogenitorialità dicono che la differenza sessuale non ha importanza, che non è importante che un bambino sia nato da questa o quella persona; occultano la nascita. Affermare questo, equivale a dire urbanamente che il corpo non conta. È grave, perché equivale a pensare che tutto deriva dalla volontà e dalla cultura». Rispetto alle adozioni eterosessuali, il filosofo francese ha proseguito: «è sempre una sofferenza. Ma nel caso di coppie eterosessuali, questa sofferenza è recuperata dal fatto che la coppia adottante è analoga ai genitori biologici. Il progetto attuale invece nega questa analogia». Guardando al tentativo omosessualista, Lacroix ha concluso: «è un po’ cinico voler riformare la legge per giustificare il proprio comportamento. Non si può cambiare la definizione di filiazione e di famiglia per tutti, per rispondere alla richiesta di alcune migliaia di coppie omosessuali minoritarie, che hanno dei comportamenti certo rispettabili, ma che pongono problemi. In questo modo, gli omosessuali vogliono entrare nella norma sovvertendola» e «la discriminazione consiste nel non concedere gli stessi diritti in condizioni simili. Ma, di fronte alla procreazione, le coppie omosessuali non sono nella stessa situazione delle coppie etero. Strutturalmente, non possono procreare. Al contrario, penso che ci sarà discriminazione verso i bambini, se la legge definisce, a priori, che migliaia di bambini saranno privati dei beni elementari che sono un padre e una madre».

Sophie Marinopoulos, psicologa clinica, psicoanalista, responsabile della Prevenzione e promozione della salute mentale a Nantes, ha spiegato: «Il bambino ha bisogno di una storia credibile della sua nascita. Egli deve essere in grado di dire che la sua storia di vita è esprimibile». Ai suoi occhi la “homofiliation” non esiste, perché «la nascita è originaria della differenza tra i sessi. Nessun bambino è nato da due donne o due uomini». Pierre Lévy-Soussan, psichiatra specialista in adozione, ha proposto la stessa analisi: «Anche se sa che i suoi genitori adottivi non sono il suo genitori biologici, il bambino deve essere in grado di immaginare che “potrebbero” essere, deve fantasticare una scena di nascita possibile […] e credibile. Tuttavia, una coppia dello stesso sesso, non offrirà mai una genitorialità credibile». Si è dunque opposto a questa «mutazione antropologica importante: ci è stato detto che i bambini cresciuti da coppie omosessuali non sono peggiori di altri. Ma sulla base di quali studi, quali numeri? L’uomo non è come la madre, le interazioni con la madre sono radicalmente diversi da quelli con il padre».  Maurice Berger, responsabile del Servizio di Psichiatria del Bambino presso il CHU di Saint Etienne, ha rivelato: «il bambino finirà di fronte ad un enigma sessuale. Ecco perché quelli che ho ricevuto erano generalmente inquieti. Erano impossibilitati a connettersi alla concezione della sessualità e tenerezza dei genitori, non riuscivano a trovare una soluzione nel loro funzionamento mentale» (Le Figaro, 3/10/12). Christian Flavigny, direttore del dipartimento di Psicoanalisi infantile presso il Pitié Hospital-Salpêtrière di Parigi ha parlato di “genitorialità gay” come «grave rischio» e «contraddizione in termini, ossimoro». Anche lui ha fatto presente che il matrimonio deve essere per il bambino una fonte credibile.

L’autorevolissima docente di diritto pubblico presso l’Università di Rennes, Anne-Marie Le Pourhietha a sua volta ricordato che «il matrimonio è definito come l’unione di un uomo e di una donna, e lo scopo della istituzione legale è quello di garantire la stabilità della coppia e la tutela della loro proleQuesto è sancito dall’articolo 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La pretesa della lobby gay tende a distorcere la definizione del matrimonio per fargli perdere il suo significato e la sua funzione. E’ come se dicessimo che camminare è discriminatorio perché significa muoversi mettendo un piede davanti all’altro, e questo è offensivo verso chi è privo di gambe, o nei lattanti» Rispondendo a coloro che giustificano le nozze gay tramite la presenza di un amore corrisposto, la giurista ha spiegato: «l’amore non ha nulla a che fare con il codice civile. Questo argomento è sciocco, ma anche pericoloso, perché può essere usato contro tutte le norme che regolano il matrimonio. Se un uomo ama tre donne, si sosterrà che il divieto di poligamia è discriminatorio, lo stesso se un fratello e una sorella si amano, si toglierà il divieto di matrimonio tra adolescenti ecc».

Tra le voci contrarie anche parecchi omosessuali, come Xavier Bongibaultateo, che presiede l’associazione Plus gay sans mariage, il quale ha affermato: «Il piano del governo è tutt’altro che unanime nella comunità gay. Contrariamente a quanto dicono i mezzi di comunicazione, la richiesta non viene dalla maggioranza degli omosessuali. La maggior parte non è interessata, ma l’influenza del movimento LGBT è tale che molti non osano dirlo». Una conferma, dunque, della violenza dell’intollerante lobby gay: «Ogni volta che affermo di essere contro il matrimonio, contro l’adozione, gli attivisti LGBT mi indicano come reazionario, fascista e omofobo, che nel mio caso è paradossale! Al contrario, quelli che mi conoscono dicono: “E ‘fantastico quello che dici”, ma non osano fare il grande passo. Molti temono di perdere gli amici. Hanno paura a parlare». Ha poi proseguito l’omosessuale: «Un bambino ha bisogno di un padre e una madre». Bongibault non è nemmeno credente: «sono ateo. Io non sto cercando di preservare le tradizioni, solo un po ‘di buon senso. Di cosa parliamo? Matrimonio civile! Questo è il matrimonio civile che voglio conservare. Questo non fa di me un cattolico».

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Francia: per non discriminare i gay aboliti “mamma” e “papà”

Mentre negli USA la ricchissima lobby LGBT -che ha già comprato la legalizzazione del matrimonio gay a New York-, può ora contare anche sui soldi del sindaco miliardario Mike Bloomberg che ha promesso di finanziare i candidati di ogni partito che promuovano l’agenda omosessuale, in Francia sta per essere confermata la tesi del piano inclinato: le unioni civili (legalizzate nel 1999) servono soltanto come primo passo per portare al matrimonio e all’adozione per le persone dello stesso sesso.

E’ stata la promessa elettorale di Francois Hollande, uno che di relazioni sentimentali se ne intende (sic!) dato che pare abbia “condiviso” l’attuale première dame francese con un ministro del governo di Sarkozy. E’ stato comunque costretto a spostare dal 31 ottobre al 7 novembre l’approvazione del progetto matrimonio con annessa adozione per gli omosessuali dopo che anche  il grande rabbino di Francia, Gilles Bernheim, ha preso posizione contraria assieme a cattolici, evangelici, musulmani, protestanti e cristiani ortodossi di Francia. Secondo un recente sondaggio, tuttavia, due francesi su tre preferiscono che la decisione sulla legge venga presa dopo un referendum, così come ha chiesto la Chiesa cattolica francese, che oltretutto ha rilasciato una interessante nota sulla legge in discussione.

Recentemente  la psicologa Mariolina Ceriotti Migliarese, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta, ha affermato che pare esserci un «più ampio disegno di delegittimazione della famiglia molto chiaro, in atto in modo sotterraneo, ovvero togliendo valore a quello che c’è». Non si può spiegare in altro modo la decisione del governo socialista di Hollande di abolire dal diritto di famiglia i ruoli di madre e padre, che verranno sostituiti dai termini più neutri di “genitore 1” e “genitore 2”. Già qualche anno fa, si ricorda su “Linkiesta”, il ministero della Pubblica istruzione inglese ha suggerito agli insegnanti di redarguire i bambini che si riferiscano ai propri genitori chiamandoli “mamma” o “papà” perché ciò farebbe sentire discriminati i bambini cresciuti da coppie omosessuali. Questa legge, ha spiegato il ministro della Giustizia Christiane Taubira, «è necessaria per secolarizzare il legame del matrimonio».

Il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e primate di Francia, è stato letteralmente coperto di insulti per aver criticato questa legge e per aver chiesto semplicemente ai fedeli di pregare «per i bambini e giovani perché possano essere aiutati a scoprire il proprio percorso, progredire verso la felicità, cessare di essere oggetto di desideri e conflitti da parte degli adulti e beneficiare pienamente dell’amore di un padre e la madre». Una preghiera ritenuta diffamatoria verso gli omosessuali e che ha giustificato una violentissima campagna di diffamazione, arrivata anche in Italia su Il Fatto Quotidiano che ha parlato addirittura di “guerra omofobica“! Forti perplessità per questa intolleranza omosessualista sono state pubblicate anche sull’Osservatore Romano.

Anche il Corriere della Sera, tuttavia, ha sorprendentemente avanzato qualche riserva verso le nuove disposizioni del governo francese chiedendosi «se sono proprio indispensabili certe corse in avanti, certe forzature volute in nome del sempre più esigente e tirannico politically correct». Ha anche riportato l’opinione critica della filosofa Sylviane Agacinski, docente presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, la quale ha ricordato che «esiste una identità di struttura tra la coppia genitoriale uomo-donna, sessuata, e la bilateralità della filiazione (cioè il fatto che i figli abbiano due genitori). L’alterità sessuale dà il suo modello formale alla bilateralità genitoriale: è per questo, e solo per questo, che i genitori sono due, e non tre o quattro».

Si tratta in realtà di un interessante articolo della Agacinski pubblicato nel 2007, nel quale ricordava che «l’istituzione di una coppia genitoriale omosessuale elimina la distinzione uomo/donna a favore della distinzione tra omosessuali ed eterosessuali […], non accorgendosi che la pretesa di “matrimonio gay” o “genitorialità gay” è una finzione perché crea soggetti giuridici che non sono mai esistiti: gli “eterosessuali”». La filosofa ha continuato:  «non è la sessualità degli individui ad essere la base del matrimonio o parentela, ma il sesso in primo luogo, vale a dire, la distinzione antropologica tra uomini e donne. Il matrimonio è sempre stata l’unione legale di un uomo e una donna, che è la madre dei suoi figli: la parola francese tiene traccia del significato latino, “matrimonium”, che mira a rendere una donna madre (mater)».

Ha poi proseguito ricordando che «è molto difficile separare la questione del matrimonio “omosessuale” da quella di “genitorialità gay”» ed ha concentrato l’attenzione sul fatto che «la filiazione tra un bambino e i suoi genitori avviene universalmente in modo bilaterale, può solo accadere se «la coppia è costituita dal modello asimmetrico e complementare maschio-femmina, che dà distinzione ai lati paterno e materno di parentela. Non vi è alcuna confusione tra la natura e il sociale , ma c’è un’analogia, vale a dire, una identità strutturale, tra la coppia genitoriale, sessuale, e la filiazione bilaterale».

In sintesi, se la filiazione umana, sociale e simbolica chiede agli individui di essere maschio e femmina, non è a causa dei sentimenti che possono esserci tra di loro, ma «è a causa della condizione sessuale dell’esistenza umana e l’eterogeneità di ogni generazione». Invece, come ha ripreso pochi mesi fa, «la differenza sessuale è diventata per alcuni un vero e proprio tabù, un argomento proibito. Invece di un caso filosofico e antropologico è una lotta politica, come se fosse reazionario dire che esistono uomini e donne» .

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Pediatri italiani (SIPPS): «crescita peggiore per “figli” di coppie gay»

Adozioni gay e studi. La Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps) prende posizione contro le adozioni di bambini a coppie dello stesso sesso.

 

Finalmente qualcuno ha trovato il coraggio di intervistare i veri esperti del settore “infanzia” a proposito della crescita con genitori omosessuali. Lo ha fatto il quotidiano “Avvenire”, pubblicando le risposte di Giuseppe di Mauro, presidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps). L’occasione sono le farneticanti dichiarazioni di Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, in supporto alle adozioni di bambini da parte di coppie omosessuali.

Occorre ricordare che Pisapia è stato votato anche da molti cattolici milanesi, indotti da un appello firmato da sacerdoti mediatici come don Virginio Colmegna e don Enrico Capitani. Oltre ad aver aperto al testamento biologico e alle coppie di fatto, ultimamente -come dicevamo- ha iniziato a parlare in modo favorevole anche delle adozioni omosessuali. D’altra parte tra i consiglieri eletti assieme a lui, oltre all’ex estremista Maurizio Azzolini che fa da capogabinetto e la statalista Elisabetta Strada che vuole gli oratori laici, c’è la fondatrice di “Soggettività lesbica”, Anita Sonego.

Ma, come dicevamo, al sindaco milanese ha risposto la Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps), invitandolo a desistere nel diffondere «informazioni superficiali e fuorvianti». Ha spiegato il presidente Di Mauro:  «Siamo preoccupati perché i media parlano dell’argomento con troppa leggerezza. Invece l’argomento è molto delicato e andrebbe valutato con maggiore rigore scientifico, soprattutto per le ripercussioni che comporta sulla crescita e lo sviluppo del bambino».  «I bambini», ha concluso Di Mauro, «hanno una grande capacità di adattamento, tuttavia, sulla base della letteratura scientifica disponibile, vivono meglio quando trascorrono l’intera infanzia con i loro padri e madri biologici, sposati e specialmente quando l’unione dei genitori rimane stabile a lungo». In questa pagina abbiamo raccolto una piccola parte della letteratura scientifica citata dal presidente di Sipps.

Qualche mese fa, assieme a Di Mauro, aveva preso posizione anche Francesco Paravati, presidente della Società Italiana di Pediatria Ospedaliera (SIPO), spiegando che: «Quello che c’è di scientifico oggi dimostra che il bambino cresce confuso nell’identità perché perde i punti di riferimento, sia nelle “famiglie” monoparentali  che nelle unioni omosessuali. Il problema a carico del bambino è una difficoltà ad interloquire con punti di riferimento chiari».

Gli studi sulle coppie omosessuali che hanno adottato bambini – nei Paesi dove esiste questa possibilità – sono numerosi ma la maggior parte sono stati appositamente manipolati in favore della positività e comunque sempre basati su campioni piccoli e non rappresentativi e di scarsa attendibilità scientifica, come ha dimostrato recentemente Loren Marks, della Lousiana State University, sulla prestigiosa rivista scientifica “Social science research”.

“Avvenire”, ispirandosi chiaramente e legittimamente (anzi, ne siamo orgogliosi!) alle notizie apparse sull’argomento nel nostro sito web, ha riportato anche l’importantissimo contributo dell’ex presidente dell’American Psychological Association (APA), lo psicologo Nicholas Cummings, il quale -assieme ad un altro ex presidente dell’APA, Robert Perloff oggi nello staff scientifico di NARTH (associazione di psicologi che offre terapie riparative agli omosessuali che ne fanno richiesta)- ha fortemente criticato la posizione politica assunta dall’American Psychological Association rispetto all’omosessualità: «L’Apa ha permesso che la correttezza politica trionfasse sulla scienza, sulla conoscenza clinica e sull’integrità professionale».

La redazione

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«Sono cresciuto con genitori omosessuali, è stata una disgrazia»

Robert LopezIn Italia è recentemente uscito il libro di Dawn Stefanowicz, intitolato Fuori dal Buio, la mia vita con un padre gay” (edizioni Ares 2012), nel quale ha trovato il coraggio di raccontare la sua crescita con un padre omosessuale e a stretto contatto con la comunità LGBT di Toronto (Canada). Un’infanzia rovinata, «sono stata esposta a manifestazioni della sessualità di tutti i tipi […]non ho mai visto il valore delle differenze biologiche complementari tra uomini e donne […] la promiscuità mi sembrava la cosa più normale».

Ad inizio agosto Robert Lopez, docente di lingua inglese presso la California State University di Northridge, ha fatto “coming out” e ha a sua volta raccontato la sua infanzia: «crescere con genitori omosessuali è stato molto difficile, e non a causa di pregiudizi da parte dei vicini. Le persone della nostra comunità non sapevano bene cosa stava succedendo in casa»ha spiegato su “Public Discourse: Ethics, Law, and the Common Good”«I miei coetanei», ha continuato, «hanno imparato tutte le regole non scritte di comportamento e di linguaggio del corpo all’interno delle loro case, hanno capito quello che era il caso di dire e non dire in certi contesti, hanno imparato i meccanismi sociali tradizionalmente maschili e femminili.  Anche se i genitori dei miei coetanei erano divorziati, sono comunque cresciuti osservando modelli sociali maschili e femminili». Così, «ho avuto pochi spunti sociali da offrire a potenziali amici di sesso maschile o femminile, dal momento che non ero né sicuro né sensibile verso gli altri. Raramente ho fatto amicizia, e facilmente mi sono alienato dagli altri […]. Molti gay non si rendono conto di quale benedizione è essere allevato in una famiglia tradizionale».

Ancora oggi, ha continuato nel suo racconto Lopez, «ho pochissimi amici e spesso non capisco la gente a causa dei segnali di genere non detti che sono tutti intorno a me, i quali vengono dati per scontati anche dai gay allevati in famiglie tradizionali. Ho difficoltà nell’ambiente professionale, perché i colleghi mi trovano bizzarro»«Non avevo idea di come farmi attraente verso le ragazze», ha proseguito. «Sono stato subito etichettato come un emarginato a causa dei miei modi di fare da ragazzina, abiti divertenti e stravaganti». Arrivato al college Lopez è stato spinto a dichiararsi omosessuale, ma «quando ho detto di essere bisessuale non mi hanno creduto, affermando che non era pronto ad uscire allo scoperto come gay». Abbandonato il college, finalmente a 28 anni ha avuto una prima esperienza sentimentale con una donna.

Il docente universitario ha quindi citato e valorizzato lo studio sopra citato di Mark Regnerus, il quale -ha affermato Lopez- «merita fiducia e la tremenda comunità gay dovrebbe essere a lui grata piuttosto che cercare di farlo tacere». Regnerus ha fatto parlare i bambini cresciuti in relazioni omosessuali e «il movimento LGBT sta facendo tutto il possibile per fare in modo che nessuno li ascolti […]. Ringrazio Mark Regnerus perché il suo lavoro riconosce ciò che il movimento attivista gay ha cercato faticosamente di cancellare, o almeno ignorare […]. I figli di coppie dello stesso sesso hanno una strada difficile davanti a loro, lo so, perché lo sono stato anch’io. L’ultima cosa che dobbiamo fare è di farli sentire in colpa se la tensione arriva a loro e se si sentono strani. Dobbiamo loro, come minimo, una dose di onestàGrazie, Marco Regnerus, per aver trovato il tempo di ascoltare».

Oggi Lopez è un padre e, racconta, «ho messo da parte il mio passato omosessuale e giurato di non divorziare da mia moglie o di andare con un’altra persona, uomo o donna, prima di morire. Ho scelto questo impegno, al fine di proteggere i miei figli da un dramma dannoso, che rimarrà anche quando cresceranno e diventeranno adulti».

Ricordiamo che la rivista scientifica “Social Science Research” ha pubblicato nel giugno scorso due studi sulle problematiche dei bambini cresciuti all’interno di una relazione omosessuale. Il primo è quello del sociologo dell’Università del Texas, Mark Regnerus, basato sul più grande campione rappresentativo casuale a livello nazionale, il quale ha intervistato direttamente i “figli” (ormai cresciuti) di genitori omosessuali, dimostrando un significativo aumento del tasso di malessere esistenziale. Il secondo studio è stato realizzato da Loren Marks, nel quale è stata confutata la posizione (politica) dell’American Psychological Association (APA), secondo la quale i figli di genitori gay o lesbiche non sarebbero svantaggiati rispetto a quelli di coppie eteorsessuali, analizzando i 59 studi a sostegno di tale tesi, dimostrandone la scarsa rilevanza scientifica.

Un gruppo di 18 scienziati e docenti universitari ha pubblicato un comunicato sul sito della “Baylor University” sostenendo e approvando l’attendibilità statistica e metodologica dello studio maggiormente criticato dalla lobby gay, ovvero quello di Regnerus. Ad essi si è aggiunto lo psichiatra americano Keith Russell Ablow, collaboratore del ”New York Times” e di Fox News. Poco tempo dopo un terzo studio in peer-review, realizzato da Daniel Potter dell’American Institutes for Research e pubblicato sul “Journal of Marriage and Family”, si è a sua volta concentrato sui bambini cresciuti all’interno di relazioni dello stesso sesso, paragonandoli a quelli cresciuti con genitori di sesso opposto. Ha concluso che «i bambini cresciuti in famiglie tradizionali (vale a dire, con i due genitori biologici sposati) tendono a fare meglio dei loro coetanei cresciuti in famiglie non tradizionali», poiché nei test a loro sottoposti, «i bambini cresciuti da famiglie dello stesso sesso hanno riscontrato un punteggio più basso rispetto ai loro coetanei cresciuti in famiglie biologiche e sposate». 

La redazione

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“BioEdge”: stretto legame tra nozze gay e uteri in affitto in India

Secondo il giornale online “BioEdge”, un osservatorio internazionale molto attento alle dinamiche nord-sud del mondo in campo bioetico, esiste un legame stretto tra l’introduzione di leggi sul matrimonio omosessuale e la crescita di domanda di maternità surrogata (cioè di utero in affitto), soprattutto nei paesi in via di sviluppo.

L’articolo viene riportato in Italia da “Il Foglio” e “Linkiesta”dove si spiega che attraverso un’indagine di “BioEdge” su serie di cliniche della fertilità, in India e negli Stati Uniti, la conclusione è che «sono senz’altro in aumento le donne bisognose nei paesi in via di sviluppo o in paesi economicamente in difficoltà che si accingono a lavorare per coppie gay in cerca di offerte low cost in campo gestazionale». L’India spicca per convenienza, come spiega Samundi Sankar del Srushti Fertility Research Centre di Chennai, dove esistono tra le seicento e le mille cliniche della fecondità. «Riceviamo un sacco di richieste da parte di coppie gay di Stati Uniti e Israele», ha precisato Sankar.

Anche Samit Sekhar, del “Kiran Infertility Centre” di Hyderabad ha confermato: «Sì, abbiamo un numero considerevole di persone gay che visitano la nostra clinica per avere un bambino utilizzando i servizi delle donatrici di ovuli e abbiamo notato un aumento del numero di coppie omosessuali e single che ci contattano non appena la loro unione viene legittimata nei rispettivi paesi d’origine».  «Se la legge nel loro paese non ammette il rapporto gay, si presentano come single», ha spiegato invece Himanshu Bavishi del “Fertility Institute “di Ahmedabad. Jeffrey Steinberg, direttore dell’Istituto di fertilità di Las Vegas e di Los Angeles, ha commentato: «sta emergendo un trend prevedibile. Da quando sono stati legalizzati i matrimoni gay siamo stati sommersi dalle richieste di donatori di ovuli e di maternità surrogate».

Queste povere donne, spesso analfabete, a volte vedove o abbandonate dal marito, pur di ricevere un po’ di denaro, lasciano che la lobby omosessualista sfrutti il loro corpo per perseguire il capriccio di poter avere un bambino, violando contemporaneamente il suo diritto a crescere in modo equilibrato con un padre e una madre.

La conclusione di Antonio Sanfrancesco, su “Linkiesta” è condivisibile: «Le aperture alle coppie gay, e più in generale alla “libertà procreativa”, dietro il velo ipocrita del progresso, sono legate a doppio filo allo sfruttamento selvaggio di donne povere e indifese. Stupisce, su questo, il silenzio assordante delle femministe di casa nostra, sempre pronte a scendere in piazza per ogni causa ma incredibilmente afone di fronte a questo fenomeno. Quelli che in Occidente chiamano “diritti civili” sono solo l’ennesima, enorme mostruosità di un mondo che, in nome del business e dei capricci di qualcuno, usa una creatura umana come mezzo invece che come fine. Questo contrasta non solo con ogni etica religiosa ma anche con l’etica laica».

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Nuovo studio: maggior disagio per bambini di coppie gay

Famiglie arcobalenoLa rivista scientifica “Social Science Research” ha pubblicato recentemente due studi molto interessanti sulle problematiche dei bambini cresciuti all’interno di una relazione omosessuale. Il primo è quello del sociologo dell’Università del Texas, Mark Regnerus (qui il paper integrale), basato sul più grande campione rappresentativo casuale a livello nazionale, il quale ha intervistato direttamente i “figli” (ormai cresciuti) di genitori omosessuali, dimostrando un significativo aumento del tasso di: suicidio,tradimento, disoccupazione, ricorso alla  psicoterapia, patologie sessualmente trasmissibili, povertà, inclinazione al fumo e alla criminalità. Un gruppo di 18 scienziati e docenti universitari ha pubblicato un comunicato sul sito della Baylor University sostenendone l’attendibilità statistica e metodologica.

Il secondo studio è stato realizzato da Loren Marks della Louisiana State University, nel quale si critica fortemente la posizione (politica) dell’American Psychological Association (APA), secondo la quale i figli di genitori gay o lesbiche non sarebbero svantaggiati rispetto a quelli di coppie eteorsessuali. La studiosa ha analizzato i 59 studi citati dall’APA per sostenere la propria tesi, dimostrandone la scarsa rilevanza.

In questi giorni è apparso un terzo studio in peer-review, realizzato da Daniel Potter dell’American Institutes for Research e pubblicato sul “Journal of Marriage and Family”. Anche lui si è concentrato sui bambini cresciuti all’interno di relazioni dello stesso sesso, paragonandoli a quelli cresciuti con genitori di sesso opposto. Ha introdotto sottolineando come la ricerca mostri chiaramente che «i bambini cresciuti in famiglie tradizionali (vale a dire, con i due genitori biologici sposati) tendono a fare meglio dei loro coetanei cresciuti in famiglie non tradizionali», come abbiamo anche dimostrato in questa pagina.

Un’eccezione finora, ha continuato Potter, sembrano però essere stati i bambini cresciuti da persone dello stesso sesso, infatti alcune ricerche precedenti hanno sostenuto che non esistono differenze sostanziali con i bambini cresciuti in famiglie tradizionali. Tuttavia, ha ricordato, «gli studi sulle famiglie dello stesso sesso si sono affidati ad una concettualizzazione statica della famiglia», cioè hanno modellato la famiglia come unità statica, mentre occorre tenere conto del numero di transizioni familiari, ovvero i passaggi critici che queste relazioni incontrano. L’autore ha così usato un campione di 20.000 bambini per «creare un indicatore dinamico della struttura familiare, testando la sua associazione con i punteggi di valutazione matematica». I risultati «hanno indicato che i bambini cresciuti da famiglie dello stesso sesso hanno riscontrato un punteggio più basso rispetto ai loro coetanei cresciuti in famiglie biologiche e sposate».

Questi risultati indicano dunque che le conseguenze del vivere in una “famiglia” con genitori dello stesso sesso «erano simili a quelle associate al vivere con genitori divorziati, con patrigni o conviventi: ci sono le prove che questi bambini fanno peggio rispetto ai loro coetanei provenienti da famiglie tradizionali», a causa «di interruzioni, instabilità e cambiamenti associati alle transizioni che accompagnano la formazione di questi tipi di famiglie non tradizionali».

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«La mia vita distrutta da un padre gay», esce in Italia il libro

Pochi giorni fa sono stati pubblicati su “Social Science Research” due studi molto interessanti sulle problematiche dei bambini cresciuti all’interno di una relazione omosessuale. Il primo in particolare si è basato sul più grande campione rappresentativo casuale a livello nazionale e ha fatto parlare direttamente i “figli” (ormai cresciuti) di genitori omosessuali, dimostrando un significativo aumento di disturbi psicofisici rispetto ai figli delle coppie eterosessuali.

Per coincidenza, proprio in questi giorni è uscito in Italia il libro Fuori dal Buio, la mia vita con un padre gay” (edizioni Ares 2012), di cui abbiamo già avuto modo di parlare.  A parlare è Dawn Stefanowicz, che ha scelto coraggiosamente di scrivere un libro sulla sua vita di ragazzina cresciuta con un padre omosessuale. Anche lei, come i “figli” intervistati nello studio scientifico citato sopra, ha parlato di sofferenze indicibili subite e si è fatta portavoce di altri “figli” dei gay con cui è entrata in contatto: «Informandomi sull’argomento ho conosciuto diverse persone, in Nordamerica, che essendo cresciute con un genitore dalle tendenze omosessuali hanno reso pubblici alcuni aspetti delle loro storie e hanno raccontato le difficoltà che quell’ambiente famigliare aveva creato per la loro crescita», ha scritto nella prefazione. Ha agito «per difendere i bambini innocenti che non possono difendersi da soli», come scrive nella dedica del volume, «contro una nuova, inaudita forma di abusi sui minori, legalizzata e promossa dagli Stati che hanno abbracciato un’ideologia del tutto falsa, per la quale ogni tipo di vissuto e ogni forma di convivenza vengono considerati leciti ed equivalenti».

L’amore per il padre emerge nel libro, lui non ha voluto farle male in modo consapevole, ma purtroppo «ciò che desiderava più di ogni altra cosa era di essere accettato e appartenere a qualcuno. Cercava di ottenere quel tipo di compagnia e di amore maschile che da bambino non aveva mai conosciuto. Ma, cercando di soddisfare le sue esigenze affettive attraverso l’omosessualità, spesso ignorò le esigenze legittime dei suoi figli». L’omosessualità, dunque, come ricerca dell’affetto di un uomo, mancata nell’infanzia. Dawn racconta: «sono stata esposta a chat sessualmente esplicite, stili di vita edonistici, sottoculture GLBT e luoghi di vacanza gay. Sono stata esposta a manifestazioni della sessualità di tutti i tipi tra cui il sesso negli stabilimenti balneari, travestitismo, sodomia, pornografia, nudità gay, lesbismo, bisessualità, voyeurismo e sadomasochismo. Droga e alcol hanno spesso contribuito ad abbassare le inibizioni nelle relazioni di mio padre». Egli la vestita sempre in modo unisex, «non ho mai visto il valore delle differenze biologiche complementari tra uomini e donne, né mai ho pensato al matrimonio». Con papà, racconta, «non c’era scampo: se uscivo con le femmine diceva che ero lesbica (…), la promiscuità mi sembrava la cosa più normale». La cosa peggiore, racconta Dawn, era «l’audacia di papà nella sua condotta omosessuale sempre più evidente», dovuta al fatto che «non c’era più nessuno a cui sentiva di dover rendere conto (…) una nuova aria di permissivismo permeava la società». E ancora: «Ero indignata per la vita delle persone dello stesso sesso, i continui abusi domestici, le avances sessuali verso minori e la perdita di partner sessuali come se le persone fossero prodotti da utilizzare»

Dawn è cresciuta tra gli omosessuali di Toronto, come scrive nel suo sito web, e suo padre è uno specchio di quel mondo: «Era una persona insicura», perché l’omosessuale, spiega l’autrice raccontando dei tantissimi incontrati nel mondo gay, è «narcisista, concentrato su se stesso e tanto bisognoso di conferme e di affetto da parte di altri uomini […], lui portava dentro una grandissima rabbia irrisolta, che ribolliva e traboccava in scene spaventose […]  lottava anche contro la depressione e qualche volta pensava al suicidio (…). Viveva una vita tormentata, il suo modo di affrontare il proprio disagio era seppellirsi negli straordinari di lavoro e poi la sera e nei fine settimana, fuggire verso attività sessuali compulsive». Per questi disturbi del padre e dei suoi amanti, la donna non ha scaricato la colpa sulla società, la quale anzi è sempre stata fin troppo aperta.

Due incontri hanno dato a Dawn la forza di venirne fuori, come recensisce Tempi.it: la sua vicina di casa, innanzitutto, da cui spesso si rifugiava da piccola e che a differenza di tutti gli adulti che «in nome dell’ideologia politically correct fingevano di non vedere (…), parlava delle cose così com’erano, non come apparivano», spiegando alla piccola che «il papà fa delle cose che non dovrebbe fare perché sono sbagliate». Grazie ad un altro vicino, «conoscendo i suoi genitori ebbi finalmente un’idea di quello che dovesse essere una famiglia». Dopo aver cercato di realizzare la sua legittima esigenza di affetto paterno attraverso rapporti omosessuali transitori e promiscui, oggi Dawn Stefanowicz -anche grazie alla analisi- è sposata con due figli, ed è anche riuscita a perdonare il padre.

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Gruppo di scienziati conferma lo studio sui disturbi dei “figli” di genitori gay

Famiglie Il mese scorso la rivista scientifica “Social Science Research” ha pubblicato due studi molto interessanti sulle problematiche dei bambini cresciuti all’interno di una relazione omosessuale. Il primo, quello del sociologo dell’Università del Texas, Mark Regnerus, si è basato sul più grande campione rappresentativo casuale a livello nazionale, facendo parlare per la prima volta i “figli” (ormai cresciuti) di genitori con tendenze omosessuali, dimostrando un significativo aumento di disturbi psico-fisici rispetto ai figli delle coppie eterosessuali. Il secondo studio è stato realizzato da Loren Marks della Louisiana State University, con il quale è stata confutata la posizione (politica) ufficiale dellAmerican Psychological Association (APA), secondo la quale i figli di genitori gay o lesbiche non sarebbero svantaggiati rispetto a quelli di coppie eteorsessuali. La studiosa ha analizzato i 59 studi citati dall’APA per sostenere la propria tesi, dimostrando la loro scarsa attendibilità.

Entrambi gli studi sono stati accolti in modo positivo dalla comunità scientifica dal punto di vista della correttezza procedurale, come abbiamo già avuto modo di segnalare. Sono arrivate normali critiche sulla metodologia, ma le risposte fornite dai due ricercatori sembrano essere state esaustive. Al contrario, la prevedibile reazione della lobby gay è stata animalesca. Avendo a disposizione la quasi completa platea mediatica, si sono avventurati in insulti e accuse personali ai due ricercatori (si parla anche di minacce di morte). Alcuni hanno chiesto la censura dei due studi, altri hanno creato appelli perché siano ritirati dalla rivista scientifica, altri hanno chiesto che i due studiosi vengano licenziati, altre associazioni omosessuali hanno invece detto di essere pronte a finanziare alcuni scienziati (complici, ovviamente) perché pubblichino risultati opposti, e così via.

E’ così interessante l’iniziativa di un gruppo di scienziati e docenti universitari,  i quali hanno deciso di difendere i due ricercatori dall’aggressione omosessualista. L’appello di difesa è comparso sul sito della Baylor University, classificata nel 2011 da US News & World Report come la 75° miglior università nazionale su di 262. I 18 scienziati e ricercatori hanno scritto: «Sebbene l’articolo di Regnerus non sia privo di limiti, in quanto scienziati sociali, pensiamo che gran parte delle critiche ricevute siano ingiustificate». Innanzitutto, hanno continuato, «la stragrande maggioranza degli studi pubblicati prima del 2012 su questo tema hanno fatto affidamento a piccoli campioni non rappresentativi, al contrario, Regnerus per raggiungere le sue conclusioni si è basato su un campione di grandi dimensioni, casuale, di oltre 200 bambini allevati da genitori che hanno avuto relazioni omosessuali, confrontandoli con un campione casuale di oltre 2.000 bambini cresciuti in famiglie eterosessuali». Questo è stato riconosciuto anche dagli specialisti, come Paul Amato, W. Bradford Wilcox, Cynthia Osborne ecc.

Inoltre, chi ha criticato lo studio affermando che i problemi dei “figli” dei gay sono dovuti alla stigmatizzazione della società (incolpare gli altri è la classica via di fuga), non ha riconosciuto che «le scoperte di Regnerus relative all’instabilità dei rapporti sono coerenti con recenti studi su coppie gay e lesbiche in paesi come l’Olanda e la Svezia, i quali trovano modelli altrettanto elevati di instabilità tra le coppie dello stesso sesso». Cioè, i disturbi persistono anche in società fortemente gay-friendly, come abbiamo già avuto modo di sottolineare anche noi.

Insomma, concludono, «noi riteniamo che lo studio di Regnerus, che è uno dei primi a fare affidamento su un ampio campione, casuale e rappresentativo di bambini di genitori che hanno avuto relazioni omosessuali, ha contribuito notevolmente ad informare la conversazione in corso tra studiosi sulle famiglie dello stesso sesso in America».

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Gravi problemi per i bimbi cresciuti da genitori omosessuali

Famiglie La rivista scientifica “Social Science Research” ha pubblicato due studi molto interessanti sulle problematiche dei bambini cresciuti all’interno di una relazione omosessuale.

Sono studi importanti in quanto riequilibrano le posizioni in campo: finora, infatti, le prime ricerche su questo tema hanno sostenuto la non-differenza, negando le diversità tra i bambini di coppie eterosessuali e omosessuali, successivamente ricerche promosse dalla lobby gay hanno tentato addirittura di sostenere una crescita migliore da parte dei figli di omosessuali. Ma, come ha spiegato Francesco Paravati, presidente della Società Italiana di Pediatria Ospedaliera (SIPO), «le problematiche delle “nuove famiglie” sono fenomeni recenti, tutti i risultati di qualunque organismo scientifico sono perciò preliminari e non definitivi». Anche Rosa Rosnati, docente di Psicologia sociale alla Cattolica di Milano, ha spiegato che attualmente le ricerche sul tema «sono su gruppi molto piccoli e condotte a breve termine. È ovvio che un bambino possa vi­vere con due genitori dello stesso sesso. Dal punto di vista biologico e psicologico, però, un figlio ha bisogno di un uomo e di una don­na per crescere. Poi, certo, ci possono essere figure sostitutive, che assicurano buone rela­zioni. Ma un conto è ciò che è preferibile e un altro è la capacità di adattamento dell’essere umano».

Uno di questi due nuovi studi è quello del sociologo dell’Università del Texas, Mark Regnerus (qui il paper integrale), il quale vanta di un impianto metodologico inedito quantitativamente e qualitativamente, sia perché si basa sul più grande campione rappresentativo casuale a livello nazionale, sia perché per la prima volta fa parlare direttamente i “figli” (ormai cresciuti) di genitori omosessuali, dimostrando che il 12% pensa al suicidio (contro il 5% dei figli di coppie etero), sono più propensi al tradimento (40% contro il 13%), sono più spesso disoccupati (28% contro l’8%), ricorrono più facilmente alla psicoterapia (19% contro l’8%), sono più spes­so seguiti dall’assistenza sociale rispetto ai coetanei cresciuti da coppie etero­sessuali sposate. Nel 40% dei casi hanno contratto una patologia trasmissibile sessualmente (contro l’8%), sono genericamente meno sani, più poveri, più inclini al fumo e alla criminalità.

L’autore dello studio ha spiegato che non si vuole esprimere un giudizio sulle capacità genitoriali delle coppie dello stesso sesso, ma prendere semplicemente atto di una diversità di questi figli, che si traduce spesso in un problema. Tuttavia si domanda se valga la pena «spendere un significativo capi­tale politico ed economico per supportare queste nuove ma rare famiglie, quando gli a­mericani continuano a fuggire dal modello di genitori biologici eterosessuali sposati, di gran lunga più comune ed efficace e ancora, alme­no a giudicare dai dati, il posto più sicuro per un bambino». Anche lui riconosce che i pochi studi finora pubblicati, che sostengono la teoria della “nessuna differenza” tra bambini cresciuti in famiglie etero e gay, «si basano su dati non casuali e non rappresentativi, utilizzano campioni di piccole dimensioni che non consentono la generalizzazione alla popolazione più ampia di famiglie gay e lesbiche».

Il secondo studio è stato realizzato da Loren Marks della Louisiana State University, nel quale si critica fortemente la posizione dell’American Psychological Association (APA), secondo la quale i figli di genitori gay o lesbiche non sono svantaggiati rispetto a quelli di coppie eteorsessuali. La studiosa ha analizzati i 59 studi citati dall’APA per sostenere la propria tesi, dimostrando che essi mancano di campionamento omogeneo (1), gruppi di confronto (2), caratteristiche del gruppo di confronto (3), presenza di dati contraddittori (4), portata limitata degli esiti dei bambini studiati (5), scarsità di dati sul lungo termine (6) e mancanza di potenza statistica (7). La conclusione è che le forti affermazioni, comprese quelle compiute dall’APA, non sono empiricamente giustificate. La ricercatrice si è dunque allineata al giudizio del prestigioso psicologo Nicholas Cummings, ex presidente dell’American Psychological Association, secondo cui «l’APA ha permesso che la correttezza politica trionfasse sulla scienza, sulla conoscenza clinica e sull’integrità professionale. Il pubblico non può più fidarsi della psicologia organizzata per parlare di prove, piuttosto si deve basare per quel che riguarda l’essere politicamente corretti. Al momento la governance dell’APA è investita da un gruppo elitario di 200 psicologi che si scambiano le varie sedi, commissioni, comitati, e il Consiglio dei Rappresentanti. La stragrande maggioranza dei 100.000 membri sono essenzialmente privati ​​dei diritti civili». Secondo David J. Eggebeen, del Department of Human Development and Family Studies della Pennsylvania State University, lo studio della Marks «offre argomenti ragionevoli per una maggiore cautela nel trarre forti conclusioni basate sulla ricerca disponibile».

E’ inutile dire che la prevedibile reazione (a dir poco animalesca) della lobby gay a questi risultati è stata davvero violenta. I commenti sono stati questi: “odiosi bigotti”, “gregari dell’Opus Dei”, “dovrebbero vergognarsi”, presentano dati “”intenzionalmente fuorvianti” e “cercano di screditare i genitori gay e lesbiche”, “scienza spazzatura” e “disinformazione pseudo-scientifica”. Addirittura qualcuno ha auspicato «l’inizio della fine della credibilità di Mark Regnerus per le agenzie di stampa rispettabili». Altri parlano anche di minacce personali alla sua famiglia. Tuttavia, come ha fatto notare il “New York Times”, al di là dell’isterismo omosessualista, «gli esperti esterni, in generale, hanno detto che la ricerca è stata rigorosa, fornendo alcuni dei migliori dati sul tema». Ma che però non sarebbero «rilevanti nel dibattito sul matrimonio e adozione gay». Non la pensa così W. Bradford Wilcox, docente di Sociologia presso l’Università della Virginia, secondo cui invece «lo studio di Regnerus ci sta portando ad un nuovo capitolo. Il primo capitolo ha suggerito che non vi è alcuna differenza, il secondo ha detto che ce ne sono e il terzo capitolo sta cercando di capire le differenze».

Sono arrivate anche critiche serie,  come è normale per ogni studi scientifico, le quali si sono concentrate quasi esclusivamente sullo studio di Regnerus. Tuttavia, anche tra i polemici come il demografo Cynthia Osborne, si riconosce che «lo studio Regnerus è il più scientificamente rigoroso della maggior parte degli altri studi in questo settore». Allo stesso modo, il sociologo della Pennsylvania State University Paul Amato, scrive che «è probabilmente il meglio che possiamo sperare, almeno nel prossimo futuro». Walter Schumm, docente di “Family Studies and Human Services” presso la Kansas State University ha commentato: «Una cosa è certa: questo studio rappresenta un serio tentativo di ottenere informazioni obiettive che raramente sono state disponibili prima, e non deve essere liquidato semplicemente a causa del disagio che può provocare». Anche per uno dei più noti network scientifici, PhysOrg, lo studio «fornisce nuove e convincenti prove che numerose differenze di benessere, sociali ed emotive, esistono tra i giovani adulti cresciuti da donne lesbiche e coloro che sono cresciuti in una famiglia tradizionale».

Alle normali critiche ricevute, inoltre, i due ricercatori –Mark Regnerus e Loren Marks- hanno puntualmente ed esaurientemente risposto (qui e qui), confermando che «i bambini sembrano più adatti ad avere una vita adulta con successo quando trascorrono la loro intera infanzia con i loro padri e madri biologici sposati e specialmente quando i loro genitori restano sposati anche dopo» (in linea, oltretutto, con tutta la mole di studi disponibili oggi).

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A Strasburgo vince la famiglia naturale e i diritti del bambino

 

di Maurizio Pucciarelli*
*avvocato

 

Sentenza importante della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo (del 15/3/2012 su ricorso n. 25951/07). Il caso riguarda due signore, Dubois e Gas, omosessuali e conviventi da lungo tempo. La prima, qualche anno fa, si era recata in Belgio dove si era sottoposta a procreazione medicalmente assistita eterologa con seme da donatore anonimo e al ritorno in Francia aveva partorito e riconosciuto una bambina. Le due donne avevano poi sottoscritto un PACS (accordo di convivenza) e in forza della loro collaudata unione, la sig. Gas aveva richiesto di poter adottare la figlia della convivente. La legge prevede questa possibilità.

Pensate al caso di una donna con un figlio che si sposi, il marito potrà adottare il figlio della moglie e quest’ultima non perderà la potestà genitoriale sulla propria figlia, ma la eserciterà insieme al marito. Ma, dice la legge francese, questo è possibile solo se i genitori sono sposati. Nel caso di coppie non sposate o di PACS l’adozione di uno dei due soggetti fa perdere la potestà genitoriale all’altro. A causa di queste limitazioni Dubois e Gas sono ricorse alla corte di Strasburgo lamentando di aver subito una discriminazione fondata sul loro sesso e chiedendo la condanna della Francia. Ma la corte ha stabilito che gli Stati membri hanno ampi margini di discrezionalità nel definire i contenuti della vita familiare delle coppie gay e di quelle sposate, e che pertanto non esiste un diritto a che lo status giuridico basato su un accordo di convivenza sia sovrapponibile a quello del matrimonio, anche perché l’art. 12 della Convenzione esplicitamente si riferisce ad un uomo e ad una donna. Inoltre la sentenza ribadisce che la Convenzione EDU non obbliga gli stati aderenti ad estendere il matrimonio alle coppie omosessuali e questo perché il matrimonio conferisce uno status speciale a coloro che si impegnano in esso.

Di grande rilievo anche la valutazione che la Corte EDU dà del divieto di eterologa per le coppie omosessuali. Pur essendo la legislazione francese in materia più permissiva della nostra, requisito essenziale per poter accedere alla fecondazione eterologa è che la coppia sia formata da un uomo e una donna. Le sig.re Gas e Dubois avevano sostenuto che questo costituiva una palese discriminazione nei confronti degli omosessuali, ma la corte di Strasburgo ha ritenuto conforme ai principi della Convenzione la legislazione francese nel momento in cui assegna alla fecondazione eterologa il ruolo di cura contro l’infertilità delle coppie. Infertilità che nel caso di due omosessuali non deriva da una malattia ma dalla natura stessa dei soggetti che stabiliscono il legame. Una difesa dunque a tutto campo dell’istituto del matrimonio e della maternità, che tutela anche il bambino-oggetto dal preteso diritto degli adulti ad avere figli ad ogni costo.

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