Dawn Stefanowicz racconta la sua crescita con genitori omosessuali

Dawn Stefanowicz e i figli di genitori gay. La donna canadese ha confessato in un libro i fatti della sua infanzia, cresciuta all’interno della comunità Lgbt di Toronto. E’ portavoce di altri che hanno avuto la stessa esperienza.

 

In Ultimissima 16/9/11 informavamo dell’umiliazione provocata da due donne omosessuali australiane al loro figlio adottivo di sei anni, travestendolo da ragazza e pubblicando le sue foto su Facebook. Segnaliamo anche la storia di Dawn Stefanowicz, donna quarantenne che vive oggi in Ontario (Canada) con marito e due figli e autrice del libro: Out from Under: The Impact of Homosexual Parenting (Annotation Press 2007)

Racconta sul suo sito web www.dawnstefanowicz.org: «Il mio nome è Dawn Stefanowicz, sono cresciuta in una famiglia omosessuale a Toronto, esposta alla sottocultura GLBT (gay, lesbiche, bisessuali, transgender) e a pratiche sessuali esplicite. Ero ad alto rischio di esposizione a STD (malattie sessualmente trasmissibili) contagiose dovuti a molestie sessuali, all’alto tasso di rischio dei comportamenti sessuali di mio padre e dei suoi frequenti partner. Anche quando mio padre aveva ciò che sembrava una relazione monogama, continuava a cercare sesso anonimo».

Fin da bambina, continua Dawn che è stata anche testimone presso lo Standing Senate Commitee sugli Affari Legali e Costituzionali sulla legge C-250 (crimini riguardanti l’odio), «mio padre è stato sessualmente e fisicamente abusato da uomini. A causa di questo, ha vissuto con la depressione, problemi di controllo, sfoghi la rabbia, tendenze suicide, e compulsioni sessuali. Ha cercato di realizzare la sua legittima esigenza di affetto paterno attraverso rapporti omosessuali transitori e promiscui. Molti partner di mio padre si sono ammalati di AIDS e si sono suicidati. Purtroppo, anche mio padre è morto di AIDS nel 1991».

La donna parla della sua infanzia: «Mi sentivo spaventata perché non potevo parlare di mio padre, dei suoi compagni di stanza, dello stile di vita e degli incontri di quella sottocultura senza essere picchiata. Mentre vivevo a casa, ho dovuto vivere secondo le sue regole. Mi sentivo abbandonata e disprezzata perché mio padre mi lasciava diversi giorni a casa per partire con i suoi compagni. Ero indignata per la vita delle persone dello stesso sesso, i continui abusi domestici, le avances sessuali verso minori e la perdita di partner sessuali come se le persone fossero prodotti da utilizzare». Ma non solo: «Sono stata esposta a chat sessualmente esplicite, stili di vita edonistici, sottoculture GLBT e luoghi di vacanza gay. Sono stata esposta a manifestazioni della sessualità di tutti i tipi tra cui il sesso negli stabilimenti balneari, travestitismo, sodomia, pornografia, nudità gay, lesbismo, bisessualità, voyeurismo e sadomasochismo. Droga e alcol hanno spesso contribuito ad abbassare le inibizioni nelle relazioni di mio padre».

E ovviamente la Stefanowicz ha dovuto fare i conti anche con l’ideologia unisex: «A mio padre piaceva vestirmi unisex e lo scambio di vestiti, fin da quando avevo 8 anni. Non ho mai visto il valore delle differenze biologiche complementari tra uomini e donne, né mai ho pensato al matrimonio. Più di due decenni di esposizione diretta a queste esperienze stressanti mi hanno causato insicurezza, pressione, pensieri suicidi, paura, ansia, bassa autostima, insonnia e confusione sessuale, ed è tutto documentato dagli psicologi che mi hanno seguito. La mia coscienza e la mia innocenza sono state gravemente danneggiate».

A 20 anni ha però detto “basta”: «riuscite ad immaginare cosa significhi essere costretti ad accettare relazioni instabili e diverse pratiche sessuali in età precoce e in che modo questo possa aver influenzato il mio sviluppo? La mia identità di genere, il benessere psicologico, le relazioni tra pari sono state colpite. Purtroppo, finché mio padre, mia madre e i loro partner sessuali non sono morti, non sono riuscita a parlare pubblicamente delle mie esperienze. Alla fine, sono i bambini le vittime reali e perdenti del matrimonio omosessuale».

Oggi porta in giro la sua storia in tutto il mondo chiedendo di non legalizzare l’adozione omosessuale e facendosi portavoce di tanti figli di omosessuali: «Secondo un numero crescente di testimonianze personali, esperti, e organizzazioni, ci sono sempre più prove di comunanze forte alle mie esperienze personali. Non solo i bambini stanno meglio con una madre e un padre in un vincolo matrimoniale duraturo, ma i bambini hanno bisogno che i genitori non abbiano relazioni extraconiugali». In questa battaglia è spesso affiancata dall’associazione di omosessuali HOPE (Homosexuals Opposed to Pride Extremism), il cui direttore esecutivo, John McKellar, afferma: «E’ egoista e presuntuoso per la comunità gay premere perché venga legalizzato il matrimonio omosesuale e vengano ridefinite le tradizioni e convenzioni della società solo per la nostra auto-indulgenza…le leggi federali e provinciali vogliono essere cambiate ed i valori tradizionali compromessi solo per soddisfare una piccola combriccola»

La redazione

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Coppia omosessuale umilia il figlio adottivo vestendolo da donna

Due donne omosessuali australiane hanno umiliato il figlio adottivo di sei anni travestendolo da ragazza e pubblicando le sue foto su Facebook. Una delle due era in procinto di cambiare sesso per tentare di “trasformare” il suo corpo in quello di un uomo, mentre la sua compagna sta seguendo un trattamento di fertilità.

Questi i dati rilasciati dal tribunale dei minori del New South Wales che ha immediatamente portato via dalla coppia il bambino (chiamato con lo pseudonimo Campbell), rimosso le immagini da Facebook e avviato un’indagine sull’agenzia di affidamento che ha permesso l’assegnazione del minore alle due donne lesbiche.

Sul Dailymail si riporta che l’ex magistrato della Children’s Court, Barbara Holborow, quando ha saputo della vicenda ha dichiarato: «Oh mio Dio, che cosa stiamo facendo?», in un soprassalto di lucidità rispetto alla progressiva “gayzzazione dell’Occidente“. Il ministro per la Famiglia, Pru Goward, ha invece aperto un’indagine approfondita chiedendo se durante le modalità di affidamento si fosse tenuto in considerazione anche il benessere del bambino. Si è così scoperto che la madre naturale del ragazzo aveva più volte tentato di riconquistare la custodia di suo figlio, vedendosi sempre negata la richiesta.

Campbell venne affidato alla coppia lesbica nel 2009 assieme a sua sorella Abby, 12 anni. Tuttavia quest’ultima ha rifiutato i nuovi “genitori” ed è stata spostata in una famiglia normale. La notizia ha fatto il giro del mondo e ha sollevato inevitabilmente numerose polemiche sulla stabilità delle relazioni omosessuali, sull’adozione omosessuale e sul favoreggiamento all’omosessualità che viene spesso compiuto in questi particolari contesti familiari.

Paola Concia, questa volta, non ha rilasciato nessuna dichiarazione.

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Lo psicanalista Risè parla dei problemi dei figli di coppie omosessuali

Lo psicanalista Claudio Risè, sociologo e già docente di Psicologia dell’Educazione all’Università di Milano ed esperto del campo educativo, ha preso posizione sulla moda odierna di dare ai bambini due padri, due madri o qualche nonna-madre.

Tutti presi verso una sorta di utopica uguaglianza, «l’essere umano non viene più considerato come una persona con un suo corpo, ma solo come un oggetto prefabbricato. Qui si sta organizzando la produzione di bambini come adorabili oggetti di consumo», dice l’esperto. Sulla scia di sponsor del calibro di Elton John o Ricky Martin anche in Italia sarebbero un centinaio le coppie omosessuali che ricorrono all’estero (da noi è vietata) alla maternità “surrogata”: in pratica nell’utero di una donatrice che offre a pagamento il proprio utero viene inserito un embrione formato dall’ovocita di una donatrice e il seme di uno dei due padri. Tutti pensano a soddisfare i propri desideri-diritti, peccato che «in assenza del genitore del proprio sesso, sarà molto difficile per quel bambino sviluppare la propria identità psicologica corrispondente. La psiche maschile e quella femminile sono molto diverse e l’identità complessiva si forma anche a partire dalla propria identità sessuale. Nel caso di maternità surrogata, lo sviluppo psicologico, affettivo, cognitivo di una bimba con due genitori di sesso maschile sarebbe in forte difficoltà: avrebbe problemi nel riconoscersi nel proprio sesso. Lo stesso accade al piccolo maschio».

Nessun padre, nonostante la buona fede, può svolgere il ruolo della madre perché «la vita umana è inscritta in due ordini: il dato naturale, biologico, e quello simbolico che il bambino ha iscritto nella propria psiche, conscia e inconscia. Entrambi presiedono allo sviluppo, alla manifestazione di una capacità progettuale, alla crescita di un’affettività equilibrata. Il padre è un individuo di genere maschile che ha scritto nel suo patrimonio genetico, antropologico, affettivo e simbolico la storia del proprio genere. Proprio perché è un maschio e non è una donna, non può avere né il sapere naturale profondo, né quello simbolico materno. I due codici simbolici, paterno e materno, sono molto diversi: la madre è colei che soddisfa i bisogni, il padre è colui che dà luogo al movimento e propone il limite: indica la direzione e stabilisce dove non si può andare». Ovviamente lo psicanalista cita diversi studi, sopratutto in area anglosassone e nordeuropea dova da tempo ci sono casi di coppie omosessuali con figli, i quali provano che la mancanza di genitori di sesso diverso è fonte di problemi (un piccolo esempio in Ultimissima 27/5/11) e , il più evidente dei quali (quando i genitori sono del sesso opposto al tuo), è la formazione dell’immagine sessuale profonda. Anche perché «l’esperienza del contatto fisico con la madre, nella cui pancia si è stati, è riconosciuta dalla psichiatria e dalle psiconalisi come fondativa della personalità, e della stessa corporeità». Di certo Risè non è solo, anzi. I massimi esperti italiani concordano pienamente con lui, come spiegato in Ultimissima 15/2/11.

Il problema della modernità è il materialismo «fondato sulla soddisfazione narcisistica dei bisogni indotti dal sistema di consumo. Il bimbo “fabbricato” è uno di questi nuovi bisogni. L’ideologia consumista, le mode, i media dettano i nostri comportamenti, perfino nell’innamoramento: ci si incontra e ci si lascia in base ai suggerimenti della moda e delle “tendenze”. Non stupiamoci, allora, se sono sempre di più quelli che vogliono evadere dal proprio corpo: magari con le droghe o coi disturbi alimentari come l’anoressia. La sacralità del corpo del cristianesimo è stata negata, e i consumi divinizzati»

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Essex University: «i bambini sono più felici se hanno entrambi i genitori»

Il 3 marzo 2011 sono apparsi i risultati di uno studio condotto dall’Istituto di ricerche economiche e sociali (ISER) dell’Università di Essex, Reno Unito. Dopo aver utilizzato un campione di 11.825 adulti e 1.268 giovani (età 10-15)-spiega il dr Knies Gundi, ricercatore con sede nel ISER- è stato valutato il grado di felicità dei bambini nelle famiglie con alto e basso reddito. La ricerca ha anche stabilito che in Gran Bretagna ci sono «alcuni dei bambini più infelici del mondo sviluppato». Inoltre l’influenza maggiore sulla felicità di un bambino è se essi vivono con entrambi i genitori -maschio e femmina- e dal rapporto che hanno con essi, in particolare la loro madre. Inoltre, i bambini che vivono in famiglie monoparentali, sono meno in grado di riferire se stessi come completamente felici della loro situazione. La dott.ssa Maria Maria Iacovou ha dichiarato: «Le famiglie sono una parte importante della vita di ogni bambino, e la nostra ricerca mette in evidenza che le buone relazioni familiari permettono un maggiore benessere per i bambini». Un articolo è apparso su ScienceDaily. Proprio il 3/3/11, Papa Benedetto XVI ha elogiato i vescovi filippini per il loro «sostegno alla famiglia di fronte alle influenze che tentano di sminuire o distruggere i suoi diritti e la sua integrità».

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Elton John padre? Con che diritto priva il figlio dell’amore materno?

La dittatura del desiderio non ha limiti. Elton John è padre e la madre è il marito, David Furnish. Il povero bambino è stato partorito da una signora in affitto che l’ha portato nella pancia per nove mesi, concepito con gli ovuli venduti da un’altra donna, ed infine regalato/venduto alla coppia omosessuale. Nemmeno fosse un pacco regalo, una merce.

Ma sarà dura convincerlo – scrive la femminista Marina Terragni– del fatto che la sua mamma è un regista maschio canadese. Non sarà facile spiegargli che le sue ex-mamme sono un paio: quale delle due vorrebbe, l’ovodonatrice o la porteuse? E dove sono finite? Perché l’hanno abbandonato?

Continua la Terragni: «Riducendo all’osso, mi attengo a due principi politici guida: riduzione del danno e superiore diritto dei minori. Qui violati entrambi in un colpo solo. Non è sopportabile che un adulto, etero o omosessuale che sia, abusi della sua posizione di potere per privare una creatura piccola di qualcosa di essenziale com’è il corpo a corpo con la madre. Elton John può andare a letto con chi gli pare, come chiunque altro. A lui le donne non piacciono, ok. Di Zachary non sappiamo, ma certo quella donna che è sua madre – almeno una delle due – gli sarebbe piaciuta. Gli uomini che fanno cose come queste tendono l’agguato definitivo alla potenza materna, prima frantumandola in funzioni distinte (donazione e gestazione) e poi tagliando da subito, come orrendi Salomoni, quel corpo unico che è la relazione madre-figlio. Una specie di ripugnante assalto finale, a coronamento di quella strategia invidiosa che informa tutta la monumentale cultura maschile. Capita più spesso che siano gli omosessuali a farlo, ma che lo faccia un gay o un etero per me non fa alcuna differenza. Lo leggo per quello che è: un atto di guerra alla madre».

Sono infatti infinite le ricerche scientifiche che dimostrano l’importanza fondamentale del rapporto con la madre per il bimbo, come riassume ad esempio Donatella Ghisu su Psychomedia o il dott. Stefano Scatena sul suo sito web. Si possono poi consultare ricerche specifiche, come quella apparsa su parenting.com, su doria.fi o su Hubpages.com.

La redazione

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