“Il Papa non c’è nella Bibbia”: la risposta ai protestanti

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Nella Bibbia non c’è il Papa e nessun conclave. L’obiezione dei protestanti ai cattolici è il mancato fondamento biblico del papato, facendo notare che è un’istituzione nata nel tempo, assente nelle Scritture e non voluto da Gesù. Con questo dossier un aiuto a rispondere.


 

BREVE INTRODUZIONE

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Che cosa dice la Bibbia riguardo al papa o al papato? Perché il Conclave non esiste nella Bibbia? Qual è il fondamento biblico del papato?

Queste sono le domande che potrebbero essere fatte a un cattolico da parte di un cristiano non cattolico, un evangelico ad esempio.

A titolo di esempio, il pastore Adam Dooley, guida religiosa della Chiesa Battista di Englewood (Tennessee) ha firmato un editoriale1A. Dooley, Is the papacy biblical?, The Christian Post 05/05/2025 argomentando tutti i motivi per cui la figura del papa non è nella Bibbia e il concetto del papato non è biblicamente fondata.

I fratelli protestanti (fratelli separati, come li chiamava Giovanni Paolo II) ritengono anche che il riconoscimento del Papa non sia necessario per un cristiano e, non essendo fondato sulla Bibbia, ritengono l’autorità papale estranea al Vangelo.

Assente nella Bibbia, il Papa come figura sarebbe un’aggiunta posteriore, frutto di evoluzioni storiche e non di una volontà esplicita di Cristo.

Ma è davvero così? Come rispondere a chi sostiene questi argomenti?

Con il seguente dossier esponiamo e rispondiamo a tutte le obiezioni più frequenti alla fondatezza biblica del papato.


 

 
 

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1. IL PROBLEMA PROTESTANTE DELLA “SOLA SCRIPTURA”

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Prima di addentrarci nelle argomentazioni, occorre premettere che queste obiezioni verso il papato partono da un presupposto tipicamente protestante: la sola Scriptura.

Questo approccio sostiene che tutto ciò che concerne la fede deve essere esplicitamente contenuto nella Bibbia.

Ma questa idea è piuttosto controversa già per il solo fatto che essa stessa non è biblica: nessun versetto afferma che la Bibbia, da sola, sia l’unica fonte normativa della fede.

E’ lo stesso errore di chi afferma che “non esiste una verità assoluta”, pretendendo di dire una verità e quindi auto-contraddicendosi. Oppure di chi sostiene che sia vero solo ciò che è verificabile empiricamente: non si accorge che il principio stesso non lo è.

Si chiama in termini tecnici un errore performativo. Si potrebbe dire, infatti, che la Bibbia stessa non insegna la sola Scriptura!

Al contrario, San Paolo scrive: «Perciò, fratelli, state saldi e ritenete gli insegnamenti che avete imparato tramite la parola o la nostra epistola» (2 Tessalonicesi 2,15).

La fede cristiana è trasmessa tramite Scrittura e Tradizione, custodite e interpretate dal Magistero della Chiesa, in primis dal successore di Pietro.

Tra l’altro, per inciso, la stragrande maggioranza dei fratelli protestanti crede alla Trinità. Ma anch’esso è un termine assente nella Bibbia, ma non significa molto perché il concetto è pienamente presente.

 

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2. PIETRO E L’INVESTITURA DIRETTA DA GESU’

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Un secondo argomento utilizzabile come risposta a chi mette in dubbio il primato petrino è focalizzarsi proprio sulla figura dell’apostolo Pietro.

Mentre i cristiani protestanti sostengono che Pietro non esercitasse alcun ruolo di superiorità rispetto agli altri apostoli, è sufficiente consultare attentamente il Nuovo Testamento per vedere smentita l’idea che Pietro fosse un “apostolo tra i tanti”.

Gesù stesso gli dice: «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa» (Mt 16,18). Non dice “voi”, come in altre occasioni quando si riferisce ai suoi discepoli, ma “tu”.

I biblisti cattolici ricordano però una precisazione importante su questo versetto.

L’eminente biblista John P. Meier (University of Notre Dame), ad esempio, scrive che nel termine “chiesa” non si dovrebbe leggere il significato originale di ekklesia, cioè la successiva chiesa cristiana, locale o universale. Piuttosto l’assemblea di Gesù, la sua riunione escatologica, il popolo d’Israele riunito per ascoltare e adorare Dio.

Ecco cosa scrive J.P. Meier:

«Pietro doveva essere la roccia per la riunione escatologica d’Israele. Nel suo ruolo di guida, Pietro, la roccia, doveva costituire una solida difesa contro tutti i poteri distruttivi del peccato e della morte che avrebbero assalito l’assemblea del popolo di Dio […]. L’insegnamento autoritativo di Pietro, indirizzato a Israele qui sulla terra, sarebbe stato ratificato da Dio in cielo e, così, sarebbe stato una difesa sicura contro i poteri ostili del peccato e della morte che cercano di distruggere l’assemblea escatologica»2J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, III, Queriniana 2003, pp. 250, 251.

Il nome “Pietro” (in aramaico Kepha) significa “pietra”, e non è casuale che Cristo abbia cambiato il nome di Simone in Pietro — un atto che nella Bibbia indica una missione specifica (Abramo, Giacobbe, ecc.). Un evento attestato, in vari modi, da tutti e quattro i vangeli.

Subito dopo, Gesù gli conferisce le chiavi del Regno (v. 19), simbolo evidente di autorità nel contesto culturale ebraico (cfr. Isaia 22,20-22).

Nel Vangelo di Giovanni, inoltre, il Gesù risorto affida solo a Pietro la cura del suo gregge, in modo personale e diretto: «Pasci le mie pecorelle» (Gv, 21,15-17). Lo ripete tre volte, solennemente. Non lo fa con nessuno degli altri apostoli singolarmente.

Questo indica un primato pastorale, non una semplice onorificenza.

Sempre il biblista statunitense J.P. Meier riconosce che si tratta di un’investitura a Pietro «di autorità su tutta la chiesa»3J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, III, Queriniana 2003, pp. 255.

E aggiunge:

«Sia in Mt 16,18-19 che in Gv 21,15-17, Gesù sceglie Pietro tra gli altri discepoli menzionati nel contesto, conferendo solo a Pietro una funzione e un’autorità speciale sulla chiesa o gregge di Gesù […]. Ora, dopo la resurrezione, solo Pietro è incaricato da Gesù risorto di pascere, nutrire e prendersi cura degli agnelli e delle pecore del gregge, dimostrando il suo ruolo di pastore offrendo la sua vita come martire a imitazione di Gesù. L’autorità che Pietro riceve direttamente da Gesù, a quanto pare, si estende sull’intera chiesa senza restrizioni: Pietro è incaricato dal Gesù giovanneo di pascolare i “miei” agnelli, le “mie” pecore. Di certo non solo una particolare comunità locale»4J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, III, Queriniana 2003, pp. 256

Il ruolo di Pietro è quindi un’investitura diretta da parte di Gesù.

Sintetizzando, è proprio la Scrittura a mostrare chiaramente il ruolo speciale di Pietro:

  • È sempre il primo nell’elenco degli apostoli (Mt 10,2; Mc 3,16; Lc 6,14, Atti 1,13);
  • È l’unico a camminare sulle acque verso Gesù (Mt 14,29);
  • È l’unico apostolo a ricevere le chiavi del Regno dei Cieli (Mt 16,19);
  • E’ il primo apostolo a cui Gesù risorto appare (Lc 24,34);
  • È l’unico a ricevere una triplice conferma e mandato da Cristo risorto (Gv 21,15-17);
  • È colui che pronuncia il primo discorso post-pasquale a Pentecoste (Atti 2);
  • È colui che guida le decisioni (Atti 15);
  • E’ colui che apre la missione ai pagani (Atti 10);
  • E’ colui che prende l’iniziativa di sostituire Giuda (Atti 1,15-26);

Se ci focalizziamo sul primo punto, Pietro risulta essere sempre il primo in tutte le liste dei Dodici (compresa l’antica formula pre-paolina in 1 Cor 15,5).

Alcuni però suppongono che questo sia spiegabile con il fatto che Pietro sia stato il primo discepolo a essere chiamato da Gesù.

Ma questo non è vero, come spiega ancora una volta J.P. Meier5J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, III, Queriniana 2003, p. 238: la sua chiamata ha luogo insieme ad altri discepoli e, nel Vangelo di Giovanni, dopo che altri due (Andrea e Giovanni) hanno già incontrato Gesù.

L’unica spiegazione per cui Pietro è sempre citato per primo, dunque, rimane questa:

«Tutti e quattro i vangeli (più Atti) presentano Pietro come il portavoce e/o il leader dei discepoli, in genere, o dei dodici in particolare (Mc 1,36; 8,29; 9,5; 10,28; 14,29-37; Mt 15,15; 16,18; 17,24; 18,21; Lc 12,41; Gv 6,68). Questo, e non la dubbia affermazione che sia stato il primo a essere chiamato da Gesù, spiega, almeno in parte, perché Pietro sia sempre nominato per primo nelle quattro liste dei dodici (che rappresentano le tradizioni marciana e L)»6J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, III, Queriniana 2003, pp. 238, 239

Dunque, primato, successione e persino una forma iniziale di infallibilità sono già impliciti nei testi biblici.

Cosa c’entra l’infallibilità? Ci riferiamo alle parole di Gesù a Pietro (e solo a lui): «Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,19).

Questi dati non si spiegano semplicemente con il “carisma personale” di Pietro. Si spiegano solo se Cristo lo ha costituito come guida visibile della Chiesa.


 

2.1 L’obiezione del “compagno anziano”

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Una prima obiezione a quanto scritto sul ruolo speciale di Pietro è solitamente il riferimento a un passo biblico, ovvero 1 Pietro 5,1-5.

In questa lettera, Pietro si rivolge agli “anziani” (presbiteri), cioè i leader delle comunità e scrive: «Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi» (1 Pietro 5,1-5.)

Secondo chi solleva questa obiezione, il fatto che Pietro dica di essere un anziano (presbitero) come gli altri leader dimostrerebbe che non aveva alcun primato, né autorità speciale.

Ma questo non prova affatto l’assenza di primato.

La vera autorità cristiana è, infatti, sempre espressa con umiltà. Anche Paolo, in 1 Corinzi 15:9, si dichiara “l’ultimo degli apostoli”, eppure nessuno nega la sua autorità dottrinale.

Che Pietro usi un tono umile è coerente con il modello del “servo dei servi di Dio”, che sarà poi il titolo stesso dei papi.

Nel 2025, ad esempio, le prime parole di Papa Leone XIV sono state: «Chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato».

Tra l’altro, anche nel Nuovo Testamento l’autorità non si esprime mai in termini di dominio, ma di servizio (cf. Mt 20,25-28).

Il fatto che Pietro si presenti dunque come uno tra gli anziani non significa che non fosse anche il primo tra pari.


 

2.2 L’obiezione del Concilio di Gerusalemme

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Una seconda obiezione solitamente sollevata per sostenere che Pietro non avesse un’autorità speciale è la mancata leadership dimostrata durante il Concilio di Gerusalemme, il primo della Chiesa.

Negli Atti degli Apostoli, infatti, si racconta che i discepoli discussero se i pagani dovessero farsi circoncidere per essere salvati.

Chi usa questo brano come obiezione sostiene che dalle dinamiche degli interventi dei vari discepoli si percepirebbe una mancata leadership di Pietro.

Ed invece è proprio vero il contrario.

Innanzitutto occorre considerare che Pietro prese la parola per primo, affermando: «Fratelli, voi sapete che già da molto tempo Dio ha fatto una scelta fra voi, perché i pagani ascoltassero per bocca mia la parola del vangelo e venissero alla fede» (Atti 15,7).

Quindi stabilì un principio dottrinale fondamentale: «Or dunque, perché continuate a tentare Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri, né noi siamo stati in grado di portare? Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati e nello stesso modo anche loro» (Atti 15,10)

Dopo che l’assemblea tacque, si legge che presero la parola Paolo e Barnaba mentre fu Giacomo, secondo il testo, a concludere il Concilio e dire l’ultima parola.

Tuttavia, nessuno contraddì Pietro e Giacomo chiuse l’assemblea ricordando semplicemente quanto Simone Pietro aveva già stabilito inizialmente, concordando con lui: ««Fratelli, ascoltatemi. Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere tra i pagani un popolo per consacrarlo al suo nome» (Atti 15,14).

Tutto questo dimostra solamente ciò che la Chiesa ha sempre creduto: Pietro non agisce da tiranno isolato, ma come guida nella comunione apostolica. Il suo intervento è dottrinalmente decisivo, anche se la forma è sinodale.


 

2.3 L’obiezione del rimprovero di Paolo

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Una terza obiezione solitamente sollevata per sostenere che Pietro non avesse un’autorità speciale è il rimprovero che subì da Paolo.

Si tratta del celebre episodio contenuto nella Lettera ai Galati (2,11-14), in cui Paolo racconta di aver rimproverato Pietro a causa della sua incoerenza nel comportamento verso i cristiani provenienti dal giudaismo.

Ora, notiamo alcune cose:
1) Paolo rimprovera Pietro per il suo comportamento (smise, per paura delle critiche, di mangiare insieme ai cristiani pagani), non per la sua dottrina. Infatti, entrambi erano d’accordo sulla libertà dei pagani rispetto alla Legge. Pietro sbaglia per timore («cominciò a tirarsi indietro e a separarsi per timore dei circoncisi», dice Paolo), non per eresia.

2) Il fatto che Paolo corregga Pietro non nega il suo primato. Anche oggi un vescovo può criticare il papa su questioni pratiche o disciplinari (si è verificato spesso durante il pontificato di Papa Francesco, ad esempio), ma ciò non mette in discussione il suo ruolo.

Il rimprovero stesso, anzi, dimostra quanto fosse significativa l’influenza di Pietro: il suo comportamento causava scandalo, perché era visto come esempio («anche gli altri Giudei lo imitarono», precisa Paolo). Se fosse stato un apostolo “qualsiasi”, nessuno avrebbe fatto tanto caso.

Il fatto che Pietro operi in comunione e si lasci correggere, con umiltà, non smentisce ma conferma il modello cattolico del primato già descritto prima: un primato di servizio, non di dominio.

Proprio su questo episodio, citiamo il commento di un padre della Chiesa, San Cipriano, nel III secolo:

«Nemmeno Pietro, che il Signore scelse per primo e sul quale edificò la sua Chiesa, volle aver ragione con insolenza o assunse una posizione arrogante, come se avesse detto di possedere il primato e che sarebbe stato piuttosto meglio che i nuovi venuti e i più giovani gli obbedissero, né disprezzò Paolo perché in passato era stato un persecutore della Chiesa, ma ammise le ragioni della verità e con facilità acconsentì alla ragionevolezza che Paolo rivendicava, lasciandoci così una testimonianza di concordia e pazienza, in modo che non amiamo pervicacemente le nostre posizioni, ma facciamo nostre piuttosto le cose utili e salutari che vengano ogni tanto suggerite dai fratelli e colleghi nostri, purché siano vere e legittime»7Tascio Cecilio Cipriano, Epistola 71, A Quinto.

 

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3. IL PAPATO NON E’ UN PRODOTTO MEDIEVALE

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Un terzo tema che può capitare di affrontare nel dialogo con un cristiano protestante è se il papato sia o meno un’istituzione nata nel corso della storia, in particolare nel Medioevo, sviluppatasi per necessità storiche e politiche più che per mandato evangelico.

Il pastore battista Adam Dooley, ad esempio, scrive: «Il primo papa riconosciuto non emerse fino al V secolo, quando Leone I divenne vescovo di Roma».

Inoltre, aggiunge, vescovi come Atanasio di Alessandria o Cipriano di Cartagine venivano chiamati affettuosamente “papa”, che in greco significa semplicemente “padre spirituale”.

Questa lettura, pur riportando elementi storici reali, confonde lo sviluppo del papato con la sua origine.

È innanzitutto vero che il titolo “Papa” fu usato in senso più ampio nei primi secoli, ma nessuno dei vescovi citati veniva consultato o obbedito come il vescovo di Roma.

Per quanto riguarda il papato, è ovvio un suo sviluppo nel corso dei secoli com’è per ogni istituzione viva ma, abbiamo visto nel primo punto, le sue radici sono pienamente bibliche.

Il riconoscimento del ruolo unico del vescovo di Roma, inoltre, precede Leone Magno e non è limitato all’uso di un titolo.

La successione apostolica e il primato romano sono infatti testimoniati già nei primi secoli:

  • Policarpo di Smirne, tra il I e il II secolo d.C., fu discepolo diretto dell’apostolo Giovanni e in occasione della prima controversia sulla data della Pasqua, nonostante fosse quasi centenario, viaggiò dall’Asia fino a Roma per ottenere indulgenza dal vescovo di Roma. Una visita tanto importante che Sant’Ireneo ne parlò ancora quarant’anni più tardi scrivendo a Papa Vittore8Eusebio, Storia ecclesiastica, V, 24,16;
  • Papa Clemente I, tra la fine del I e l’inizio del II secolo d.C., venne chiamato a risolvere una questione che divide la Chiesa di Corinto. La sua epistola, solenne e piena di un senso d’autorità, fu immediatamente accettata dalla chiesa di Corinto e, come attestato da Dionigi di Corinto in una lettera indirizzata a Papa Sotero9Eusebio, Storia ecclesiastica, fu conservata e letta per molto tempo nelle proprie assemblee liturgiche;
  • Sant’Ignazio di Antiochia, all’inizio del II secolo d.C., definì la Chiesa di Roma colei che è «posta a presiedere l’universale accolta della carità, che porta la legge del Cristo»10Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani;
  • Sant’Ireneo di Lione, sul finire del II secolo, scrisse che «a Roma, Pietro e Paolo predicavano il Vangelo e fondavano la Chiesa»11Ireneo di Lione, “Adversus Haereses”, III, 1,1 e «con questa Chiesa, in ragione della sua origine più eccellente, deve necessariamente essere d’accordo ogni Chiesa, cioè i fedeli che vengono da ogni parte -essa nella quale per tutti gli uomini sempre è stata conservata la Tradizione che viene dagli Apostoli»12Ireneo di Lione, “Adversus Haereses”, III, 3,2.

    Ireneo, oltre a essere un testimone molto antico, non scrisse da Roma, ma dalla Gallia. E parlò del primato di Roma come di un dato già noto e accettato;

  • Il Concilio di Sardica (343-344 d.C.) stabilì nel canone 3 il diritto di un vescovo deposto da un sinodo provinciale di appellarsi al vescovo di Roma;
  • Nel Concilio di Calcedonia (451 d.C.), i vescovi orientali esclamarono: «Pietro ha parlato per bocca di Leone!». Fu un riconoscimento del legame tra il papa e Pietro anche da parte dell’Oriente;

La Chiesa romana, guidata da successori di Pietro, godeva dunque già di un’autorità riconosciuta prima che Roma diventasse politicamente centrale nel cristianesimo latino. Roma non fu il centro della fede perché era la capitale imperiale, ma perché vi morirono Pietro e Paolo, e lì si conservò la loro successione apostolica ininterrotta.

La questione, quindi, non è quando sia stato usato formalmente per la prima volta il titolo di “Papa” e se il termine “Papa” è nella Bibbia o meno, ma se Pietro ricevette da Cristo un primato di autorità, e se questa autorità fu trasmessa ai suoi successori.


 

3.1 L’obiezione del Grande Scisma d’Occidente

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Un’obiezione comune a tutto questo prende in considerazione il Grande Scisma d’Occidente (1378–1417), durante il quale si dice che il papato sia emerso come un’istituzione più unita e riconosciuta.

E’ storicamente vero, ma la crisi interna alla Chiesa latina, con più pretendenti al papato, polemizzò su chi fosse il vero papa, senza mettere in dubbio la funzione stessa del papato.

Anzi, il Concilio di Costanza (1414–1418) lavorò per restaurare l’unità intorno al successore legittimo di Pietro. Il papato non nacque in quel momento: venne piuttosto difeso.

Se scandalizza il fatto che la figura del papato sia cresciuta con il tempo bisogna capire che è qualcosa di fisiologico per ogni dottrina.

Per esempio, Maria non è stata assunta in cielo nel 1950, quando fu proclamato il dogma. Gesù non divenne divino nel 325, quando Nicea definì la sua divinità ed i libri delle Scritture non divennero inerranti durante il Concilio di Trento.

Semplicemente, ci vuole tempo perché la Chiesa riconosca ciò che è già presente fin dall’inizio.

È come cercare di vedere la quercia nella ghianda: sembrano due cose scollegate. Ed invece, tramite un processo di crescita organica e di continuità, quel seme diventa un germoglio e poi un albero robusto. Questo è l’approccio cattolico allo sviluppo dottrinale.


 

3.2 La presenza storica di Pietro a Roma

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Sebbene ai fini del primato non sia necessario documentare la presenza di Pietro a Roma, il fatto che Pietro fosse a Roma è attestato da diverse fonti antiche.

Tra esse, Clemente di Roma (I secolo), Papia, Ireneo e Clemente Alessandrino (II secolo), Eusebio di Cesarea (IV secolo).

Inoltre, la stragrande maggioranza degli studiosi lo accetta come dato acquisito13D.W. Connor, Peter in Rome, Columbia University 1969 14E. Kibschbaum, Die Graber der Apostelfursten St. Peter und St. Paul in Rom, Societas-Verlag 1974 15R. Pesch, Simon Pietro, Queriniana 2008.

Inoltre, gli scavi archeologici sotto la basilica di S. Pietro in Roma, condotti negli anni ’40 e ’50, sono risultati compatibili con la localizzazione del martirio di Pietro sul colle Vaticano16J. Toynbee & J.W. Perkins, The Shine of St. Peter and the Vatican Excavations, Pantheon 1957 17J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, III, Queriniana 2003, p. 242 18M. Guarducci, Le reliquie di Pietro sotto la Confessione della Basilica Vaticana, Lev 1965 19J.E. Walsh, The bones of St. Peter, Doubleday 1982.

Un’obiezione comune alla presenza di Pietro a Roma è l’assenza dell’apostolo nei saluti della “Lettera ai Romani” di Paolo.

Ma questo non dimostra che Pietro non fosse mai stato a Roma. Varie fonti antiche (Eusebio, Girolamo, Orosio) attestano che Pietro vi giunse intorno al 42 d.C., prima di essere costretto a lasciarla nel 49 d.C. a causa dell’editto di Claudio, tornando poi in seguito fino al martirio sotto Nerone nel 64 d.C.

È plausibile quindi che al momento della lettera di Paolo (57 d.C., circa), Pietro fosse semplicemente assente da Roma per una missione.

 

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4. A COSA SERVE IL PAPA: LA CHIESA E L’UNITA’

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Perché un cristiano avrebbe bisogno del Papa, si chiedono i fratelli protestanti. La Chiesa può vivere benissimo senza un capo terreno, sarebbe guidata direttamente da Cristo.

Se così fosse, perché Gesù avrebbe investito Pietro di un ruolo così specifico? Perché, dopo l’ascensione, Pietro prende regolarmente la parola a nome degli apostoli (Atti 1–15)? Perché decide sull’elezione di Mattia, parla a Pentecoste, guida il primo concilio di Gerusalemme?

La Chiesa è Corpo mistico di Cristo, ma anche una realtà visibile e storica. Ogni corpo ha una testa visibile: nella Chiesa, questa è il Papa, vicario di Cristo.

Senza un’autorità centrale, si cade nella frammentazione dottrinale: lo dimostra proprio la moltiplicazione di migliaia di denominazioni protestanti in disaccordo su dottrine fondamentali. Lo dimostra il rischio di scisma all’interno del cattolicesimo nei settori che mettono in discussione l’autorità papale.

A cosa serve il Papa? Ne abbiamo parlato in un articolo apposito: serve a custodire l’unità della verità. La sua missione è servire la verità, non crearla.

Come disse San Cipriano nel III secolo: «Non può avere Dio per padre chi non ha la Chiesa per madre», e aggiungeva: «A Pietro per primo, sul quale ha edificato la sua Chiesa e da cui l’unità ebbe origine e si manifestò, il Signore diede questo potere, che fosse sciolto in terra ciò che egli avesse sciolto»20Tascio Cecilio Cipriano, Ep. 73, “A Giubaiano”.

Nel suo “De catholicae Ecclesiae unitate”, scritto attorno al 251 d.C. a seguito degli scismi di Novato (Cartagine) e Novaziano (a Roma), sempre il padre della Chiesa Cipriano espose una chiarissima idea del papato:

«Il Signore parla a Pietro: “E io ti dico” dice “che tu sei Pietro e su questa pietra costruirò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa; e a te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto anche nei cieli”. E dopo la resurrezione gli dice: “Pasci le mie pecorelle”. Su di lui edifica la chiesa e a lui dà l’incarico di pascere le pecore e, sebbene attribuisca lo stesso potere a tutti gli apostoli, tuttavia costituì una sola cattedra e con la sua autorità fissò l’origine e il significato dell’unità. Certamente anche gli altri erano ciò che fu Pietro, ma il primato venne dato a Pietro e una sola chiesa ed una sola cattedra venne mostrata; e tutti sono pastori, ma unico è il gregge, che viene mostrato come accudito da tutti gli apostoli in unanime accordo. Chi non conserva questa unità presente in Pietro, crede di mantenersi nella fede? Chi abbandona la cattedra di Pietro, sul quale è fondata la Chiesa, confida di poter essere nella Chiesa?»21Tascio Cecilio Cipriano, “De catholicae Ecclesiae unitate”

La Bibbia, letta nella sua interezza e nella continuità con la Tradizione apostolica, non solo permette il papato, ma lo richiede come fondamento visibile dell’unità.

Non si tratta di un potere umano, ma di un servizio voluto da Cristo stesso. Non a caso, la storia dimostra che chi si separa dal Papa finisce inevitabilmente per dividersi anche dal resto della Chiesa.

La vera domanda non è: “Il papato è utile?” Ma: “Cristo ha voluto un fondamento visibile per la sua Chiesa?” E le Scritture, come abbiamo visto, dicono di sì.

 

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5. CONCLUSIONE: IL PAPA E LA BIBBIA

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In definitiva, le obiezioni avanzate dai fratelli protestanti contro il papato si basano da un’interpretazione parziale della Scrittura e da un presupposto estraneo alla Bibbia stessa: la “sola Scriptura”.

Al contrario, abbiamo osservato che il Nuovo Testamento mostra chiaramente che Pietro ha ricevuto da Cristo un ruolo speciale, confermato sia nei gesti che nelle parole. Ma anche dalla storia e dalle testimonianze dei primi Padri della Chiesa.

Le obiezioni comunemente sollevate, e alle quali abbiamo risposto, non negano ma, al contrario, confermano un modello di leadership che è al tempo stesso visibile, autorevole e fraterna. Il papato non è un’aggiunta tardiva: è l’espressione visibile dell’unità voluta da Cristo per la sua Chiesa.

Il primato petrino è una realtà fondata biblicamente e confermata dalla Tradizione viva della Chiesa.

Autore

La Redazione

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