Perché C.S. Lewis non divenne mai cattolico

lewis cattolico

C.S. Lewis rimase anglicano e non cattolico, come mai? Nonostante la grande stima per la Chiesa e l’amicizia con diversi cattolici, non fece mai il passo decisivo verso Roma. Diede lui stesso una spiegazione anche se preferì sempre valorizzare l’unità.


 

C.S. Lewis è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi intellettuali cristiani del XX secolo.

Autore delle “Cronache di Narnia” e di opere fondamentali come “Il cristianesimo così com’è” (1952), “Le lettere di Berlicche” (1942) e “Il problema della sofferenza” (1940), ha ispirato generazioni di credenti (e non) con la sua intelligenza, il suo stile limpido e la sua fede profonda.

E’ uno degli autori preferiti anche di molti cattolici eppure, nonostante la sua stima per la Chiesa cattolica e l’amicizia con intellettuali cattolici, come J.R.R. Tolkien (che ebbe un ruolo diretto nella sua conversione al cristianesimo), Lewis non fece mai il passo decisivo verso Roma.

Ma perché?

 

Lewis non divenne cattolico, ecco perché

Molti se lo chiedono, soprattutto alla luce del fatto che Lewis condivideva numerosi elementi del cattolicesimo: credeva nel purgatorio, nell’invocazione dei santi, nella confessione sacramentale e nello sviluppo organico della dottrina.

Ammirava profondamente G.K. Chesterton, tanto da scrivere che il saggio L’uomo eterno (1925) era «la miglior difesa popolare della fede cristiana nella sua interezza»1C.S. Lewis, Lettera 31 dicembre 1947 che conoscesse.

Eppure, nonostante queste convergenze, Lewis mantenne sempre la sua appartenenza anglicana.

In una lettera del 1945 a H. Lyman Stebbins, spiegava di considerare alcune dottrine cattoliche come “completamente estranee al Nuovo Testamento”, in particolare il culto mariano, il papato e la transustanziazione.

Ma la sua obiezione più profonda pare fosse ecclesiologica: secondo lui, aderire alla Chiesa cattolica significava accettare non solo il corpo dottrinale attuale, ma anche «qualsiasi dottrina che essa potrà proclamare in futuro»2C.S. Lewis, Christian Reunion: An Anglican Speaks to Roman Catholics, 1944.

Gli pareva come firmare una cambiale in bianco: non solo dire sì a ciò che la Chiesa ha già insegnato, ma anche a ciò che insegnerà in futuro.

E’ un’obiezione valida se ci immedesimiamo in qualcuno che guarda il cattolicesimo dall’esterno, tuttavia dall’interno ci piacerebbe rispondere che questo timore per il futuro non sembra giustificato perché, come disse il beato John Henry Newman – convertitosi dall’anglicanesimo- la dottrina cattolica si sviluppa organicamente come un seme che diventa albero, non muta arbitrariamente.

O per dirla più semplicemente, la Chiesa non inventerà mai una nuova “verità” in futuro semmai, guidata dallo Spirito Santo, la custodirà. E quando definisce dogmaticamente qualcosa (si veda l’Immacolata Concezione o l’Assunzione di Maria), semplicemente riconosce solennemente ciò che è già presente nel depositum fidei iniziale, anche se in modo implicito.

Alcuni biografi cattolici moderni, come Joseph Pearce, ipotizzano3J. Pearce, C.S. Lewis and the Catholic Church, Saint Benedict Press 2003, pp. 3, 5 che le sue origini nordirlandesi e l’ambiente anticattolico di Belfast abbiano influenzato il suo atteggiamento.

Lewis stesso avrebbe ammesso che questo potrebbe aver avuto un certo peso, anche se lo stesso Pearce ne minimizza l’importanza.

 

Preferì valorizzare l’unità dei cristiani

Tuttavia, Lewis non era un polemista. Al contrario, cercò sempre di sottolineare ciò che unisce i cristiani tra loro.

In una lettera del 1947, ad esempio, scrisse: «La gente non si rende conto di quante cose siamo già in grado di condividere. Preferisco tralasciare del tutto le questioni più sottili su cui la Chiesa Romana e i protestanti divergono»4C.S. Lewis, Lettera, 6 settembre 1947.

Per questo motivo evitava di entrare in dibattiti sulle differenze dottrinali, preferendo concentrarsi sul cuore comune della fede cristiana. Era consapevole che pochi sono capaci di affrontare con rispetto le divisioni teologiche senza cadere nella polemica sterile.

Lewis preferì insomma valorizzare ciò che unisce, per questo motivo forse potrebbe non aver mai studiato a fondo il cattolicesimo.

Oppure lo ha fatto, e semplicemente non è stato convinto, in perfetta buona fede. Forse gli è mancata una testimonianza personale? Non lo sappiamo.

In ogni caso, la sua eredità resta preziosa sia per i protestanti sia per i cattolici, che possono riconoscere in lui un testimone autentico del Vangelo.

Ci teniamo a terminare con quanto scrisse nella prefazione de “Il problema della sofferenza”, rivolgendosi al popolo cristiano:

«Se l’unità di carità e d’intenzione tra noi fosse abbastanza forte, forse le nostre differenze dottrinali si risolverebbero prima. Senza quell’unità spirituale, ogni accordo teologico tra i nostri leader sarebbe sterile».

Parole che ancora oggi suonano attuali. E che forse indicano la vera eredità spirituale di C.S. Lewis.

Autore

La Redazione

2 commenti a Perché C.S. Lewis non divenne mai cattolico

  • Fra ha detto:

    Beh, qualche difetto lo abbiamo tutti! Lewis ci ha lasciato comunque pagine memorabili e piene di ottimi spunti per la nostra fede.

    Peccato davvero si sia perso per strada il centro di tutto, l’Eucarestia (e in realtà la transustanziazione ha totale fondamento nel Nuovo Testamento, nelle parole stesse di Gesù e anche nelle lettere di Paolo)… possiamo comunque augurarci che oggi sia accanto a quel Dio che in vita ha incontrato e amato con ardore 🙂

    • Laura ha detto:

      Concordo perfettamente con quanto dici Fra e spero davvero anche io che possa aver trovato la fonte di grazia che ha sempre cercato.