Se la scienza si basa su ragionevoli atti di fede

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La scienza si basa sulla fede? Dalla scoperta di centinaia di pubblicazioni falsificate per anni una riflessione sul rapporto tra scienza e fede, a dimostrazione che l’atto di fede può essere l’espressione più alta della ragione.


 

Uno dei più noti neuroscienziati al mondo ha falsificato per anni centinaia pubblicazioni.

Ha fatto scalpore la recente dichiarazione indagine di Science riguardo Eliezer Masliah, tra i massimi esperti al mondo di malattie neurodegerative e direttore della sezione di Neuroscienze del National Institutes of Health degli Stati Uniti.

La falsificazione degli studi scientifici risalirebbe al 1997 e riguarderebbe oltre 130 articoli, ma non tutto è passato al setaccio. Le ricerche (false) di Masliah hanno influenzato notevolmente quelle di altri ricercatori, oltre a condizionare le aziende farmaceutiche.

 

La scienza e la virtù dell’onestà

Pochissimo tempo prima un’inchiesta della rivista Nature aveva a sua volta rivelato che altrettanti studi scientifici sono stati inventati dal ginecologo Ahmed Abbas dell’Università di Assiut, tra il 2009 e il 2022.

Il ricercatore italiano Andrea Capocci ha osservato questa mole di manipolazioni fa pensare «a qualcosa di più di un errore o di una mela marcia in laboratorio». Emerge che «sulla frode scientifica sia possibile fondare un’intera carriera di alto livello, aggirando i controlli che dai tempi di Galileo vanno sotto il nome di metodo scientifico».

Il sospetto di tanti osservatori che si stanno esprimendo è che tutto il mondo accademico sia pieno di plagio e il chimico Neil Shenvi ha osservato che «non può esserci scienza senza virtù».

 

La ricerca scientifica si basa su ragionevoli atti di fede

Questo apre a una riflessione molto semplice che smentisce uno dei grandi dogmi dello scientismo, che la fede religiosa sia una fede cieca e che la scienza non comporti fede.

Chi fa ricerca scientifica sa benissimo che quando raccoglie i dati e cerca pubblicazioni su un certo tema non si metterà mai a verificare e comprovare il lavoro dei suoi colleghi, semplicemente si fiderà dei revisori e della rivista su cui sono pubblicati e prenderà per buona la loro onestà e virtù.

Lo scienziato, spiega il filosofo della scienza Roberto Timossi, «dà per acquisite una serie di conoscenze pregresse, confidando semplicemente nella testimonianza dei suoi predecessori, anche perché gli sarebbe impossibile verificarle tutte direttamente: perderebbe, infatti, più tempo a rivisitare quanto è già noto che a dedicarsi alla scoperta di qualcosa di nuovo»1R. Timossi, L’illusione dell’ateismo, San Paolo 2009, p. 419.

Lo stesso fanno gli studenti di qualunque scuola, università e di qualunque facoltà, durante la loro formazione. Si fidano giustamente di quanto sta scritto nei loro manuali o in quanto dicono i loro docenti. Anche volendo, è consentito controllare direttamente soltanto una minima parte di quanto si apprende “per fede”.

 

La scienza e la ragionevole fede nei suoi presupposti

C’è poi un altro grande atto di fede ragionevole insito nella scienza, quello riguardante nella validità dei suoi presupposti.

E’ quanto sostenne Max Plank parlando dei suoi grandi predecessori (Copernico, Keplero, Newton ecc.): «Fu la loro fede incrollabile nella realtà della loro immagine del mondo» a garantire le conquiste scientifiche. «Anche in fisica non si è beati senza la fede in una realtà fuori di noi»2M. Plank, La conoscenza del mondo fisico, Bollati Boringhieri 1993, pp. 261, 262.

Plank si riferiva alla fiducia in una certa concezione del mondo e nella presenza al di fuori di noi di una realtà oggettiva da scoprire e non da creare.

«La fede è inseparabile dall’impresa scientifica», scrive a sua volta John Lennox, docente emerito di Matematica all’Università di Oxford. «Il secondo teorema di Godel ne fornisce una prova ulteriore: non si può nemmeno fare matematica senza una fede nella sua coerenza, e questa deve essere fede perché la coerenza della matematica non può essere dimostrata»3J. Lennox, Fede e Scienza, Armenia 2009, p. 74.

Senza addentrarsi più a fondo, è evidente che l’atto di fede, se è ragionevole, è il metodo di conoscenza più utile e più utilizzato non solo da qualunque persona al mondo ma è anche alla base del progresso scientifico e dell’idea stessa di indagine scientifica.

 

Quando la fede è razionale, quando non lo è

Ma la fede è anche un metodo di conoscenza altamente razionale, a patto che si basi su premesse ragionevoli.

Come spiega l’eminente fisico Paul Davies, il semplice aspettarsi che il Sole sorgerà domani «è un atto di fede», che però «è indispensabile al progresso della scienza»4P. Davies, The mind of God, Simone nad Schuster 1992, p. 81. Questo caso si chiama principio di uniformità della natura, altro elemento di fede.

Ma è ragionevole avere fede nel sorgere del Sole? Si, perché questa fede non è cieca ma si basa sull’esperienza che il sole è sorto ogni giorno della nostra vita. Sarebbe irragionevole non fidarsi.

Allo stesso modo, è ragionevole fidarsi di un amico o un’amica se abbiamo fatto esperienza che ci vuole davvero bene. Possiamo dimostrarlo? Assolutamente no, ma non è magia, non è sentimentalismo, non è superstizione crederci.

E anche se l’amico alla fine dovesse ingannarci, non sarebbe stato irragionevole fidarci di lui, se avevamo valide ragioni per farlo. E’ invece giustamente ragionevole non fidarci di un pazzo che ci invita a seguirlo a casa sua.

Nella nostra vita accadono degli eventi, facciamo degli incontri, sentiamo o leggiamo dei pensieri che ci chiedono continuamente di aprire la ragione a una realtà più grande, all’idea di un senso unitario e misterioso dell’esistenza.

La fede vera e propria arriva per grazia di Dio, ma per aprirci a Lui non bisogna «sospendere il sapere per far posto alla fede»5I. Kant, Critica della ragion pura, p. 52 come scioccamente scrisse Immanuel Kant.

L’aver fede nella propria esperienza, nella propria intuizione, nei segni della realtà, nell’incontro con una umanità diversa che spalanca un presentimento nuovo di vita e apre al riconoscimento di Dio come Presenza.

Questo non è un “salto”, un atto irrazionale. Se ci sono ragioni per farlo, è l’uso corretto della ragione.

7 commenti a Se la scienza si basa su ragionevoli atti di fede

  • Frederick ha detto:

    Discorso molto semplicistico che confonde fiducia, fede e fede religiosa.
    Un conto è dire che “non ci sono, per ora, motivazioni per dubitare di…” e un conto è avere fede cieca in una realtà soprannaturale che sfugge alla nostra conoscenza che per definizione essendo incomprensibile ai nostri sensi noi non dovremmo conoscerla, viceversa se la conosciemo, può essere indagata dai nostri sensi.

    • Hugo ha detto:

      Hai proprio sbagliato a capire, non c’è alcuna confusione. Se parli di fede cieca è proprio l’opposto di quanto c’è scritto nell’articolo.
      Un commento scritto senza aver letto o con i pregiudizi davanti agli occhi mentre si legge.

      • Frederick ha detto:

        E invece ho capito proprio bene dal momento in cui si asserisce ” La fede vera e propria arriva per grazia di Dio” hai fatto un doppio atto di fede asserendo in maniera esplicita che la fede viene da Dio, e in maniera implicita che Dio esiste.

        • Hugo ha detto:

          Pensi che ci sia contraddizione perché non conosci la filosofia metafisica, dove un conto è affermare per pura ragione l’esistenza di (un) Dio (vedi deismo e teismo), un altra cosa è riconoscere l’esistenza presente di Dio. Nel primo caso è un atto di pura ragione, nel secondo caso per fare un passo in più secondo la teologia è necessaria la grazia divina. Ma tutto l’articolo si basa sul primo caso. Come vedi hai scritto un commento semplicistico, probabilmente perché semplicemente non conosci i termini della questione e non hai riflettuto abbastanza.

    • Adriano ha detto:

      Non si tratta di “avere fede cieca in una realtà soprannaturale”.
      La Fede cristiana è basata su una Rivelazione: la vita di una persona realmente esistita, i suoi gesti, le sue parole, la sua Parola. La testimonianza di chi lo ha conosciuto e ha vissuto con Lui. La forza dei suoi insegnamenti che, messi in pratica, cambiano (in meglio) la vita dell’individuo e della comunità umana nella quale vive.

      No, non si sta parlando del noumeno inconoscibile.

  • Lorenzo B. ha detto:

    Sono un ricercatore, mi occupo di nanotecnologie e devo fare i complimenti per questo articolo che trova significativi punti di contatto tra due sfere conoscitive come la ricerca religiosa e quella scientifica. Non sono particolarmente credente ma condivido gran parte dell’articolo.

  • Geremia ha detto:

    La fede religiosa è cieca per definizione:

    beati quelli che pur non avendo visto crederanno!

    (Gv 20,26-29)

    La Scienza al contrario si basa sull’esperimento e sui dati verificabili da tutti in qualunque momento, quindi è incompatibile con la fede.

    La fede religiosa inoltre si basa sul principio di autorità che è una nota fallacia logica.

    Certo che non posso verificare tutto in ogni momento, ma so per certo e non per fede, che le conoscenze scientifiche su cui mi baso sono sicure perché hanno una dimostrazione che posso verificare in qualunque momento e a cui le mie stesse ricerche si concordano, dando ulteriore conferma.