Papa Bergoglio pauperista o vera povertà cristiana? Cosa dice davvero

Bergoglio vuole una “chiesa povera”: allora è un comunista! Francesco parla spesso di povertà ma i suoi critici la confondono con il pauperismo marxista, eppure se si leggono i suoi interventi originali, senza interpretazioni mediatiche, non è possibile questa confusione. Ecco qui raccolti i suoi pronunciamenti.


Bergoglio pauperista? Non è vero, basta leggere i suoi discorsi integrali che elenchiamo qui in ordine cronologico. Il tema della povertà è centrale nel pontificato di Francesco, chi lo accusa di pauperismo è in equivoco. Se si leggono i suoi pronunciamenti e non i resoconti dei media, si vedrà che il Papa mai condanna la ricchezza in sé ma l’ideologia del profitto, l’arricchirsi come scopo di vita.

Ecco qualche esempio di quanto detto da Francesco, per nulla nemico del denaro se utilizzato con spirito cristiano: «Il denaro è uno strumento buono, allarga le nostre possibilità. Ma può ritorcersi contro l’uomo» (14/02/14); «Il Vangelo non condanna affatto i ricchi, semmai le ricchezze quando diventano oggetti idolatrati» (29/06/14); «il Vangelo non condanna i ricchi ma l’idolatria della ricchezza» (ottobre 2014), «lo spirito di povertà non è lo spirito di miseria» (22/03/15); «chiedere la grazia della povertà – non della miseria, della povertà: cosa significa? Che se io ho quello che ho e devo gestirlo bene per il bene comune e con generosità» (14/04/15) ecc.

L’equivoco sul Papa pauperista è iniziato il 16 marzo 2013, quando ha esclamato: «Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!». La cultura post-comunista, che ha fatto del poverismo (degli altri) la sua ideologia demagogica di base, lo ha subito erroneamente indicato come “uno di loro”, teorizzando la chiusura dello IOR e l’annullamento dell’8×1000.

Il Papa ha fatto anche alcuni gesti simbolici di sobrietà: la croce pettorale di ferro, il rifiuto della mozzetta rossa foderata di ermellino, l’abbandono dell’ammiraglia papale Mercedes SCV1 ecc. Ma non ha mai parlato di impoverire materialmente la Chiesa, anche perché -come già accennato- una Chiesa povera non potrebbe mantenere tutte le opere di beneficenza che gestisce nel mondo, abbandonando i milioni di esseri umani che ogni giorno aiuta. Come abbiamo scritto, il significato del termine “povertà” in senso cristiano è un atteggiamento della persona, il non porre la speranza in quel che si ha, essere libero da quel che si possiede (dal denaro, dai vestiti, dagli affetti), sapendo che non sta in essi ciò che ci salva (1 Cor 7, 29.31). La povertà cristiana non è non avere soldi, ma è l’essere liberi da essi, utilizzarli in modo intelligente per sé e per gli altri. San Francesco d’Assisi si spogliò di ogni bene, ma la povertà materiale dei francescani è la vocazione per chi segue questo specifico carisma cristiano.

 
 

Tutti i discorsi di Papa Francesco sulla povertà cristiana.


Il 31 gennaio 2022 nel suo discorso alla delegazione dell’Agenzia delle Entrate, Papa Francesco ha affermato: «La Bibbia non demonizza il denaro, ma invita a farne l’uso giusto, a non restarne schiavi, a non idolatrarlo. E non è facile usare bene il denaro, non è facile. In questo quadro, i principi di legalità, imparzialità e trasparenza diventano una bussola preziosa».

Il 06 giugno 2021 il card. Gianfranco Ravasi ha ricostruito il pensiero dei Padri della Chiesa e di Sant’Ambrogio sulla proprietà privata e sulla povertà mostrando un’allineamento perfetto con il pensiero di Papa Francesco, smentendo qualunque ammiccamento al comunismo.

Il 05 ottobre 2020 ricevendo il personale dell’Istituto cassa deposito e prestiti, Papa Francesco ha affermato: «La dottrina sociale della Chiesa concorda con una visione nella quale più investitori si attendono una giusta remunerazione dalle risorse raccolte, per poi convogliarle al finanziamento di iniziative che puntano alla promozione sociale e collettiva. Il pensiero cristiano non è contrario per principio alla prospettiva del profitto, piuttosto è contrario al profitto a qualunque costo, al profitto che dimentica l’uomo, lo rende schiavo, lo riduce a cosa tra le cose, a variabile di un processo che non può in alcun modo controllare o al quale non può in alcun modo opporsi».

Il 18 ottobre 2018 nell’omelia mattutina, Papa Francesco ha spiegato: «se nel lavoro apostolico ci vogliono strutture o organizzazioni che sembrano essere un segno di ricchezza, usatele bene. Ma sempre distaccati. Ci vuole, insomma, il cuore povero. Infatti la condizione per incominciare la strada del discepolato è la povertà. Se si hanno ricchezze, è perché il Signore te le ha date per servire gli altri. Ma il tuo cuore deve esserne distaccato».

Il 24 maggio 2018 durante l’omelia a Santa Marta, Papa Francesco ha detto: «Gesù non aveva detto di meno: “Guai a voi ricchi!”, nella prima invettiva dopo le Beatitudini nella versione di Luca. Se uno oggi facesse una predica così sui giornali, il giorno dopo si leggerebbe che quel prete è comunista! Invece la povertà è al centro del Vangelo e la predica sulla povertà è al centro della predica di Gesù. Sempre nella storia abbiamo avuto questa debolezza di cercare di togliere questa predica sulla povertà credendo che è una cosa sociale, politica. No! È Vangelo puro, è Vangelo puro. Le ricchezze sono pure un dono di Dio, ma i ricchi, quelli che sono attaccati ai soldi, il Signore castiga come dice oggi Giacomo nel passo della lettera proposto dalla liturgia. Così tu non sei libero davanti alle ricchezze; tu per essere libero davanti alle ricchezze devi prendere distanza e pregare il Signore. Consapevole che se il Signore ti ha dato ricchezza è per darla agli altri, per fare a nome suo tante cose di bene per gli altri. Ma le ricchezze hanno questa capacità di sedurre noi e in questa seduzione noi cadiamo, siamo schiavi delle ricchezze. Oggi credo che a tutti noi, a cui il Signore ha dato la grazia di celebrare l’Eucaristia insieme, farà bene fare un po’ più di preghiera e un po’ più di penitenza ma non per i poveri, per i ricchi che non sono liberi, per i ricchi schiavi, perché il ricco libero è generoso, sa che le ricchezze le ha date Dio per dare agli altri e questo è un grande».

Il 04 febbraio 2017 durante l’incontro “Economia di comunione”, Francesco ha dichiarato: «Il denaro è importante, soprattutto quando non c’è e da esso dipende il cibo, la scuola, il futuro dei figli. Ma diventa idolo quando diventa il fine. L’avarizia, che non a caso è un vizio capitale, è peccato di idolatria perché l’accumulo di denaro per sé diventa il fine del proprio agire. Quando il capitalismo fa della ricerca del profitto l’unico suo scopo, rischia di diventare una struttura idolatrica, una forma di culto».

Il 24 febbraio 2016 durante l’Angelus, Francesco ha affermato: «Riguardo ai beni, ai beni materiali, questa povertà in spirito è sobrietà: non necessariamente rinuncia, ma capacità di gustare l’essenziale, di condivisione; capacità di rinnovare ogni giorno lo stupore per la bontà delle cose, senza appesantirsi nell’opacità della consumazione vorace. Più ho, più voglio; più ho, più voglio: questa è la consumazione vorace. E questo uccide l’anima. E l’uomo o la donna che fanno questo, che hanno questo atteggiamento “più ho, più voglio”, non sono felici e non arriveranno alla felicità. Il povero in spirito è il cristiano che non fa affidamento su se stesso, sulle ricchezze materiali, non si ostina sulle proprie opinioni, ma ascolta con rispetto e si rimette volentieri alle decisioni altrui. Se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche! L’umiltà, come la carità, è una virtù essenziale per la convivenza nelle comunità cristiane. I poveri, in questo senso evangelico, appaiono come coloro che tengono desta la meta del Regno dei cieli, facendo intravedere che esso viene anticipato in germe nella comunità fraterna, che privilegia la condivisione al possesso».

Il 24 febbraio 2016 durante l’udienza generale, Francesco ha affermato: «In diversi passi si parla dei potenti, dei re, degli uomini che stanno “in alto”, e anche della loro arroganza e dei loro soprusi. La ricchezza e il potere sono realtà che possono essere buone e utili al bene comune, se messe al servizio dei poveri e di tutti, con giustizia e carità. Ma quando, come troppo spesso avviene, vengono vissute come privilegio, con egoismo e prepotenza, si trasformano in strumenti di corruzione e morte».

Il 15 dicembre 2015 durante l’omelia a Santa Marta, Francesco ha affermato: «Se tu hai una banca tua, sei il padrone di una banca ma il tuo cuore è povero, non è attaccato ai soldi, questo è al servizio, sempre. La povertà è questo distacco, per servire ai bisognosi, per servire agli altri. Dov’è la mia fiducia? Nel potere, negli amici, nei soldi? Nel Signore! Questa è l’eredità che ci promette il Signore: ‘Lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero, confiderà nel nome del Signore’. Umile perché si sente peccatore; povero perché il suo cuore è attaccato alle ricchezze di Dio e se ne ha è per amministrarle; fiducioso nel Signore perché sa che soltanto il Signore può garantire una cosa che gli faccia bene. E davvero che questi capi sacerdoti ai quali si rivolgeva Gesù non capivano queste cose e Gesù ha dovuto dire loro che una prostituta entrerà prima di loro nel Regno dei Cieli».

Il 06 novembre 2015 in un’intervista al quotidiano olandese Straatnieuws, Francesco ha affermato: «Non sono i tesori della Chiesa, ma sono i tesori dell’umanità. Per esempio, se io domani dico che la Pietà di Michelangelo venga messa all’asta, non si può fare, perché non è proprietà della Chiesa. Sta in una chiesa, ma è dell’umanità. Questo vale per tutti i tesori della Chiesa. Ma abbiamo cominciato a vendere dei regali e altre cose che mi vengono date. E i proventi della vendita vanno a monsignore Krajewski, che è il mio elemosiniere. E poi c’è la lotteria. C’erano delle macchine che sono tutte vendute o date via con una lotteria e il ricavato è usato per i poveri. Ma ci sono cose che si possono vendere e queste si vendono. Si, se facciamo un catalogo dei beni della Chiesa, si pensa: la Chiesa è molto ricca. Ma quando è stato fatto il Concordato con l’Italia 1929 sulla Questione Romana, il governo italiano di quel tempo ha offerto alla Chiesa un grande parco a Roma. Il papa di allora, Pio XI, ha detto: no, vorrei soltanto un mezzo chilometro quadrato per garantire la indipendenza della Chiesa. Questo principio vale ancora. Sì, i beni immobili della Chiesa sono molti, ma li usiamo per mantenere le strutture della Chiesa e per mantenere tante opere che si fanno nei paesi bisognosi: ospedali, scuole. Ieri, per esempio, ho chiesto di inviare in Congo 50.000 euro per costruire tre scuole in paesi poveri, l’educazione è una cosa importante per bambini. Sono andato all’amministrazione competente, ho fatto questa richiesta e i soldi sono stati inviati».

Il 19 ottobre 2015 durante l’omelia a Santa Marta, Francesco ha ricordato che Gesù “non è contro le ricchezze in se stesse”, ma mette in guardia dal porre la propria sicurezza nel denaro che può fare della “religione un’agenzia di assicurazioni”. “La prima è la povertà di spirito”, cioè non essere attaccati alle ricchezze che – se si possiedono – sono “per il servizio degli altri, per condividere, per fare andare avanti tanta gente”.

L’16 ottobre 2015 durante l’intervista a “Paris Match”, Francesco ha spiegato: «Il capitalismo e il profitto non sono diabolici se non si trasformano in idoli. Non lo sono se rimangono strumenti. Se invece domina l’ambizione sfrenata di denaro, e il bene comune e la dignità degli uomini passano in secondo o in terzo piano, se il denaro e il profitto a ogni costo diventano un feticcio da adorare, se l’avidità è alla base del nostro sistema sociale ed economico, le nostre società sono destinate alla rovina. Gli esseri umani e l’intero creato non devono essere al servizio del denaro: le conseguenze di quando sta accadendo sono sotto gli occhi di tutti!».

Il 25 maggio 2015 durante l’omelia a Santa Marta, Francesco ha spiegato: «L’attaccamento alle ricchezze è l’inizio di ogni genere di corruzione, dappertutto: corruzione personale, corruzione negli affari, anche la piccola corruzione commerciale, di quelli che tolgono 50 grammi al peso giusto, corruzione politica, corruzione nell’educazione… Perché? Perché quelli che vivono attaccati al proprio potere, alle proprie ricchezze, si credono nel paradiso. Sono chiusi, non hanno orizzonte, non hanno speranza. Alla fine dovranno lasciare tutto. E vivere senza orizzonte è una vita sterile, vivere senza speranza è una vita triste. L’attaccamento alle ricchezze ci dà tristezza e ci fa sterili. Dico ‘attaccamento’, non dico ‘amministrare bene le ricchezze’, perché le ricchezze sono per il bene comune, per tutti. E se il Signore a una persona gliene dà è perché li faccia per il bene di tutti, non per se stesso, non perché le chiuda nel suo cuore, che poi con questo diventa corrotto e triste».

Il 14 aprile 2015 durante la messa in Santa Marta, Francesco ha ricordato: «In questa seconda settimana di Pasqua, durante la quale celebriamo i misteri pasquali, ci farà bene pensare alle nostre comunità, siano esse diocesane, parrocchiali, famigliari o tante altre, e chiedere la grazia dell’armonia che è più dell’unità – l’unità armonica, l’armonia, che è il dono dello Spirito – di chiedere la grazia della povertà – non della miseria, della povertà: cosa significa? Che se io ho quello che ho e devo gestirlo bene per il bene comune e con generosità – e chiedere la grazia della pazienza, della pazienza».

Il 22 marzo 2015 durante la visita pastorale a Napoli, Francesco ha affermato: «Un’altra testimonianza è lo spirito di povertà; anche per i sacerdoti che non fanno voto di povertà, ma devono avere lo spirito di povertà. Lo spirito di povertà non è però spirito di miseria. Un sacerdote, che non ha fatto il voto di povertà, può avere i suoi risparmi, ma in una maniera onesta e anche ragionevole. Ma quando ha quell’avidità e si mette negli affari…  Come ho detto, un sacerdote può avere i suoi risparmi, ma non il cuore lì, e che siano risparmi ragionevoli».

Il 6 marzo 2015 nell’intervista a Valentina Alazraki, vaticanista di Televisa, Francesco ha affermato: «Ho conosciuto persone ricche e qui sto portando avanti la causa di beatificazione di un ricco imprenditore argentino, Enrique Shaw, che era ricco ma era santo. Cioè una persona può avere denaro, Dio glielo dà perché lo amministri bene. E quest’uomo lo amministrava bene, non con paternalismo ma facendo crescere quanti avevano bisogno del suo aiuto. Quello che io attacco sempre è la sicurezza nella ricchezza: non mettere la tua sicurezza lì. Nel Vangelo Gesù su questo è radicale: la parabola di chi aveva dei granai, pensa di costruirne altri e all’indomani muore. È chiarissimo. Non riporre la tua speranza lì. L’ingiustizia delle ricchezze […]. E io mi includo tra i “ricchi” perché non mi manca nulla. E devo stare attento a non approfittare di questo per non peccare. Una ricchezza che non abbiamo».

Il 28 febbraio 2015 incontrando il mondo delle cooperative ha ricordato: «ripreso poi da san Francesco d’Assisi, che “il denaro è lo sterco del diavolo”. Lo ripete ora anche il Papa: “il denaro è lo sterco del diavolo”! Quando il denaro diventa un idolo, comanda le scelte dell’uomo. E allora rovina l’uomo e lo condanna. Lo rende un servo. Il denaro a servizio della vita può essere gestito nel modo giusto dalla cooperativa, se però è una cooperativa autentica, vera, dove non comanda il capitale sugli uomini ma gli uomini sul capitale».

Il 05 febbraio 2015 ha spiegato che la Chiesa non è una ong che deve portare aiuto ai poveri, ma innanzitutto che deve portare il Vangelo agli altri: «E’ vero, noi dobbiamo prendere aiuto e fare organizzazioni che aiutino in questo: quello sì, perché il Signore ci dà i doni per questo. Ma quando dimentichiamo questa missione, dimentichiamo la povertà, dimentichiamo lo zelo apostolico e mettiamo la speranza in questi mezzi, la Chiesa lentamente scivola in una ong e diviene una bella organizzazione: potente, ma non evangelica, perché manca quello spirito, quella povertà, quella forza di guarire».

L’11 dicembre 2014 il card. Christoph Schönborn, ordinato da Francesco membro della Commissione Cardinalizia di Vigilanza sullo I.O.R., ha rivelato alcune parole dette a loro dal Pontefice: «“Il Papa ci ha detto una cosa – penso di non tradire un segreto: “Io non amo i soldi, ma ne ho bisogno, per i poveri e per la missione”. E con questa semplicità ci ha detto tutto: non i soldi per i soldi sono il fine, ma i soldi per i poveri, per la missione. E qui ci vuole un po’ di giustizia nei confronti del Vaticano: pensiamo che la Congregazione per la propaganda della fede, per l’evangelizzazione dei popoli, la ‘Propaganda fidei’, come un tempo si chiamava, sostiene con i soldi che ha da fondi immobiliari, da donazioni ricevute nel corso dei secoli – un patrimonio importante –, ecco, con questo patrimonio, essa sostiene più di mille diocesi nelle terre più povere del mondo, dove mai la chiesa locale potrebbe mantenere le proprie strutture e attività senza l’aiuto del Vaticano, del patrimonio della Santa Sede».

Nell’ottobre 2014 Francesco rilascia un’intervista in occasione della stesura del libro “Papa Francesco. Questa economia uccide” (Piemme 2015), in essa ha affermato: «Il pauperismo è una caricatura del Vangelo e della stessa povertà. Gesù afferma che non si possono servire due padroni, Dio e la ricchezza. È pauperismo? […] Quello del Vangelo è un messaggio rivolto a tutti, il Vangelo non condanna i ricchi ma l’idolatria della ricchezza, quell’idolatria che rende insensibili al grido del povero».

Il 29 giugno 2014 in occasione dell’intervista concessa a “Il Messaggero”, Papa Francesco ha affermato: «Il Vangelo si rivolge indistintamente ai poveri e ai ricchi. E parla sia di povertà che di ricchezza. Non condanna affatto i ricchi, semmai le ricchezze quando diventano oggetti idolatrati. Il dio denaro, il vitello d’oro».

L’11 maggio 2014 il card. Piero Parolin, segretario di Stato Vaticano, scelto da Papa Francesco, ha spiegato: «a che servirebbe una Chiesa magari più austera, ma che non impegnasse i suoi membri a lavorare giorno per giorno, nella concretezza delle situazioni, per restituire ai poveri, e ancor di più ai miseri e ai dannati della terra, la loro dignità -anche economica- di cittadini del mondo che vivono del loro lavoro?».

Il 5 marzo 2014 Papa Francesco ha concesso un’intervista al “Corriere della Sera” rispondendo alle accuse ricevute di essere pauperista: «Il Vangelo condanna il culto del benessere. Il pauperismo è una delle interpretazioni critiche. Nel Medioevo c’erano molte correnti pauperistiche. San Francesco ha avuto la genialità di collocare il tema della povertà nel cammino evangelico. Gesù dice che non si possono servire due signori, Dio e la Ricchezza. E quando veniamo giudicati nel giudizio finale conta la nostra vicinanza con la povertà. La povertà allontana dall’idolatria, apre le porte alla Provvidenza. Zaccheo devolve metà della sua ricchezza ai poveri. E a chi tiene i granai pieni del proprio egoismo il Signore, alla fine, presenta il conto. Quello che penso della povertà l’ho espresso bene nella Evangelii Gaudium».

Il 14 febbraio 2014 è apparsa la sua prefazione al libro del cardinale Müller, in cui si legge: «Il denaro è uno strumento che in qualche modo – come la proprietà – prolunga e accresce le capacità della libertà umana, consentendole di operare nel mondo, di agire, di portare frutto. Di per sé è uno strumento buono, come quasi tutte le cose di cui l’uomo dispone: è un mezzo che allarga le nostre possibilità. Tuttavia, questo mezzo può ritorcersi contro l’uomo. Il denaro e il potere economico, infatti, possono essere un mezzo che allontana l’uomo dall’uomo, confinandolo in un orizzonte egocentrico ed egoistico […]. Quando i beni di cui si dispone sono utilizzati non solo per i propri bisogni, essi diffondendosi si moltiplicano e portano spesso un frutto inatteso […]. Compito dei cristiani è riscoprire, vivere e annunciare a tutti questa preziosa e originaria unità fra profitto e solidarietà».

Il 24 novembre 2013 ha promulgato l’“Evangelii Gaudium” dove non ha mai invitato ad essere materialmente poveri, ad abbandonare i beni posseduti ma ad usarli in modo cristiano e non accettare «pacificamente il suo predomino su di noi e sulle nostre società […]. Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano […]. Il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare i poveri, rispettarli e promuoverli. Vi esorto alla solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano».

Il 19 settembre 2013 viene pubblicata su “La Civiltà Cattolica” l’intervista a Papa Francesco dove egli torna a parlare della scelta di non andare a vivere nell’appartamento pontificio, che non è dettata dalla povertà: «Ho bisogno di comunità. E lo si capisce dal fatto che sono qui a Santa Marta […]. Ho scelto di abitare qui, nella camera 201, perché quando ho preso possesso dell’appartamento pontificio, dentro di me ho sentito distintamente un “no”. L’appartamento pontificio nel Palazzo Apostolico non è lussuoso. È antico, fatto con buon gusto e grande, non lussuoso. Ma alla fine è come un imbuto al rovescio. È grande e spazioso, ma l’ingresso è davvero stretto. Si entra col contagocce, e io no, senza gente non posso vivere. Ho bisogno di vivere la mia vita insieme agli altri».

Il 28 luglio 2013 durante la conferenza stampa nel volo di ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, Papa Francesco ha affermato: «Io non potrei vivere da solo nel Palazzo, e non è lussuoso. L’appartamento pontificio non è tanto lussuoso! E’ largo, è grande, ma non è lussuoso. Ma io non posso vivere da solo o con un piccolo gruppetto! Ho bisogno di gente, di trovare gente, di parlare con la gente… E per questo quando i ragazzi delle scuole gesuite mi hanno fatto la domanda: “Perché Lei? Per austerità, per povertà?”. No, no: per motivi psichiatrici, semplicemente, perché psicologicamente non posso. Ognuno deve portare avanti la sua vita, con il suo modo di vivere, di essere. I cardinali che lavorano in Curia non vivono da ricchi e da fastosi: vivono in un appartamentino, sono austeri, loro, sono austeri […] Ognuno deve vivere come il Signore gli chiede di vivere. Ma l’austerità – un’austerità generale – credo che sia necessaria per tutti noi che lavoriamo al servizio della Chiesa. Ci sono tante sfumature sulle austerità… ognuno deve cercare il suo cammino».

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