La differenza tra il pauperismo e la povertà cristiana

Francesco d'Assisi 
di Francesco Agnoli*
*scrittore e saggista

 
da Il Foglio 18/04/13
 

Quando si parla di san Francesco, il pensiero corre al Cantico delle Creature, che tutti abbiamo studiato come primo documento della letteratura volgare. Riassunto in soldoni, il Cantico insegna ad andare a Dio tramite le sue creature. Dice cioè di un amore per la realtà, per il mondo, per il suo essere portatore di tracce divine. Come osservando un quadro di Giotto o la Pietà di Michelangelo riusciamo a comprendere qualcosa dell’intelligenza, della genialità dei due artisti, così il Sole, la Luna, l’acqua, il fuoco sono doni di Dio, che a lui ci devono condurre.

Dalle creature al Creatore; dalle “perfezioni” visibili, a quelle invisibili. Poi il pensiero corre a Madonna Povertà, di cui ci parla Dante nell’XI canto del Paradiso, e tutti immaginiamo un uomo che rinuncia alle ricchezze del padre, alle glorie del mondo, per una vita all’insegna dell’amore di Dio, della semplicità, della povertà. Ma la povertà esteriore, il rude saio francescano, mi sembra, è solo l’aspetto più evidente, esteriore, della povertà francescana.

Per questo talora si può ridurre Francesco a un pauperista. In realtà avrebbe faticato di più, senza dubbio, a comunicarlo, ma Francesco sarebbe stato povero, in senso evangelico, anche se fosse stato costretto a vivere in una reggia, a fare il re, il principe o Papa. Del resto, quanti pontefici, quanti sovrani, nella storia, sono stati capaci di un distacco ascetico non solo dalle ricchezze (tentazione, per il vero, degli spiriti più rozzi), quanto dal potere? Ecco dunque che la povertà cristiana di Francesco è anzitutto povertà, diciamo così, dall’orgoglio. I catari, contemporanei di Francesco, vivevano anch’essi una povertà radicale; ma si consideravano “puri”, perfetti, facevano mostra della loro ascesi (in verità disprezzo per la realtà creata), presentandosi come santi. Erano, però, uomini orgogliosi, incapaci di accettare il limite imposto dalla realtà, i limiti della carnalità e della finitudine umana. Dèi, pretendevano di essere, incarcerati nel corpo e nel mondo, tesi a protestare la loro grandezza, la loro divinità, la loro santità, contro la caducità del Sole, della Luna, delle stelle, del corpo… e contro l’ingiustizia e la malvagità degli altri uomini e, a detta loro, di Dio.

In cosa consiste allora la povertà di Francesco? Oserei dire nella sua letizia. Così espressa in un celebre fioretto: «Avvenne un tempo che san Francesco d’Assisi e frate Leone andando da Perugia a Santa Maria degli Angeli, il santo frate spiegasse al suo compagno di viaggio cosa fosse la perfetta letizia. Era una giornata d’inverno e faceva molto freddo e c’era pure un forte vento e… mentre frate Leone stava avanti, frate Francesco chiamandolo diceva: “frate Leone, se avvenisse, a Dio piacendo, che i frati minori dovunque si rechino dessero grande esempio di santità e di laboriosità, annota e scrivi che questa non è perfetta letizia“. Andando più avanti san Francesco chiamandolo per la seconda volta gli diceva: “O frate Leone, anche se un frate minore dia la vista ai ciechi, faccia raddrizzare gli storpi, scacci i demoni, dia l’udito ai sordi… scrivi che non è in queste cose che sta la perfetta letizia…”. E così andando per diversi chilometri quando, con grande ammirazione frate Leone domandò: “padre ti prego per l’amor di Dio, dimmi dov’è la perfetta letizia”. E san Francesco rispose: “quando saremo arrivati a Santa Maria degli Angeli e saremo bagnati per la pioggia, infreddoliti per la neve, sporchi per il fango e affamati per il lungo viaggio busseremo alla porta del convento. E il frate portinaio chiederà: chi siete voi? E noi risponderemo: siamo due dei vostri frati. E lui non riconoscendoci, dirà che siamo due impostori, gente che ruba l’elemosina ai poveri, non ci aprirà lasciandoci fuori al freddo della neve, alla pioggia e alla fame mentre si fa notte. Allora se noi a tanta ingiustizia e crudeltà sopporteremo con pazienza ed umiltà senza parlar male del nostro confratello, anzi penseremo che egli ci conosca… allora frate Leone scrivi che questa è perfetta letizia…”.

Cosa dice Francesco? Che chi è povero di sé, chi è povero di orgoglio, cioè chi non lega la propria “autostima”, come si dice oggi, ai fatti, alle circostanze, al successo, alla fama, al riconoscimento degli altri, è veramente lieto. Nessuno infatti può portargli via nulla, perché ciò che gli sta a cuore non sono gli sguardi degli uomini, ma il sentirsi guardato, giudicato, amato da Dio. Cosa importa, alla letizia francescana, se i frati, che lui ha fondato, non aprono la porta? Se proprio chi dovrebbe essere riconoscente, non lo è? Se non solo i nemici, ma persino gli amici, criticano e denigrano ingiustamente? Cosa importa se gli altri esaltano, o se al contrario, diffamano?

Nulla di tutto questo è veramente importante. I francescani potrebbero dire “omnia mea mecum porto”, ma non alla maniera degli stoici: con una umiltà nuova, quella per cui la ricchezza che nessuno potrà mai toglierci è l’essere figli di Dio. E’ la fiducia totale nella sua vicinanza. Quanto più ci saremo spogliati di noi stessi, delle nostre presunzioni e pretese, persino, talora, di quelle giuste, tanto più saremo lieti.

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21 commenti a La differenza tra il pauperismo e la povertà cristiana

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  1. Alèudin ha detto

    mi pare che la “povertà” proposta in questo articolo sia bene espressa anche dal patriarca ortodosso di Costantinopoli Atenagora I:

    “Bisogna riuscire a disarmarsi.
    Io questa guerra l’ho fatta.
    Per anni e anni.
    È stata terribile.
    Ma ora, son disarmato.
    Non ho più paura di niente, perché “l’amore scaccia la paura”.
    Sono disarmato dalla volontà di spuntarla,
    di giustificarmi alle spese degli altri.
    Non sono più all’erta, gelosamente aggrappato alle mie ricchezze.
    Accolgo e condivido.
    Non tengo particolarmente alle mie idee, ai miei progetti.
    Se me ne vengono proposti altri migliori, li accetto volentieri.
    O piuttosto, non migliori, ma buoni.
    Lo sapete che ho rinunciato al comparativo…
    Ciò che è buono, vero, reale, dovunque sia, è sempre il migliore per me.
    Perciò non ho più paura.
    Quando non si ha più niente, non si ha più paura.
    “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?”.
    […] Ma se ci disarmiamo, se ci spogliamo, se ci apriamo al Dio uomo che fa nuove tutte le cose,
    allora è lui a cancellare il passato cattivo e a restituirci un tempo nuovo dove tutto è possibile.”

  2. Andrea C. ha detto

    Bergoglio sconfigge l’orgoglio

  3. Daniele ha detto

    Povertà cristiana significa:
    – sobrietà;
    – serena accettazione della volontà di Dio;
    – condividere i bidogni materiali e spirituali dei fratelli;
    – sapere che la propria vita non dipende dai propri beni materiali;
    La povertà, in poche parole, significa non essere schiavi dei beni materiali, in modo da aprirsi a Dio in totale libertà.

  4. Emanuele ha detto

    Cosa ne pensate delle ultime dichiarazioni del Papa sulla povertà? Io ho solo sentito (riportata) la frase: “Pietro non aveva una banca”…frase che i laicisti hanno subito plaudito vedendo un chiaro riferimento allo IOR…

    Sono un po’ perplesso, voi che ne dite?

    • lorenzo ha detto in risposta a Emanuele

      Il Papa è consapevole che «si devono portare avanti opere della Chiesa» e che «alcune sono un po’ complesse», ma bisogna farlo «con cuore di povertà, non con cuore di investimento o come un imprenditore. La Chiesa non è una ong: è un’altra cosa, più importante. Nasce da questa gratuità ricevuta e annunziata».

      Il vero problema, afferma il Papa, non sono i soldi ma il cuore di chi li maneggia: lascia perdere le frasi riportate ed informati direttamente alla fonte.
      http://www.vatican.va/holy_father/francesco/cotidie/2013/index_it.htm

      • Emanuele ha detto in risposta a lorenzo

        Mi mancava la fonte, grazie… Ma dunque dici che la frase è inventata?

        • lorenzo ha detto in risposta a Emanuele

          La frase pronunciata dal Santo Padre: « San Pietro non aveva un conto in banca… », è diventata nei media: « San Pietro non aveva una banca… », alludendo ovviamente allo IOR; lo spirito che ha però spinto quelli che hanno riassunto in tal modo una parte di un concetto molto più articolato era lo stesso che aveva spinto Giuda a criticare la peccatrice per lo “spreco” di olio profumo fatto per ungere i piedi di Gesù.

          • Emanuele ha detto in risposta a lorenzo

            …ecco, mi pareva, grazie…

            Peraltro la frase « San Pietro non aveva una banca… » sarebbe pure sbagliata, stando alle Scritture…

            Un uomo di nome Anania con la moglie Saffira vendette un suo podere
            e, tenuta per sé una parte dell’importo d’accordo con la moglie, consegnò l’altra parte deponendola ai piedi degli apostoli.
            ” (At 5, 1)

            Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto
            e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno.
            Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba, che significa “figlio dell’esortazione”, un levita originario di Cipro,
            che era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l’importo deponendolo ai piedi degli apostoli.
            ” (At 4, 34-37)

            Da questi e da altri passi si capisce che fino da subito molte persone affidavano i loro beni alla Chiesa la quale li gestiva. Ed anche con un certo “benessere”, infatti “nessuno era bisognoso“. Di fatto la Chiesa amministrava una specie di banca, non finalizzata al lucro, ma al soccorso dei più deboli…

    • Franceschiello ha detto in risposta a Emanuele

      Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Continuano imperterriti con il taglia e cuci, in modo da far dire al Papa quello che vogliono loro. Lo facevano con Benedetto, e lo fanno con Francesco.
      Infatti papa Francesco ha chiarito subito (e non è la prima volta) che la Chiesa NON è un’ong, quindi gli ateisti e i cattoprogressisti si mettessero il cuore in pace: Bergoglio non trasformerà la Chiesa in una filiale di Emergency.

  5. geminitolk ha detto

    I laicisti pensano ad una Chiesa povera… così dicono: la combattiamo meglio!

  6. eli ha detto

    Politici! Brutta razza. Sempre alla ricerca di Chiesa povera, chiusa e banche ricche.

    L’ha detta giusta Daniele, sopra:

    Povertà cristiana significa:
    – sobrietà;
    – serena accettazione della volontà di Dio;
    – condividere i bidogni materiali e spirituali dei fratelli;
    – sapere che la propria vita non dipende dai propri beni materiali;
    La povertà, in poche parole, significa non essere schiavi dei beni materiali, in modo da aprirsi a Dio in totale libertà.

  7. Sarebbe bello che si chiedesse o si avesse dai poveri (i commenti a questo articolo, così come il mio, non provengono da loro)il parere su cosa intendono per povertà cristiana….
    Sarebbe bello se questi pareri fossero richiesti, in primis, agli immigrati.
    Scopriremmo, probabilmente, cose nuove ed inedite…..
    Dire ad un povero del terzo mondo che povertà cristiana significa “sobrietà” può essere equivoco ed inadeguato. Non perché non sia vero, ma perché non è quello che lui è in grado, oggi, di capire.
    Secondo me, non è possibile parlare di questi argomenti senza tenere conto delle masse di diseredati che, come Lazzaro, invocano attenzione e soccorso.

  8. edoardo ha detto

    A questo proposito, ricordiamoci come la massoneria sia riuscita ad infiltrarsi nelle più alte sfere vaticane, a livello cardinalizio, da anni.
    E Marcinkus era tra quelli.

  9. eli ha detto

    Dire ad un keniota di mostrare sobrietà dopo che ha vissuto nella miseria è come chiederlo ad un afroamericano che fa il rapper.
    Gli esuli che vengono qui clandestinamente e non vogliono uscire dall’anonimato, si vuole rispetto e si finisce per eccedere verso la pacchianeria, le frivolezze ed il materialismo dopo una vita di povertà economica, forse guerre e disoccupazione.

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