Dio, proiezione psicologica del padre? Una tesi debole e già confutata
Recentemente abbiamo apprezzato un passaggio della riflessione della filosofa morale americana Susan Neiman, attuale direttrice del Forum di Einstein a Potsdam (Germania), in cui avanza alcune obiezioni all’ipotesi psicogenetica della fede formulata principalmente da Sigmund Freud.
La tesi afferma -così come la divulgano navigati catechisti dell’ateismo- che l’immagine che abbiamo di Dio sarebbe una mera proiezione dell’immagine dei nostri genitori, del padre in particolare: «Dio è un sostituto del padre», scrive Freud, «o più precisamente un padre che è stato innalzato, oppure, ancora, è una copia del padre, così come il padre è stato visto e vissuto nell’infanzia» (S. Freud, L’Io e l’Es e altri scritti/Una nevrosi demoniaca nel secolo decimosettimo, 1922). Non viene negata l’esistenza di Dio, ma si attacca la rappresentazione che ne hanno i credenti. «Se versi di nuovo il latte sul pavimento, ti toglierò la tazza», minacciano i genitori ai bambini. Essi, una volta adulti, proietteranno questo schema su Dio: dal buon comportamento deriva il biscotto o l’abbraccio di mamma e papà (cioè, la bontà di Dio), in caso contrario una sculacciata o una sgridata (cioè, un evento avverso)
La raffigurazione di Dio, dunque, sarebbe una rielaborazione delle figure genitoriali. Ma tutto questo, ha spiegato la filosofa Neiman, viene definito dalla filosofia “errore genetico”: «anche se descriviamo la presunta origine di certe aspettative di giustizia, questo non le rende di per sé invalide». Ovvero, il fatto che potremmo avere buone spiegazioni psicologiche su come -ad esempio- il bisogno di giustizia si sviluppa in noi, non significa affatto che sia una mera proiezione psicologica. Allo stesso modo, spiegare psicologicamente/biologicamente come si origini il senso della fame, non rende irreale il cibo o la necessità che abbiamo di esso. Anzi, tornando al senso di una Giustizia ultima, «credo che tutte le nostre reazioni morali più profonde e immediate presuppongano proprio questo bisogno», ha spiegato la Neiman.
Inoltre, ha giustamente aggiunto, pochi o forse nessuno dei teisti pensanti si rapportano con Dio come un essere premiante e/o castigante, secondo lo schema citato sopra. «Aspettarsi che Dio fornisca connessioni istantanee o chiare tra comportamento e ricompensa sarebbe semplicemente sciocco». Sarebbe una fede immatura ed infantile, ogni credente sa bene che i modi di Dio di condurre la Storia sono misteriosi, «nessun buon teista usa la semplice nozione di ricompensa e punizione». Questo è il solito errore degli anti-teisti di professione di combattere idee e comportamenti che sono caricature della realtà.
Un’altra buona replica alla tesi psicogenetica della fede è stata discussa dal gesuita Giovanni Cucci, docente di Psicologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Innanzitutto, osserva Cucci, tale obiezione conferma che nell’ipotetica proiezione freudiana genitori-Dio, non c’è nulla di «deterministico, in quanto la base non è genetica o meramente biologica, ma appunto culturale, relazionale e affettiva, sempre offerta alla libera scelta del soggetto». Inoltre, se valutiamo le ricerche sulla rappresentazione di Dio nei bambini, «osserviamo che Dio presenta tratti specifici come la verità e l’eternità che si mantengono nel corso del tempo, indipendentemente dall’educazione ricevuta e dalle caratteristiche dei genitori». Infatti, «la fede in Dio nasce essenzialmente in un contesto di relazione e non di “spiegazione causale”» (G. Cucci, Esperienza religiosa e psicologia, La Civiltà Cattolica 2009, pp. 123-132).
Si potrebbe poi utilizzare l’argomento di Freud contro i suoi stessi divulgatori, e lo ha effettivamente fatto lo psicologo americano Paul C. Vitz, professore emerito di Psicologia alla New York University (il suo libro è intitolato Faith of the Fatherless. The Psychology of Atheism, Ignatius Press 2013). Il loro ateismo, si potrebbe infatti sostenere, non è reale, né razionale, ma emozionalmente generato da una proiezione psicologica del cattivo rapporto (o dal mancato rapporto) con il proprio padre. La storia mostra, infatti, che molti dei famosi non credenti ebbero esperienze negative con la figura paterna: il premuroso padre di Nietzsche morì quando lui aveva 5 anni, quello di Bertrand Russell quando lui ne aveva 4, lo stesso dicasi per il padre di Richard Carlyle e di Robert Taylor (aveva 7 anni). Lo psicologo ateo Albert Ellis raccontò spesso l’abbandono e la negligenza del padre, Madalyn Murray O’Hair cercò di ucciderlo con un coltello, Samuel Butler considerava i propri genitori “brutali e stupidi di natura”, riportando di suo padre: «Non gli sono mai piaciuto, né lui a me; dai primissimi ricordi che posso richiamare alla mente, non c’è stata una volta in cui io non l’abbia temuto o detestato…non un giorno è passato in cui io non abbia pensato a lui più di una volta come all’uomo che di certo era contro di me». Freud stesso disprezzava il padre considerandolo un pervertito sessuale, un debole ed un incapace a provvedere alla famiglia.
Tornando all’argomento centrale, il problema maggiore dell’obiezione freudiana è che taglia completamente fuori la rivelazione di Dio da parte di Gesù. I cristiani, infatti, concepiscono il Padre così come Cristo lo ha insegnato e comunicato, la matrice comune delle caratteristiche di Dio -si potrebbe dire- è il Vangelo e non i genitori. Esattamente l’opposto di una proiezione: una risposta concreta alle speculazioni dell’uomo su come sia Dio o se Egli esista, rimpiazzando il bisogno di false immaginazioni.
L’antropologo Scott Atran, direttore del Centro di antropologia di Parigi e docente presso l’Università del Michigan e di Oxford, ha a sua volta replicato: «Il bambino apprende alcuni specifici aspetti di Dio prima di apprendere le caratteristiche e i limiti dei suoi genitori. La rappresentazione di Dio non viene né generalizzata dalla rappresentazione genitoriale e nemmeno associata in modo particolare ad essa» (S. Atran, In Gods We Trust: The Evolutionary Landscape of Religion, Oxford University Press 2002, p. 187).
La redazione
Se Freud era ateo, non vuol dire che quel che ha scoperto era atea ed anti teistica. La scoperta dell’immagine che abbiamo di Dio sarebbe una mera proiezione dell’immagine dei nostri genitori, è una intuizione geniale teistica e cristiana da un ateo, e per questa ragione ha valore di più. Gesù menziona Dio Padre per prima volta nella storia. Ed anche intuizione cattolica visto che si chiama “Papa” il primo della chiesa, e non per caso la chiesa cattolica accentua importanza della famiglia tradizionale con genitori e figli. La chiesa non per niente vuole buoni rapporti in famiglia, che condiziona il buon rapporto con Dio da grandi, cosa verificata in esperienza di ogni giorno. Papa e mama sono archetipi, come è anche la famiglia, e per conseguenza il rapporto tra genitori e figli. Vuol dire che papa mama figlio non dipende solo dall’età delle persone (come succede nella famiglia reale), ma principalmente dal crescita spirituale delle persone. E’ questo il significato del padre spirituale.
Sono parzialmente d’accordo con te, tuttavia saprai che la sua ipotesi che probabilmente non aveva un’origine antiteista, è usata da molti atei in chiave antimetafisica. Il tuo è un legittimo rovesciamento di piani e aiuta a sgonfiare la pretesa di usare questo argomento contro l’esistenza di Dio o la sua rappresentazione nei credenti.
Io non ho fato nessun ipotesi (sul Gesù) e nessun calcolo di probabilità, che sono opera della tua ricca immaginazione. Ho cercato di essere logico, pragmatico e basato sulla esperienza. Che la tesi è usata da molti atei non mi frega niente perché so per triste esperienza che sia ateisti, sia teisti usano per i cazzi loro ogni cosa, usano anche Dio, basta che i loro interessi vanno bene.
E neanche uso argomenti contro atei o pro teisti rovesciati in ateisti che cadono in piedi come teisti, come ho detto mi baso sul esperienza in questo caso che non ha bisogno di argomenti metafisici ex cattedra. Per non dire che considero metafisica un malattia mentale.
L’Idea di Dio fornisce spiegazione del proprio Essere e della capacità dell’Uomo di sentirsi parte di un Tutto (al limite senza percepire lo stesso Tutto). Il Cristianesimo, col “Dio fatto Uomo”, ha “aggiunto” la specificità di un messaggio che oltre a ridare ulteriore senso all’Idea di Dio da anche “spiegazione” del perchè Dio ci abbia resi consapevoli (e quali siano le intrinseche ultime finalità…).
Certe volte la psicologia perde di vista la sensatezza delle proprie speculazioni ovvero, in alternativa, non si pone minimamente il problema della reale consistenza delle stesse. Del resto le conclusioni della psicologia sono (almeno in parte) falsificabili?
Non saprei! Non essendo una scienza esatta (e per molti non è nemmeno deifinibile come scienza) difficilmente potrà essere popperianamente falsificabile.
Appunto…
No anzi il principio di falsificabilità nasce in ambito critico alla psicologia:
Popper è quel grande falsificatore che la verità che la terra e rotonda l’ha falsificato che è quadrata?
Semplicemente per Popper la psicanalisi non è falsificabile è solo verificabile.Poi si può criticare a sua volta il principio di falsificabilità,ma la domanda a cui rispondevo era :se per il falsificazionismo la psicanalisi è falsificabile?
“[…]E una volta che un discorso sia scritto, rotola da per tutto, nelle mani di coloro che se ne intendono e così pure nelle mani di coloro ai quali non importa nulla, e non sa a chi deve parlare e a chi no. E se gli recano offesa e a torto lo oltraggiano, ha sempre bisogno dell’aiuto del padre, perché non è capace di difendersi e di aiutarsi da solo.” (Platone, Fedro)
Affermazione vera 2400 anni fa quanto adesso.
Il concetto di divinità è connaturato alla mente umana: che il bambino identifichi la divinità col genitore è naturale… ma poi taluni crescono e tal altri no!
Di fatto, il surreale dogma della religione ateistica è sempre lo stesso:
“Dio è una creazione dell’uomo, e l’uomo è una creazione del caso”.
Fantastico-