L’uccisione di Eluana Englaro e le false giustificazioni
- Ultimissime
- 01 Mar 2016
Il 9 febbraio 2009 l’Italia veniva scossa da un evento che ancora oggi, sette anni dopo, non cessa di dividere e far discutere: la morte di Eluana Englaro (1970–2009), la donna che versava in stato vegetativo da diciassette anni.
Per alcuni fu il trionfale compimento di una battaglia civile, per altri il drammatico epilogo di una guerra perduta. Per tutti, in ogni caso, quel 9 febbraio rappresenta una data storica benché ancora recente, una frattura come non si registrava da tempo, a livello di opinione pubblica. Ebbene, nonostante questi sette anni già trascorsi rimagono ancora poco noti aspetti diversi fondamentali di quello che, in termini giornalistici, è stato ribattezzato come il “caso Englaro”. Nelle righe a seguire cercheremo di rivisitarne alcuni nella speranza di offrire a tutti la possibilità, ripensando a quel 9 febbraio 2009, di farsi un’idea meno parziale e condizionata da resoconti non sempre attendibili che però circolano ancora oggi.
Come stava Eluana?
Cominciamo dall’aspetto forse più importante, e cioè le effettive condizioni di salute nelle quali versava Eluana. E’ opinione comune che la donna, dopo essere stata visitata da fior di medici, fosse stata riconosciuta da tutti – rispetto allo stato vegetativo in cui si trovava – come impossibilitata ad una anche minima ripresa. Ecco già in questa frase, verosimilmente riassuntiva del pensiero di molti, si condensano clamorose imprecisioni. Infatti non solo non è vero che la donna venne visitata da molti medici (basta leggersi le sentenze per accorgersi della presenza, ripetuta, di una sola perizia: quella del professor Carlo Alberto Defanti, incaricato dal padre di Eluana), ma non è vero neppure che coloro che la visitarono concordarono nelle conclusioni. La riprova ci viene dalla notevole divergenza tra il parere espresso dal già citato Defanti – e tenuto in assoluto ed esclusivo rilievo nel corso dei processi – rispetto a quello, per esempio, di uno specialista come il dottor Giuliano Dolce, il quale, anch’egli per mandato del padre, aveva seguito Eluana per qualche tempo registrando come lei, oltre ad aver ripreso, dopo diverso tempo, un regolare ciclo mestruale, fosse in grado di deglutire autonomamente, di variare il ritmo respiratorio a seconda degli argomenti trattati vicino a lei. Tutti elementi puntualmente trascurati dai pronunciamenti giudiziari, nei quali, come detto, compare invece la sola (e datata) perizia di Defanti, presa sempre per buona, anzi: come oro colato.
Un capitolo a parte meritano le effettive condizioni di Eluana prima della morte. Ricordiamo come sette anni fa circolarono, a tal proposito, i resoconti più scabrosi. Lo scrittore Roberto Saviano, per dire, sulle colonne di El Pais arrivò a sostenere che Eluana aveva il «viso deformato e gonfio, senza espressione e senza capelli». Descrizione impressionante epperò frutto di pura fantasia dal momento che, da quanto si sa, l’intellettuale partenopeo non visitò mai la donna. La vide invece – e per due volte – Lucia Bellaspiga, che fra l’altro fu anche l’ultima giornalista a farle visita prima della morte. E la descrisse così: «Eluana è invecchiata poco, è rimasta ragazza davvero, anche nella realtà, non solo in quella congelata dalle foto […] i lineamenti sono poco diversi da prima, non peggiori o migliori, diversi […] dal suo sguardo capisci che è una disabile, a occhi chiusi potrebbe essere la persona più sana del mondo […] il volto è rilassato, pieno, normale, non abbruttito» (L. Bellaspiga – P. Ciociola, Eluana. I fatti. Ancora, Milano 2009, p. 8). Nota bene: né l’Autore di Gomorra, né altri si sono a tutt’oggi scusati per le loro gratuite e discutibilissime opere di fantasia.
La (non) vittoria del diritto
Particolarmente curioso, di quella vicenda, fu anche il dato giuridico. Si è detto che nessuno, una volta avviata la sospensione del nutrimento che avrebbe cagionato la morte di Eluana, avrebbe potuto fare nulla dal momento che, sulla vicenda, da parte della Corte d’Appello di Milano, era stata pronunciata una «sentenza passata in giudicato». Sbagliato: nessuna sentenza passò «in giudicato»; fu invece emesso un decreto di tribunale che, come tale, non era suscettibile di «passare in giudicato» ex art. 2909 c.c., perché provvedimento di «volontaria giurisdizione». Non solo: c’erano sentenze, anche precedenti, che avevano già ribadito come i decreti dei tribunali «non sono idonei ad acquisire autorità di giudicato, nemmeno “rebus sic stantibus”, in quanto sono modificabili e revocabili non solo “ex nunc”, per nuovi elementi sopravvenuti, ma anche “ex tunc”, per un riesame (di merito o di legittimità) delle ordinarie risultanze. A ben vedere anche chi ha affermato che si è trattato di una battaglia vinta sul piano del diritto non la conta giusta visto che è stato proprio il diritto, in più occasioni, a dare torto alle tesi del padre ricorrente (il 16 dicembre 2006 la Corte d’Appello di Milano, pur ritenendo ammissibile il ricorso di Beppino Englaro, non lo accolse perché «Eluana è viva» e sottrarle (come poi è stato fatto) alimentazione ed idratazione avrebbe configurato – hanno scritto i giudici – una pratica di «eutanasia omissiva, nonostante gli sforzi argomentativi dei reclamanti di scindere l’ipotesi in esame da quella dell’eutanasia»).
Per bene sei volte, infatti, i magistrati – antecedentemente alla «rivoluzionaria» sentenza della Cassazione del 16/10/2007 – negarono al tutore di Eluana il permesso di anticiparne la morte. Forse quei giudici erano tutti quanti all’oscuro della Costituzione e del citatissimo articolo 32 sul rifiuto delle terapie? Varrebbe la pena chiederselo. Senza considerare che molti sono i punti poco convincenti di quella sentenza della Cassazione del 2006. Anzitutto perché diede per certi elementi che tali non erano, come l’irreversibilità dello stato vegetativo, condizione con nette differenze cliniche da quella del coma, non è più considerata una condizione irreversibile dalla letteratura scientifica (cfr. The vegetative state: guidance on diagnosis and management – The Royal College of Physicians – «Clinical Medicine», 2003; Vol. 3(3):249-54;). In tal senso, all’indomani della sentenza n. 21748 (relatore A. Giusti) della Corte di Cassazione, Vincenzo Carpino, presidente dell’A.a.r.o.i. acronimo che sta per Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani -, si trovò costretto a precisare che in realtà «non esistono criteri precisi per accertare con sicurezza uno stato vegetativo permanente. Mancano parametri scientifici e quindi protocolli di riferimento». Oltretutto stanno emergendo prospettive interessanti in ordine ai possibili gradi di “consapevolezza” delle persone che versano in questa condizione (cfr. Cruse D. – Chennu S. – Fernández-Espejo D. – Payne W.L. – Young G.B. (2012)Detecting Awareness in the Vegetative State: Electroencephalographic Evidence for Attempted Movementst Command.«PLoSONE»(11):e49933;), per non parlare degli ormai molteplici casi di “risvegli” (come Amy Pickard, Christa Lily Smith, Patricia White Bull, Donald Herbert, Jan Grzebsky, Jesse Ramirez, Sarah Scantlin) alcuni dei quali clamorosi, come quello di Terry Wallis, avvenuto dopo 19 anni.
In secondo luogo perché la Suprema Corte diede valore ad una ricostruzione “indiretta” della volontà terapeutiche di Eluana attraverso il suo «stile di vita», si collocò in netto contrasto con altri pronunciamenti coevi della Suprema Corte. Che, quanto alla manifestazione del “non consenso” a un trattamento sanitario, in ben due sentenze – la 4211/2007 e la n 23676/2008 – sottolineò, mostrandosi decisamente più rigida, la necessità di «una dichiarazione articolata, puntuale ed espressa, dalla quale inequivocabilmente emerga detta volontà».
Non fu Eluana a chiedere di morire
Alla luce di quanto ha detto e ribadito la Suprema Corte ci si può legittimamente chiedere: ci fu effettivamente, da parte di Eluana, una «una dichiarazione articolata, puntuale ed espressa» sulla sua volontà di non vivere a certe condizioni? «Se non posso essere quello che sono adesso, preferisco morire» – secondo il padre – furono le parole della giovane donna un anno prima del tragico incidente (Englaro B. – Nave E., Eluana. La libertà e la vita, Rizzoli, Milano 2009). Non ci sono elementi per dubitare aprioristicamente che queste parole Eluana le abbia dette, anche se rimangono degli interrogativi: quando e dove sono state pronunciate? Riflettevano appieno il suo pensiero oppure un suo personale stato d’animo, magari generato dalla notizia di uno stato di coma da parte di altri? Perché in quel caso dovremmo concludere che il pensiero di Eluana – sia pure rafforzato da quel «preferisco morire», peraltro così frequente nel lessico giovanile – fosse quello di tutti dal momento che nessuno sano di mente si augurerebbe di ritrovarsi in coma o in stato vegetativo. Come andarono dunque le cose? Non è chiaro.
L’unico dato certo – anche se, guarda caso, poco ricordato – è che la stessa Corte d’Appello di Milano ha messo nero su bianco come sia stato il Beppino Englaro, e non Eluana, a richiedere la sua morte: «La. S.C. non ha ritenuto che fosse indispensabile la diretta ricostruzione di una sorta di testamento biologico effettuale di Eluana, contenente le sue precise dichiarazioni di trattamento […] ma che fosse necessario e sufficiente accertare che la richiesta di interruzione di trattamento formulata dal padre in veste di tutore riflettesse gli orientamenti di vita della figlia». Parole che demoliscono un’altra leggenda metropolitana: quella secondo cui il tutore, in questo caso, abbia agito «”con” l’incapace» (Pizzetti F. G. Alle frontiere della vita: il testamento biologico tra valori costituzionali e promozione della persona, Giuffrè Editore, Milano 2008, p. 322) e che, quindi, sia stata lei, Eluana, a chiedere di non essere tenuta in vita a certe condizioni. Falso. Quella richiesta non è mai stata formulata. Non da lei, almeno: e scusate se è poco.
La morte di una donna
Queste poche righe non hanno, naturalmente, la pretesa – né potrebbero averla – di dissipare tutte le numerose ambiguità di un caso che ha fatto e continuerà a far discutere. E’ bene però che d’ora in poi tutti, quanto meno, tengano presenti i tre elementi – ce ne sarebbero molti altri, ma lo spazio, si sa, è tiranno – che abbiamo qui voluto mettere a fuoco:
1. Eluana Englaro, in seguito ad «eutanasia passiva» (Pavone I. R. La convenzione europea sulla biomedicina, Giuffrè Editore, Milano 2009, p.55), è morta, ma sarebbe potuta tranquillamente vivere, perché, pur versando in condizioni di evidente e gravissima disabilità, la sua salute non era affatto in pericolo;
2. Si poteva anche giuridicamente impedire la sua morte dal momento che il decreto della Corte d’Appello di Milano a cui sono seguiti il ricovero ad Udine ed il decesso della donna era revocabile in qualsiasi momento alla luce, se non altro, delle decine di esposti fioccati tanto alla Procura di Milano, tanto a quella di Udine da parte di associazioni e privati cittadini e mai, di fatto, esaminati nel merito;
3. Eluana Englaro non ha mai è espresso la volontà di morire, qualora si fosse trovata a vivere in condizione di stato vegetativo. E se lo ha fatto, la giustizia italiana non è stata – nonostante i numerosi dibattimenti e le numerose sentenze emesse sulla vicenda – in grado di accertarlo.
Riepilogando, il 9 febbraio 2009 una donna innocente e gravemente disabile, in Italia, è deceduta in solitudine (quando Eluana morì, era sola. Non c’era nessuno in quella stanza: il padre Beppino Englaro era a Lecco, come pure la madre. Non c’era un infermiere, un medico, nessuno di quelli che avrebbero dovuto “accompagnarla al riposo con presenza costante ed attenta”, com’è stato scritto da qualcuno) in seguito a disposizioni per le quali non aveva mai reso «una dichiarazione articolata, puntuale ed espressa», morendo – secondo quanto paventato in un appello sottoscritto da 25 fra docenti universitari e direttori di reparti di neurologia – «attraverso una lenta devastazione di tutto l’organismo».
Anche se quindi sono ormai trascorsi sette anni, anche se il tempo passa e tutto quello che volete, sinceramente: crediamo davvero che su quanto accaduto si debba tacere? Crediamo che la verità di fatti gravi, dopo un po’, debba essere taciuta? Crediamo veramente che nascondere la vergogna sotto il tappeto serva a non provarla più, a stare meglio? Oppure pensiamo che sì, quel che è accaduto ad Eluana debba essere ricordato minuto per minuto, come un dramma comune, come una pagina dolorosa, come l’occasione perduta e che dobbiamo riconquistare per dire che siamo tutti uguali non solo a parole, e che se sei il più debole, in una comunità, sei non l’ultimo bensì il primo a cui tutti debbono pensare, e il primo da proteggere?
35 commenti a L’uccisione di Eluana Englaro e le false giustificazioni
Se c’è una Giustizia, un giorno la cricca di politici, in primis Napolitano, avranno da rispondere di quella vita umana soppressa…
L’ inizio della ” modernizzazione” del Paese da parte dei tangheri della sinistra….
…e non finirà qui.
Se pensiamo che a questa povera ragazza è stata inflitta la stessa pena che è stata inflitta a padre Massimiliano Kolbe ad Auschwitz…
Ritengo che l’uccisione di Eluana Englaro sia solo un capitolo di quello che gli italiani credono oggi! Quante volte si sente dire “meglio morire che vivere nella sofferenza”; i nostri anziani subiscono questa diceria e quanti ne muoiono prematuramente per decisione di parenti e consanguinei? I nostri ospedali sono da questo punto di vista poco sicuri, eppure passano per essere un’eccellenza a livello mondiale…
E’ passato alle cronache il caso di Eluana ma ogni giorno muoiono vite ignare della sorte che decretano sulla loro pelle i medici.
Colpa dell’ignoranza di un popolo che vuole essere all’avanguardia sul tema dell’eutanasia che in europa viene concessa in base a precise volontà di suicidio!
Ho sempre ammirato il padre di Eluana, che ha portato avanti una difficile battaglia legale, quando avrebbe potuto sospendere le cure, come succede in tantissimi casi, senza richiedere il permesso del tribunale.
Ammirare un assassino, complimenti.
Ammiri un assassino?
Beppino Englaro è un eroe dei nostri tempi e non ha ammazzato nessuno, ma solo permesso che la vita di sua figlia finisse con naturale decorso, come lei aveva richiesto. Ognuno è libero di curarsi o non curarsi come crede e questa libertà va rispettata.
Peccato che Eluana non aveva mai chiesto di morire, infatti la sentenza dice che è stato creduto a quanto ricordato vagamente da Beppino Englaro.
Non esiste alcuna libertà di autodeterminarsi quando c’è in ballo la vita umana (non a caso c’è la legge sulle cinture di sicurezza e il caso in motorino), sopratutto non c’è alcun diritto di chiedere allo Stato di essere complice del tuo omicidio-suicidio tramite una legge apposita.
Chissà come mai Giancarlo Alberisi e i colleghi laicisti hanno solo in mente il suicidio…
La sentenza ha detto che quella era la volontà di Eluana. Punto.
Ecco perché articoli come questo sono così necessari, per smentire chi mente giustificando un omicidio.
La sentenza ha parlato di ricostruzione “indiretta” della volontà di Eluana a partire dal suo stile di vita, un’aberrazione giuridica. E infatti prima di tale sentenza tutti gli altri tribunali avevano dato torto a Beppino Englaro.
Dopo che altre sentenze avevano detto il contrario
Non c’ è di che meravigliarsi, caro Ottavio, del fatto che la masnada laicista pensi solo al suicidio:
In fin dei conti nel loro modello di società i diritti più importanti, quelli che ” contano ” , quelli che, per intenderci, devono essere presi come indicatori per valutare il grado di evoluzione e modernità, sono l’ aborto ( e più è tardivo meglio è ), il suicidio assistito e il riconoscimento giuridico alle coppie omo.
Aggiungiamo anche il disprezzo , o almeno la commiserazione verso il concetto di famiglia naturale”, ed abbiamo belle pronta una ricetta infallibile per far collassare qualsiasi società nel giro di un paio di generazioni.
Del resto, Ottavio, come possono dei ” dead men walking” quali sono pensare diversamente? Non si può pretendere da uno zombie una visione gioiosa della vita , uno zombie non potrà mai apprezzare la bellezza del far nascere, del far vivere, del sole , della primavera del buon vino e delle belle ragazze ; uno zombie è uno zombie, quello pensa secondo sua natura, pensa al cimitero e a far diventare tutti come lui.
Il problema è che per Eluana, un “altro” fosse pure suo padre ha deciso. Insomma….non prendiamoci in giro ! E’ semplice ipocrisia ! Vorrei solo capire quali siano i “reconditi” motivi per l’accanimento ed il perseguimento di tale volontà omicida nei confronti di Eluana !
Morire con naturale decorso…allora non curiamo piu’ nessuno..perche’ la medicina si accanisce ancora nel cercare di curare..Eluana aveva bisogno di essere alimentata..ogni suo organo funzionava perfettamente…srcondo il tuo logico e impeccabile ragionamento tutti gli anziani, affetti da ictus, anoressia nervosa all ultimo stadio , catatonia , neonati ecc ecc…sovrebbero essere lasciati morire di fame perche non piu’ in grado di alimentarsi da soli…aspetto queste tue stesse parole quando la vecchiaia fara’ con te il suo naturale decorso…apri gli occhi e piantiamola con i falsi sentimentalismi ipocriti…fatti un giro in Belgio..e guarda a che punto e’ arrivata la ” dolce morte” a chi viene data e quanti morti al giorno ci sono …poi ne riparliamo…vi fate infinocchiare dai media e dslla propaganda…e non sapete chi ci guadagna dietro i dolci sieti della morte cosi’ con le pastigliette killer..informati!
Ha ” solo ” permesso che la vita di sua figlia finisse con naturale decorso? Beh, in un certo senso è così ; anche tu finiresti la tua vita con naturale decorso se ti legassero in un letto senza mangiare e bere…
Scusa, trollona ( siamo in confidenza, amici di Uccr, conosco la multi-nick dai commenti di Tempi! ), qui “Giancarlo Alberisi”, mi sembra palese che la volontà del padre sia stata di fare una battaglia pro-eutanasia , altro che correttezza estrema : tutte le conferenze pro-eutanasia che il signor Englaro ha tenuto ovunque dopo la morte per eutanasia di Eluana sono lì a testimoniarlo.
E ora aspettiamo il commento di “maria”, altro nick della trollona per questo sito.
Sì, la trollona è educatissima,dà del lei, saluta, risponde, peccato che prenda il prossimo per i fondelli, con tutte le sue identità multiple in contemporanea !
finalmente qualcuna con un po’ di sale in zucca e che capisce quando qualcuno vuole prendere in giro…
Bè, caro Kosmo, ho avuto una frequentazione di anni con gli horror-nick della trollona, sempre la stessa sbobba, sempre le stesse frasi fatte, sempre la stessa aridità e disumanità. L’unica scusante è che ha ammesso in passato di avere qualche disturbo psichico : solo così si tenta di giustificare la sua protervia di cambiare nick in continuazione e di intervenire, di regola ,nella stessa discussione con più nick. Certo, se non facesse così, nessuno interagirebbe con lei dopo il secondo intervento, tanto è cattiva e insulsa in quello che dice o , più spesso, copia e incolla.Se ripenso alle malvagità inaudite che è riuscita a scrivere su Eluana sui commenti di Tempi, minacciando addirittura di denunciare noi commentatori, mi vengono i brividi. In effetti, paragonare il valore di un bambino nel ventre materno a quello di una suola di scarpe, è stato il suo apice. Scusatemi, ma non ne posso più delle sue continue e reiterate prese per i fondelli.
Se era convinto che fosse giusto interrompere le cure, allora avrebbe dovuto agire anche contro la legge. Se la sua convinzione era che la volontà di sua figlia fosse per l’interruzione e che quindi sarebbe stata cosa buona e giusta farlo, allora doveva farlo, punto. Non averlo fatto non è ammirevole, è semplicemente immorale (se non criminale), visto che per anni ha evitato di fare qualcosa che lui riteneva giustissimo.
D’altronde lui stesso più volte disse che la coscienza delle persone va rispettata sempre. Forse si era scordato di aggiungere “a patto che la legge ci dia ragione”.
Ricorrendo ai tribunali (che puntualmente gli davano torto) ha prolungato l’agonia di anni e anni, con una battaglia legale sostenuta con denaro altrui (Radicali).
Ben più ammirevoli, da un punto di vista squisitamente laico, sono coloro che per rispettare i diritti della coscienza andando contro la legge, e pagandone le conseguenze (economiche ed eventualmente penali) in prima persona.
Di “eroi” che vanno a mendicare davanti allo Stato ciò che ritengono essere giusto per poi vantarsi di aver combattuto chissà quale battaglia, credo che neppure i laici ne abbiano bisogno.
La sua unica colpa è stata voler rispettare la legge.
E dici poco! Vediamo:
1) Se invece che rispettare la legge (pur convinto che non fosse la cosa giusta da fare) avesse tolto sua figlia dalla situazione in cui si trovava, avrebbe evitato a quest’ultima 17 anni di quella che lui chiamava situazione di non vita. Scelta non da tutti e non certo priva di conseguenze, ma gli eroi sono tali proprio perché fanno “cose” che sono fuori dall’ordinarietà.
2) Tu stesso riconosci che la sua colpa è stata di voler rispettare la legge. Di conseguenza rispettandola (peraltro farisaicamente, con una mera osservanza esteriore) ha agito ingiustamente.
3) Prevengo l’obiezione che ucciderla sarebbe stato contrario alla sua volontà, perché ella avrebbe solo manifestato di non voler vivere in condizioni di stato vegetativo: anzitutto, non era affatto chiaro se il rifiuto di vivere in SVP comportava un’eutanasia solo passiva oppure anche attiva; in secondo luogo, mi chiedo se la volontà di Eluana fosse stata quella di morire di fame e di sete, come è accaduto. Non occorre essere indovini per capire che chi intende porre termine alla propria vita, perché divenuta a suo giudizio intollerabile, preferisca morire rapidamente che agonizzare per giorni.
Anche l’unica colpa di molti padri mussulmani che lapidano le proprie figlie è quella di “voler rispettare la legge.”
Anche mastro Titta agiva sempre col permesso del tribunale… solo che mi sfugge qual’era la grave colpa commessa da Eluana…
Era il 2009, la Lehman Brothers era fallita l’anno precedente, e si cercava una nuova forma economica di welfare.
Ah, ecco…
“Il denaro è la causa di ogni male e se ne deve avere il massimo rispetto” (Mr Belvedere)
Pochi i commenti: forse perché il caso lascia, in tutti i sensi, ammutoliti? Personalmente non ho mai approfondito le mie conoscenze sulla vicenda, nella speranza che a me non toccasse mai da vicino qualcosa di simile. E nella consapevolezza che il vivere certe situazioni possa far vacillare le certezze di ognuno: come dare giudizi dall’esterno? In punto di diritto e di logica, come nell’articolo, si può arrivare a determinate conclusioni. Ma in una simile vicenda entrano prepotentemente i sentimenti, e che sorta di sentimenti. Il mio commento è che non so, non so. Anche se non capisco piú di un atteggiamento del padre e della madre, posso solo dire questo: Dio non voglia darmi le prove che ha dato loro.
Grazie germano.
Il padre di Eluana è stato toccato da vicino dalla vicenda quindi ovviamente non si può giudicare il comportamento di una persona sottoposta ad un tale dolore come se si trattasse di quello di una persona lucida. Altrettanto però non si può dire di legulei, giornalistuccoli, politicastri ed avvoltoi vari, il loro di comportamento può essere tranquillamente biasimato senza attenuanti
“…non si può giudicare il comportamento di una persona sottoposta ad un tale dolore come se si trattasse di quello di una persona lucida…”
Per certi versi si può. Soprattutto se si considera che dopo che aveva detto che non avrebbe usato la morte della figlia per scopi “politici”, se ne andò in lungo e in largo per il paese a presenziare (e pubblicizzare) a convegni a sostegno dell’eutanasia.
E non mi pare poco.
nessuna delle molte voci intervenute nel dibattito che abbia fatto un
accenno alla provvidenza divina : la somma giustizia.
il principe di questo mondo ha fatto davvero un gran lavoro , dandoci il
suo poco in cambio del molto. Siamo proprio cosi` attratti dai richiami
di questo mondo ? E` rimasta cosi poca fede sulla terra ?
Il commento di apertura l’hai letto: dal tuo scritto di critica sembra che la provvidenza divina abbia voluto la morte di Eluana!!!
L’omicidio è omicidio e se attuato con la complicità di giudici ideologicizzati rimane omicidio… altrimenti Mengele sarebbe innocente, dato che per le leggi naziste il suo operato era legale.
Viva Cristo Re
…ho notato una cosa, non so se offtopic…
Tutte ciò che è passato come conquista di libertà oggi …ha a che fare con la morte
aborto
fecondazione in tutte le sue forme (embrioni “sacrificati” e tasso di successo relativamente basso)
promozione dell’omosesualità (sterile)
suicidio assistito
eutanasia
…dimentico qualcosa ?
Solo una impressione, sia chiaro, un sentore… magari mi sbaglio, per carità
Hai ragione.
Quando ho il sentore di qualche battaglia radicale in arrivo, mi chiedo sempre a chi toccherà questa volta.
Temo sempre che la Radical Black List possa estendersi fino a comprendere anche me come (s)oggetto sopprimibile per il mio stesso bene.