L’ateismo non esiste: o Dio o una religione sugli idoli

«Con questo articolo diamo avvio alla collaborazione con Francesco Agnoli, scrittore e giornalista, collaboratore de “Il Foglio”, “Avvenire”, “Il Timone”, “Radici Cristiane” e “Radio Maria”, autore di diverse pubblicazioni, come:  Roberto Grossatesta. La filosofia della luce (EDS 2007); Chiesa, sesso e morale (Sugarco 2007); Indagine sul cristianesimo. Come si costruisce una civiltà (Piemme 2010);  Chiesa e pedofilia – Colpe vere e presunte(Cantagalli 2010) e  Case di Dio e ospedali degli uomini (Fede e Cultura 2011). Il prof. Agnoli ha concesso la pubblicazione qui sotto di alcune parti del primo capitolo del suo libro:  Perché non possiamo essere atei” (Piemme 2009)»

 

di Francesco Agnoli*
*scrittore e giornalista

 

E’ abbastanza strano cimentarsi nello scrivere un saggio storico-filosofico su qualcosa che in realtà non esiste, che non appartiene alla natura dell’uomo: l’ateismo. Ateismo significa negazione di Dio, in senso lato: vuol dire negazione di un orizzonte di senso, di una Origine delle cose che esistono, di un principio, su cui l’uomo, animale incompiuto e imperfetto, costruisca dinamicamente e liberamente la sua vita. Dio, a prescindere dai mille significati che questa parola può assumere, è oggetto della ricerca dell’uomo da sempre, perché significa Verità , Bene, Felicità, Giustizia, Amore, tutto ciò verso cui tendiamo, in un modo o nell’altro, consapevoli o meno. Tutti, credenti o meno in un Dio personale, attendiamo che avvenga qualcosa che ci dia il senso della nostra esistenza, che salvi la nostra vita dall’inutilità e dal nulla. Tutti, come Samuel Beckett e i suoi personaggi, aspettiamo “Godot” e lo cerchiamo, chi nella politica, chi nel denaro, chi scegliendo per sé altri idoli e altri dei. Perché se Godot non c’è, se non si rivela capace di soddisfare le esigenze del nostro cuore e della nostra mente, rimane l’assurdo di una esistenza senza meta, senza direzione, e la vita personale si rivela una parentesi di tempo nello scorrere dei secoli, una commedia di burattini alla fine della quale cala un sipario, che non si alzerà mai più.

Più che tra atei e credenti, la storia occidentale degli ultimi secoli può essere divisa tra chi crede in un Dio personale, Creatore, trascendente, e chi affida al mondo, o a se stesso, il compito di contenere e di fornire la risposta esauriente ad ogni domanda di significato e di compiutezza; tra monoteisti, per cui Dio esaurisce nella sua unità e unicità il senso di ogni cosa, e panteisti-politeisti, per i quali Dio -e il senso dell’esistenza- si ha tutto ed esclusivamente nelle vicende del mondo; tra chi crede nella Provvidenza e chi nella Fortuna, chi in un Essere Intelligente e chi nel Caso onnipotente creatore di ogni cosa o, che è lo stesso, in una divina Necessità cosmica che regola a modo suo, senza concedere alcuna libertà, tutto ciò che esiste. In realtà, infatti, si può credere in un Dio personale oppure, non credendo in lui, si possono inventare altre divinità ed altri idoli. Non me ne abbiano i vari Piergiorgio Odifreddi, Edoardo Boncinelli, Eugenio Scalfari, Corrado Augias, Umberto Veronesi, Giulio Giorello, Telmo Pievani, Richard Dawkins, Sam Harris, Michel Onfray e quanti perseguono con tenacia e continuità la loro battaglia per l’ateismo: l’ateo, per chi scrive, è colui che nega assolutamente un Dio creatore, personale, legislatore universale di ciò che è fisico e di ciò che è spirituale, non per togliere all’universo e all’umanità la possibilità di un senso, ma per creare, implicitamente o meno, una nuova fede, un nuova religione, un religamen con altre credenze, altri riti, altri dogmi. Questo tipo di ateo è dunque, per chi scrive, più che un “non credente”, un “diversamente credente”, si chiami Dawkins, Onfray o Giuseppe Stalin. Come diceva Dostevskij, infatti, “vivere senza Dio è un rompicapo e un tormento. L’uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa. Se l’uomo rifiuta Dio, si inginocchia davanti ad un idolo. Siamo tutti idolatri, non atei”.

In questo libro dunque non parlerò dell’ateismo che potremo definire “tragico”, quello, ad esempio, di grandi personalità dell’Ottocento, da Baudelaire a Verlaine, passando per Huysmans, Oscar Wilde, Giovanni Pascoli, Eugenio Montale, Luigi Pirandello, Giuseppe Ungaretti, ecc… L’ “ateismo” di costoro, come quello di tutti coloro che pur ricercando ancora non conoscono e non credono, è in realtà la ricerca di un senso, la volontà di “capire” e di penetrare nelle profondità della vita, senza riuscirci, o forse, meglio, senza riuscirci interamente. Nasce da domande fondamentali, impossibili da evadere, che possono magari rimanere senza risposta, ma che non cessano comunque di “torturare” il cuore, come dimostrano le crisi religiose di tutti questi personaggi, alcuni dei quali – come Huysmans, Wilde, Ungaretti – approdati poi a una Fede forte e convinta. Questi grandi autori che ho citato sono rappresentativi perché incarnano la crisi delle certezze religiose di un tempo, ma non la sostituzione di esse con una ideologia, atea nell’apparenza, perché negatrice di Dio, ma religiosa nei modi e nelle manifestazioni, perché idolatrica.

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219 commenti a L’ateismo non esiste: o Dio o una religione sugli idoli

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  1. Renato Valsecchi ha detto

    Un caloroso benvenuto al prof. Agnoli!! Grazie!

    • Karma ha detto in risposta a Renato Valsecchi

      Anche da parte mia…ci speravo davvero che iniziasse a pubblicare su questo sito che sta diventando davvero grande e importante, anche perché le firme importanti sono tante ormai.

  2. Antony ha detto

    Beccata un’ennesima lacuna della società laica che non riesce a capirlo. SOno completamente d’accordo con Agnoli e la storia è lì a dimostrarlo.

  3. Bano ha detto

    non conoscevo questo libro mi ha colpito molto la lucidità dell’articolo

  4. Giorgio D. ha detto

    Questo libro l’ho letto ed è molto interessante…e ho anche la dedica del prof. Agnoli in prima pagina, perché era stato invitato, un paio di anni fa, dai giovani del movimento ecclesiale carmelitano (di cui faccio parte) e il libro lo acquistai dopo il suo incontro…incontro molto interessante…

    • Gennaro ha detto in risposta a Giorgio D.

      Anch’io l’ho letto e sicuramente è da consigliare per chi vuole capire come stanno le cose. La prima parte è una critica interessante al neodarwinismo e concentrata su “scienza e fede”. La seconda parte è invece storica, ci si concentra sui crimini contro i credenti e nella confutazione delle varie leggende contro la Chiesa. La cosa che mi ha colpito è che si parla di cose molto divulgative mantenendo però giudizi assai profondi e interessanti. Come questo articolo dimostra. Credo che il pregio di Francesco sia questo, avere sempre in mente mentre scrive le varie critiche moderne alla Chiesa e alla fede, rispondervi e al contempo abbinare riflessioni e giudizi profondi e per nulla banali o livrosi.

  5. alèudin ha detto

    il solito (meraviglioso) Dostevskij:

    “L’assoluto ateismo si trova sul penultimo gradino della scala verso la fede perfetta (che faccia o no l’ultimo passo), mentre l’indifferenza non ha nessuna fede, ma soltanto una solida paura.”

  6. Laura ha detto

    interessante la scissione tra ateismo militante e ateismo tragico, credo sia davvero doverosa.

  7. Alessandro M. ha detto

    Benvenuto anche da parte mia..è un piacere leggerla anche qui 🙂

  8. Michele Santambrogio ha detto

    Stimo molto Agnoli e anche questa volta leggo un articolo davvero bello e assolutamente condivisibile. Tutti aspetta qualcosa, tutti ripongono speranza in qualcosa. O Dio oppure schiavi degli idoli.

  9. Michele Forastiere ha detto

    Benvenuto, professor Agnoli! Ho la fortuna di aver già letto il suo bellissimo libro, che ho trovato pieno di spunti per le mie riflessioni sul rapporto scienza-fede.
    Un cordiale saluto e un augurio di Buon Natale (a lei e a tutti i partecipanti alla discussione).

  10. Pino ha detto

    mi unisco anch’io nel dare il benvenuto al Prof.Agnoli che seguo sempre e apprezzo.

  11. Ugo La Serra ha detto

    Ammetto che per un credente possa essere veramente difficile concepire come una mente umana possa non credere.
    In genere si fa l’esempio di come un credente cristiano non creda in Giove o Visnù, e si conclude dicendo che una persona normale non crede in Manitù come non crede in Allah, o in tutte le altre entità metafisiche.
    Nessuna esclusa.
    E senza nessun effetto collaterale.

    • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Ugo La Serra

      Il fatto che tu parli di questa difficoltà implica che hai fatto un’esperienza tua, personale? Non ho comunque ben capito il commento riferito all’argomento. Tieni conto poi della solita questione: il fatto che ci siano nomi diversi per chiamare “Dio” (Giove è Dio, Visnù è Dio), o possiamo anche chiamarla “X ultima”, non è per nulla un argomento contrario al teismo, ma anzi certifica che l’uomo ha dentro di sé una spinta originale al rapporto con Dio (“X ultima”). Il cristiano però fa un passo in avanti riconoscendo la rivelazione agli uomini di questa “X ultima” a cui tutti tendono, nella persona di Gesù. Però non credo che questo c’entri con la tematica…mi sbaglio?

      • Daphnos ha detto in risposta a Renato Valsecchi

        Renato, c’è una differenza ontologica enorme tra Zeus, Giove, o la cosiddetta “Trinità indù”, e il Dio creatore. I primi non trascendono affatto l’universo in cui viviamo!

    • Flavio ha detto in risposta a Ugo La Serra

      Attenzione Ugo..qui si sta proprio sostenendo che non è vero che l’ateo non crede in nulla, perché senza Dio è costretto a credere in tutto (Chesterton), ovvero in tutti gli idoli in cui ripone la sua speranza, la sua fede, la sua possibilità di realizzarsi completamente, la possibilità di essere davvero felice: la scienza, il lavoro, la politica, la militanza anti-clericale, la sessualità ecc…

    • Andrea ha detto in risposta a Ugo La Serra

      @ Renato:

      “l cristiano però fa un passo in avanti riconoscendo la rivelazione agli uomini di questa “X ultima” a cui tutti tendono, nella persona di Gesù”

      il problema è che chi crede in versioni alternative ritiene a sua volta di fare un passo in avanti nella direzione giusta.

      Concordo sul fatto che tutta la tragicità del non credere sia più una proiezione dei credenti sulla condizione in cui riterrebbero di trovarsi senza DIo, che è legittimamente sostenibile, ma non razionalmente e necessariamente estendibile ed attribuibile ai non credenti.

      Non è molto logico dire,” non credi perchè non capisci” e poi automaticamente arrogarsi il diritto di dire: “però io capisco cosa vuol dire non credere meglio di te…”

      • GiuliaM ha detto in risposta a Andrea

        chi crede in versioni alternative ritiene a sua volta di fare un passo in avanti nella direzione giusta.

        Non sempre ciò che si crede giusto è effettivamente tale: se io credo fortemente che 2+2=45 è automaticamente esatto?

        tutta la tragicità del non credere sia più una proiezione dei credenti sulla condizione in cui riterrebbero di trovarsi senza DIo, che è legittimamente sostenibile, ma non razionalmente e necessariamente estendibile ed attribuibile ai non credenti.

        Quindi neghi a priori l’esistenza di convertiti dall’ateismo al cristianesimo? Di solito chi cambia stile di vita lo fa perchè quello precedente, per qualche motivo, non lo soddisfaceva più: senza Dio evidentemente si trovavano peggio. Ti invito a guardare una delle tante bellissime testimonianze di conversione: http://www.youtube.com/watch?v=F_FSJfGO_F4

        • Andrea ha detto in risposta a GiuliaM

          hai ragione Giulia,
          il problema qui sta proprio nel dimostrare che la propria versione (che sia la mia , la tua o quella d’altri) sia quella che ottiene il risultato giusto.

          No non lo nego, come non nego l’esistenza degli abbandoni della fede che avvengono per motivi esattamente speculari. L’unica cosa che nego è la necessità di tingere di tragicità qualcosa che è ritenuta tale solo da alcuni.

          Ho dato volentieri un’occhiata alla testimonianza di Pietro Sarubbi, ed il contesto e le dinamiche in cui è avvenuta sono molto interessanti.

          premetto che sono felice di qualunque cambio di stato (da credente –> non credente , o da non credente –> credente) che possa aumentare la serenità di una persona, e questo indipendentemente da quale stato finale io ritenga personalmente più o meno degno di essere vissuto.

          Ti chiedo la cortesia di dare a tua volta un’occhiata ad una testimonianza speculare, quella di Daniel Everett, un missionario.

          http://www.youtube.com/watch?v=9p0mV_v6cSw

          • GiuliaM ha detto in risposta a Andrea

            Ho guardato la testimonianza e mi sono brevemente informata: i Piraha sono un popolo estremamente semplice, per stessa ammissione di Everett, tanto che hanno un vocabolario molto limitato.
            Ho trovato questo articolo, che illustra il punto di vista non solo di Everett, ma anche di un altro antropologo, Peter Gordon: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/2004/08_Agosto/21/piranha.shtml

            Stando alla Wikipedia inglese, tale chiusura è un modo per preservare la loro cultura, infatti non sono molto aperti alle tribù circostanti e, in generale, al “nuovo”, perdendo però in ricchezza culturale. Per questo Everett, secondo me, ha trovato serie difficoltà.

            Una cosa, Everett era cattolico? Perchè su Wikipedia non c’è scritto, e dato che è sposato con figli ne ho dedotto che sia protestante.

            • GiuliaM ha detto in risposta a GiuliaM

              *fosse protestante

            • Andrea ha detto in risposta a GiuliaM

              Ho immaginato anch’io che non lo fosse, se ritieni che I piraha avrebbero avuto gioco “meno facile” con un cattolico, questo è un terreno su cui non penso di avere i mezzi per approfondire, e il valore statistico rimane poi quello che è perchè ogni conversione o de-conversione è un evento singolo e non generalizzabile.

              E’ vero i Piraha non sono aperti al nuovo, ma dimostrano che tutto questo terrore rispetto al non credere non è poi giustificato. Ossia mi sembrano la prova vivente del fatto che sia possibile vivere in armonia con la natura ed essere felici senza credere.
              il fatto che poi siano stati capaci di ingenerare, anche se inconsapevolmente, una deconversione pur non essendo dotati di mezzi dialettici o una vera e propria filosofia alternativa rende il loro messaggio ancora più forte.

              Possiamo accusarli di essere troppo semplici e che tutta questa assenza di sofferenza e mancanza di guida non valga in fondo l’assenza di progresso e cultura che patiscono. questa obiezione può farla loro un credente e sarebbe certamente legittima.

              Ma poi quello stesso credente non può associare la supposta presenza di sofferenza e mancanza di guida del non credente (cosi infatti vengono visti i non credenti dai credenti) ad uno stato necessariamente meno illuminato del proprio…

              • joseph ha detto in risposta a Andrea

                in ogni modo, fosse stato cattolico, avrebbe forse fallito, ma non avrebbe “mollato”! ;D
                scherzi a parte, credo che davvero il “bug” di everett sia stata la sua confessione religiosa: il protestantesimo in genere pone l’accento sulla parola, e si scardina dai sacramenti, cosa che per il cristianesimo è innaturale.
                Un missionario cattolico forse non avrebbe avuto vita migliore, cercando di far credere che quel pezzettino di pane sia in realtò il corpo di Cristo (anzi, avrebbe avuto maggiori difficoltà, se non ho capito male i piraha). Ma la sua fede, e la presenza di Cristo realmente accanto a lui (cosa che è mancata al protestante) probabilmente avrebbe salvato la sua fede.

                • Andrea ha detto in risposta a joseph

                  in ogni modo, fosse stato cattolico, avrebbe forse fallito, ma non avrebbe “mollato”!
                  su questo concordo per esperienza diretta… 😉

                  • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Andrea

                    In che senso Andrea? Scusa non ho capito quest’ultimo messaggio.

                    Non ho capito poi perché la discussione sia uscita dal tema. Nessuno ha ancora affrontato il contenuto del pensiero di Agnoli, ovvero il fatto che l’ateo sostituisca la fede in Dio con la religione degli idoli.

                    • Andrea ha detto in risposta a Renato Valsecchi

                      @Renato concordavo semplicemente perchè su questo forum sono pieno di “avversarI” che ho scherzosamente accostato a quell’ipotetico cattolico…

                      se vuoi il commento al tema di cui parli, lo faccio subito.
                      Credo che la necessità di sostituire il credo con qualcosa di equivalente appartenga tutta al credente e non possa essere attribuita per definizione al non credente. Che poi vi siano dei non credenti che fanno dell’ateismo una religione questo è un problema loro. Ritengo essi siano un sottoinsieme come l’insieme delle persone che frequenta e sostiene questo sito è un sottoinsieme del totale dei credenti

                    • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Andrea

                      Credo tu stia facendo confusione: se il credente sostituisce il credere in Dio con qualcosa che Dio non è, allora non è più credente (secondo il significato abituale del termine). L’ateo, facendo inevitabilmente questo, diventa a sua volta credente (non in Dio ma in dio) e quindi l’ateismo non esiste, come dice il titolo. Il problema non è fare dell’ateismo una religione. O meglio, c’è anche questo aspetto e ti ringrazio di averlo ricordato. Un non credente può affidare la sua speranza, la sua soddisfazione completa all’essere un ateo militante, ma anche nell’impegno con il partito politico, la squadra di calcio, il suo account facebook ecc…, vive questi idoli come motivo ultimo per cui vivere la vita. Questa è la sostituzione di Dio con l’idolo, quest’ultimo mentitore dato che nulla potrà bastare al cuore dell’uomo.

                      Sarebbe bello sapere cosa ti spinge ad alzarti al mattino, a fare la fatica di vivere ogni difficoltà che incontri o continuare a vivere dopo che tutte le feste natalizie saranno finite e sarai costretto a tornare al lavoro e lasciare la famiglia. Andando a fondo capirai che in un modo o nell’altro anche tu identifichi la tua speranza, la tua possibilità di essere felice in qualcosa, costretto ogni giorno a cambiare “idolo” in un vortice di infinito ed esasperante inseguimento che però appare davvero un continuo e consapevole (ma anche inconsapevole) auto-inganno.

                    • Andrea ha detto in risposta a Renato Valsecchi

                      “Un non credente può affidare la sua speranza, la sua soddisfazione completa all’essere un ateo militante, ma anche nell’impegno con il partito politico, la squadra di calcio, il suo account facebook ecc…, vive questi idoli come motivo ultimo per cui vivere la vita.”

                      con la differenza che a questi idoli non attribuisce l’intenzione di aver creato il mondo su misura per lui, e non è poco.

                      “Andando a fondo capirai che in un modo o nell’altro anche tu identifichi la tua speranza, la tua possibilità di essere felice in qualcosa, costretto ogni giorno a cambiare “idolo” in un vortice di infinito ed esasperante inseguimento che però appare davvero un continuo e consapevole (ma anche inconsapevole) auto-inganno.”

                      c’è un po ‘ di presunzione in quel “andando a fondo capirai” comunque proprio andando a fondo sono giunto a queste conclusione:
                      io identifico la mia speranza e la mia possibilità d’essere felice nel raggiungimento degli obiettivi che io stesso ho dato alla mia vita, sulla base del desiderio di sentirmi parte attiva di una società, di coltivare relazioni sociali e d’amore e di approfondire le mie conoscenze. Non ho un altare per ognuna di queste cose però, non mi serve, nè ho bisogno di dare risposte divine alla natura di queste necessità, natura divina che non potrei giustificare se non mentendo a me stesso, non ritenendo di poterla giustificare con ragionamenti sufficientemente coerenti.

          • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Andrea

            @Andrea.
            A noi non interessa nulla dimostrare che siamo nel giusto. La nostra è una proposta: io sono contento della mia vita, tu lo sei? Hai voglia di seguirmi per verificare anche tu? All’uomo interessa essere felice e non dimostrare che la sua è la posizione migliore.

            Quello che dice Giulia è sbagliato: non serve guardare i convertiti perché ce ne sono dall’una e dall’altra parte (anche se di meno). Bisogna vedere la qualità della conversione e come ho già detto sopra, mi pare che i freddissimi studi scientifici sostengano proprio che il credente cristiano vive la sua vita con più contentezza e felicità. Ma questo è un argomento di cui mi da fastidio parlarne perché sembra voler fare una gara. E’ solo una risposta al tuo dubbio.

            La risposta non sono gli scambio di video, ma questa pagina: https://www.uccronline.it/2010/08/10/la-fede-cristiana-rende-piu-felici-intelligenti-e-sani-psico-fisicamente/

            • GiuliaM ha detto in risposta a Renato Valsecchi

              Non ho detto infatti che bisognasse fare a gara sui convertiti: Andrea sosteneva che solo i credenti vedono l’ateismo come fonte di tristezza e mal di vivere, escludendo (secondo me) la possibilità di conversioni ateismo -> cristianesimo.

              • Andrea ha detto in risposta a GiuliaM

                esatto Giulia, la prima parte è corretta, ma non escludo affatto la possibilità di conversioni in entrambe le direzioni.

            • Andrea ha detto in risposta a Renato Valsecchi

              Apprezzo il tuo messaggio Renato,
              tuttavia quello postato da te non è certo il link di uno a cui non interessa dimostrare nulla…

              direi che la perentorietà del titolo ne è la dimostrazione

              ” Hai voglia di seguirmi per verificare anche tu?”
              Non vuoi dimostrare nulla ma vuoi che ti segua, perchè non segui tu me? Io non te lo chiedo nemmeno…

              “mi pare che i freddissimi studi scientifici sostengano proprio che il credente cristiano vive la sua vita con più contentezza e felicità”

              Come ho già detto più volte non attribuendo al credo quella connotazione di “verità” attribuitagli dal credente, non sare disposto a pagarne il prezzo per sentirmi più felice e più contento , cosa di cui comunque dubito.

              Giudicare il livello di felicità di un gruppo di persone che aderisce ad un’idea non rende quell’idea migliore necessariamente. Io non ti direi mai che conviene essere non credenti per essere più felici, nemmeno se lo pensassi. (in realtà lo penso ma non è un considerazione generalizzabile a tutti i non credenti, quanto è generalizzabile quella della felicità tra i credenti)

              • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Andrea

                Il link è una risposta, non vuole essere una gara. Mi sembra abbastanza ovvio che non è certo una posizione di gioia e felicità quella dell’irreligioso. La scienza dimostra il sapere popolare.

                Io posso anche seguirti ma tu cosa mi proponi? Non hai molto da proporre se non sbaglio…, solitamente si parla di autonomia, libertà e razionalità, tutte doti che noi tutti possediamo alla grandissima. Da una parte c’è una proposta interessante di vita che eleva la nobiltà dell’uomo e rende contenti, rende gli uomini fratelli fra loro (figli di un unico Padre), da un senso a tutto e prospetta una eternità dei rapporti a noi più cari. Dall’altra c’è una riduzione dell’uomo, una solitudine rispetto a tutto e tutti, un’estraneità rispetto alla realtà in quanto frutto di fredde combinazioni casuali senza senso, inserisce nei rapporti la prospettiva della fine, rende ultimamente irragionevole ogni minima costruzione (domani finirà tutto), rende insensata la propria vita e ridicola agli occhi dell’universo, l’uomo rimane confuso e le sue domande originali diventano insopportabili se non ci si inganna dicendo che sono illusorie o ancora peggio che non esistono. Questo mi proponi?

                Se non è questo allora mi piacerebbe sapere cosa ti spinge a propormi la tua visione di vita. Dov’è il merito? Dov’è il “di più”? Dove io posso invidiare te? Per quale motivo saresti più felice? Io te l’ho spiegato…e tu?

                Tu non sai dove sia la verità però preferisci stare in una posizione che ti rende più infelice. E’ legittimi ma assai strano. Tornando alle ricerche, queste si basano su una media dei credenti e non credenti e da esse si ricava con certezza quel che tutti noi sappiamo. E’ simpatico notare che pur di salvaguardare una loro idea, gli atei -i quali dicono di avere dalla loro parte la fiducia completa nella scienza, piuttosto che nella religione-, arrivino a rifiutare proprio gli esiti scientifici, al contrario dei credenti.

                • Andrea ha detto in risposta a Renato Valsecchi

                  “Tu non sai dove sia la verità però preferisci stare in una posizione che ti rende più infelice. E’ legittimi ma assai strano”

                  il di più? Sta nel non doversi inventare a tutti i costi un di più, sta nel far del bene agli altri pur senza aspettarsi ricompense, per il solo gusto di farlo, nel non dover temere punizioni di sorta, nel non credere di essere nato con un peccato originale, nel non avere la presunzione di dire agli altri che possono avere più di quanto già li soddisfi… e mille altre cose

                  Se facessi una media tra il livello di felicità di chi fa uso di cannabis (sotto effetto) e chi non ne fa uso otterrei risultati simili pur senza, per questo motivo, poter concludere che sia meglio usarla.
                  Non paragono religione alla droga, ovviamente, ma ai fini del nostro discorso le statistiche hanno lo stesso valore-

                  Se hai bisogno di quel di più a tutti i costi sei liberissimo di fare la tua scelta, io non ho bisogno di un di più la cui razionalità sta tutta e solo nel soddisfare il mio bisogno di avere di più.

                  Una proposta interessante di vita?
                  Puoi darmi un esempio di nobile agire cristiano che non potrei emulare (o intentare a mia volta) pur senza motivazioni da credente?

                  Mi viene in mente solo pregare, ma la nobiltà della preghiera è tutta intrinseca alla religione stessa.

                  se dovessi scegliere tra felicità illusoria (o almeno la ritenessi tale) e un po’ meno di felicità ma senza illusione, e senza conflitti con quelle che ritieni siano le caratteristiche del mondo che ti circonda, cosa sceglieresti: la felicità? o la pillola rossa?

          • lorenzo ha detto in risposta a Andrea

            Grazie per la segnalazione del filmato, veramente molto interessante e ricco di spunti sull’ateismo.
            Everet, che da alcuni indizi nel video mi sembra appartenere alla galassia evangelica americana, si avvicina alla fede, come lui stesso afferma, in seguito al suicidio della matrigna, per vincere con la gioia futura affermata dalla fede, la disperazione e la paura dell’oggi.
            Quando entra in contatto con i Piraha, che riescono a vivere secondo una cultura apportatrice di gioia interiore, felicità e spensieratezza, non avendo mai seriamente messo in discussione la propria fede, entra in crisi.
            Applica il rasoio di Occam al suo vecchio sistema di credenze e ne abbraccia uno che semplice che egli definisce ateo.

            • Andrea ha detto in risposta a lorenzo

              sono d’accordo su tutto tranne sul fatto che abbia abbracciato un nuovo sistema di credenze, ma questo è proprio il nodo della presente discussione.

          • lorenzo ha detto in risposta a Andrea

            OT
            In occidente non c’è la minima percezione del danno causato dalla cristianizzazione, portata avanti con i metodi dei missionari protestanti, in particolare americani, nei confronti delle culture indigene: si tratta di un vero e proprio genocidio culturale.

            • Michele Silvi ha detto in risposta a lorenzo

              Qual è la differenza tra cristianizzazione cattolica e protestante?

              • lorenzo ha detto in risposta a Michele Silvi

                Premesso che non è possibile in questo campo dire che i buoni stanno da una parte ed i cattivi dall’altra, rende bene l’idea il film “Mission”, dove alcuni volevano “civilizzare” gli indios, altri invece cercavano di “inculturare” il cristianesimo nel loro stile di vita.
                Nel filmato indicato da Andrea, un indigeno afferma: “Tu vuoi che noi viviamo come gli americani, ma i Piraha non vogliono vivere come gli americani”.

                • Michele Silvi ha detto in risposta a lorenzo

                  Non ho visto Mission, ma ho in mente già da tempo di ricuperarlo.
                  Secondo me sostituire una cultura con un’altra è un grave danno per ENTRAMBE, le culture non sopravvivono senza “rivali”, o per lo meno non crescono…
                  Anzi, penso sarebbe un grande passo in avanti per l’umanità e per la stessa civiltà occidentale che essa si “sacrifichi” per portare le altre sullo stesso punto “evolutivo”, ovviamente senza cercare di sostituirsi ad esse. Però temo sia solo un’utopia…

                  • Kosmo ha detto in risposta a Michele Silvi

                    “Anzi, penso sarebbe un grande passo in avanti per l’umanità e per la stessa civiltà occidentale che essa si “sacrifichi” per portare le altre sullo stesso punto “evolutivo”, ovviamente senza cercare di sostituirsi ad esse. Però temo sia solo un’utopia…”

                    Cioè, secondo te, sarebbe bellissimo che la cultura occidentale (cioè pressocchè CRISTIANA, o chiaramente riconducibile ad essa) si suicidi per farci tornare alla cultura dei aborigeni, oppure quella di qualche tribù africana o di qualche isoletta sperduta del Pacifico?
                    Ma hai anticipato il brindisi di mezzanotte, oltretutto a stomaco vuoto?

                    • Michele Silvi ha detto in risposta a Kosmo

                      “Si sacrifichi”=”offra gli strumenti per”
                      Non ho parlato di suicidi, semplicemente auspicherei si evitasse l’occidentalizzazione (che non è cristianizzazione né lo è mai stata, se non in minima parte) delle culture a favore di una reale evoluzione delle culture.
                      Tutto questo perché la nostra, addormentata e chiaramente in declino (e non parlo del cristianesimo quando parlo di “cultura occidentale” eh) trovi uno stimolo adatto per decidere finalmente di ricominciare a crescere, che questa regressione culturale continua mi irrita.
                      Ma tanto ci penseranno i cinesi a metterci il pepe al culo, peccato che la loro cultura a me non piaccia nemmeno un po’…

          • Michele Silvi ha detto in risposta a Andrea

            Beh, più che altro Everett è la prova che la fede per paura (dopo la morte della matrigna) è una fede che non c’è.
            A quegli indigeni avrei “detto” (anche se molto probabilmente non l’avrebbero mai capito) che, se anche così erano felici, c’era un modo per essere ancora più felici: essere uno con Dio e con Gesù Cristo, perché chiunque si sia convertito al cristianesimo penso sia perfettamente consapevole che, prima, non si rendeva minimamente conto di cosa gli mancasse.
            Poi il fatto che diceva di non aver mai conosciuto Gesù, beh, dimostra che così cristiano dopotutto non è mai stato, non ha sentito la “voce” di Dio chiamarlo e rivolgerlo verso una luce diversa? Ancora più bella del mondo bellissimo e meraviglioso in cui viveva?
            A me è successo in una situazione paradossalmente simile a quella in cui è questa tribù: ero in un bosco, in perfetta armonia con la natura, facendo il vuoto dentro di me (il deserto).
            Manco a dirlo, per quanto quel luogo fosse perfetto, in quel momento il vuoto è stato colmato da un’energia incredibile. Ci misi un po’ a capire che quello era Dio, e che prima di allora non ero mai stato cristiano, e oggi mi capita di convertirmi un po’ ogni giorno.

            • Michele Silvi ha detto in risposta a Michele Silvi

              Dalla pagina inglese di wikipedia sui piraha:
              “the Pirahã said that “Xigagaí, one of the beings that lives above the clouds, was standing on a beach yelling at us, telling us that he would kill us if we go into the jungle.” Everett and his daughter could see nothing and yet the Pirahã insisted that Xigagaí was still on the beach.[13]”

              Sinceramente non so come interpretare questa popolazione: potrebbe essere un ritratto dell’umanità nel momento in cui la vita culturale muoveva i primissimi passi, e che quindi non ha ancora avuto bisogno di porsi le domande sulle cause prime, perché semplicemente non si rende conto dell’esistenza di alcuna causa?
              Più che altro è spiazzante che non ci sia il desiderio di conoscere, o che sia così nascosto e sconosciuto, è davvero molto strano…

            • lorenzo ha detto in risposta a Michele Silvi

              Alla base della religiosità delle nazioni indiane c’è la libertà:gli schiavi africani sono stati introdotti nelle americhe perché i nativi preferivano morire piuttosto che rinunciare alla loro libertà.
              Hanno una cultura molto diversa dalla nostra e voler loro imporre il nostro modo di vivere la religione, significa distruggere la loro civiltà.
              Non è una questione di merito, una gara tra culture per primeggiare: dobbiamo renderci conto che sono patrimoni di conoscenze diversi dalla nostra, ma di non inferiore dignità ed il nostro entrare a casa loro deve essere fatto con il massimo rispetto e senza la saccenteria che caratterizza il nostro mondo.

              • Michele Silvi ha detto in risposta a lorenzo

                Sono d’accordo, io ho solo scritto cosa mi sarebbe venuto da dire fossi stato nei suoi panni (poi probabilmente non lo avrei fatto giudicandolo inutile).
                Alla fine penso sia quasi impossibile modificare (a meno che non si ricorra alla violenza, ma è assolutamente da escludere) una cultura del genere, però appunto non ci perderei la mia Fede.
                Principalmente perché non la ripongo in un libro, ma forse è meglio non addentrarsi in questo discorso, non è questo il post in cui parlare del sola scriptura…

              • Michele Silvi ha detto in risposta a lorenzo

                Sono d’accordo, io ho solo scritto cosa mi sarebbe venuto da dire fossi stato nei suoi panni (poi probabilmente non lo avrei fatto giudicandolo inutile).
                Alla fine penso sia quasi impossibile modificare (a meno che non si ricorra alla violenza, ma è assolutamente da escludere) una cultura del genere, però appunto non ci perderei la mia Fede.
                Principalmente perché non la ripongo in un libro, ma forse è meglio non addentrarsi in questo discorso, non è questo il post in cui parlare del sola scriptura…

            • Antonio72 ha detto in risposta a Michele Silvi

              Ora però, me la devi (se vuoi) descrivere quella tua esperienza nel bosco
              dettagliatamente, minuto per minuto, o meglio credo, secondo per secondo. Cosa intendi per energia e cosa intendi per vuoto? Quali sensazioni particolari ha suscitato in te, un momento prima, durante, e poco prima che quell’energia di abbandonasse? Cerca di essere preciso, poi ti rispondo del perchè del mio grande interesse…

              • Michele Silvi ha detto in risposta a Antonio72

                Sono passati anni, ma posso provarci lo stesso:
                Per prima cosa, è successo sei mesi (circa) dopo della mia cresima, avevo 13 anni, eppure iniziavo a sentire una sorta di repulsione per la religiosità, nonostante pensassi di essere cristiano e di credere in Dio.
                Insomma, se in un film vedevo qualcuno pregare mi veniva una smorfia, e non scherzo, ero convinto che tutto ciò non avesse senso, dentro di me.
                Poi c’è stato questo campo scout, ed in particolare un momento di riflessione, quello che chiamiamo deserto (so che non siamo gli unici ad usare strumenti del genere), non ricordo su cosa vertesse la riflessione, purtroppo, ma ricordo una frase del mio capo riparto, in cui veniva condannata la celebre pubblicità della vodafone (è tutto intorno a te) per qualche motivo, probabilmente perché vista come una sorta di inno al consumismo. Sinceramente, però, non ricordo nemmeno se questa frase l’avevo sentita in quell’occasione o in un’altra, dubito che sia importante.
                Ad un certo punto del deserto si chiede di andare da qualche parte a riflettere da soli, magari aiutandosi con delle domande che ci avevano dato. Io mi scelgo un punto scosceso, sull’argine di un ruscello, piuttosto lontano dalla parte “vitale” del campo, il silenzio era assoluto. Così mi siedo ed inizio a riflettere, non sapevo su cosa riflettere, tutto ciò a cui riuscivo a pensare mi sembrava abbastanza irrilevante, così ad un certo punto feci davvero deserto, feci silenzio.
                Allora i miei pensieri non li “sentivo” più, sentivo il fiumiciattolo che scrosciava ed il vento che spostava le foglie degli alberi. Alzo gli occhi verso la chioma di un albero, uno a caso, nel mio cuore si risveglia una gioia improvvisa ed un profondo senso di leggerezza, mi sembrava quasi di essere staccato da terra ed il petto mi “tirava”, sentivo l’aria passarmi attraverso il naso ed i polmoni. Insomma, non so se hai mai provato il sentirsi uno con la natura, in quel momento pensai “cazzo tutto questo è meraviglioso, ed io sono parte di tutto questo!”
                In tutto questo, non posso dimenticare di aver sentito una sorta di formicolio nella mia testa, era come se il ruscello, gli alberi volessero parlarmi, ma io non capivo cosa volessero dirmi, avevo solo una grande voglia di Servire, ma questo potrebbe essere una conseguenza del contesto. Comunque è così che è andata, alla fine, finito il tempo per la riflessione mi sentivo in qualche modo “estraneo” agli altri, agli amici, alla realtà di tutti i giorni, mi sentivo ancora in un punto un po’ più “alto” di quello in cui era il mio corpo, ero sereno come difficilmente ero mai stato prima. Insomma, è come se, nel bosco, dentro di me ci fosse stata una “svampata”, una forte ondata di calore, che ha fatto piazza pulita di tutto e mi ha lasciato una sensazione davvero “sollevata”, ma nel vero senso della parola.
                Però quello è stato solo l’inizio, da lì a credere in Dio, e per giunta al Dio cristiano, ce ne sono voluti altri di momenti di emozione ancora più forte, e quel bassissimo formicolio raramente mi abbandona, il calore stesso torna molto spesso.
                Ah, un particolare che forse potrebbe essere interessante: quando mi succede qualcosa del genere ho sempre l’impulso di spalancare le braccia.

      • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Andrea

        @Andrea.

        Nessuno oltre ai cristiani parla di rivelazione storica. Quindi la tua affermazione non è corretta innanzitutto a livello della storia delle religioni.

        In questo articolo non si parla di sofferenza dell’ateo, ma di devozione verso l’idolo il che può anche essere fatto nella contentezza. Inoltre sono gli stessi non credenti a testimoniare la loro tristezza tagica rispetto ai credenti e per ultimo è utile citare tutte le migliaia di studi scientifici che sostengono questo. Ovviamente non è arroganza ma è una risposta a te.

        • Andrea ha detto in risposta a Renato Valsecchi

          Non voglio fare il solito paragone sconveniente ma converrai con me che se chiedessi a 100 persone sotto l’effetto della cannabis se si senton più felici di prima risponderebbero di si. IL che nulla ci dice circa la convenienza di prenderla. é chiaro che il non credente nel valutare l’opportunità di aderire a questa felicità sente di dover annullare una serie di ragionamenti e deduzioni che gli sembrano assolutamente logici.

          Non è una questione di scommessa o di promesse, semplicemente ilnon creedente non può credere perchè non può mentire a sè stesso.

          Io non ritengo che i non credenti siano costretti dal non credere ad avere idoli alternativi.
          PEr quel che riguarda la mia conoscenza della storia delle religioni ti chiedo scusa, converrai con me che nell’approfondimento , da un punto di vista di non credente, non ho tutta la vita da spendere leggendo tutti i possibili testi di tutte le religioni, e quindi ad un certo punto, prima dei novant’anni devo prendere posizione.

          • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Andrea

            Il paragone è offensivo, oltre che sbagliato. La Cannabis ha un effetto assolutamente momentaneo e finito esso il soggetto si ritrova più infelice di quando ha iniziato. Confondi anche le tipologie di sentimenti positivi, l’effetto cannabis non è una letizia del cuore, non è felicità, è pura euforia. Si può benissimo ridere a crepapelle ed essere tristi e disperati. Si può benissimo ridere poco, ed essere lieti nel cuore e felici. Ancora una volta ti vedo costretto a ridurre tutto ad un abbinamento imbarazzante. Ma questi sono davvero gli argomenti?

            Il non credente non può mentire a se stesso, dici. Eppure il non credente sente dentro di sé il bisogno di infinito, la ricerca di felicità, di soddisfazione completa, di “oltre”. E questo “oltre”, questa “risposta” non la trova mai. Se non volesse mentire a sé dovrebbe presupporre l’esistenza di questo “oltre” e continuare la ricerca. Il non credente fa proprio l’opposto dicendo che la sua umanità è un inganno.

            Capisco che tu possa rispondere al contenuto dell’articolo dicendo: “io non ritengo”. Tuttavia nell’articolo sono espresse delle spiegazioni al “io ritengo che”, quindi sarebbe più corretto che anche tu le fornissi. Non ho capito invece quando parli di approfondimento della storia delle religioni.

            • Andrea ha detto in risposta a Renato Valsecchi

              scusa ho fatto il paragone due volte, anche nella risposta ad un altro commento.

              Certo io mi riferivo al drogato sotto effetto non quello post effetto. Non puoi decidere che è offensivo un paragone solo perchè tu ritieni più nobile la natura di quella che io credo sia un’illusione.

              Sarebbe disonesto intellettualmetne da parte mia concederti questa attenuante.

              e siccome l’oltre non lo trova mai è costretto ad inventarselo? OK
              e se io decidessi di fermarmi invece che inventare? Per quale motivo la mia posizione dovrebbe essere così deprecabile?

  12. Rebecca ha detto

    Perfetto! Che bell’articolo! Complimenti! Io stessa sono aiutata nella fede dalle poesie e dagli scritti degli ateisti tragici come vengono qui chiamati. Leopardi su tutti.

  13. gabriele ha detto

    si, gli atei si inginocchiano davanti a molti dei: gli uaarini per esempio adorano come dei: la Ragione, l’Evoluzione, Darwin, la Scienza etc.
    su un sito cattolico avevo trovato questo ragionamento: se uno crede che l’universo è stato creato da Dio è un deista, e su qui non ci piove. Gli atei dicono invece che l’universo s’è creato da solo, quindi l’universo è Dio e quindi loro sono panteisti

    • Andrea ha detto in risposta a gabriele

      se non credere in Dio significa avere come idolo ogni idea che si condivide, allora sarà dura trovare atei su questa Terra…

      • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Andrea

        Non che si condivide, ma un’idea -o meglio qualche ente (minuscolo)- in cui riporre ciò che i credenti ripongono in Dio. Di atei davvero tali, lontani da Dio e dagli idoli, ce ne sono davvero pochi. E’ verissimo.

        • Andrea ha detto in risposta a Renato Valsecchi

          Scusa, ho la presunzione di essere uno di quelli, ma mi definisco non credente e non ateo, non ho bisogno di negare a priori qualcosa in cui non credo

          • Andrea ha detto in risposta a Andrea

            nè ho tantomeno i mezzi per dimostrare che la fede sia un’illusione, solo che i mio framework di pensiero me lo impone come atto di coerenza (si vede che probabilmente sbaglio su tutto, cosa posso dirti)

  14. rolling stone ha detto

    Sono leggermente preoccupato. Non vorrei che il signor Agnoli perdesse anche una sola ora di sonno al pensiero della tragica situazione in cui gli atei come me versano: una vita senza senso, un rompicapo, un tormento, una commedia di burattini, il cuore torturato, alla ricerca di nuovi idoli di fronte ai quali inginocchiarsi, ecc
    Signor Agnoli, dorma tranquillo! Per quanto mi riguarda ho una infinità di altri problemi, ma nessuno di questi. Anzi. A dire il vero provo un pochino di pena per Lei, del suo terrore della morte, di dover affrontare un giorno nientemeno che “il giudizio di Dio” e dover rendere conto di ogni ora della sua vita (mica un accertamento dell’Ufficio Imposte!).
    Mi spiace per Lei,di non poterLa aiutare, poiché in quel momento (che spero per Lei venga il più tardi possibile, cento, duecento anni, faccia Lei) io sarò già ritornato nel mio modesto nulla, esattamente dove mi trovavo prima di ricevere il meraviglioso dono della vita.

    • GiuliaM ha detto in risposta a rolling stone

      Guarda che non è poi tanto male vivere con Cristo nel cuore, dovresti provare… potrebbe anche piacerti!

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a rolling stone

      Il “modesto nulla” in cui Lei crede di tornare da morto, rolling stone, è una fede né più né meno del ritorno alla casa del Padre in cui credono invece di tornare dopo la morte i cristiani. Così come il “meraviglioso dono della vita” che Lei crede di aver ricevuto dal caso è una fede né più né meno di quella che per i cristiani fa risalire il dono a Dio.
      Questo ha scritto l’autore dell’intervento, ovvero che tutti gli uomini affidano il senso della loro esistenza ad un insieme di valori che è la loro Weltanschauung.
      Perché allora essere così taglienti con l’autore (dorma tranquillo, provo un po’ di pena, ufficio delle imposte, ecc.), quando una persona intelligente e preparata come Lei avrebbe invece potuto, in modo più costruttivo per tutti, illuminarci con la descrizione della sua visione della vita?

      • rolling stone ha detto in risposta a Giorgio Masiero

        @ Masiero.
        Professore mi scusi. Questa volta, contrariamente dal solito, non sarò breve.
        1. Non ho nulla da aggiungere (e chi potrebbe?) a ciò che quell’ateo di Schopenhauer ha scritto. Posso solo tradurre qualche suo libro e pubblicarlo (finora tre. Il quarto nel 2012). Ma a parte questo dettaglio, che giustamente non interessa nessuno, ancora una volta debbo constatare che in libri come questo di Agnoli, dove si compiange la povertà spirituale degli atei, tutti si guardano bene dal tirare in ballo Schopenhauer o Hume e tantomeno dal criticarli. E fanno bene, perché anche solo provare a criticare qualche loro scritto sulla religione significa cercare rogne. Meglio tacere e fare finta che non siano mai esistiti.
        2. Il modesto nulla, non è né una fede né una speranza: è una constatazione. Prima constatazione. Non ricordo nulla di cosa era di me prima della data che compare sulla mia carta di identità. Di sicuro so che fino a quel giorno non avevo alcuna preoccupazione e che i miei guai sono cominciati solo dopo. Seconda constatazione. Tre volte in vita mia ho sperimentato l’ebbrezza di una anestesia generale. Durante l’ultima il mio cuore è stato fermato per una ora e mezzo (record mondiale, se non sbaglio). Ebbene di tutte quelle ore in assenza di coscienza mi ricordo (un beato) nulla. Avrebbero potuto anche farmi a fettine o a cubetti e gettare tutto nella spazzatura. Non mi sono e non mi sarei reso conto di nulla. In base a questi dati di fatto debbo dedurre che dopo la mia morte tornerò (finalmente) nel mio modesto nulla.
        3. Il “meraviglioso dono della vita” era ovviamente una ironia. Ecco cosa ne pensa Schopenhauer: «La vita viene spacciata per un dono, mentre è palese che chiunque avesse potuto in anticipo vedere ed esaminare un simile dono l’avrebbe rifiutato con tanti ringraziamenti. A questa constatazione replicano che la vita dovrebbe essere, dall’inizio alla fine, una lezione. Ma proprio per questo vorrei che mi avessero lasciato nella pace nel mio modesto nulla, dove non avrei avuto bisogno né di lezioni né di qualsiasi altra cosa. Sostengono addirittura che un giorno l’uomo dovrà rendere conto di ogni ora della propria vita. Ma per quale motivo sono stato strappato da quella pace e cacciato in una situazione così difficile, oscura e penosa?»

        • Raffa ha detto in risposta a rolling stone

          @rolling
          comincio a rispondere io se mi è possibile.

          1) Hume? Il credente e il religioso David Hume? Quello che scriveva: “il compito della religione è proprio quello di riformare la vita degli uomini, di purificare il cuore, rinforzare tutti i doveri morali, e assicurare l’obbedienza alle leggi e ai magistrati civili. Mentre persegue questi scopi utili, le sue opere, così ‘infinitamente preziose, sono segrete e silenziose, e raramente appaiono alla conoscenza della storia” (https://www.uccronline.it/2011/06/24/non-ce-alcuna-prova-che-david-hume-fosse-ateo-anzi/)
          Schopenhauer? Non credo che abbia detto molto di interessante. Oltre all’odio e alla calunnia per Hegel (nonostante ignorerà completamente il suo pensiero), diversi insulti alle donne, tutto il suo pensiero si rifà a Kant essenzialmente e poi alla filosofia buddhista del Nirvana. Io non ci ho mai trovato nulla di davvero interessante. Non è certo da paragonare a Nietzsche ad esempio, che stimo 10 volte tanto.

          • rolling stone ha detto in risposta a Raffa

            Hume non era un deista (tipo Voltaire, che vede il mondo non semplicemente creato, ma anche “creato bene”, anche con fini morali) ma un ateo, se per ateo si intende colui che ritiene qualsiasi teodicea (di quelle finora scodellate) non plausibile, inammissibile e impossibile da accettare secondo ragione.
            Hume avrebbe ammesso però la possibilità di un”deismo alla Einstein”, un deismo puramente meccanico senza implicazioni morali. Il classico orologiaio che fabbricato l’orologio lo mette in funzione e poi sta a guardare con indifferenza.
            Questo, non secondo me (ho studiato poco Hume) ma secondo il filosofo austriaco Gerhard Streminger (il massimo esperto di Hume in Europa).
            Riguardo a Schopenhauer io credo invece che …. (ma non importa qui).

            • Raffa ha detto in risposta a rolling stone

              Teodicea? Ma cosa c’entra la teodicea?? Il filosofo Streminger è dichiaratamente anti-cristiano dunque mi pare inevitabile che cerchi di tirare per la giacca Hume.

              Il quale però gli risponde: «L’intera struttura della natura rivela un autore intelligente: e nessun ricercatore razionale può, dopo una seria riflessione, sospendere la sua convinzione in relazione ai principi primari del teismo genuino e della religione». Dunque auspica al ricercatore di essere teista, alto che deista. Il filosofo Hugh McLachlan, docente di filosofia applicata nella facoltà di Giurisprudenza e Scienze Sociali presso la Glasgow Caledonian University: ««Ho il sospetto che fosse un deista, cioè qualcuno che crede nell’esistenza di un qualche Dio astratto, ma non ritiene che Egli abbia una qualche preoccupazione benevola per l’umanità».

              Rispetto ad Einstein, egli parlava di Dio come un Ente capace di scegliere e l’uomo come ente capace di capire i suoi pensieri, assolutamente più lontano dal meccanicismo: “La scienza contrariamente ad un’opinione diffusa, non elimina Dio. La fisica deve addirittura perseguitare finalità teologiche, poichè deve proporsi non solo di sapere com’è la natura, ma anche di sapere perchè la natura è così e non in un’altra maniera, con l’intento di arrivare a capire se Dio avesse davanti a sè altre scelte quando creò il mondo” (Holdon, The Advancemente of Science and Its Burdens, Cambridge University Press, New York 1986, pag. 91).

              E ancora: ” La mia religiosità consiste in un’umile ammirazione di quello Spirito immensamente superiore che si rivela in quel poco che noi, con il nostro intelletto debole e transitorio, possiamo comprendere della realtà. Voglio sapere come Dio creò questo mondo. Voglio conoscere i suoi pensieri; in quanto al resto, sono solo dettagli” (Einstein: Pensieri di un uomo curioso, Mondadori ’97).
              Dunque questo Dio per Einstein si rivela nella Natura e non è affatto indifferente ad essa.

        • Raffa ha detto in risposta a rolling stone

          2) Se non puoi dimostrarlo la tua rimane una semplice fede e non una constatazione. Che tu prima non c’eri e ora ci sei non significa affatto che non ci sarai più dopo. Anche una spada prima era solo nella mia mente e poi l’ho forgiata e rimarrà in eterno se non subisce variazioni. Il paragone con l’anestesia non mi pare efficacie.
          3) All’opinione assulutamente personale (e masochista) di Schopenhauer, che forse parla della tristezza della SUA di vita applicando questa tristezza a tutti gli uomini, risponde Albert Einstein: “Nelle leggi della natura si rivela una Ragione così superiore che tutta la razionalità del pensiero e degli ordinamenti umani è al confronto un riflesso assolutamente insignificante. Qual è il senso della nostra esistenza, qual è il significato dell’esistenza di tutti gli esseri viventi in generale? Il saper rispondere a una siffatta domanda significa avere sentimenti religiosi. Voi direte: ma ha dunque un senso porre questa domanda. Io vi rispondo: chiunque crede che la sua propria vita e quella dei suoi simili sia priva di significato è non soltanto infelice, ma appena capace di vivere” (Religione e scienza, 1930).
          E purtroppo c’è troppa gente che si accontenta di sopravvivere quando invece potrebbe vivere.

    • Renato Valsecchi ha detto in risposta a rolling stone

      @rolling
      Non credo che Agnoli sia preoccupato, neppure nessuno di noi. E’ solo un dispiacere vedere persone che si tagliano il ramo su cui sono sedute, senza per altro avere nessuna ragione (o prova) per farlo. Dire che la vita non abbia un senso è un opzione gratuita, sostenuta da nulla. E’ una sorta di masochismo estremo che lascia davvero allibiti. Il potere dell’auto-convinzione è davvero altissimo. Comunque il cuore dell’argomento non è che gli atei siano tristi, ma che sostituiscano la fede in Dio con la fede negli idoli artificiali e illusori. E’ così? Non è così?

    • lorenzo ha detto in risposta a rolling stone

      Caro rolling stone, ho notato che molto spesso intervieni in un modo che ricorda l’abbaiare di un cane feroce però, nella realtà, al minimo accenno di reazione da parte di qualcuno con domande un po’ graffianti, ti tiri indietro rapidamente. Mi ricordi molto questo piccolo bulldog:
      http://videospremium.net/videos/video.php?id=1958

      • rolling stone ha detto in risposta a lorenzo

        grazie per i complimenti.
        Se per domande graffianti intendi quella che mi hai fatto tu qualche giorno fa, riguardo al peccato originale come responsabile dello tsunami e dei gemelli con un solo cuore, effettivamente non ho nulla da rispondere e mi tiro indietro rapidamente (anche un po’ spaventato).

        • lorenzo ha detto in risposta a rolling stone

          Ti chiedo scusa, ma l’intenzione era semplicemente quella di rileggerti in questo sito, perché, anche se ti può sembrare strano, le persone come te sono utilissime affinché noi cattolici possiamo interrogarci ogni giorno su quello in cui crediamo.
          Tanto per la cronaca, graffianti non era riferito alle mie domande, ma a quelle di altre persone ben più preparate di me che, interloquendo con te, mi chiariscono molte cose.

    • Dario ha detto in risposta a rolling stone

      C’è una contraddizione in ciò che scrivi, un dono per essere tale deve venire da qualcuno, altrimenti non si può parlare di dono. Insomma, volendo proprio escludere Dio, se trovo 10€ per terra non li considero un dono del pavimento…
      A parte questo, mi fa davvero tristezza leggere certe cose perché ritenersi felici di tornare in un presunto nulla è proprio un concetto che può appartenere con cognizione di causa solo ad uno che non ci ha mai realmente riflettuto o ad una persona davvero disperata…

  15. sto'co'frati e zappo l'orto ha detto

    Rolling Stone.Scrivi anche tu un bel libro.
    Come fai in poche righe a smontare migliaia di anni di “credenza”e miliardi di credenti?
    E come fai ad essere certo di tornare “nel nulla”?
    Fallo capire anche a me,poverissimo ignorante.

    • Andrea ha detto in risposta a sto'co'frati e zappo l'orto

      Posto che qui nessuno è certo di niente, poichè certi non si può essere di qualcosa che sta oltre la vita.
      Da non credente, a me sembrerebbe perfettamente coerente l’ipotesi di finire da morto nello stesso posto in cui ero prima di nascere ossia: nessun posto.

      Non mi sembra per niente un atto di fede. mentre il credere in una specifica forma di esistenza ultraterrena richiede sia un atto di fede, che la necessità di escludere ragionevolmente tutte le altre ipotizzabili forme d’esistenza ultraterrena, che spiegare il momento in cui la vita ha origine ogni volta che vi è un concepimento per infusione di quella stessa componente non fisica che rimarrebbe poi oltre la morte.

      Detto questo non attribuirei alla religione un valore che è conseguenza della numerosità dei suoi adepti, non è un nobile argomento.

      • GiuliaM ha detto in risposta a Andrea

        E come fai a sapere che prima di nascere tu non fossi in nessun posto? 😉

        • Andrea ha detto in risposta a GiuliaM

          non si può sapere con certezza, come non si può sapere con certezza se fossi in un posto e tantomeno in quale posto specifico, ma è lecito ritenere che nell’intero infinito insieme di ipotizzabili stati in cui potessi essere il “nessun posto” sia il più probabile. Perchè è proprio li che sarei (e questo lo posso dire con grande probabilità) se quello specifico spermatozoo non avesse fatto quel particolare incontro, o se addirittura mia madre e mio padre non si fossero mai conosciuti, o non fossero a loro volta mai nati per la stessa catena fortuita d’eventi…
          Eventi su cui anche il battito d’ali d’una farfalla può avere un’influenza, e che perciò sono da ritenersi con altrettanto buona probabilità fortuiti.

          • GiuliaM ha detto in risposta a Andrea

            Meglio, siamo passati da “prima di nascere so che ero niente quindi dopo la morte non sarò niente” a “non sappiamo se prima della nascita ecc.”

            Il caso non esiste; noi chiamiamo caso ciò di cui non riusciamo ad individuare con certezza la causa. Nemmeno il lancio di una monetina è dettato dal “caso”, perchè su di esso influiscono fattori come la forza impressa al lancio, la faccia di partenza ecc. Noi lo prendiamo come evento “casuale” perchè non possiamo controllarne le cause.

            Comunque, cosa c’entra il caso con l’esistenza di una vita dopo la morte?

            • Andrea ha detto in risposta a GiuliaM

              c’entra eccome, il caso non esiste perchè tutto ha una causa, ritieni quindi che se domani vincerai alla lotteria è perchè l’ha voluto Dio, oppure perchè un insieme di concause deterministiche ma incontrollabili ha prodotto proprio quell’evento?

              perchè la fecondazione di un ovulo da parte proprio di quello specifico spermatozoo che darà origine a Giulia invece che Andrea, ha cause il cui livello di controllabilità è simile a quello dell’estrazione della lotteria.

              Dire Causa è un cosa, dire intenzione è un’altra.

              • GiuliaM ha detto in risposta a Andrea

                Non è detto che Dio non metta lo zampino su certi processi (tipo il vincere alla lotteria): non possiamo nemmeno in quel caso parlare di caso (perdonatemi il gioco di parole), perchè un intervento esterno ha messo lo “zampino” nell’accadere delle cose. E poi, appunto, qua si parla di “controllabilità” di un sistema.

                Non ho capito bene l’ultima frase: le cause possono benissimo originarsi dalle intenzioni, se Nicola si ritrova con un bernoccolo in testa la causa è stata la mia intenzione di picchiarlo 😛

              • Nicola ha detto in risposta a Andrea

                hmm mi sa che vi confondete un po’ tra causalità e casualità.

              • Antonio72 ha detto in risposta a Andrea

                Se dovessimo considerare le stesse probabilità che hanno portato la vita sulla Terra, stai pur certo, che nessuno giocherebbe più ai cavalli ed i monopoli di Stato potrebbero chiudere i battenti anche domani.
                In fisica esiste anche la probabilità, seppure minimissima, che un uovo rotto caduto dal tavolo si ricomponga da sè, oppure che una palla lanciata contro un vetro lo attraversi da parte a parte senza mandarlo in frantumi. Eppure siamo tutti d’accordo, anche voi atei, a definirli dei veri e propri miracoli e se dovesse presentarsi un testimone che con i propri occhi abbia assistito ad un evento del genere, lo prenderemmo per un folle o per un visionario.
                Ma le probabilità che possa originarsi la vita spontaneamente sono dello stesso ordine di grandezza, anzi ancora inferiori, ma in questo caso solo noi credenti restiamo coerenti con noi stessi. Chi è dunque che assume la parte del folle?

                • Nicola ha detto in risposta a Antonio72

                  Che ne sai che siamo tutti d’accordo? E su quali basi affermi dire che i due fenomeni sono dello stesso ordine di grandezza? Dovresti almeno stabilire quanto vale, questo benedetto ordine di grandezza… altrimenti sono solo chiacchiere.

                  • Antonio72 ha detto in risposta a Nicola

                    Secondo Fred Hoyle il fatto che una singola proteina possa essere sintetizzata grazie ad eventi casuali, sarebbe come se una tromba d’aria attraversasse una discarica lasciando dietro di sè un jumbo jet perfettamente funzionante.
                    La probabilità che una molecola come il collagene si autoassembli è di una su 10^260, per l’emoglobina, composta da soli 146 amminoacidi, una mezza cartuccia rispetto alle altre proteine, è di una 10^190.
                    E tieni conto che esistono varie centinaia di migliaia di proteine, ciascuna unica e di vitale importanza per mantenerci vivi e vegeti. Inoltre la proteina non è solo una sequenza ben definita come la sequenza di lettere di una specifica parola, o frase, ma assume delle forme complesse ben precise, e nemmeno immutabili.
                    E le proteine non sevono a nulla da sole, perchè per la loro sintetizzazione ci vuole il DNA, e quest’ultimo, come dice Lewontin, è una delle molecole più inerti esistenti, e per funzionare deve essere contenuto all’interno di una cellula vivente, che è molto più complessa di qualsiasi proteina (non a caso il DNA può essere recuperato anche da una mummia). Quindi anche se causalmente il brodo primordiale avesse contenuto tutte le proteine esistenti e la stessa molecola del DNA, come hanno potuto replicarsi senza una cellula? Quest’ultima è infatti l’unica che può replicarsi, il DNA da solo non si replica, come nessun’altra molecola.
                    Scrive Lewontin: “Ma le proteina della cellula sono fatti di altre proteine, e senza quel meccanismo di costruzione delle proteine niente può essere fatto. Si ha qui l’impressione di un cammino all’indietro all’infinito (Che cosa produce le proteine necessarie per fare la proteina?), ma questa impressione è dovuta a un altro errore della biologia volgare, che cioè siano solo i geni a essere trasmessi dai genitori alla prole. In realtà, un uovo, prima della fecondazione, contiene un apparato completo di produzione depositatovi nel corso del suo sviluppo cellulare. Noi erediatiamo non solo i geni fatti di DNA ma anche un’intricata struttura di meccanismo cellulare costituito di proteine.”
                    Ed oggi, con tutta la scienza e tecnologia, è impossibile creare la vita da materia inorganica, la vita si origina solo dalla vita.
                    Qualcuno azzarda una probabilità complessiva dell’origine casuale della vita intorno ad una su 10^40000.
                    Pressapoco equivale a mettere un mucchio di ingredienti già belli e pronti dentro un tegame, agitare bene, ed aspettarsi che esca fuori una bella torta con tanto di ciliegine e di candeline già accese.

                  • Antonio72 ha detto in risposta a Nicola

                    Cmq Buon Natale!

              • Antonio72 ha detto in risposta a Andrea

                La verità è che gli atei hanno barato e sono stati sorpresi con l’asso che gli fuoriesce dalla manica, anche se non lo vogliono ammettere.
                Sappiamo che la probabilità di azzeccare la combinazione vincente al Superenalotto è di una su seicentoventidue milioni. Ma in una singola giocata ovviamente non si contano mai tutte queste combinazioni, e per questo il jackpot può rimanere sul tavolo per diverse settimane, accumulandosi.
                In cosmologia gli atei trovarono una soluzione adatta. Siccome la ragione e la scienza non possono ammettere una probabilità che non sia irrisoriamente ridicola di un universo accogliente per la vita, si sono moltiplicati gli universi quasi all’infinito. E’ come se nella lotteria ad ogni tornata si vendessero miliardi di combinazioni così che la vincita sarebbe cosa quasi certa. L’asso nella manica scoperto deriva dal fatto che così facendo si può spiegare l’esistenza di tutto, delegittimando il ruolo della stessa scienza, la quale non avrebbe più senso né alcuno scopo.
                Sull’origine della vita ci sono più o meno le stesse probabilità. Quindi si deve dedurre l’esistenza di infiniti (o quasi) pianeti simili alla Terra: il problema è che non si è trovato neanche uno di questi pianeti. Allora che fa l’ateo scientista. Fischiettando e facendo finta di nulla, fa passare per vera la casualità sull’origine della vita, in una specie di minestrone primordiale, il quale non si sa ovviamente, chi ce l’abbia messo o come si sia formato. Poi giocando in laboratorio con i suoi alambicchi vari viene fuori una specie di sostanza organica e subito la si considera una prova della teoria della casualità. Come se uno sputo qualsiasi sul marciapiede possa spiegare l’origine di un intero organismo umano, o anche quella di un moscerino, se vogliamo.
                Un’altra casualità all’origine della casualità.

            • Nicola ha detto in risposta a GiuliaM

              Il caso non esiste; noi chiamiamo caso ciò di cui non riusciamo ad individuare con certezza la causa

              Può darsi, ma come puoi sapere con certezza che il caso non esiste? Magari esiste e non lo sai… No?

              Nemmeno il lancio di una monetina è dettato dal “caso”, perchè su di esso influiscono fattori

              Ma se invece del testa/croce della moneta, misuri ad esempio lo spin di un elettrone? Qui non si tratta di fattori a noi ignoti: è la fisica conosciuta che ci dice che il processo è intrinsecamente casuale. Magari la fisica è tutta sbagliata… ma tu, ora, come fai a saperlo con certezza?

              • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Nicola

                ” Magari esiste e non lo sai”
                Ma magari esistono anche gli asini che volano…no?

                Piuttosto che parlare di caso io parlerei di libertà.

                • Nicola ha detto in risposta a Renato Valsecchi

                  Mai visti asini che volano.

                  • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Nicola

                    Mai visti? Magari ci sono e non lo sai. Non è questa la tua risposta?

                    Mai visto qualcosa di casuale.

                    • Nicola ha detto in risposta a Renato Valsecchi

                      Come ho scritto, che gli eventi casuali esistano lo dice la fisica nota, non io: ci sono eventi, come il decadimento di una particella, che sono intrinsecamente casuali. Ma che siete tutti deterministi, qui?

                    • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Nicola

                      Nicola, secondo te come si fa a stabilire con certezza che si tratta di casualità? La scienza si basa anche su principio causa-effetto.

                    • Nicola ha detto in risposta a Renato Valsecchi

                      secondo te come si fa a stabilire con certezza che si tratta di casualità?
                      Non si fa, è ovvio. Come è altrettanto ovvio che non possiamo affermare con certezza che caso non esiste; era tutto qui il mio punto.

                      Tra le due alternative, per ora, la fisica nota ci dice che i fenomeni casuali esistono. Naturalmente è possibilissimo che la MQ è sbagliata o incompleta, e che in futuro avremo una descrizione completamente deterministica dei fenomeni.

                      La scienza si basa anche su principio causa-effetto
                      Ma certo. Gli eventi casuali mica sono in contrasto con il principio di causalità (causa-effetto). Ma attento a non confondere casualità con causalità.

                    • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Renato Valsecchi

                      Benissimo, allora ha ragione GiuliaM quando dice: “Il caso non esiste; noi chiamiamo caso ciò di cui non riusciamo ad individuare con certezza la causa”.

                      Ma tu cosa intendi quando parli di “casualità”?

                    • Nicola ha detto in risposta a Renato Valsecchi

                      allora ha ragione GiuliaM quando dice: “Il caso non esiste;
                      Se voi avete questa certezza… tenetevela pure. Con i deterministi è meglio non insistere 🙂

                      intendi quando parli di “casualità?
                      Aleatorietà.

          • sto'co'frati e zappo l'orto ha detto in risposta a Andrea

            Probabilmente occorre anche “un aiutino”per essere l’individui che siamo.

      • Nicola ha detto in risposta a Andrea

        Detto questo non attribuirei alla religione un valore che è conseguenza della numerosità dei suoi adepti, non è un nobile argomento.

        Questo no, anzi: è l’argomento del valore intrinseco a non funzionare, se il tuo interlocutore non è credente (cioè assegna valore nullo alla religione).
        E’ sensato fargli notare che non ha speranza di smontare in due righe secoli di pensiero religioso (con numerosi adepti al seguito, una montagna di letteratura, etc.). Va detto che lo fanno molti qui, es. sull’islam, sull’induismo, sul pensiero laico, sul relativismo etc etc.. spesso e volentieri liquidati in due righe \-:

        • GiuliaM ha detto in risposta a Nicola

          Non mi pare, Nicola, le smentite sono sempre state accompagnate da fonti esaurienti.

        • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Nicola

          @Nicola.
          Non voglio contare le parole dell’articolo in cui si smonta la presunta lucidità laicista, ma sono sicuramente più di due. Piuttosto ancora nessuno ha affrontato il cuore dell’argomento.

          • Nicola ha detto in risposta a Renato Valsecchi

            Non so di che articolo parli (ma credo che comunque il pensiero laicista continuerà ad esistere) e parlavo di righe, non di parole. Mi riferivo a vari commenti bi-riga che ho letto. Uh, tipo il tuo 🙂

            • DSaeba ha detto in risposta a Nicola

              Il pensiero laicista continuerà ad esistere perchè non è nuovo, tutto qui. La differenza è che negli ultimi duecento anni ha cominciato ad avere un peso nella società, mentre prima era parte di un’elite culturale (mi viene in mente Plinio il Giovane, per esempio, ma anche Luigi XIII).
              Insomma, l’ateismo o l’agnosticismo non sono novità, ma sono “di moda” da poco. Concordando in toto con l’autore dell’articolo, sono convinto che non dureranno, perchè quando cominceranno veramente ad imporre una struttura morale nella società, cambiandola radicalmente dal modello cristiano, le persone forse vedranno cos’è realmente il nulla sul quale basano la loro vita. In fondo la scelta di oggi non è “veramente” atea, in quanto si vivono valori cristiani anche rifiutando la religione cristiana, almeno nell’occidente.

            • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Nicola

              Comincio a dubitare della tua capacità di orientamento spazio-temporale…hai mai notato che questi commenti si generano al di sotto di un articolo ben preciso? Prova a scorrere la rotellina del mouse dal basso verso l’alto e troverai un ottimo articolo composto da ben oltre 10 righe. Sarà sorprendente, te lo assicuro ;D

      • sto'co'frati e zappo l'orto ha detto in risposta a Andrea

        In questo modo non andiamo da nessuna parte.Ognuno tiene la sua “FEDE” e poi basta stare ad aspettare….qualcuno vince la scommessa.Per quanto riguarda chi ci ha preceduto non è di nessuno la competenza il giudicare la maggioranza dell’umanità nei secoli e nei luoghi.Per quanto mi riguarda non mi sento convinto in modo risoluto da quello che dici.In “in nessun posto” è la tua affermazione? Cosa è questo Nessun Posto?ps.Non sono certo io il difensore della Religione..sai che risate.

        • Andrea ha detto in risposta a sto'co'frati e zappo l'orto

          corretto, diciamo che anche sul fatto che valga la pena di scommettere ci sarebbe da aprire un capitolo, ma andremmo off-topic.

          con nessun posto intendo dire che se è plausibile l’ipotesi secondo cui nulla di noi abbia alcuna forma prima della nascita, mi parrebbe altrettanto plausibile sostenere che non ce l’abbia nemmeno dopo la morte. E il fatto che entrambe queste due aree non siano indagabili non mi fa sentire autorizzato a speculare su stati di esistenza transitori o in altra forma diversa da quella che viviamo.

          • sto'co'frati e zappo l'orto ha detto in risposta a Andrea

            Sono d’accordo con te sulla “inutilità” dello Scommettere.Incominci a parlare di “anima”? in pratica anima si anima no?Nessuno può fotografare l’anima?Dunque cosa è questa benedetta anima?Tieni conto che non ti stò dicendo sciocchezze,quanti milioni di libri sono stati scritti su questo argomento? Adesso incominci a piacermi!

            • Andrea ha detto in risposta a sto'co'frati e zappo l'orto

              beh parlo di anima solo perchè credo che sia condizione necessaria a formulare un’ipotesi di vita ultraterrena, visto che tutto il resto mi pare sia costretto a restare sulla terra, per definizione.

              Secondo me l’anima è un astrazione di qualcosa che vorremmo tanto esistesse indipendentemente dalla nostra fisicità, ma ho il forte sospetto/timore che non sia altro che un concetto, un prodotto del nostro cervello.

              PS: temo di aver già smesso di piacerti…

              • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Andrea

                Questa è una tua opinione e rimane tale come la mia. Quel che bisogna guardare è la sensatezza della propria posizione, delle proprie ragioni. Ritenersi una parentesi tra il non c’ero e il non ci sarò rende assolutamente insoddisfacente tutta la fatica che si fa nel tirare avanti la vita. A che scopo? Per quale ragione ultima uno deve faticare così tanto per tornare ad essere nulla? Perché legarsi affettivamente se verrà tutto spazzato via? Perché dannarsi per costruire una casa se una settimana dopo verrà sbriciolata? Per gustarsela quei 7 giorni? Vale la pena? Come si fa a gustare davvero qualcosa sapendo che è solo temporanea, in prestito?

                • Locca ha detto in risposta a Renato Valsecchi

                  “Ritenersi una parentesi tra il non c’ero e il non ci sarò rende assolutamente insoddisfacente tutta la fatica che si fa nel tirare avanti la vita.”

                  Tuttavia, questo non ha nulla a che vedere con la sua sensatezza. Anche se una certa visione della vita (o della morte) non è in grado di dare uno scopo a quella che altrimenti sarebbe un’esistenza insignificante, non vuol dire che non sia vera. E qui non sto dicendo che è certamente vero che dopo la morte ognuno ritorni in quello stato di “non esistenza” nel quale “vagava” (licenza poetica) prima di nascere, ma dal mio punto di vista è una posizione ragionevole se penso a quello che ne sarà del mio cervello dopo la decomposizione. Sappiamo che la memoria è localizzata in varie regioni del cervello. I nostri ricordi, conoscenze, la nostra personalità, le nostre sensazioni ed emozioni (tutto ciò che io identifico con la parola “anima”) sono il prodotto di una specifica attività neuronale. Dopo il decesso di un individuo le cellule impiegate in questo processo muoiono, le sinapsi si sfaldano, l’intera rete neurale si secca e si decompone e con essa svaniscono i ricordi e le emozioni che rendevano il cervello una bellissima e (quasi) perfetta macchina. E quell’ “anima” fatta di neuroni e neurotrasmettitori cessa di esistere, proprio come non esisteva prima di nascere.
                  E’ una visione allegra? No, sono io stesso ad ammetterlo per primo, ma mi sembra la più realistica. Non mi dà nessuno scopo, nessuna ricompensa per essermi comportato bene. Mi tira solo un calcio iniziale e mi dice: “Ragazzo, fa’ un po’ come credi ma sbrigati, tanto durerà tutto molto poco e, alla fine dei conti, sarà tutto inutile”.
                  E’ questa la verità? Non posso dire di essere sicuro al 100% , ma al momento mi sembra l’opzione più plausibile.

                  • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Locca

                    Ovviamente quel “sappiamo che” è errato. Anzi, le neuroscienze stanno sempre più dimostrando che l’uomo non è il suo cervello. Su questo sito un approfondimento: https://www.uccronline.it/2011/06/04/neuroscienze-e-liberta-%C2%ABluomo-non-e-il-suo-cervello%C2%BB/ , certo permane moltissimo riduzionismo e quel tuo “sappiamo che” è da rivolgersi ad alcuni neuroscienziati. Tanti altri sono convinti che dopo la morte la parte immateriale presente dentro di noi non seguirà la decomposizione corporea, tanti altri ancora credono in una vita aldilà della morte. Dunque la tua spiegazione scientifica è assolutamente parziale e controversa.

                    Passando alla tua visione: è certamente la TUA visione, non si capisce però da quali “prove” sia basata se non una pura scelta opzionale, assolutamente legittima. In mancanza di prove tuttavia non si capisce perché scegliere una condizione tanto pessimista e tragica, come testimoni tu. Strano che contemporaneamente a queste dichiarazioni, sugli autobus di Genova e di Londra gli atei sostengano di essere tanti e tutti felici, che la vita dell’ateo è soddisfacente e invidiabile.

                    Resta il fatto che l’ipotesi più plausibile è quella dettata dalla tua umanità: dentro di te se ci fai caso c’è una nostalgia per l’infinito, per “l’oltre la morte”, per un senso della tua vita e dei tuoi affetti. Se ci pensi, la tua natura umana si oppone radicalmente al fatto di essere inutile, un accidenti comparso per caso e che tornerà tra poco nel nulla. Sei stato tu o i tuoi genitori a metterti dentro questa spinta radicale verso l’oltre? No. Puoi per caso strappartela di dosso, ignorarla o altro? No. Puoi distrarti quanto vuoi ma rimarrà lì, a volte sopita altre volte (magari di fronte alla morte di un caro amico) tornerà fuori potentemente. L’ipotesi più plausibile è prendere sul serio noi stessi e quello che originalmente sentiamo come vero.

                    • Locca ha detto in risposta a Renato Valsecchi

                      Non è una spiegazione parziale e controversa. E’ quello che fanno studiare nelle facoltà di medicina, dove è chiarito che si sa ancora molto poco sul nostro cervello, ma anche dove nessuno si azzarda a mettere in gioco una “parte immateriale presente dentro di noi” per tappare i buchi. E su questo sono sicuro. Non si studia l’anima nel corso di neuroanatomia. Poi, davvero, evitate di mettere dei link perchè tanto non li andrò a leggere. Se avessero già accertato l’esistenza dell’anima allora non sarei qui a discuterne con voi. Mi interessa la vostra opinione, non vi chiederò di portarmi le prove perchè come non le ho io, non le avete neanche voi. E il fatto che i neuroscienziati non abbiano trovato un accordo su questo punto, significa che non le hanno nemmeno loro. Ho spiegato il perchè ritengo plausibile la mia visione basandomi sul percorso di studi che ho affrontato. E mi sembra soprattutto che non esista il benchè minimo straccio di prova che porti a pensare che un qualcosa in noi possa sopravvivere alla morte del corpo.
                      Gli atei di Genova e Londra non mi rappresentano. Io non credo che esista un dio e nello specifico non credo esiste il Dio Cristiano per una serie di motivi. Volete chiamarmi ateo? Ok, chiamatemi ateo , agnostico, Mario Rossi, chiamatemi come vi pare. Ma non venitemi a parlare di quello che fanno gli altri atei o di quanto siano felici le loro vite perchè non li conosco e loro non conoscono me.

                  • lorenzo ha detto in risposta a Locca
                  • GiuliaM ha detto in risposta a Locca

                    “E’ una visione allegra? No, sono io stesso ad ammetterlo per primo, ma mi sembra la più realistica. Non mi dà nessuno scopo, nessuna ricompensa per essermi comportato bene. Mi tira solo un calcio iniziale e mi dice: “Ragazzo, fa’ un po’ come credi ma sbrigati, tanto durerà tutto molto poco e, alla fine dei conti, sarà tutto inutile”.”

                    E allora la morale a che serve? Il rispetto altrui? Il “comportarsi bene”?

              • sto'co'frati e zappo l'orto ha detto in risposta a Andrea

                Invece mi piaci sempre più,perchè sei “meravigliosamente umano”infatti sono i “leciti dubbi”di persone come te che mandano avanti il Mondo.Come vedi è molto difficile parlare di Anima.Grazie.

          • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Andrea

            “mi parrebbe altrettanto plausibile sostenere che non ce l’abbia nemmeno dopo la morte”
            Se il criterio è la plausibilità allora non si capisce perché negare un Dio creatore del tutto, della vita e dell’uomo. E’ altamente plausibile che tutto debba avere una causa esterna a sé.

            • Andrea ha detto in risposta a Renato Valsecchi

              “E’ altamente plausibile che tutto debba avere una causa esterna a sé.”

              non ho mai negato la plausibilità di una causa: ma non mi sento autorizzato a personificarla e caricarla d’intenzioni e amore perchè questo mi sembra molto meno plausibile rispetto alle alternative, pur ammettendo che una causa esterna possa esserci.

        • Renato Valsecchi ha detto in risposta a sto'co'frati e zappo l'orto

          @sto’co’frati e zappo l’orto
          Non c’è nessuna scommessa, ma soltanto il desiderio di essere felici della propria vita. Chi ha davvero interesse agisce, dimostrare di essere nel giusto non serve a nulla.

          • sto'co'frati e zappo l'orto ha detto in risposta a Renato Valsecchi

            Renato Valsecchi,stimatissimo Commentatore,non mi fraintendere non parlo di scommesse simili a quelle dei cavalli oppure dei levrieri ecc.E’ qualcosa di ben più complicato.

      • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Andrea

        “certi non si può essere di qualcosa che sta oltre la vita”
        Ovviamente è un giudizio personale che vale per te. Quell’oltre la vita è diventato Uomo e fra pochi giorni il mondo festeggerà la sua nascita.

        Sicuramente è coerente pensare di essere un nulla che scrive, ma è una scelta personale senza alcuna motivazione fattuale. E non è certo positiva come scelta.

        • Andrea ha detto in risposta a Renato Valsecchi

          se ero nulla e sarò nulla, posso non essere nulla adesso.
          La materia di cui sono costituito esiste ed esisterà, il modo in cui è organizzata, cambierà radicalmente.
          E questo non richiede necessariamente un intervento esterno. Almeno non lo richiede nel meccanismo con cui due umani creano un terzo umano dal nulla, e nel meccanismo con qui questo umano cessa poi di vivere.

          • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Andrea

            Per sostenere che “ero nulla e sarò nulla”, commetti due errori piuttosto grossolani. Il primo è che ignori che ora sei qualcosa, il secondo che assumi che dopo tornerai ad essere nulla. Volendo anche l’affermazione “ero nulla” potrebbe essere sbagliata perché sicuramente esistevi nella mente dei tuoi genitori, e prima di essi potevi esistere nella mente di Dio.
            La tua dissertazione sul dopo-morte mi pare un ottimo pensiero, a patto che tu riduca l’essere umano al corpo fisico (riduzionismo e materialismo). E credo che oggi ogni buon neuroscienziato avrebbe da ridire.

            • Andrea ha detto in risposta a Renato Valsecchi

              nella mente dei miei genitori esisteva se mai il desiderio di un figlio, ma nulla potevano esprimere circa il mio aspetto o il mio carattere, perchè sono fattori che non avrebbero mai potuto controllare.
              io ho iniziato ad esistere all’atto della fecondazione non prima, e ho acquisito coscienza di me qualche mese dopo. quando i meccanismi che regolano gli equilibri biochimici del mio corpo si arresteranno, il mio cervello smetterà di funzionare e perderò coscienza di me, avviandomi poi alla naturale decomposizione..

              Ma visto che nella mente di molti quest condizioni sono troppo umilianti, troppo riduttive per appartenenere a me nobile uomo, che domina l’universo ad immagine di Dio, allora dovrei rigettarle, e per darmi un senso affermare che sono parte di un disegno, di un meccanismo perfetto basato non soltanto su semplici equilibri di forze (questo è innegabile) ma sul fatto che tali forze sono state messe in campo proprio per concepire me, minuscolo puntino disperso su un pianeta che non è al centro di un bel niente.

  16. lepanto ha detto

    Conoscendo il pensiero del sig. Francesco Agnoli non si può non provare affetto per quest’uomo il quale ci dona un raggionamento che non si presta a nessuna strumentalizazione ideologica. Proprio per questo credo che i commenti contrari al professore saranno pochi e privi di aproccio razionale. Grazie prof.

  17. Diener ha detto

    Secondo me invece è una cosa diversa: la concezione che si esprime nell’articolo è nel contesto dei valori. Si sostiene che non si possa essere atei perchè tutti, bene o male, crediamo in qualcosa (l’amore, l’amicizia, la famiglia ad esempio)..quindi che lo si chiami Dio o che la si chiami amicizia è la stessa cosa (se per me il valore supremo della vita è l’amiciza, s’intende). Sono d’accordo, tuttavia questo è un valore. L’ateo non nega che esistano dei valori in cui credere, nega un Dio creatore dell’universo e di ogni principio.
    Quindi non è vero che non esiste l’ateismo: l’ateismo esiste ed è il rifiuto di un Dio creatore dell’universo, non un rifiuto di credere nei valori.
    E’ ovvio che tutti abbiamo dei valori, siamo esseri umani. Solo che ci dividiamo in chi crede che il mondo sia stato creato da un Dio onnipotente e onniscente, e chi invece in questo Dio non ci crede. Libertà di scelta, libertà di pensiero, libero arbitrio, chiamatelo come volete 🙂

    • Flavio ha detto in risposta a Diener

      Hai ragione quando parli di valori. Ma qui non si sta parlando di questi, ma di vere e proprie alternative a Dio. La famiglia è un valore ma nessuno la pone come alternativa a Dio, per intenderci. L’idolo è quella cosa che l’uomo individua dove poter riporre le sue speranze di realizzazione completa, ripone in esso tutta la speranza di essere felice, crede che esso possa rispondere alle sue grandi domande, alla sua sete d’infinito. Questo idolo è l’alternativa a Dio e infatti l’uomo che si comporta così è perennemente insoddisfatto perché nessun idolo risponde.

      Il Salmo 115 spiega bene cosa si intenda per idolo: “I loro idoli sono argento ed oro, opera di mano d’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno naso e non odorano, hanno mani e non toccano, hanno piedi e non camminano, la loro gola non rende alcun suono.
      Come loro sian quelli che li fanno, tutti quelli che in essi confidano”
      (http://www.bibliaonline.com.br/diodati+riveduta/sl/115)

      • Diener ha detto in risposta a Flavio

        Ti ringrazio per la risposta. Nell’articolo si fa riferimento (come esempi) a “Verità , Bene, Felicità, Giustizia, Amore”. Anche io credo nell’Amore, per esempio, ma non ripongo tutte le mie speranze in esso, non penso che l’Amore abbia creato l’universo, non mi lego con tutto me stesso ad esso. L’articolo sostiene che l’ateismo non esiste (il titolo è questo) perchè ognuno ha un suo idolo. Tu dici che non si sta parlando di valori ma di vere e proprie alternative a Dio: tuttavia una persona può vivere anche senza riporre tutto se stesso in un qualcosa.
        Io credo nella felicità ma non penso che abbia creato l’universo, credo nella giustizia (o meglio, ci spero) ma non penso che abbia creato l’universo. Spero di essermi spiegato!

        • Flavio ha detto in risposta a Diener

          Diener, credo che tu abbia inteso male il passaggio dove vengono citati questi termini. Agnoli dice: “Dio, a prescindere dai mille significati che questa parola può assumere, è oggetto della ricerca dell’uomo da sempre, perché significa Verità , Bene, Felicità, Giustizia, Amore, tutto ciò verso cui tendiamo, in un modo o nell’altro, consapevoli o meno”. Dunque l’Amore è come se fosse un sinonimo di Dio.

          Tuttavia non c’entra con la parte relativa agli idoli, la quale viene affrontata così: “Tutti, come Samuel Beckett e i suoi personaggi, aspettiamo “Godot” e lo cerchiamo, chi nella politica, chi nel denaro, chi scegliendo per sé altri idoli e altri dei. Perché se Godot non c’è, se non si rivela capace di soddisfare le esigenze del nostro cuore e della nostra mente, rimane l’assurdo di una esistenza senza meta, senza direzione, e la vita personale si rivela una parentesi di tempo nello scorrere dei secoli, una commedia di burattini alla fine della quale cala un sipario, che non si alzerà mai più”.

          Non si parla di felicità o giustizia, ma denaro, politica, scienza, lavoro, automobile, droga, fisico estetico ecc…sono alternative a Dio non in quanto si suppone abbiano creato l’universo, ma perché l’uomo -il non credente- ripone in esse la speranza della sua felicità, del suo compimento come uomo, rimanendo sempre deluso. O si crede in Dio, oppure si va a cercare il proprio compimento in artefatti come quelli citati, rimanendo perennemente disperati (ovvero senza speranza, dato che questi idoli non rispondo all’uomo).

          • Diener ha detto in risposta a Flavio

            Sì sì tranquillo avevo capito, quello che non capisco è: a questo punto che conlusioni si traggono? Tutte queste persone sono credenti? Non penso, “semplicemente” hanno uno scopo che devono raggiungere. Se io volessi diplomarmi al conservatorio mi impongo che ci devo riuscire e quindi studio 5 ore al giorno costantemente, perchè mi piace la musica. Mi diplomo, e sono felice. Certo, ho usato tanto del mio tempo per il diploma e mi ha reso felice, ma si può dire che io non sia ateo?

            • Flavio ha detto in risposta a Diener

              Prendo l’esempio del conservatorio per spiegarmi meglio. La sostituzione con Dio non avviene perché mi piace la musica e allora mi impegno per laurearmi, ma che io concepisco la laurea al conservatorio come il fattore che potrà rispondere alle esigenze radicali dell’uomo, alle grandi domande di significato che l’uomo sente dentro di sé. Lo stesso per la musica: se io affido ad essa il compito di rispondere alla mia umanità, al mio bisogno di significato della vita, alla mia sete inesauribile di felicità, allora la musica diventa un idolo. La musica può rispondere alla domanda dell’uomo? Assolutamente no, tant’è che in grandi musicisti sono comunque in cerca di altro (o Altro), come testimonia spesso in modo commovente Andrea Boccelli (la musica ha la potenza di esasperare la domanda di senso, ma non di rispondervi). L’ateo continua a riporre la sua speranza ultima in centinaia e centinaia di piccoli idoli in una continua corsa al cambiamento, rimanendo però deluso ogni volta. Ovviamente anche il credente fa questo ogni volta che rimane incastrato a sua volta nelle circostanze della vita, pensando di essere determinato da esse.

              • Diener ha detto in risposta a Flavio

                Grazie mille. Quello che penso è che, comunque sia, nella vita non sia necessario trovare il fattore che risponda alle domande esistenziali dell’uomo e riporlo in un idolo per chi è ateo. Io posso vivere credendo che un Dio onniscente e onnipotente non esista e avere tanti obbiettivi come qualunque persona, avere valori come qualunque persona, però potermi anche accontentare della mia vita e non cercare una felicità immensa e un qualcosa di davvero grande. Che bisogno avrei di cercare questo fattore grandissimo? Penso che il bisogno sia dovuto a un concetto molto simile alle illusioni foscoliane (per un ateo): Foscolo aderiva al meccanicismo, tuttavia questa concezione gli dava la necessità di nutrirsi delle celebri illusioni (lasciare il proprio ricordo dopo la morte ad esempio). Io però posso avere una concezione meccanicista dell’universo ma essere soddisfatto della mia vita e quindi non sentire il bisogno di cercare nel lavoro, nella politica, nella droga, nell’aspetto esteriore, o in qualunque altra cosa il mio fine ultimo più grande. Ovviamente ci sono anche gli atei che magari ne sentono il bisogno, nulla da discutere su questo.

                • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Diener

                  Benissimo, per fare questo però devi annullare il messaggio che arriva dalla tua umanità, la quale invece chiede a gran voce un significato più grande, un senso ultimo delle cose, un’esigenza di felicità piena e non piccoli spruzzi di contentezza. Sostenere che “non ho bisogno di”, quando invece poco prima parli di “accontentarmi” è una contraddizione. Se ti accontenti significa che forzi la tua umanità ad accontentarsi. Questa è un’illusione, cioè pensare di potersi accontentare. Poi però muore l’amico e subito torna fuori la richiesta di un senso ultimo per tutto, il desiderio di eternità, il bisogno di verità assoluta, insomma la lucidità dell’impossibilità ad accontentarsi. “Chi pensa poco”, diceva Maxwell, “non può che essere ateo”, infatti riteneva che esso può soltanto continuare a distrarsi da sé.

                  • Diener ha detto in risposta a Renato Valsecchi

                    Beh ma io ti assicuro che nella mia vita non ho piccoli spruzzi di contentezza, sono felice, e così penso molti atei. Poi ovviamente ci sono atei non felici della propria vita così come esistono credenti non felici della loro, ma lì dipende dalla persona e non certamente dal credo religioso. Capisco perfettamente che per un credente sia impossibile concepire la vita di un ateo. E’ normale, anche per chi prende sempre 9 o 10 a scuola è difficile concepire chi prende 5 o 6. Con questo non voglio dire che chi è credente sia la persona del 9 e 10 e chi sia ateo sia quella da 5 o 6, non fraintendetemi, è un semplice esempio.
                    Poi, hai detto che è una contraddizione dire “non ho bisogno di” e poco prima invece “accontentarmi”. Hai ragione, mi sono spiegato male! 🙂 Volevo dire che non è necessario riporre tutta la nostra esistenza in un qualcosa di superiore, io posso vivere benissimo anche senza questa entità ed essere felice, felicissimo.
                    Poi sulla morte di un amico non è vero che si torna ad essere confusi e a voler trovare un desiderio di eterntità, di verità assoluta..è triste che sia morto ovviamente, ma è triste perchè io mi ero legato a lui e non lo vedrò più, non perchè lui non possa più continuare la sua vita. Lui, materialmente parlando, non sente più nulla, quindi il dolore lo percepiscono coloro che lo conoscevano (e quindi i vivi). Dopo la sua morte non c’è nessun desiderio di voler scoprire il senso ultimo per tutto. Se uno è ateo non pensa che ci sia un fine, è normale.

      • Alessandro Giuliani ha detto in risposta a Flavio

        Caro Flavio tu scrivi ‘La famiglia è un valore ma nessuno lo pone come alternativa a Dio’ in realtà succede anche questo, ti posso assicurare che esistono persone degnissime ed amabili (che conosco personalmente) che hanno il valore della famiglia (e quindi l’amore per i propri familiari) come orizzonte ultimo di senso non credendo nè in Dio nè nella vita dopo la morte.

        • Renato Valsecchi ha detto in risposta a Alessandro Giuliani

          Io concordo con entrambi. E’ vero che c’è chi sostituisce la famiglia a Dio come orizzonte ultimo, però la famiglia -per quanto grande che sia- non risponde per nulla all’uomo. Anzi, magari dopo sei mesi in cui la “famiglia è tutto”, uno si sente in carcere e ha bisogno di altro.

    • Andrea ha detto in risposta a Diener

      approvo al 100% questo tuo commento,e ti assicuro che quellla di chi ammette che il non credente abbia dei valori è una posizione illuminata su questo forum.

      Alcuni qui li negano, non perchè non li riscontrano, ma semplicemente perchè non sanno spiegarsi perchè mai una persona senza Dio dovrebbe essere stimolata ad averli.

  18. Antonio72 ha detto

    E’ inutile dire che il vero idolo della società moderna si chiama scienza-tecnologia. Dove essa impera, possono proliferare altri idoli da essa derivati, come il denaro ed il potere.
    Jared Diamond lo ha dimostrato chiaramente nel suo saggio “Armi, acciaio e malattie”, ovvero che le civiltà più dotate a livello tecnico, sono portate naturalmente, quasi in senso darwiniano, a sopraffare e sottomettere le altre.
    E’ sempre stato così e lo è ancora oggi, almeno per chi ha gli occhi per vedere e l’intelletto per ragionare.

    • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

      Secondo me invece non bisogna demonizzare così la ricerca: il vero idolo (odierno? mica tanto…) da cui derivano tutti gli altri è il denaro vero e proprio, la scienza e la tecnologia sono sensate solo se portano introiti.

      • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

        Pensavo che fossero sensate solo se portano un certo progresso all’umanità.
        Se ci pensi bene, anche il denaro è un’invenzione tecnologica.
        Cmq è dimostrato dalla storia che il progresso scientifico-tecnologico è possibile solo in una società capitalista, dove il diritto al capitale sovrasta tutto, anche la stessa dignità umana. La sopraffazione è evidente visto che a fronte di 1,3 miliardi di persone obese ed in sovrappeso nei paesi occidentali, ve ne sono molte di più che fanno letteralmente la fame.
        Tu obietterai che non sia colpa della tecnologia, ed invece lo è, eccome! La dimostrazione lampante è che se i paesi sottosviluppati avessero il medesimo standard tecnologico occidentale non farebbero certamente la fame. Ma chi lo impedisce questo? Lo stesso Occidente servendosi sempre della propria supremazia tecnologica, e non solo quella militare.

        • Antonio72 ha detto in risposta a Antonio72

          Mi correggo: ho detto che l’uomo si serve della tecnologia, quando in realtà è vero proprio l’opposto.

        • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

          Pensavo che fossero sensate solo se portano un certo progresso all’umanità.
          Infatti ero ironica 😉
          Il denaro sì è un invenzione umana, è l’invenzione con cui puoi dominare il mondo e ottenere quello che vuoi: forse avrei dovuto citare il termine Mammona usato da Gesù stesso, che indica appunto ricchezza materiale e potere.

          La tecnologia non è buona o cattiva, secondo me: dipende da come la si usa. Puoi usarla per costruire nanorobot che compiano operazioni chirurgiche o per fabbricare una potentissima bomba che spazzi via un’intera nazione.
          Il discorso della “legge del più forte” potrebbe valere per qualunque mezzo che permetta di avere la supremazia degli altri, fosse anche un mostro marino (quindi nulla di tecnologico).
          Se l’ingiustizia è permeata in questo mondo, non è certo colpa di un computer e neanche di una centrale nucleare, ma è di chi consciamente usa questi mezzi per procurarsi benessere a scapito o addirittura sulla pelle degli altri.

          • GiuliaM ha detto in risposta a GiuliaM

            Tu obietterai che non sia colpa della tecnologia, ed invece lo è, eccome! La dimostrazione lampante è che se i paesi sottosviluppati avessero il medesimo standard tecnologico occidentale non farebbero certamente la fame
            Perchè, è per caso la tecnologia stessa che decide di rimanere nei paesi occidentali e di abbandonare quelli africani? Occhio a non fabbricarsi “demoni” 😉

            • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

              Lo so che può sembrare strano ma è così, o meglio non dipende dalla volontà umana, piuttosto da condizioni ambientali favorevoli.
              Perchè la tecnologia si è sviluppata in Europa e non in Africa? Perchè gli europei sono andati alla conquista delle Americhe e non viceversa? D’altronde sono le domande a cui ha risposto lo stesso Diamond, le cui risposte hanno una volta per tutte superato le vergognose idee di superiorità della razza che volevano essere l’unica spiegazione plausibile(perchè non dimentichiamoci che il razzismo è nato in Europa).
              Ripeto, è la tecnologia che fa l’uomo e non l’uomo che si serve della tecnologia. Una società in cui il mercato delle armi è florido e libero sarà certamente costituita da uomini più violenti di una società senza armi. Se possiedi un’arma in casa hai molte più probabilità di usarla, anche contro te stesso.
              Questo vale per le armi, come per tutte le tecnologie. Le applicazioni civili dell’energia nucleare sono un derivato delle sue applicazioni in campo militare. Ed è così in genere per tutta la tecnologia, visto che nessuno può avere dubbi che i militari siano a livello tecnologico, almeno tre passi avanti rispetto alla società civile. Ancora non si vuole capire o si fa finta di non sapere, che la tecnologia asseconda la volontà di potenza e di dominio dell’uomo, sul mondo e sugli altri uomini.
              Eventuali altre applicazioni sono solo un effetto collaterale, non il fine, anche se continuano a propinarci la teoria opposta, per ovvie ragioni.
              Così come il fine della nanotecnologia applicata in biologia non è quello di curare le malattie del corpo umano, ma di appropriarsene completamente.

              • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

                La tecnologia non è composta solo di armi, anche se purtroppo è vero che i militari sono sempre stati avanti sul piano tecnologico, più dei civili, dati i soldi e il tempo speso nel settore.
                Prendo ad esempio la storia di Internet, che usiamo ormai tutti i giorni: è stato proprio un progetto militare, la rete ARPANET, a dare il via a ricerche sul come collegare reti di calcolatori. Ma per questo dovremmo abolire Internet e ciò che è diventato? Non nego che alcuni siti contengano falsità, ma ci sono anche siti come questo che promuovono valori positivi.
                Riguardo all’uomo che viene plasmato dalla tecnologia, Facebook ne è un chiaro esempio: vedo ragazzi di 5-6 anni più piccoli di me (ma anche miei coetanei) che ormai si corteggiano, litigano e si informano (ahi ahi…) sul social network. Ma attenzione: ci può essere l’anima sprovveduta che crede a tutte le stupidate diffuse sui mezzi di diffusione (TV, Internet), ma anche il manipolatore che usa questi mezzi per ingannare tale anima sprovveduta.

            • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

              Riprendendo il passo evangelico che hai indicato, è vero che Mammona rappresenta la ricchezza ed il potere, ma l’unico modo che l’uomo ha per conseguirli è di passare attraverso la tecnologia, non esistono mostri marini o cose di altro genere. Ma la libera scelta dell’uomo viene condizionata dalle possibilità tecnologiche e spesso anche determinata. Gli spagnoli sbarcarono nell Americhe perchè avevano la tecnologia per farlo, e massacrarono gli indigeni per le stesse ragioni. L’Occidente tiene sotto scacco i paesi sottosviluppati perchè è molto più potente a livello tecnologico. Non è che gli europei siano geneticamente predisposti per dominare il mondo, a differenza dei “sottosviluppati” africani. I primi lo fanno perchè possono, come gli ultimi subiscono perchè non possono. Allora se Gesù chiede di respingere Mammona, implicitamente chiede all’uomo di rinunciare alla tecnologia. In altri passi invece è molto più esplicito.

              • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

                Secondo me non si può rinunciare alla tecnologia in toto: tu rinunceresti a Internet, al computer, che sono state invenzioni militari? Il solo fatto che tu stia scrivendo su questo forum vuol dire che le accetti. Bisogna saper usare correttamente gli strumenti che si hanno a disposizione, perchè puoi fare del male al prossimo anche con un coltello da cucina.

              • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

                Questo per dire che è sempre e comunque l’uomo che, con il suo libero arbitrio, decide cosa fare dell’intelligenza che gli è stata donata da Dio; la storia ci insegna che purtroppo spesso l’ha usata per la sopraffazione, ma non possiamo colpevolizzare l’ingegno di grandi menti per esserci messi nei guai con le nostre scelte su come usare le loro scoperte.

              • Antonio72 ha detto in risposta a Antonio72

                E’ cosa nota che mentre noi giocavamo con il pacman i militari sfruttassero Internet da un pezzo.
                La teoria del coltello da cucina è giusta. Ma se gli europei avessero avuto solo un misero coltello non avrebbero conquistato mezzo mondo. Lo sai che se l’uomo riuscisse ad ottenere con efficienza l’antimateria riuscirebbe a sviluppare un’energia miliardi di volte superiore a quella di una bomba H?
                Se ne deduce che l’uomo deve darsi un limite tecnologico, perchè la sua sete di dominio e di potere non venga alimentata e moltiplicata.
                Come ho già detto, le libere scelte sono sempre condizionate dal progresso tecnologico. Anche la tecnologia crea l’uomo a sua immagine e somiglianza (Per es. ti ricordi la statistica in cui si afferma che il tasso di abortività è proporzionale alla diffusione dei contraccettivi chimici?).
                E’ proprio la ragione che dovrebbe imporre all’uomo di darsi questo limite.
                Infine ti sei mai chiesta perchè Dio predilesse Abele e non Caino?

                • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

                  Ecco, “darsi un limite” è già meglio che “rinunciare alla tecnologia”, come avevi scritto. Sono d’accordissimo nel darsi principi etici nella ricerca, qualora sconfinino nel pericoloso: anche se purtroppo oggi l’eticità è stata sostituita dall’ipocrisia e dal tornaconto personale.

                  L’equazione Mammona=tecnologia però non mi convince tanto, anche perchè non l’ho mai sentita: mi potresti citare qualche parere in merito? E in quali punti Gesù sarebbe “più esplicito”? Non è polemica, solo voglia di documentarmi.
                  E poi ripeto la domanda: anche i computer sono frutto di ricerche militari (anche se è vero che il loro uso domestico è stato sviluppato dai civili Wozniak e Jobs), rifiuteresti anche quelli?

                  • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

                    Darsi un limite, perchè come già detto, l’uomo è figlio del suo tempo e si costituisce in base alla tecnologia della sua contemporaneità. Sono stato accusato di essere un ipocrita perchè è evidente che non rinuncio alla tecnologia, al computer e a tutto il resto. La risposta è che l’uomo stesso è un uomo tecnologico, almeno l’uomo occidentale. Lo dimostra il fatto che rinunciandovi, mi emarginerei inevitabilmente dalla società umana in cui vivo. Ma allora, mi risponderai, se l’uomo stesso è tecnologico come può scampare a Mammona? Ed infatti la tecnologia è il risvolto esteriore del tessuto umano, il cui rovescio è la bramosia, il suo desiderio ardente di dominazione. Mettere quindi un limite al progresso tecnologico non significa altro che frenare l’istinto bramoso dell’uomo, senza il quale esso crescerà all’infinito portandolo alla sua rovina.

                    “Il Signore disse a Caino: “Perchè sei irritato e perchè è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è la sua bramosia, ma tu dominala”. (Gn 4,6-7).

                    • Nicola ha detto in risposta a Antonio72

                      Sono stato accusato di essere un ipocrita perchè è evidente che non rinuncio alla tecnologia (…). rinunciandovi, mi emarginerei inevitabilmente dalla società umana in cui vivo

                      Per me tu non sei affatto ipocrita; sei solo uno che auspica un modello di società radicalmente differente da quello in cui vive. Cioè, differente a tal punto che non potresti dare seguito integralmente al tuo auspicio compiendo azioni individuali in tal senso. Potresti anche provarci, ma le tue azioni, oltre a richiedere forti rinunce e sacrifici, avrebbero impatto nullo nella società. In quest’ottica (sebbene io sia in totale disaccordo con te) penso che fai bene a usare il pc e servirti di tutti i mezzi che la tecnologia ti offre per contrastarla dialetticamente.

                    • Antonio72 ha detto in risposta a Antonio72

                      Ma la tecnologia non è un semplice strumento che può essere sfruttato dall’uomo a suo piacimento, ma è proprio parte integrante dell’uomo, poichè è la manifestazione concreta della sua bramosia. Non esiste quindi una netta separazione tra uomo e tecnologia, come già detto.
                      Ma la bramosia non vuole alcun limite, né conosce etica (di fatto la tecnologia ne è sprovvista), ed alla fine pretenderà che l’uomo stesso si faccia strumento del suo unico fine, che è rappresentato dalla sua fame infinita e mai appagata.
                      Sono convinto, anche se non posso dimostrarlo perchè è una mia deduzione personale, che la stessa Internet non sia uno strumento disponibile agli individui, ma al contrario, siano questi ultimi degli strumenti (inconsapevoli) sfruttati dalla rete interattiva.

                    • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

                      Io posso benissimo usare Internet, a patto che sappia discernere ciò che è bene e ciò che non lo è. Internet è una grandissima invenzione, perchè permette di informarsi e contattarsi anche a distanze lontanissime quasi gratis: ha i suoi lati oscuri, ma ogni cosa di questo mondo non è perfetta: non possiamo condannare in blocco un intero sistema a causa di qualche mela marcia. Bisogna anche usare una certa intelligenza: non condividere informazioni compromettenti su Facebook, stare attenti ai siti farlocchi, dotarsi di un buon antivirus ecc. (anche se l’antivirus vale solo per utenti Windows 😉 ).

                    • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

                      E poi, perchè Dio ci avrebbe dato ingegno e intelligenza se non possiamo migliorare le nostre vite? Cartesio era cristiano, e sul suo sistema cartesiano si basano tutte le ricerche scientifiche.

                    • Michele Silvi ha detto in risposta a Antonio72

                      Beh, nel momento in cui l’uomo, un essere naturalmente indifeso e quindi privo di quei meccanismi che inibiscono la violenza negli animali forniti di “armi” naturali, ha levigato la prima pietra, ci ha fatto una lama rudimentale ed ha capito di poterla usare come arma…
                      Il DNA ha fallito, la natura ha fallito, è nato un essere davvero “libero” dai legami della legge naturale e schiavo delle sue potenzialità.
                      L’unico modo per tornare davvero liberi è, paradossalmente, legarci di nuovo, la cultura serve a questo: ci servono meccanismi inibitori artificiali, o ci estingueremo, proprio come il lupo si estinguerebbe se da un momento all’altro in tutti gli esemplari sparisse quell’istinto che dice “NON MORDERE!”
                      Poi beh, poi si rifiutano la morale e l’etica…

                    • Andrea ha detto in risposta a Antonio72

                      @MIchele, mi spiace deluderti ma la natura è piena di animali singolarmente indifesi che agiscono in team da molto prima che esistesse l’uomo. La cooperazione è molto più vecchia di noi.

                      E’ chiaro che dove c”è meno cooperazione in natura si sviluppano delle difese e delle strategie d’attacco, o vorrai dirmi che DIo si è divertito a rendere i predatori aggressivi e le prede veloci solo per gioco?

                    • Michele Silvi ha detto in risposta a Antonio72

                      Andrea, non parlavo della collaborazione, ma della costruzione di armi artificiali.
                      In natura i predatori sociali (quelli non-sociali ovviamente non hanno bisogno di questo) sono disposti di meccanismi che impediscono di usare le armi naturali con conseguenze letali sui simili, noi naturalmente non siamo predatori sociali, eppure ci siamo trasformati in qualcosa del genere creandoci armi artificiali.
                      Di questo parlavo…

                    • Kosmo ha detto in risposta a Antonio72

                      @Michele Silvi:

                      cioè secondo te i LUPI hanno dei meccanismi nelle mandibole che impediscono di azzannare ed eventualmente ammazzare un altro lupo?

                    • Michele Silvi ha detto in risposta a Antonio72

                      Non nelle mandibole: nel cervello, è un blocco psicologico che ferma il lupo nel momento in cui vede la giugulare del conspecifico (facendogli subire una tensione veramente snervante, tralaltro).

                    • Kosmo ha detto in risposta a Antonio72

                      @Michele Silvi:
                      e secondo te perchè? Non sai che è un segno di sottomissione porgere la giugulare?
                      Non sai che ci sono per esempio i leoni che sbranano i piccoli della femmina avuti con un altro maschio per potersi accoppiare?
                      Questa idealizzazione del mondo animale è molto comune…

                    • Michele Silvi ha detto in risposta a Antonio72

                      Idealizzazione del mondo animale?
                      E’ un semplice meccanismo, tral’altro documentato, che ha la semplice funzione di evitare l’estinzione della specie.
                      A parità di utilità (da quando esistono le armi artificiali) l’essere umano ne è sprovvisto, perché?
                      A parte che le popolazioni dei leoni rispetto a quelle dei lupi sono MOLTO più distanti dalle nostre, io non sto idealizzando un bel niente: prendo semplicemente atto che in natura esistono dei meccanismi (regolati, ovviamente, chi dice il contrario, anche dai gesti di sottomissione) che impediscono la violenza laddove la violenza può portare davvero a conseguenze letali per la specie (i lupi si sgozzano tutti, i corvi si accecano tutti, e così via).
                      Allo stesso tempo sono perfettamente consapevole che la “pacificissima” colomba, messa in una gabbia con il suo conspecifico, non potrà fare a meno che ammazzarlo senza pietà ed infierire sul corpo per ore e ore(!), lo stesso accade con i “teneri” caprioli, se messi in recinto.
                      La questione è semplice: esistono animali che in natura hanno bisogno dei meccanismi inibitori e ce l’hanno, l’uomo in natura non ha bisogno dei meccanismi inibitori e non ce l’ha, l’uomo si crea armi che discordano con le informazioni contenute nel suo apparato filogenetico (aka non dovrebbero esistere), l’uomo può premere un pulsante e distruggere tutta la specie in un solo istante.

                      Certo, se nel nostro DNA ci fosse la bomba nucleare sarebbe tutto molto più “semplice”, peccato che non c’è, e le inibizioni dobbiamo crearcele da soli. Se vogliamo, ovviamente, se vogliamo che qualcuno sopravviva a noi stessi…

                    • Michele Silvi ha detto in risposta a Antonio72

                      Ad ogni modo il leone che riesce ad ammazzare un cucciolo non suo non mette mai in repentaglio la specie (o quasi), il lupo che riesce ad azzannare alla gola il rivale che si dichiara sconfitto è il pericolo più grande che un branco di lupi possa mai affrontare.
                      La differenza è tutta qui…

  19. GiuliaM ha detto

    Non ti ho accusato di ipocrisia, ci mancherebbe: comunque ora ho capito quello che intendevi dire.
    La tecnologia non è dannosa in sè (anzi, il più delle volte ti aiuta a vivere meglio), ma diventa pericolosa quando viene usata come mezzo di sopraffazione e di bramosia. Essendo l’uomo intrinsecamente avido, rischia di mettersi sempre più nei guai se scopre sempre di più e usa tali scoperte non per il progresso : in questo caso l’uomo comincia a diventare l’idolo di se stesso e a credersi Dio, perdendo inevitabilmente il controllo di quel mondo che ritiene di avere tra le mani e causando solo rovina.

    • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

      No. La tecnologia è l’espressione della bramosia umana e quindi le due cose sono affatto inseparabili. E siccome l’attuale mondo globalizzato è di fatto fondato sull’avidità, ne consegue che il mondo è tecnologizzato, e viceversa. Non esiste un progresso tecnologico che non sia spinto dalla bramosia dell’uomo. Quindi l’unico modo per porre dei limiti alla bramosia è fermare il progresso tecnologico. Non esistono altre strade, perchè la bramosia sostiene la tecnologia, come quest’ultima sostiene la prima.
      Ora, non vorrei nemmeno approfondire troppo cosa penso di Internet e dei suoi reali scopi, per non rovinare la tua visione ingenua della rete, quale strumento per migliorare la qualità della vita.

      L’intelligenza dell’uomo serve per avvicinarlo a Dio. E’ una conoscenza pura, fine a sè stessa, come lo era la filosofia, e talvolta lo è ancora. Ma quando la conoscenza vuole farsi pragmatica, e pretende di condizionare, dominare il mondo e la vita, allora, poichè l’uomo asseconda la propria bramosia, non può di certo avvicinarsi a Dio. Ma la scienza sperimentale ha fuso una volta per sempre la conoscenza ed il pragmatismo. Per questo nella comunità scientifica prevale una concezione della vita prettamente materialista, fondamentalmente atea o agnostica. Non è un semplice caso. Ed è anche per questo che la scienza-tecnologia va d’amore e d’accordo con il pragmatismo occidentale.

      • Nicola ha detto in risposta a Antonio72

        Ora, non vorrei nemmeno approfondire troppo cosa penso di Internet e dei suoi reali scopi, per non rovinare la tua visione ingenua della rete

        Che la sua visione sia ingenua o meno… al posto tuo non mi illuderei di convertire l’interlocutore sulla base di idee così strampalate. Ti prendi un po’ troppo sul serio.

        • Antonio72 ha detto in risposta a Nicola

          E quali sarebbero queste idee strampalate? E poi quale idea, visto che non ne ho espresse affatto riguardo ad Internet. Certo che mi prendo sul serio, e che, dovrei forse canzonarmi da me? Guarda che se vuoi intraprendere la strada dell’insulto, ti avverto che potresti mangiare un po’ di polvere..

          • Nicola ha detto in risposta a Antonio72

            Le tue opinioni sulla tencnologia (la quale include anche internet) come origine di tutti i mali dell’umanità. Non ho capito che ci sia di offensivo in “strampalate“. Se preferisci, diciamo che sono un tantino stravaganti. Oppure nemmeno stravaganti ti piace?

            • Michele Silvi ha detto in risposta a Nicola

              Beh, Nicola, è di fatto un’opinione comunissima: Rousseau ti ricorda qualcosa?
              E se ci si prende una pausa, ogni tanto, dalla tecnologia ci si rende conto che è la triste, inevitabile, realtà.

              • Michele Silvi ha detto in risposta a Michele Silvi

                Però è anche realtà che non possiamo farne a meno, e che non c’è mai stata la possibilità di farne a meno, molto probabilmente…

              • Michele Silvi ha detto in risposta a Michele Silvi

                Però è anche realtà che non possiamo farne a meno, e che non c’è mai stata la possibilità di farne a meno, molto probabilmente…

              • Nicola ha detto in risposta a Michele Silvi

                infatti: oltre a essere idee strampalate non sono nemmeno originali. comunissime no, non direi: sono pochissimi oggi a sostenere seriamente, e accademicamente, quanto dice antonio. poi magari è vero che altri lo fanno, in maniera ipocrita e/o qualunqista: “si stava meglio quando si stava peggio”.

          • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

            Allora anche questo sito è espressione di bramosia? Così come i siti di divulgazione cattolica o scientifica, i portali delle università, delle banche, il sito del Vaticano, Dropbox, Skype, la posta elettronica; tutte cose che ci hanno permesso di semplificarci la vita.
            Su Internet c’è una tale pluralità di informazioni che ognuno, con un po’ di pazienza (che purtroppo ci vuole) può decidere cosa fare e cosa no. Sta all’utente discernere cosa è giusto e cosa è sbagliato: mi sembra un’alternativa valida al rinunciare a tutto in blocco.
            Anche se riconosco che molte persone sull’argomento computer sono male informate o poco avvedute, e spesso si ficcano in grossi guai.
            Mi dispiace, ma io non condivido affatto la tua opinione, che mi sembra un po’ dietrologica, oltre che non supportata dalla Chiesa, anzi: http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/pccs/documents/rc_pc_pccs_doc_20020228_church-internet_it.html

            Trent’anni fa la Communio et progressio evidenziò che « le recenti invenzioni offrono all’uomo nuove modalità di incontro con la verità evangelica ».[17] Papa Paolo VI disse: « la Chiesa si sentirebbe colpevole davanti al suo Signore », se non adoperasse questi mezzi per l’evangelizzazione.
            […]
            Tutto ciò vale anche per Internet. Sebbene il mondo delle comunicazioni sociali « possa a volte sembrare in contrasto con il messaggio cristiano, offre anche opportunità uniche per proclamare la verità salvifica di Cristo a tutta la famiglia umana. Consideriamo… la capacità positiva di Internet di trasmettere informazioni e insegnamenti di carattere religioso oltre le barriere e le frontiere. Quanti hanno predicato il Vangelo prima di noi non avrebbero mai potuto immaginare un pubblico così vasto… i cattolici non dovrebbero aver paura di lasciare aperte le porte delle comunicazioni sociali a Cristo affinché la Sua Buona Novella possa essere udita dai tetti del mondo!

          • Locca ha detto in risposta a Antonio72

            Uuuuu…un pochino nervoso il ragazzo…

  20. Antonio72 ha detto

    Giulia, non so se avevi letto quel link sul denaro, quale sterco del demonio.
    Il denaro crea valore solo quando circola nel mondo, perchè di per sè il denaro è solo un pezzo di carta qualsiasi. Ma cosa è successo? Che qualcuno ha pensato bene di creare valore reale dal valore fittizio del denaro, ha creduto, o meglio finto di credere, che il denaro stesso avesse un valore, e come gli alchimisti ha tramutato la semplice carta in oro luccicante.
    E’ come nella favola di Pinocchio. Si sotterra una moneta, la si innaffia e si aspetta che cresca un albero rigoglioso di monete. Ma, a differenza della favola di Pinocchio, la cosa nel mondo è riuscita perfettamente. E lo sai perchè è riuscita? Perchè le monete su quell’albero ce le stiamo mettendo tutti noi. Si è quindi sottratto del valore reale per arricchire un valore immaginario. Questa è la base di qualunque potere: creare valore dove non ce n’è, ovvero spostare a proprio piacimento e vantaggio del valore reale a discapito del prossimo.
    Vuoi negare che sia andata veramente così? E quale evento ha consentito tutto ciò se non la smaterializzazione stessa del denaro e la facilità delle transazioni rese possibili dall’innovazione tecnologia, proprio dai computer? Lo sai quanti stipendi, pensioni, beni immobili e mobili, sono andati letteralmente in fumo per un semplice click?
    La stessa cosa avviene con Internet. Quindi io non nego e non ho negato affatto il valore reale di Internet, ciò che tu descrivi così appassionatamente.

    • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

      Internet non è solo denaro e click di speculatori, ma diffusione di idee e divulgazione. Ti invito a riconsiderare la posizione della Chiesa in merito, che ti ho linkato e che non hai commentato.

      • GiuliaM ha detto in risposta a GiuliaM

        Inoltre, so benissimo che purtroppo la velocità delle transazioni paga il prezzo di maggiore insicurezza: ma tanto per cominciare ormai è fisicamente impossibile tenere i risparmi di tutti fisicamente, come mucchi di banconote/monete, quindi si ricorre a sistemi di database e carte di credito. O preferiresti portarti sempre appresso un sacco pieno di soldi?
        E poi vengono adottate specifiche contromisure per evitare rapine elettroniche: PIN, nonce, protocolli di sicurezza per l’accesso online… basta informarsi e scegliere il metodo che pare più sicuro.
        Tali metodi possono sì essere bucati tramite vari attacchi: a forza bruta, a “man in the middle” ecc.; c’è una scala di pericolo apposta basata sulla potenza computazionale dell’avversario, in base al quale si sceglie il metodo di difesa più sicuro per quella particolare situazione.
        Chi vuole rubare, se ci si mette d’impegno, ti ruba anche il sacco di soldi che custodisci a casa per paura di depositarlo in banca. O ai tempi senza banche elettroniche non c’erano ladri?

        • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

          Anche le carte di credito e le banche on-line hanno lo scopo di acquisire informazioni.

          • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

            Allora brucia il computer, il modem e la carta di credito, perchè non sei coerente con te stesso. Ok? San Francesco predicava la povertà ma la applicava prima di tutti a se stesso.

      • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

        Ma anche il denaro che ho in tasca è lo stesso degli speculatori! E’ questo il bello del sistema capitalista attuale, che si regge in piedi su enormi debiti che nessuno potrà mai esigere, pena l’implosione dell’intero sistema.
        La Chiesa sfrutta la rete Internet e fa bene, e crea valore, come altri, con la divulgazione e la circolazione delle idee.
        Ma il vero scopo di Internet è raccogliere “informazioni”, e mi riferisco proprio all’informazione sulle persone, sugli stessi individui, perchè l’informazione è una componente essenziale del potere.
        Forse ti scandalizzerà sapere che una volta un mio amico fu sfidato da un certo informatico, il quale di sicuro non era un Einstein nel suo mestiere. La sfida consisteva nel tentativo di penetrare nel computer del mio amico e di sbirciare nelle sue cartelle. E ci riuscì in pochi minuti.

        • Kosmo ha detto in risposta a Antonio72

          adesso sei pure complottista…

          “La sfida consisteva nel tentativo di penetrare nel computer del mio amico e di sbirciare nelle sue cartelle. E ci riuscì in pochi minuti.”

          e capirai…

        • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

          Non mi scandalizza affatto, perchè studiando Ingegneria Informatica, queste cose forse le so meglio di te 🙂 Fidati che i computer delle banche sono sicuramente più protetti del PC del tuo amico! E comunque, dove sarebbero raccolte queste informazioni compromettenti? In un ipotetico megaserver centralizzato controllato da cattivoni?

          • Antonio72 ha detto in risposta a GiuliaM

            La protezione vale anche per le stesse banche?

            • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

              Fidati, i sistemi informatici delle banche non sono alla mercè del primo informatico con un PC che passa, esistono fior di metodi crittografici e di livelli di sicurezza, che possono sì essere bucati, ma con un grosso dispendio di energie che solo entità ricchissime si possono permettere 😉
              Per stasera chiudo qui, ti lascio nelle tue dietrologie, Antonio72 (se davvero sei tu).

    • Kosmo ha detto in risposta a Antonio72

      Scommetto che adesso attaccherai con il pistolotto sul “signoraggio”, nevvero?

      • GiuliaM ha detto in risposta a Kosmo

        Comincio a pensare che sia “fuoco amico”, dato che il luogo comune imperante è che la Chiesa sia contro il progresso…

        • Kosmo ha detto in risposta a GiuliaM

          Ma no, altre volte ho apprezzato i suoi commenti.
          A meno che non sia qualcuno che si spaccia per quello di prima per fare confusione.
          Ha affastellato un tale minestrone di luddismo, antimodernismo di maniera, quanunquismo monetario (denaro=sterco del diavolo) ecc che non posso credere che sia quello di prima.

  21. Giorgio Masiero ha detto

    @ rolling stone
    1. Sono d’accordo con Lei, quando lamenta la poca notorietà di grandi menti come Hume o Schopenhauer. Ma direi, più in generale, la poca stima di cui gode oggi la filosofia: è anche questo un segno della banalità della cultura contemporanea di massa, della volgarità dei suoi valori, cui stanno dando un importante contributo anche quegli scienziati scientisti che parlano di morte della filosofia, di etica fondata sulla biologia, ecc., ecc.
    2. Nessuno di noi ha alcun ricordo di prima di essere nato, ma questo prova soltanto che ciascuno di noi ha iniziato ad esistere dalla propria nascita e non troverà nessun cristiano che La contraddirà! E’ forse altrettanto vero che durante un’anestesia ritorniamo in uno stato simile d’incoscienza: ho inserito prudentemente un “forse” ed un “simile” perché non sono un esperto di medicina, ho provato anch’io quell’esperienza un paio di volte ed il ricordo che ne conservo non è di un annichilamento assoluto, ma piuttosto di un grande relax durante il quale ho anche sognato. In ogni caso, però, che cosa prova tutto questo? soltanto lo stretto legame tra coscienza e sistema nervoso “finché si è vivi”. Ma dopo la morte entriamo nel campo della metafisica, dove ad una concezione naturalistica come la Sua che interpreta la coscienza un epifenomeno (si ricorda l’ironia? quando non si sa spiegare una cosa, si inventa una parolina…) del cervello, si può contrapporre altrettanto legittimamente la credenza nella sopravvivenza dell’anima alla corruzione del corpo. Lo stesso Aristotele che non condivideva certo l’interpretazione di Platone sulle idee e che preferiva tenere i piedi ben per terra scrisse: “Se rimanga qualche cosa dopo [la morte del]l’individuo, è una questione ancora da esaminare. In alcuni casi, nulla impedisce che qualcosa rimanga: per esempio, l’anima può essere una cosa di questo genere, non tutta, ma solo la parte intellettuale; perché è forse impossibile che tutta l’anima sussista anche dopo” (Metafisica). Ne prenda atto, rolling stone: ci sono stati e ci sono ancora oggi uomini e donne che, nel rispetto delle posizioni come la Sua, considerano molto più razionale la posizione opposta.
    2a. Questa è una digressione sul punto precedente. Spesso interrogo, all’inizio delle mie lezioni , gli studenti se ritengono che i computer potranno “prima o poi, un giorno” avere un’anima come la nostra: nel senso di soffrire, pensare, ragionare, ricordare, ecc., come il computer Hal nel film “Odissea 2001 nello spazio”: se la risposta è, in maggioranza, inizialmente sì, diventa un unanime no alla fine del corso in cui si studia in che cosa consiste un computer: un insieme di ruote di legno dentate che vanno avanti e indietro di n passi secondo il programma di un foglio di carta a buchi. E non importa che il computer sia a valvole termoioniche, a schede elettroniche o a campi quantistici; o che la sua CPU abbia la velocità di 8 Pflops come l’ultimo K Computer di Kobe: sempre un insieme di ruote di legno dentate è! Ecco, dal mio punto di vista, le interpretazioni naturalistiche sono un’ingenua infinita sottovalutazione della vita e del logos che c’è in ogni uomo, una vita ed un logos che sono assolutamente irriducibili alla materia-energia di cui è costituito il nostro corpo.
    3. Mi scusi, rolling stone, non avevo sinceramente capito l’ironia a proposito del “dono della vita”. Ma allora, a proposito della (per me incomprensibile e terribile) Sua citazione di Schopenhauer, chiedo a Lei che lo ha particolarmente studiato: se con la disgrazia non richiesta della vita Schopenhauer si è considerato “strappato dalla pace e cacciato in una situazione così difficile, oscura e penosa”, perché non si è dato una dolce morte anziché darsi la pena di continuare a vivere fino ad avanzata vecchiaia?

    • rolling stone ha detto in risposta a Giorgio Masiero

      E’ la classica domanda che sorge quando si parla del pessimismo di Schopenhauer. Il tema del suicidio è stato da lui affrontato ripetutamente (nella sua opera principale gli ha dedicato un intero capitolo). In breve «all’uomo la natura ha dato il privilegio di poter deliberatamente porre fine alla propria vita prima del termine che la natura stessa le ha posto, ossia di vivere non necessariamente fin quando è possibile, ma solo fino a quando lui stesso lo desidera. Se l’uomo debba opporsi a questo privilegio per motivi etici é una questione che non si può risolvere con i soliti argomenti superficiali». Sono motivi ascetici. «E’ la strada seguita dall’asceta, il quale cessa di vivere proprio perché ha cessato di volere. La negazione della volontà in un asceta arriva talvolta al punto di estinguere anche il minimo residuo di volontà necessario per continuare ad alimentare il proprio corpo».
      Ma Schopenhauer non era un asceta. Oltretutto ha avuto una vita tranquilla e negli ultimi dieci anni le sue opere hanno anche riscontrato un notevole successo. Ha vissuto 72 anni in un’epoca in cui la vita media era di 35, quindi in buona salute. Forse solo negli ultimi sei mesi ha realmente sofferto qualcosa (sputando letteralmente sangue). Ma anche la sua ultima sera ha conversato con un ospite e la mattina successiva la domestica lo ha trovato morto, in giacca e cravatta, in casa seduto sul divano.
      Ora finché non c’è sofferenza debbo riconoscere che la vita offre moltissime cose interessanti e piacevoli. Anche respirare semplicemente una boccata d’aria fresca è molto piacevole. Ma basta un semplice mal di denti per uno me (che ha una soglia di dolore inferiore allo zero) per buttare tutto immediatamente in secondo piano. Se poi ci guardiamo attorno vediamo situazioni orribili. Non scorderò mai lo sguardo che un ragazzino di 14-15 anni, pieno di voglia di vivere ma inchiodato storto su una sedia a rotelle, ha gettato su un vecchio catorcio come me mentre gli passavo davanti facendo jogging: “perchè tu e io no?”. Ma questo è poco, se pensiamo a quel disgraziato inchiodato al letto 24 ore al giorno con un tubo infilato nella trachea con prospettive di guarigione zero (anzi, con la prospettiva di andare sempre peggio).
      In una situazione del genere, o anche lontanamente simile, lasciatemi e per favore aiutatemi a morire, se da solo non riesco a farlo. Perché soffrire inutilmente?
      Oltretutto (ritornando al tema di questo post) un ateo ha un grandissimo vantaggio rispetto a un credente. La certezza (che poggia su dati sperimentali, come ho cercato precedentemente di spiegare) di ritornare dove era prima di venire al mondo, nel suo modesto e beato nulla. E’ un pensiero dolcissimo, che da una profonda pace. Lo dico seriamente: provo un poco di pena per voi credenti, con quella terribile prospettiva di affrontare il cosiddetto giudizio universale e continuare a vivere in eterno (a fare cosa?). Per questo il quadretto pieno di commiserazione dell’ateo dipinto dal signor Agnoli (che mi sono divertito a stuzzicare nel primo intervento) mi fa leggermente sorridere.

      • Giorgio Masiero ha detto in risposta a rolling stone

        La ringrazio per la chiara presentazione della visione di Schopenhauer, che mi ha arricchito.
        Non dubito che il pensiero di annichilarsi con la morte Le dia serenità e sono propenso a considerare provocatorio il titolo del libro di Agnoli, che prosegue assonanze e dissonanze con altri testi (Croce, Russell e più recenti che non vale la pena di nominare); tuttavia non sono d’accordo che quel pensiero posi su una “certezza basata su fatti sperimentali”, perché come Lei sa io ho, non una certezza, ma una fede opposta, basata sugli stessi fatti sperimentali. E’ un problema di Weltanschauung, e mi dispiace che non c’incontriamo almeno su questo punto minimale.
        Quanto alla “pena” che Lei dichiara di provare per noi credenti, se lo dice con ironia va bene, ma se ciò Le procurasse davvero un minimo dolore, La tranquilizzo subito, soprattutto tenendo conto della Sua bassa soglia di dolore: un credente anela il ritorno nella casa del Padre “più delle sentinelle l’aurora” con uno spirito che non è lontano da quel pensiero dolcissimo di profonda pace da Lei evocato.
        Tanti auguri.

      • enrico ha detto in risposta a rolling stone

        “un ateo ha un grandissimo vantaggio rispetto a un credente. La certezza (che poggia su dati sperimentali, come ho cercato precedentemente di spiegare) di ritornare dove era prima di venire al mondo, nel suo modesto e beato nulla.”
        ——————————————————————————

        Non capisco attraverso quali dati sperimentali lei possa affermare che dopo la morte lei torna al nulla, specie perchè negli esempi precedenti lei parlava di situazioni che riguardavano la coscienza di se ma lei esisteva.
        Prima che lei fosse lei non era, dunque l’espressione

        “Non ricordo nulla di cosa era di me prima della data che compare sulla mia carta di identità. Di sicuro so che fino a quel giorno non avevo alcuna preoccupazione e che i miei guai sono cominciati solo dopo”

        non ha molto significato.
        Le esperienze di sospensione della coscienza che lei ha indicato in precedente post non hanno cancellato la coscienza delle sue esperienze precedenti.
        Lo stesso non si può affermare rispetto al prima di esistere ed al dopo.
        L’esempio non è indicativo per dimostrare scientificamente la tesi che lei propone.
        Poichè lo stato che lei ha vissuto non è il nulla.

        ——————————————————————————-
        “Ecco cosa ne pensa Schopenhauer: «La vita viene spacciata per un dono, mentre è palese che chiunque avesse potuto in anticipo vedere ed esaminare un simile dono l’avrebbe rifiutato con tanti ringraziamenti.”

        “Ma proprio per questo vorrei che mi avessero lasciato nella pace nel mio modesto nulla”
        ————————————————————————–

        Posto che nessuno può dire di aver sperimentato l’una e l’altra ( le sue esperienze sono di sospensione momentanea della coscienza non il nulla), non sono possibili risposte deduttive.
        Perde qualsiasi senso anche il paragone qualitativo: abbiamo un individuo non esistente che possa parlarci dei vantaggi (“il meglio”) della non esistenza rispetto ai vantaggi dell’esistenza? No.

        L’unica cosa certa, che non include giudizio personale di valore nell’uno rispetto all’altro stato è questa: solo nell’esistenza è possibile porsi la questione se sia meglio esistere o meno.

        Infatti anche negli esempi di sospensione della coscienza che lei sopra riporta, lei dà un giudizio valoriale tornato allo stato di coscienza tanto per inciso.

        Tolti gli argomenti suggestivi e personalistici (felicità e male del mondo, esperienze positive e negative prettamente dei singoli, precedenti poetici e simili), la Ragione si inclina comunque a favore dell’esistenza, perché solo nell’esistenza stessa essa può darsi: l’esistenza, indipendentemente dal proprio contenuto non misurabile, non oggettivamente confrontabile, non ripetibile etc. è un quid pluris rispetto all’inesistenza.

  22. enrico ha detto

    Porto una mia considerazione rispetto al concetto espresso nell’articolo “l’ateismo non esiste o Dio o una religione sugli Idoli” volto ad essere una verifica di questa tesi soprottutto rispetto all’ateismo “militante”, ovvero a quell’ateismo che vuole dimostrare le proprie ragioni e proporle ad altri come risposta.

    Prima della mia recente conversione ero ateo, non credevo a nulla di trascendente tuttavia era una mia scelta personale e non intendevo proporlala ad altri o giustificarla, non credevo perchè la ritenevo una fiaba, fra l’altro priva di alcun riferimento storico verificabile.
    Era una scelta dovuta all’ignoranza rispetto al fattore storico, e di comodo rispetto alla morale.
    Tuttavia era un ateismo “vero” se mi si passa il termine.
    Infatti non avevo una Idea, ovvero un Idolo da proporre ad altri.
    Era semplicemente una mia risposta.

    L’ateismo che ho conosciuto dopo la mia conversione, sia fra amici che nel web mostra invece una diversa connotazione.
    Spesso infatti, prendo ad esempio il sito UAAR, si assiste al tentativo di giustificare errori e crimini del passato da parte di governi o sistemi di matrice ateo-materialista sostenendo che non si trattava di sistemi atei ma di teocrazie.

    Se ogni ateo avesse una propria weltanschauung, nemmeno un ateo dovrebbe sentirsi chiamato in causa per colpe di un altro ateo.

    Se riproporre tali fatti produce meccanismi difensivi, simili agli interventi apologetici volti a comprendere fenomeni quali inquisizioni e crociate da parte di un credente, significa che è affatto vero che gli atei si considerino liberi da un ente superiore a cui fare riferimento, perchè dimostrano di voler difendere un’Idea.

    Non dovrebbe essere affatto necessario alcun distinguo, a meno che l’ateismo non sia un’Idea, un Idolo, da purificare rispetto alle possibili accuse che gli vengono rivolte.
    Il bisogno di creare una purezza dell’ ateismo (il comunismo non era vero ateismo tanto per fare un esempio di quanto spesso si sostiene) dimostra in realtà che si tratta di un ente a cui fare riferimento più importante delle singole condotte personali.

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