Vivere in sofferenza e amare Dio: il cristiano può farlo

Francesca PedrazziniIl problema del male e della sofferenza è un argomento molto serio, una grande tentazione di incredulità nei confronti di Dio per alcuni.

Esistono due tipi di sofferenza: quella provocata e quella innocente. La sofferenza provocata è quella che l’uomo genera a causa dell’errato uso del libero arbitrio. Non solo i comportamenti sbagliati che provocano danni agli altri, ma anche un certo modo di rapportarsi all’ambiente naturale causando frane, valanghe e vari disastri naturali. Anche per quanto riguarda l’esistenza di molte malattie la causa è dovuta all’agire dell’uomo, come l’inquinamento, l’alimentazione ecc. Non si può imputare a Dio la colpa di questa sofferenza, l’uomo è stato creato come essere libero, capace di fare il bene ma scegliere anche il male. Può essere che Dio intervenga per evitare una degenerazione di questo male, noi non possiamo saperlo, tuttavia rispetta la libertà dell’uomo, anche di sbagliare, così come di rifiutare il Suo amore.

Il male innocente, invece, è quel tipo di sofferenza apparentemente gratuita, come la malattia di un bambino. L’uomo non ha colpa di questo, dunque la colpa è di Dio? Si, a meno che esista un disegno di bene più grande di quanto l’uomo possa capire. Questa non è un’astrazione ma è un’intuizione a cui solo i cristiani possono approdare, perché solo essi possono stare di fronte al male innocente senza scandalizzarsene, anche se non lo capiscono fino in fondo. Nessun’altra religione (ammesso che il cristianesimo sia una religione), infatti, è capace di questo, addirittura il Buddhismo ha come suo centro un “metodo” per evitare di confrontarsi con il male: non sa spiegarlo e dunque cerca di elevarsi al fine di ignorarlo (nirvana). L’ateismo, al contrario, amplifica il dolore del male innocente perché cancella ogni sua possibilità di senso ultimo.

Solo nel cristianesimo Dio non ha vergogna, attraverso Gesù Cristo, di immergersi nel dolore umano, di farsi compagno dell’uomo e di soffrire ingiustamente un dolore straziante ed innocente. Eppure da questo male ne è emerso un bene più grande: solo potendo morire Cristo ha potuto risorgere, dimostrare all’uomo che la morte (il male più ingiusto di tutti!) può essere vinta. Alla luce della Resurrezione il dolore innocente subìto da Cristo acquista un significato, non scandalizza più. La croce è un mezzo per un bene più grande, così come è stato per Cristo. Egli non ha tolto il male dal mondo, non ha guarito tutti i malati che ha incontrato, ma ha dato all’uomo la possibilità di stare di fronte al dolore da uomo. La chiave è guardare Lui stesso: «Se uno vuol venire dietro me, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16:24). «Dio non ci ha tirati fuori dai guai, Dio è il gancio per tirarci fuori da essi. Questo gancio è il crocifisso», ha spiegato il filosofo Peter Kreeft. La rivelazione cristiana ha dato un senso vero alla vita e dunque anche alla morte e al dolore, molto più decisivo e importante che aver tolto il male dal mondo: si può essere sani fisicamente ed essere disperati (senza speranza) e si può essere malati e sofferenti nel corpo ma essere lieti nel cuore, affidati a Dio.

Un esempio di tutto questo è stato il modo con cui ha vissuto Francesca Pedrazzini, morta il 23 agosto 2012 a 38 anni a causa di un cancro. Cristiana, cattolica, la sua agonia lieta tra chemioterapie e ricoveri in ospedale, ha convertito molti, ha toccato i cuori. Era lei a rassicurare gli amici dicendo: «Sono in pace perché Gesù mantiene la promessa di renderci felici. Fai con me questa strada e lo vedremo. Ne sono certa. Ti abbraccio». Nel cammino supportata dagli amici e da un sacerdote, don Julian Carrón (leader di Comunione e Liberazione, movimento a cui Francesca apparteneva), il quale le diceva con tenerezza: «Vedi, Francesca, siamo tutti malati cronici. Ma tu hai un’occasione in più per la tua maturazione. Non devi perderla». Era lei a rassicurare il marito: «Guarda, devi stare tranquillo. Io sono contenta. Sono in pace. Sono certa di Gesù. Non ho paura, va bene così. Anzi, sono curiosa di quello che mi sta preparando il Signore. Mi spiace solo per te, perché la tua prova è più pesante della mia, sarebbe stato meglio il contrario».

 

Qui sotto il video in cui il marito di Francesca racconta della sua morte

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46 commenti a Vivere in sofferenza e amare Dio: il cristiano può farlo

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  1. Alèudin ha detto

    mi piace quel “ammesso che il cristianesimo sia una religione”.

  2. Umberto P. ha detto

    Ragionando di religioni, credo che uno dei loro compiti principali sia fornire una spiegazione rassicurante al male, e convincere che un giorno, in un’altra vita, ci sarà un giudizio giusto che annulli le ingiustizie del caso nella vita reale. E’ una grande consolazione che spesso invidio ai credenti.

    • Paolo Viti ha detto in risposta a Umberto P.

      Non è un compito della religione, così come la scienza non ha il compito di unire e avvicinare i ricercatori di vari paesi anche se è uno dei tanti effetti che produce. Allo stesso modo la religione cristiana non nasce con questo scopo, che è quello di seguire un Uomo, il rapporto con la morte è una delle tante conseguenze (come la predisposizione alla generosità ecc.).

      Il buddhismo non rassicura dal male, nemmeno l’islam e nemmeno il protestantesimo (predestinazione!), nessuna religione risponde al male se non quella guidata dal successore di Pietro.

      • Umberto P. ha detto in risposta a Paolo Viti

        Beh, anche l’Islam ha un paradiso, ad esempio per i martiri c’è la famosa promessa dell’eden con le 40 vergini per convincere quei poveracci ad andare a farsi saltare in aria. Esiste, insomma, anche per l’Islam una formula seguendo la quale si ha la gioia eterna, o la punizione eterna.
        Le offerte degli induisti sono per ingraziarsi le divinità ed ottenere dei benefici pratici.
        Ovviamente il credente ritiene che queste caratteristiche siano incidentali, mentre lo scettico ritiene che la religione sia stata fondata proprio per fornire tale rassicuranti visioni, e stimolare a “comportarsi bene” per il premio/punizione.

        • Paolo Viti ha detto in risposta a Umberto P.

          Ma l’Islam non ha una teologia ha tante interpretazioni a seconda degli imam. Secondo alcuni il paradiso va meritato ma questo non c’entra nulla con l’affrontare il senso del male e della sofferenza nel mondo. Nemmeno l’induismo ha una spiegazione.

          La posizione dello scettico è sbagliata perché pensa di conoscere quel che non vuole vivere, il cristiano sa benissimo che il cristianesimo da un senso ultimo alla vita e quindi di conseguenza anche alla morte. E non è certo un senso accomodante, il cristiano per essere coerente deve attenersi ad una certa posizione morale…paradossalmente è molto più comodo essere atei e agnostici e vivere come gira meglio, senza dover rendere conto a nessuno.

          A guardarla bene, quindi, è lo scetticismo il vero palliativo e non certo la dura e impegnativa vita cristiana.

          • Simone Emili ha detto in risposta a Paolo Viti

            Concordo. La prospettiva di annullarsi completamente dopo la morte è infinitamente più allettante della prospettiva di passare l’eternità fra tormenti indicibili. Certo, c’è anche il Paradiso, ma la pena eterna inorridisce assai più di quanto non attragga l’eterna beatitudine e quindi, tra il nulla da una parte e l’alternativa Inferno-Paradiso dall’altra, è del tutto logico che la prima risulti per molti assai più consolatoria.

            • Fabrizia ha detto in risposta a Simone Emili

              E difatti ho anch’io questo problema. Mi fa molta più paura l’Inferno di quanto mi attiri il Paradiso. Ma come si fa ad amare Dio che è amore infinito,quando ne hai anche paura perché è giudice? Come si conciliano amore e paura? Non si conciliano.

              • andrea g ha detto in risposta a Fabrizia

                Sì, non si conciliano.
                La paura infatti esiste solo nel campo della non consapevolezza
                che siamo amati da DIO personalmente.
                Molte volte Gesù dice: “non temete”, “non abbiate paura”
                -(Matteo 10,26.28,5.28,10.14,27-Marco 6,50-Luca 2,10.12,4.12,7-Giovanni 6,20)-
                proprio perchè conosce la situazione umana.
                Dunque, più conosciamo DIO, come Egli opera, più la paura
                svanisce.

              • Paolo Viti ha detto in risposta a Fabrizia

                Cara Fabrizia, il rapporto dell’uomo con Dio è lo stesso del bambino con il padre. Il bambino sa che lui è il suo giudice, ma non per questo non lo ama con tutto il suo cuore. Perché?

                Perché si comincia ad amare Dio quando si capisce che la Sua legge è fatta per il bene mio e non per un vizio di autoritarismo. Il Suo giudizio giudicherà se ho davvero amato me stesso, obbedire alla vita cristiana serve per diventare noi stessi, non lo facciamo per puro masochismo o rispetto di un’autorità imposta.

                Obbedisco a Dio (al Giudice supremo) perché voglio amare davvero me stesso, questa è il motivo per vivere il cristianesimo. Per questo l’obbedienza rende liberi, esattamente il contrario di quanto ripete il mondo.

                • Emanuele ha detto in risposta a Paolo Viti

                  Bravo Paolo!

                  Le “Leggi” di Dio sono per il nostro bene, non per assoggettarci. Dio ci propone solo cose buone… come possiamo pensare che le sue leggi siano per il nostro male? Da qui nascono tutti i peccati, dalla nostra superbia: io decido ciò che è bene e ciò che è male per me. Scocchi! Come può esserci bene fuori da Dio che TUTTO BENE? Fuori da Dio c’è solo la negazione dell’amore ossia il male…

                  Eppure quanti cedono alle lusinghe di satana? Quanti addentano la mela avvelenata come Adamo ed Eva?

              • lorenzo ha detto in risposta a Fabrizia

                Non è un vero e proprio giudizio in cui vengono soppesati il bene ed il male fatti in vita per decidere se si è destinati all’inferno o al paradiso, quanto piuttosto la presa d’atto di cio che si è: tu oggi sei quella che sei in base al tuo vissuto, non in base ad un giudizio sulle tue azioni passate.

              • Emanuele ha detto in risposta a Fabrizia

                La visione inferno-paradiso e spesso viziata dalla nostre aspettative ed idee

                Tanto per cominciare, inferno e paradiso non sono luoghi, ma stati dell’esistenza. Ciò in attesa di celi nuovi e terra nuova, quando riacquisteremo la nostra esistenza materiale.

                L’inferno è il luogo dell’autoesclusione. Dio non manda nessuno all’inferno: le anime dannate ci vanno da sole e ben volentieri. Chi odia Dio ed il prossimo, non può accettare che ci sia una beatitudine per coloro che odia.

                Per fare un esempio, possiamo immaginare un SS che ha trucidato migliaia di Ebrei. Il suo giudizio sarà questo: vuoi tu far parte delle anime Sante, rinunciando a tutto quello che hai creduto e fatto nella tua vita? Vuoi passare l’eternità a fianco di coloro che hai odiato? Vuoi gioire nel vedere chi hai ucciso perfettamente felice?

                La risposta sarà definitiva e dovrà essere istantanea… Dio non ascolterà le sue parole, ma guarderà nel cuore, i suoi veri sentimenti. Saprà pentirsi? Saprà rinunciare a tutta la sua vita? Potrà fare in un attimo quello che non ha voluto fare in tutta la vita? …facilmente cederà all’odio che ha sempre nutrito, facilmente cederà alle lusinghe de diavolo. Così preferirà privarsi della Gioia pur di non vedere altri gioire, preferirà rimanere esluso.

                Ecco l’inferno: uno stato dove tutti odiano tutti, dove la luce di Dio e la sua Grazia non possono arrivare perché rifiutati eternamente… Potrà essere una situazione gradevole? Da qui nascono i tormenti, rappresentati con fiamme, gelo, fame, torture. Punizioni che non vengono da Dio, ma da loro stessi. Infatti, rinunciando a Dio potranno essere solo schiavi del loro padrone Satana, che certo non si lascerà sfuggire la ghiotta occasione di esprimere il suo sadismo.

                La grazia per salvarsi è data a tutti… sta a noi volerlo!

          • Umberto P. ha detto in risposta a Paolo Viti

            Punti di vista, io preferirei sapere che rigando dritto per pochissimi anni rispetto all’eternità, ho poi beatitudini eterne. Non temerei linferno, perchè se ci credessi veramente come potrei non pentirmi dei peccati? Anzi, come potrei dare importanza a questa vita? Non vedrei l’ora di morire e di togliermi questa incombente prova, per poi godermi l’eternità. Personalmente la vedo così.

      • CLAIRE ha detto in risposta a Paolo Viti

        PAOLO VITI
        GRANDISSIMO !!!

  3. MALTA1991 ha detto

    Io sono un maltese agnostico , penso che credenti e non debbano camminare insieme per un futuro migliore , all insegna del rispetto reciproco.
    io mi dichiaro agnostico ma clericale , in quanto su molte cose sono d accordo con la Chiesa .
    I non credenti devono capire , che vi sono principi non negoziabili.

    • Sophie ha detto in risposta a MALTA1991

      Potresti farti seguire da un sacerdote se ti piace il cattolicesimo…

    • Gio ha detto in risposta a MALTA1991

      Beh, allora siamo all’opposto: io sono un cattolico spesso anticlericale, visto che al giorno d’oggi una parte non troppo trascurabile di sacerdoti e vescovi (tanto i progressisti quanto i sedevacantisti) non nasconde la sua pretesa di derogare dall’insegnamento del Magistero e dalla Tradizione apostolica, preferendo gli applausi del mondo alle parole di Gesù Cristo tramite il suo Vicario.

      Comunque, anch’io ti consiglio di approfondire quello che – mi pare di capire dalle tue parole – per te, ora, è solo un sentimento un po’ confuso di vicinanza con alcuni aspetti della fede. “Senti”, senza potertelo negare, che ci sono in essa dei contenuti buoni e veri (nel tuo caso, i principi non negoziabili), di questo sei certo nel tuo intimo. E’ la voce della ragione naturale che te lo dice. Però non riesci a credere al resto, a rendere ragione del credere in Dio come condizione indispensabile di quegli stessi contenuti: per questo sei agnostico. Se ho frainteso, ti chiedo subito scusa, e puoi fare a meno di leggere oltre.
      Ma se per caso c’è un po’ di vero in quello che ho scritto, allora ti posso consigliare due cose, perché anch’io prima di te ho vissuto questo stato d’animo, quando non credevo. Uno: lascia aperto il cuore a ciò che senti, perché è tutto vero, non è un’illudersi. Solo così Dio potrà entrare. Lascia la porta aperta e cercalo con onestà, dovunque nella tua vita, in qualunque cosa: Lui è lì che ti aspetta. Due: non accontentarti del sentimentalismo, di un vago sentire, la fede è molto, molto di più. Pretendi delle ragioni per credere. Contatta un sacerdote se ne conosci, ti aiuterà a cominciare il cammino. Appassionati alla lettura del Vangelo, leggi la storia dei primi cristiani (per me decisivi sono stati gli Atti degli Apostoli). Prendi in mano le Confessioni di sant’Agostino e leggerai la tua storia. Cerca la credibilità della fede nelle testimonianze dei grandi uomini che prima di te ebbero il coraggio di credere. Riascolta le splendide parole di Benedetto XVI sulla meravigliosa conciliabilità, anzi, compenetrazione, tra ragione e fede nel Logos (http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2012/documents/hf_ben-xvi_aud_20121121_it.html).
      Un saluto, e buona fortuna.

    • Umberto P. ha detto in risposta a MALTA1991

      Ma anche io su molte cose sono d’accordo con la Chiesa! E non ho nessun problema ad ammettere che la morale che a noi occidentali sembra migliore (non pretendo di dire che sia un criterio non soggettivo, però), è in gran parte mutuata dalla morale cattolica.
      Sui principi non negoziabili, dipende ovviamente da caso a caso. Se sei agnostico non hai certezze, solo opinioni.

  4. Emanuele ha detto

    Non sono d’accordo sulla distinzione tra sofferenza provocata ed innocente. Infatti, pare che la prima derivi dall’uomo, la seconda da Dio. Ma in realtà il male ha un solo padre: il peccato.

    Dio non manda mai il male, lo permette come conseguenza dal libero arbitrio che possiamo applicare su noi (es. suicidio) o su gli altri (es. omicidio).

    In effetti, inalcuni casi è più evidente il nesso causa-effetto: se fumo 40 sigarette al giorno, non posso meravigliarmi se mi viene un tumore; se costruisco palazzi di sabbia, è ovvio che crollino al primo terremoto.

    In altri casi, come le malattie dei bambini, il legame non è evidente… Ma ciò non toglie che sia frutto del nostro peccato.

    Gesù stesso spiegò che l’origine di tutti i mali è il cuore dell’uomo. I desideri malvagi di tante persone si “coagulano” nelle piccole e grandi tragedie.

    Dio permette il male per tranne il bene, infatti sappiamo che “tutto concorre al bene di quelli che amano Dio”.

  5. Fabrizia ha detto

    Sono in larga misura d’accordo con l’articolo. Però mi resta un dubbio. Gesù ha sofferto da innocente. Ma era adulto,e aveva accettato la sua sofferenza. Ma un bambino,un neonato,che accettazione possono dare? È questo tipo di dolore innocente e inconsapevole che mi sconcerta.

    • Paolo Viti ha detto in risposta a Fabrizia

      E’ vero, è sconcertante. La risposta non l’abbiamo, Gesù non ha voluto rispondere a questo però ci ha dato lo strumento per non scandalizzarci e cioè guardare a cosa ha portato la sua crocifissione: ad un bene più grande, cioè la Resurrezione.

      Se si continua a guardare a Lui allora è possibile stare davanti ad un bambino sofferente senza scandalizzarsi, continuando però a domandare a Dio il motivo. Noi cristiani possiamo stare davanti al male come veri uomini, anche senza avere una risposta pronta.

      • Carlo ha detto in risposta a Paolo Viti

        Quindi in realtà non avete una risposta sulla sofferenza?

        • Emanuele ha detto in risposta a Carlo

          Vedi la mia risposta sotto…

        • Paolo Viti ha detto in risposta a Carlo

          Nei Vangeli non c’è una risposta, Gesù non ha guarito tutti i malati che incontrava e non ha dato un senso specifico ad essa. Tuttavia come è scritto bene nell’articolo ha affrontato la passione e la morte mostrando che sono un mezzo per un bene più grande (la resurrezione).

          Non abbiamo risposte al perché esiste il male, ma possiamo capire guardando Gesù che è una condizione per il bene. Perché è così lo sapremo tutti più avanti.

        • andrea g ha detto in risposta a Carlo

          Prova ad approfondire la parabola del ricco Epulone e del
          povero Lazzaro (Luca XVI,19-31).
          Al v.22:
          ” Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni
          durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui
          è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti”.

          E’ nel fine ultimo che ogni cosa si illumina.

    • Emanuele ha detto in risposta a Fabrizia

      Cara Fabrizia,

      come ho scritto sopra è un problema di libero arbitrio. Facciamo un caso lampante: se un pedofilo decide di violentare un bambino, il bambino non ha certo nessuna colpa né può in qualche misura accettare tale sofferenza. Dio potrebbe intervenire bloccando il pedofilo, ma violerebbe il suo libero arbitrio.

      Anche se per vie a noi ingnote il peccato agisce nello stesso modo. Molte persone, spiace dirlo, hanno un profondo odio per il prossimo. Questo odio, questo desiderio del male altrui, è in un certo senso “rispettato” da Dio. Dio permette anche di odiare, di volere il male del prossimo.

      Badi bene che non si tratta di malocchio o cose simili, si tratta di volonta di fare il male per il male (che poi è l’essenza del peccato). Dio accetta questa volontà, negarla o negare i suoi effetti sarebbe interferire con la libertà: Dio ci ha creati liberi ed è fedele. Siamo dunque liberi di amare Lui ed il prossimo e liberi di odiare lui ed il prossimo.

      Ci consola il fatto che Dio sa sempre trarre il bene dal male. Così, queste sofferenze, unite al sacrificio di Cristo diventano doni d’amore. Molti mistici hanno riferito che dalle piaghe di cristo hanno visto uscire una luce che era Amore puro. Così sarà per gli innocenti che subiscono ingiustizia: la loro gloria sarà proprio nelle “piaghe” che hanno subito.

      Certamente noi vorremmo un Dio vigile che impedisce la sofferenza dell’innocente, ma questo è quello che vogliamo noi, non quello che vuole Lui… purtroppo sostituirsi a Dio è la strada maestra verso il peccato. Dio infatti dice: “le mie vie non sono le vostre vie, i miei pensieri non sono i vostri pensieri”. Dobbiamo dunque avere fede, accettare che il male compiuto sugli innocenti sia grande strumento di salvezza per loro e per tutti noi.

    • lorenzo ha detto in risposta a Fabrizia

      Col peccato originale l’Uomo ha voluto decidere da solo ciò che è bene e ciò che è male.
      Accettando la morte in croce Gesù si è ciecamente fidato del Padre.

      • Eigub Etted ha detto in risposta a lorenzo

        Già, il peccato originale, la storia in genesi narra di Adamo ed Eva ai quali fu ordinato di non assaggiare dell’ albero della conoscenza e della vita.
        Come potevano sapere, prima di assaggiare, che disobbedire era male?

        • Emanuele ha detto in risposta a Eigub Etted

          “se mangerete di quel frutto morirete”, mi pare che Dio fu piuttosto chiaro, no?

          Ricordiamo che la natura umana non era viziata dal peccato quindi i progenitori avevano una sapienza e saggezza che Salomone potè solo sfiorare… capirono benissimo, infatti al serpente ripetereno le esatte parole di Dio.

          La traduzione della conoscenza è spesso sbagliata (c’è un influsso gnostico nella Chiesa mai del tutto sconfitto). Si tratta, più che di conoscenza, di esperienza.

          La differenza può essere così esemplificata. Noi sappiamo che buttarsi da un grattacelo porta sicuramente alla morte, i progenitori (e non solo loro) vollero provare. Fatta esperienza del male, non poterno più tornare indietro. Infatti, il ricordo del male non potè più essere cancellato. Divennero subito sospettosi, pavidi, maliziosi; sapevano infatti che l’altro poteva fare di nuovo quello che avevano appena fatto.

          • Carlo ha detto in risposta a Emanuele

            Risposte ad Emanuele: E perchè il libero arbitrio del violentatore dovrebbe prevalere sul libero arbitrio del bambino di non essere violentato?

            Poi mi sembra che nell’articolo si parli di male che l’uomo subisce senza la sua volontà, e a quanto mi è dato capire avete detto che non c’è risposta.

            Infine volevo farti una domanda….un uomo sta per uccidere una donna con un coltello. Tu ti trovi a passare proprio in quel momento, cosa fai?

            Lasci fare perchè rispetti il libero arbitrio dell’uomo

            Lo blocchi violando il suo libero arbitrio

            • Sophie ha detto in risposta a Carlo

              “E perchè il libero arbitrio del violentatore dovrebbe prevalere sul libero arbitrio del bambino di non essere violentato?”
              Lì prevale semplicemente la malvagità sull’essere ingenui.

              “Infine volevo farti una domanda….un uomo sta per uccidere una donna con un coltello. Tu ti trovi a passare proprio in quel momento, cosa fai? Lasci fare perchè rispetti il libero arbitrio dell’uomo
              Lo blocchi violando il suo libero arbitrio”

              Tu hai confuso il libero arbitrio col far west. C’è chi agisce sul libero arbitrio col bene e chi col male.

              • Carlo ha detto in risposta a Sophie

                Quindi la regola è che il male prevale sul bene?

                Il libero arbitrio consente ad una persona di fare le sue scelte. Ho chiesto…una persona vuole uccidere un’altra persona usando il suo libero arbitrio, un eventuale passante cosa dovrebbe fare? Rispettare il libero arbitrio della persona di uccidere o intervenire?
                Se interviene non è una violazione del libero arbitrio altrui?

                • Carlo ha detto in risposta a Carlo

                  Anzi ti faccio una domanda ancora più precisa. Supponiamo che tu abbia una figlia, sorella o comunque qualche parente che malauguratamente incontra un malintenzionato per strada. Quest’ultimo inizia a minacciare di morte tua figlia o tua sorella. Mi trovo a passare proprio in quel momento, ma faccio finta di niente e passo oltre. Cosa penseresti di me se il malintenzionato uccidesse un tuo caro?

                • Sophie ha detto in risposta a Carlo

                  “Quindi la regola è che il male prevale sul bene?”

                  La regola è che dobbiamo agire perchè il bene trionfi.

                  ” Ho chiesto…una persona vuole uccidere un’altra persona usando il suo libero arbitrio, un eventuale passante cosa dovrebbe fare? Rispettare il libero arbitrio della persona di uccidere o intervenire?
                  Se interviene non è una violazione del libero arbitrio altrui?”

                  Tutti abbiamo libero arbitrio e la possibilità di usufruirne, se pensiamo di agire per il bene non dobbiamo esitare ad intervenire per cambiare le cose. Non intervenire è menefreghismo non violazione della libertà altrui. Sei molto confuso….

            • Emanuele ha detto in risposta a Carlo

              Caro Carlo,

              le tue obiezioni sono giuste. Dobbiamo però considerare che la nostra conoscenza è limitata mentre quella di Dio è perfetta. Noi possiamo vedere solo le conseguenze dirette di un azione, Dio invece conoscendo perfettamente il passato ed il futuro può vedere le conseguenze anche a lungo termine.

              Noi giustamente interveniamo per evitare che vengano compiute azioni malvage, perché possiamo vedere solo la conseguenza immediata. Non possiamo però “imporre” a Dio di intervenire con i nostri criteri; infatti, come ho scritto sopra, i pensieri ed i modi di agire di Dio non sono i nostri pensieri ed i nostri modi.

              Dio inoltre permette il male solo se può derivare un bene maggiore di quello che si è perso. Ma noi, viziati dal peccato e dalla limitatezza delle creature, non sempre siamo in grado di vedere quale è il vero bene di una persona.

              Nei casi che tu citi, non si tratta né di una supremazia del male né di una limitazione del libero arbitrio. Infatti, solo se tu sapessi le esatte conseguenze delle azioni potresti giudicare l’operato di Dio.

              Va poi precisato che la vita delle persone non è predestinata. Infatti, potendo intervenire per disarmare un aggressore tu certamente modifichi la vita tua, della potenziale vittima e dell’aggressore. Quante volte leggiamo di salvataggi miracolosi? Di proiettili che schivano organi vitali per pochi millimetri? Di incidenti sventati per pochi secondi? Molti in questi fatti vedono l’intervento della Provvidenza, lo testimoniano le centinaia di ex-voto presenti in moltissime chiese.

              Non va neppure trascurata la potenza della preghiera. I mali del mondo si potrebbero evitare con preghiere di fede. Gesù ci ha assicurato che “se due o più si mettono d’accordo per chiedere qualcosa al Padre, Lui la condederà” ed ancora “se chiedereta al Padre qualunque cosa nel mio nome, sarà concessa” (perdonatemi la citazione imprecisa a memoria). Ecco che allora dobbiamo interrogarci tutti… abbiamo fede sufficiente? Veramente vogliamo che non ci siano morti innocenti? Sappiamo pregare per per i malfattori perché possano ravvedersi?

              Se non preghiamo con fede perché il bene trionfi non possiamo lamentarci delle ingiustizia… in fondo, in fondo le vogliamo anche noi, siamo passivi. Il nostro motto non può essere “live and let live” o peggio “live and let die”…

              Quando dunque viene commesso un delitto contro un innocente siamo tutti corresponsabili con i nostri peccati. I peccati infatti impediscono di chiedere a Dio con fede le cose giuste.

            • Fabrizia ha detto in risposta a Carlo

              Ringrazio tutti per le risposte,alle quali però replicherei con altre domande. La mia conclusione,per il momento,è questa:”Signore,io non capisco proprio. Ma mi fido di Te. Sia sempre fatta la Tua volontà. Amen.”

        • lorenzo ha detto in risposta a Eigub Etted

          E da dove salta fuori l’albero della conoscenza della vita?
          L’albero era quello della conoscenza del bene e del male e tu ti meravigli che, dopo averlo “mangiato”, hanno avuto la “conoscenza” del male?

  6. Sophie ha detto

    Scusate mi hanno detto che nella fase di pre morte tutti, vediamo sia Gesù che Satana. E’ vero?

    • Giuseppe ha detto in risposta a Sophie

      E’ una domanda seria?

    • Emanuele ha detto in risposta a Sophie

      Sinceramente poter vedere Gesù sarebbe una grande grazia, un conforto nel momento del trapassa… spero invece di non vedere Satana, i mistici che lo hanno visto, anche solo di sfuggita, sono rimasti scioccati…

      Certamente Satana viene, proprio in quel momento… spera di poter strappare un’anima fino all’ultimo istante… Gesù fu tentato proprio nel momento più difficile, dovette sudare sangue per resistere…

      Affidiamo la nostra morte a Gesù ed alla sua amata Madre, certo vigileranno perché il maligno non ci tenti nell’ultima ora.

      • Sophie ha detto in risposta a Emanuele

        “spero invece di non vedere Satana, i mistici che lo hanno visto, anche solo di sfuggita, sono rimasti scioccati…”

        Può prendere tutte le forme che vuole dalle più belle alle più terrificanti.
        Mia madre e mio padre disgraziatamente, da giovani, hanno fatto le sedute spiritiche e mia madre mentre il bicchiere sul tabellone si muoveva scrivendo tutte le bestemmie possibili lo vide con le sembianze di Gesù Cristo con tanto di tunica. Dice che era di una bellezza indescrivibile.

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