Chiara Corbella, una storia di ordinaria santità

Il 16 giugno 2012 è stato celebrato a Roma il funerale di Chiara Corbella, morta a 28 anni dopo aver scelto di rinunciare alle cure di un cancro violentissimo, per far nascere il figlio Francesco.

Una storia che grazie alla rete ha fatto velocemente il giro d’Italia (e del mondo).  Chiara era sposata con Enrico Petrillo, due giovanissimi sposi, normalissimi e molto devoti.  Si sono conosciuti a Medjugorje, subito il fidanzamento e nel il 2008 matrimonio. Dopo pochi mesi Chiara, come desideravano, rimane incinta di Maria, ma l”ecografia rivela che la bimba ha una malformazione cerebrale. I genitori decidono di farla nascere, la battezzano, morirà dopo mezz’ora dal parto, circondata dall’amore dei genitori e dei parenti.

Qualche mese dopo una seconda gravidanza, ma Davide è senza gambe. Di nuovo la grande decisione di tenerlo, anche quando si scopre al settimo mese che la malformazione è incompatibile con la vita. Anche lui muore appena nato, avvolto dalla tenerezza di Chiara ed Enrico. Finalmente la terza gravidanza, questa volta senza problemi, ma al quinto mese a Chiara viene diagnosticato un carcinoma alla lingua. Per la terza volta la decisione di portare a termine la gravidanza, che avverrà il 30 maggio 2011, rimandando le cure necessarie. Ma il cancro è violento, la terapie si rivela inutile e con le ultime forze organizza un pellegrinaggio a Medjugorje, a cui invita le famiglie degli amici: giovani coppie e tanti bambini. Non per chiedere la grazia, ma il sostegno di Dio verso suo marito, suo figlio e le persone che sono a loro vicine.  Il funerale è stato celebrato dal vicario di Roma, Agostino Vallini, come segno della presenza materna della Chiesa, ha parlato di Chiara come «una seconda Gianna Beretta Molla».

Al figlio Francesco, poco prima di morire, ha scritto: «Vado in cielo ad occuparmi di Maria e Davide, e tu rimani con il papà. Io dal cielo prego per voi».

 

Qui sotto la testimonianza di Chiara ed Enrico, tre anni prima della morte (dopo alcuni istanti l’audio si normalizza)

La redazione

87 commenti a Chiara Corbella, una storia di ordinaria santità

  • Raul ha detto:

    Una storia stupenda che scalda veramente il cuore!

  • gemini 2.0 ha detto:

    Grazie. UCCR grande!
    Questa storia mi ha commosso!
    Un saluto a questa mamma che è nella SS. Casa di Dio!
    L’amore ha vinto…!

  • Francesco B. ha detto:

    Queste persone hanno molto da insegnare a tutti, e noi abbiamo molto da imparare.

  • Francesco B. ha detto:

    Queste persone hanno molto da insegnare a tutti, e noi abbiamo molto da imparare. Un pensiero a Enrico.

  • Uomovivo ha detto:

    Eppure la “società civile”, che piace e si piace, considera Chiara una talebana.
    Tolstojanizzati al massimo, considerano il cristianesimo un orribile mistero, una cosa che non può farli che vomitare, una cosa mostruosa per la quale gli uomini stranamente muoiono. Così tra un talebano e un cattolico non passa differenza ed entrambi morirebbero per la nebbia di una falsa filosofia.
    Che odino pure il cristianesimo e ci vengano a parlare di amore finché il mondo non è sazio e saturo di questa parola, nel frattempo è assai probabile che qualcuno prenda posizioni esistenziali.

    • scetticamente ha detto:

      Con tutto il rispetto per il dramma di questa famiglia, e con tutto l’affetto al marito e al figlio, la signora Chiara ha fatto una scelta sulla base delle proprie convinzioni. E, fatte le dovute (dovutissime) distinzioni, tali convizioni si possono definire “fondamentaliste”.

      PS avrei volentieri evitato commenti a questa storia, ma visto che l’avete pubblicata significa che si può commentare.

      • Laura ha detto:

        Credo che il fondamentalismo sia in realtà l’uccisione di un bambino, e non la scelta di volerlo far nascere. L’amore alla vita altrui non “fomenta” nulla, men che meno l’odio. Anzi, è un grande atto di amore che disturba lo scetticismo di chi pensa di avere la verità in tasca e che gli altri abbiano soltanto “convinzioni” sbagliate.

      • Enrico da Bergamo ha detto:

        Anche Carolina Kozka era fondamentalista?

      • gemini 2.0 ha detto:

        Che coraggio hai di venire qua a pestare il piede ad un episodio di inaudito amore (che non comprendi)?
        Abbiate il coraggio di tacere certe volte…

        Grazie Chiara,Enrico e Francesco della vostra Testimonianza di Vita, utile per tutti noi.

      • Uomovivo ha detto:

        “Morire per gli amici” infatti è fondamentalismo, nel senso che poggia sulle fondamenta del cristianesimo, ma il termine è spesso usato per indicare tutta una serie di personaggi la cui impostazione va dallo strano al bigotto, che spesso fondamentalisti non sono e talvolta non sono neanche cristiani.
        L’uomo è così; la vita è così. L’universo non è affatto quel luogo ameno disegnato con il compasso che i liberi “muratori” pretenderebbero che fosse, è invece il regno pericoloso di drammatiche contraddizioni e conflitti sconvolgenti. La croce è così contraddittoria, con quelle sue linee che si aprono in ogni direzione e custodiscono nel mezzo Colui che venne a portare la spada. Siamo disposti a vendere il mantello per comprare una spada? E a bere dal calice nel quale Egli ha bevuto?
        Il mondo è diviso tra gente che beve per ubriacarsi e gente che beve per il banchetto della festa:

        “Bevi – dice [il mondo] – perché non sai da dove vieni né perché. Bevi perché non sai quando ripartirai né dove sei diretto. Bevi, perché le stelle sono crudeli e il mondo è inutile come una trottola. Bevi, perché non vi è nulla su cui valga la pena contare, nulla per cui valga la pena lottare. Bevi, perché tutte le cose scorrono perennemente uguali in una pace infausta.» Ed ecco che con una mano ci porge il calice. E presso il sommo altare del cristianesimo vi è un’altra figura, nella cui mano vi è un altro calice di vino. «Bevi – dice – perché il mondo intero è rosso come questo vino, cremisi come l’amore e l’ira di Dio. Bevi, perché le trombe inneggiano alla battaglia e questo è il bicchiere della staffa. Bevi, perché quello che ti offro è il mio sangue del Nuovo Testamento. Bevi, perché so da dove vieni e perché. Bevi, perché so quando ripartirai e dove sei diretto.” (GKC)

      • EquesFidus ha detto:

        Bene, e di questo giudizio non possiamo che esserne contenti. Vuol dire che stiamo facendo la volontà di Dio e non degli uomini.

      • Lucio ha detto:

        Apprezzo il rispetto umano che mostri per questa vicenda caro scetticamente. Le tue riflessioni pero’ confermano che chi vive con troppo disincanto non giungera’ mai alla fede. La croce di Cristo per uno scettico sara’ sempre incomprensibile, sara’ sempre follia e scandalo. Nessuno scettico pero’ sara’ mai in grado di dare un senso al dolore umano, di trovare una risposta alle domande piu’ grandi della nostra esistenza.

        • Andrea ha detto:

          “Nessuno scettico pero’ sara’ mai in grado di dare un senso al dolore umano”

          da persona a sua volta scettica, sono d’accordissimo con questa tua interpretazione, il dolore umano ha cause ma non ha nessun senso, chi non è d’accordo può decidere di dargli un senso e la religione è sicuramente un mezzo per farlo.

      • Andrea ha detto:

        Non sono d’accordo e farei alcuni distinguo:

        – sul caso specifico (terza gravidanza), la scelta di rinunciare alla propria vita a basse probabilità di continuazione per una vita che ne ha di più rappresenta una scelta pareto efficiente e puramente razionale. Fossi una donna atea in queste condizioni la farei a mia volta.

        – Viceversa la scelta di far nascere due bambini destinati a morte certa, non è invece ascrivibile all’applicazione della ragione tout-court.

        Questo mi fa venire il forte dubbio che nemmeno l’ultima scelta lo sia stata (e la coincidenza razionalità/fondamentalismo sia stata puramente casuale..).

        Il fondamento comune di tutte queste scelte è probabilmente il desiderio di immolarsi al proprio Dio, sia nella forma della privazione legata a tenere in vita esseri sofferenti (e soffrire a propria volta) , che nella forma del sacrificio della propria stessa vita. Da non credente non posso condividere questo tipo approccio, ma posso sicuramente ammirare la grande forza di volontà di cui alcuni credenti sono dotati.

        • Lucio ha detto:

          Quindi secondo te, Andrea, la scelta di Chiara e’ stata dettata dal desiderio masochistico di immolarsi ad un dio crudele, che esige dall’ uomo privazione e dolore…. Sei quindi una di quelle persone che, purtroppo, considerano la religione come una inutile alienazione.
          Ma il video con la testimonianza di Chiara, almeno, lo hai ascoltato?
          Io l’ho fatto ed ho potuto notare come in questa ragazza di appena 25 anni si possa riscontrare una grande umanita’e un grande equilibrio, tanta dolcezza e tanta maturita’ di giudizio.
          No Andrea, quella di Chiara e’ stata una scelta di amore resa possibile dall’ aiuto della grazia di Dio; ed in tutta questa vicenda non ha nessuno spazio una patologia della psiche.

          • Andrea ha detto:

            Ciao Lucio,
            non ho usato la parola masochismo, proprio perchè non credo che l’intento della persona in questione fosse masoschistico, è chiaro che chi crede ritiene che il dolore abbia una funzione, uno scopo nel contesto della nostra vita quindi il suo punto di vista non è sicuramente masochisitico, e se non lo è il suo nemmeno il mio può esserlo nel giudicare una simile azione.

            Sono convinto anch’io che lei abbia fatto una scelta d’amore (nel terzo caso) , nei primi due purtroppo non riesco a condividere l’approccio.

            Il mio commento non era assolutamente volto a sminuire la personalità di Chiara, tanto è vero che le ho riconosciuto una grande forza di volontà. Per me se una persona dimostra dedizione volontà e spirito d’abnegazione nel perseguire i propri obiettivi ispirati da precisi valori va comunque ammirata, se poi non condivido quei valori il problema non è di giudizio sulla persona.

            • Sophie ha detto:

              Ma perchè ti sei fissato co sta cosa del dolore? Chi ti ha messo in mente che ai cattolici piaccia soffrire, che si cercano le sofferenza apposta, che la vita è fatta per soffrire e via discorrendo?
              Nessuno si diverte a soffrire, semplicemente pensiamo che sia una delle tappe della vita e cerchiamo di accettarla senza piangerci addosso e senza fare gli eterni lamentoni.

              • Andrea ha detto:

                Non me lo sono messo in testa, non sono fissato, sono semplicemente convinto che il dolore umano non abbia alcuno scopo, mentre tu non sei d’accordo con me.

                “semplicemente pensiamo che sia una delle tappe della vita”

                cosa vuol dire tappa?
                perchè anche per me il dolore c’è e non ci si può fare niente, ma non credo di migliorare attraverso il dolore, se invece lo chiami, tappa, gli dai proprio quella connotazione, e quindi la distanza con l’auspicio diventa molto breve….

                • Sophie ha detto:

                  Noi vediamo il positivo e l’insegnamento ovunque. La vita è un continuo apprendere nel bene e nel male. Facciamo così: il tradimento di un amico o che so del proprio compagno/a per esempio può essere considerata sofferenza. Non l’hai desiderata (come nessuno la desidera) ma è arrivata. Però, fra una persona che non ha mai sofferto per questo genere di cose e una persona che invece c’è capitato, secondo te chi chi si farà più scaltro nel corso della propria vita?

                  • Sophie ha detto:

                    *e una persona che invece c’è capitata, secondo te chi chi si farà più scaltra nel corso della propria vita?

                  • Andrea ha detto:

                    Ciao Sophie, un non credente non può che trovare abbastanza perverso il meccanismo in base al quale uno debba considerare l’abitudine a sopportare il dolore come formativa per il nuovo dolore che arriverà. Sarebbe più razionale tentare di evitarlo e basta.

                    la quota di dolore inevitabile è affrontabile anche non creando meccanismi di ricompensa od espiazione, ma questo richiede di non dare a certi tipi di dolore un’importanza escatologica e di interpretarli nel contesto di dinamiche d’insieme e non relative ai singoli. Purtroppo una delle nostre grandi difficoltà è proprio quella di dover riconciliare la fortuna/sfortuna personale (che tuttavia è un fenomeno puramente statistico) con quelle di tutti gli altri uomini.

                    non so se l’essere scaltri sia correlato al dolore, certo l’uomo per sua natura si abitua a tutto, sia a starsene nella jacuzzi circondato da beni di lusso, che a subire decine di disgrazie l’una in fila all’altra esibendo livelli di sopportazione che paiono incomprensibili ai più, questa è un condizione necessaria alla sopravvivenza.

                    • Uomovivo ha detto:

                      Sarebbe più razionale tentare di evitarlo e basta.

                      Ma soprattutto un gran spreco di energie.
                      Per quanto scappi rimarrai sempre in un campo di battaglia; qualunque signore servi egli ci chiederà la spada e il sangue. Per questo dobbiamo scegliere bene, non c’è vita che non abbia un prezzo, e questo prezzo è sempre molto alto. Per gli inconsapevoli, troppo alto. Possa Dio non enumerarci fra questi.

                    • Lucio ha detto:

                      Vedi Andrea,
                      quando scrivi”: Un non credente non può che trovare abbastanza perverso il meccanismo in base al quale uno debba considerare l’abitudine a sopportare il dolore come formativa per il nuovo dolore che arriverà. Sarebbe più razionale tentare di evitarlo e basta” confermi quello che qvevo gia’ scritto su di te in un precedente intervento: consideri i credenti come dei masochisti.
                      La tua mentalita’ razionalistica, purtroppo, ti preclude totalmente la capacita’ dare un senso al dolore umano poiche’ tu, nella tua visione del mondo, fai affidamento solo sulla ragione e questa, da sola, e’ troppo debole per trovare delle risposte circa il senso della vita. Dovresti comprendere meglio che la fede va oltre la ragione, ma non si oppone alla ragione. Neanche la scienza sarebbe potuta nascere se l’uomo non avesse avuto fede nella comprensibilita’ del mondo. Assolutizzare la ragione e’ un errore drammatico che scaturisce da tanta cattiva filosofia moderna. Nella filosofia Cattolica invece, molto piu’ saggiamente, la fede e la ragione trovano il necessario equilibrio e si valorizzano a vicenda, rendendo l’uomo capace di giungere a trovare in maniera compiuta il senso piu’ profondo dell’ esistenza.
                      Perche’ non provi a leggere l’enciclica “Fides et Ratio”?
                      Ciao!

                    • Andrea ha detto:

                      “consideri i credenti come dei masochisti.”

                      Lucio, perdonami continuo a pensare che ti sbagli:
                      masochismo: “un atteggiamento consistente nel desiderio di subire dolore fisico o umiliazioni, dal quale il soggetto che vi si sottopone si aspetta di conseguire un appagamento emotivo o sessuale”

                      io NON sostengo che i credenti auspichino il dolore per una forma di appagamento, ma mi è chiaro invece che lo considerano un esperienza che è al contempo formativa e nobilitante, ed è questo l’aspetto che critico.

                      il tuo sforzo di dare un senso al dolore umano è pregevole, in quanto volto a permetterti una più facile convivenza con esso, tuttavia i meccanismi con cui scarti la possibilità che il dolore umano non abbia nessuno scopo e quindi nessun senso, sono troppo semplici e non sono compatibili con la ragione.

                      Tu dai per scontato che il dolore abbia un senso, senza chiederti se abbia un senso il porsi la domanda: “ha senso chiedersi se il dolore umano ha un senso”? . La tua risposta a quest’ultima domanda è: ” ce lo deve avere per forza”. Questo non è un atteggiamento razionale a mio avviso.
                      Per me non ha senso chiedermi se quando cado in moto Dio ce l’aveva con me ( o se mi amava quando ha lasciato cadere qualcun altro), quel dolore non ha alcun senso, e allo stesso modo nessun altro dolore ne ha a mio avviso.

                      Il non andare oltre la ragione è sicuramente un mio limite, tuttavia non ho fino ad ora ricevuto alcuna evidenza di come il farlo possa migliorare la mia vita, mentre comprendo che alcune menti stimolate dal potere consolatorio (aggiungiamoci pure “esplicativo” in senso lato) di discipline che vanno oltre la ragione ne possano trarre beneficio.

                      La mia forma mentis, confortata dal fatto che attraverso sensi intuizione ed esperienza tutto mi pare funzionare così, è tale per cui se una disciplina non mi migliora, non mi permette di comprendere meglio l’ambiente che mi circonda e non mi emoziona allora non mi risulta interessante, e ciò ahimè vale per tutto ciò che è esoterico e mistico.

                      PS: l’enciclica l’avevo letta a suo tempo, ma la rileggerò se ritieni che possa farmi comprendere meglio le tue opinioni.

                    • Andrea ha detto:

                      @ uomovivo:” qualunque signore servi…”

                      e chi l’ha detto che sei obbligato a servire qualcuno?

                    • Uomovivo ha detto:

                      @Andrea:
                      Obbligatoriamente o inconsapevolmente, o Dio o gli idoli. Non hai molto scampo.

                    • Andrea ha detto:

                      @uomovivo: “o Dio o gli idoli. Non hai molto scampo.”

                      la tua è la risposta ad un’altra domanda:
                      ” dovendo servire qualcuno per forza quali sono le tue possibilità?”

                      e non a quella che ti ho fatto io: ” chi l’ha detto che devi servire qualcuno per forza”

                    • Roberto Dara ha detto:

                      La mia domanda da ateo è: perché un Dio misericordioso e onnipotente si è accanito così tanto nei confronti di una coppia così devota e fedele al Dio stesso, fino a conseguenze così estreme? Le risposte filosofiche e teologiche possono essere sicuramente consolatorie, ma per un ateo è un’ennesima dimostrazione dell’assurdità e/o dell’inesistenza del Dio stesso.

                    • Uomovivo ha detto:

                      @Andrea:

                      Invece ti ho risposto, ma hai scartato volutamente la prima parte.

                    • gemini 2.0 ha detto:

                      Roberto hai un concetto -personalistico- e prettamente umano di Dio.
                      Dio ha un’altra concezione di valori rispetto a quelli umani.
                      I valori di Dio sono ampi come gli orizzonti per la sua conoscenza/sapienza. Quelli dell’Uomo spesso sono “ridotti”, “umani”, “falsi”.
                      Solo con l’occhio della fede puoi capire queste cose, non c’è niente da fare, la teologia serve a poco e di certo non consola quanto la prova “vivente”.
                      Il credente dopo che ha letto la storia: ha provato sensazioni positive per il bambino nato e ha dato atto alla madre dell’incredibile prova che ha superato, anche se la circostanza non lo permette, a mente fredda dovremmo gioire per questa grandissima mamma. I suoi valori sono stati, a dir poco, “divini” e “metafisici”.
                      Ha superato la corruttibilità umana, fatta di egoismi, vizi e piaceri (come l’aborto) per qualcosa d’altro, anzi per qualcuno di molto molto importante. Sacrificando se stessa per suo figlio.
                      Ora, la tua sensazione leggendo questa storia qual è stata?
                      Come la definisci? Cos’è per te l’amore puro?
                      Dio ha una “causa”, ha un suo ordine, ha lasciato alla natura delle regole…
                      Egli le sue risposte le dà attraverso la fede, come quella mamma che sono sicuro era soddisfattissima del suo gesto. E’ divino questo suo stato d’animo di fede. Il conforto che le ha donato la fede è divino.
                      Ha scavalcato le leggi naturali: di competizione, di egoismo, di superiorità specifica grazie alla fede. E’ già un miracolo.
                      Dio non ti facilita la strada “esterna”, costellata di luoghi, persone e fatta di episodi (tranne eventi del tutto storici e speciali, che hanno una valenza collettiva, pensiamo a Fatima, ove la Madonna è apparsa per annunciare più fede e la conversione della Russia). Ti facilita, se c’è un incontro di fede, la strada interna per portarti verso di Lui.

                    • Andrea ha detto:

                      @uomovivo:

                      il fatto che tu dica che “Obbligatoriamente o inconsapevolmente” si deve servire qualcuno non dimostra molto però. Dove sta il fondamento di questa obbligatorietà (che diventa implicita anche nell’inconsapevolezza)?

                    • Uomovivo ha detto:

                      @Andrea:

                      Denaro e potere, usura e lussuria sono gli idoli, i valori, del mondo che ha smarrito Dio. Chi ha potere cerca il denaro; chi ha denaro il potere, e su questo non ci si può sbagliare. Perchè se si prescinde da Dio, se si dimentica Dio, se si mette da parte Dio come se non esistesse o non importasse allora non si potrà fare a meno che ricercare questi idoli, adorare questi dèi. O altri: Scienza, Popolo, Amore. E gli idoli chiedono sangue.
                      Guardiamoci in faccia: sono i nostri idoli, sono i nostri valori. I fili invisibili e appicicosi che ci muovono.

                    • Roberto Dara ha detto:

                      @uomovivo
                      Ancora nessuna dimostrazione di obbligatorietà, e soprattutto nessuna dimostrazione di incompatibilità con Dio, visto che molti “uomini di Dio” (non necessariamente cristiani) sono anche uomini di altri idoli. Un conto è descrivere la società umana (in cui questi idoli ci sono anche se in misura differente da individuo a individuo), un conto dimostrare che con Dio questi idoli scompaiono e senza Dio ritornano…

                    • Uomovivo ha detto:

                      @Roberto Dara:

                      Se non credi in alcuna religione e non sai nulla di storia, e malgrado ciò sei assolutamente convinto che molti preti siano della canaglie, perché non ci parli di tutti gli altri? Perché non ci dimostri di sapere che, oltre alle grandi infamie di cui si è macchiata la Chiesa, ha prodotto anche grandi santi?

                    • Roberto Dara ha detto:

                      E questo cosa c’entra? Io sono assolutamente sicuro che la chiesa abbia prodotto dei grandissimi santi, ma sono anche sicuro che all’interno delle chiese molte persone si sono immolate al dio denaro o ad altri idoli. Ma questo non significa nulla, se non che credere in Dio o non credergli non ha nessuna attinenza con il seguire altri idoli.

                    • Uomovivo ha detto:

                      @Roberto Dara:

                      Allora se sai che ha prodotto grandissimi santi la tua supposta non dimostrabilità che con Dio gli idoli sulla terra non attecchiscono (ovvero non hanno più l’effetto che avrebbero senza Dio) crolla inevitabilmente.
                      Il cristianesimo ci chiede di essere santi, ci chiede di essere dei re, avere il governo delle cose invece di esserne governati. Hai il governo dei soldi e degli affetti quando sei re; hai il governo di te stesso quando sei re del lavoro, re dell’automobile, re della casa, re dello sport, re degli hobby. Se no saranno essi a dominarti.
                      Il Dio di Israele pone la sua sfida agli altri dèi, “idoli”: siete solo creazioni umane, ovvero “non siete in grado di soddisfare al bisogno dell’uomo”. Paradossalmente l’ateismo è molto vicino al politeismo, se non coincidente con esso: negando la possibilità all’Assoluto di rendersi conoscibile e afferrabile è costretto ad affidarsi ad idoli che gestiscano quel desiderio di infinito che possediamo ed esprimano quanto non si riesce ad esprimere. I nuovi dèi per l’appunto si chiamano Natura, Mondo, Denaro, Scienza…nuovi nomi per divinità antiche.
                      Ma questi, come quelli di un tempo, sono idoli muti e caduchi. Che chiedono sacrifici umani di cui non sono mai sazi.

                    • Andrea ha detto:

                      @ uomovivo
                      mi sembra chiaro che denaro e potere, usura e lussuria possano essere idoli di chi non segue Dio , viceversa mi sembra chiaro che chi segue Dio con tutti i crismi, non possa perdersi in idoli di quel tipo. Quello che non mi è chiaro è perchè mai non seguendo Dio uno dovrebbe essere costretto ad essere un potente usuraio lussurioso.

                    • Roberto Dara ha detto:

                      @uomovivo
                      purtroppo continui a travisare strumentalmente ciò che voglio dire, ma siccome sono bendisposto voglio pensare che non mi sono spiegato bene io: credere in Dio PUO’ condurre alla “santità” (intesa, nello spirito di questa discussione, nel non cedere ai “falsi idoli” terreni del denaro ecc.), ma può anche non condurci. Idem per i non credenti, alcuni dei quali possono benissimo essere considerati santi in questa accezione, pensiamo ad esempio ai tanti cooperanti di ogni nazionalità che non appartengono ad associazioni di tipo religioso (o che vi appartengono ma che non sono credenti, e ce ne sono) che lavorano duramente, e rischiano la vita, in zone sfortunatissime della terra. Credere in Dio o non credervi non è influente sul cedere o meno a idoli “terreni”, e di conseguenza ad esserne “dominati”.

                    • Uomovivo ha detto:

                      @Andrea:

                      Non è che i cristiani non hanno idoli perché non hanno tempo per adorarli, come se uno che studia filosofia non ha tempo e voglia di studiarsi un po’ di matematica. Il cattolicesimo non è ascetismo, anzi, più volte nel passato ha condannato le esagerazioni fanatiche e crudeli dell’ascetismo.
                      Io ho detto denaro, potere, usura, lussuria ma anche natura, popolo, amore e aggiungiamoci anche il progresso; molti idoli come vedi hanno volti rassicuranti che ci promettono prosperità e guarigione da tutti i problemi se ci immoliamo ad essi.
                      Per esempio: l’amore per i propri genitori è una cosa buona, ma se viene messo al posto sbagliato – cioè sopra l’amore per Dio – di fatto diventa idolatria. In questo modo si dà troppo valore ai genitori e squilibra tutta la vita di chi nel fondo li mette al posto di Dio.
                      Quando succede questo? Quando ci aspettiamo la felicità dai genitori.
                      Ci sentiamo bene e amati solo se essi ci amano come ce lo aspettiamo noi. Esistono ragazzi per cui la mamma è tutto, a tal punto che quando si sposano senza accorgersene nella moglie si portano in casa la mamma. Tipi così restano infantili sempre. Vogliono che la moglie un giorno faccia da mamma, un giorno da amante e un giorno da infermiera, a seconda del capriccio del momento. E’ facile capire che disastro di matrimonio ne seguirà, con gravissime conseguenze per i figli.
                      Pensiamo a una ragazza che nel suo cuore dà il posto di Dio al suo papà. Povero il marito che gli capita. Ogni volta che lo guarderà, che gli parlerà, lo minaccerà, lo blandirà, sarà sempre per un’esigenza: pretendere che lui diventi come il padre. Come minimo c’è da aspettarsi un matrimonio nel quale lei un giorno sì e uno no dice: “il mio papà faceva così, il mio papà faceva colà” intanto che lui ripete che la pasta come la faceva la sua mamma non la fa nessuno.
                      Senza rendersene troppo conto i genitori sono stati messi al posto di Dio o quantomeno accanto a Dio, e questo si paga a carissimo prezzo. Vedi l’attuale crisi della famiglia.

                    • Uomovivo ha detto:

                      @ Roberto Dara:

                      Veramente ho capito bene, che poi gli atei sono buoni perché fanno questo e fanno quello io non l’ho mai messo in dubbio. Ci sono atei senz’altro più buoni di me. Ma che c’entra questo buonismo, questo spirito di beneficenza, col fatto dell’idolatria? L’amore per la propria bandiera è una bella cosa perché si può trasformare in tante buone cose, come il soccorso dei terremotati. Ma metti la bandiera al posto di Dio e chiediti seriamente se sei felice anche quando le cose vanno tutte male. Guardati allo specchio. La tua vita è appagata, soddisfatta, felice semplicemente vivendo rettamente e facendo del bene? C’è gente retta e giusta che sembra mangi rospi a colazione.
                      Hanno il mal di pancia per la rabbia di non potere essere un po’ ingiusti anche loro oppure sono tristi, tristissimi e incavolati con il mondo perchè il loro essere giusti non è riconosciuto, non solo, ma sono anche presi in giro per questo.
                      Se cerco di mettere nomi e cognomi i soli che conosco che siano felici sono cristiani. Può essere un caso ma questo è quanto io vedo perché i cristiani (quelli veri, non i moralisti) sanno che la loro consistenza non è nell’essere giusti o ingiusti, ma nell’amare, e nel fatto che chi ti ama veramente ti perdona. Chi si perdona da solo è disperato, perchè sa che cattivo soggetto sia l’oggetto del suo amore, cioè se stesso.
                      Sei felice invece quando non hai paura del mondo e sai che la misura di te non è nei tuoi sbagli.
                      Trovami un idolo che non misura l’uomo nei suoi sbagli.

                    • Roberto Dara ha detto:

                      A parte il fatto che anche il Dio dei cristiani misura l’uomo in base ai suoi sbagli (salvo poi perdonarli, per carità), continuo, da ateo, a non vedere il nesso. La felicità di fare del bene, di amare, è una cosa nobilissima ed un auspicio, per quanto mi riguarda, per tutti gli uomini, ma non può essere un’esclusiva dei credenti. Io, da ateo, sono felicissimo quando una mia azione può portare del bene ad un’altra persona, e il fatto che quando sarò morto nessuno mi ricompenserà per questo non scalfisce minimamente la mia gioia. Mi basta il riconoscimento (anche solo mio) in vita di aver reso qualcuno meno infelice (e magari mi succedesse più spesso!)…

                    • Uomovivo ha detto:

                      @ Roberto Dara:

                      Senza Cristo, tutto diventa ipocrisia dopo un po’ di tempo. Anche le buone intenzioni. Tanto è vero che basta vedere come sono o erano trattati i poveri, i bambini, i vecchi, i malati e i deboli in generale nelle società non-cristiane o pre-cristiane o post-cristiane. In generale, non ci si pone il problema; e, se lo ci si pone, è per decidere come farli fuori.
                      Chi te lo fa fare di levare la cacca dal sedere di uno che puzza e ti sputa pure in un occhio, se non lo fai per Cristo?
                      La compassione? L’amore per il prossimo… per l’umanità?
                      Certo che ci sono uomini e donne anche non cristiani che hanno cuore di curare gli altri e lo fanno con dedizione, ma io ho sempre notato una differenza qui: quando il malato o l’amico o il marito o la moglie invece di ringraziarti per il bene che gli fai o che provi a fargli o gli vuoi ti ricambiano con un insulto come a volte capita anche negli ospedali per la grande sofferenza di un paziente che lo rende magari più aspro. Beh davanti a quello io l’ho vista la differenza tra uno che ti cura o ti sta accanto con un Amore diverso da quello puramente umano.
                      Davanti a chi ti sputa in un occhio, se non la prima volta la terza, tutti noi ci fermiamo.
                      E più abbiamo cercato di fare del bene più ci ritraiamo offesi.

                      La grandezza di ciò che Cristo porta non è semplicemente l’amore per l’altro – ogni essere umano ne ha una quantità con i suoi limiti (forse diversi per ognuno) da dedicare – ma l’amore al “nemico”.
                      Quell’amore che continua ad amarti, non a tollerarti… amarti, mentre viene insultato.
                      E il “nemico” può essere anche il paziente che ti tortura e ti urla addosso perchè ti vorrebbe sempre a disposizione per lui (e poveraccio se non ne hai a che fare continuamente ben lo si capisce), come l’amico che ti offende, la moglie o il marito che ti tradisce.
                      Io so che da me quest’amore non viene, anche se mi ci sforzo, anzi più mi ci sforzo peggio è.
                      Sono su una pentola a pressione e prima o poi scoppio.
                      E’ un amore che se non l’hai mai visto non ci credi.
                      Io l’ho visto ed è una gran fortuna, l’ho visto in tanti e ciò che avevano in comune era Cristo e quello è il motivo per cui sono attirato da Lui e da loro, perchè quell’amore mi “serve” di vederlo, e mi serve di riceverlo e infine più di tutto mi “serve” di donarlo..e non è da me.
                      Non è da me.

                    • gemini 2.0 ha detto:

                      Roberto, ma la tua gioia è “personale” e strettamente individualistica. Lo fai per sentirti meglio. Non lo fai per andare “oltre”, “per la Verità”, lo fai per un appagamento personale.
                      Il credente non mira alla gioia sbriciola, mira ad una Gioia duratura ed eterna.
                      La gioia provata dagli atei è moralmente arbitraria e individuale. E’ benessere effimero, non Gioia.

                  • Andrea ha detto:

                    Aggiungo che non mi pare che nessuno si sia mai abiutato al tradimento della propria compagna/o anzi le persone che hanno avuto la sfortuna di subire ripetutamente questo tipo di dolore sono spesso indurite dal ripetersi di questi eventi, e non ne traggono alcun beneficio, qualunque credo professino.

                  • Sophie ha detto:

                    Andrea sei la superficialità e il luogo comune ateo fatto persona, scusami se te lo dico. Ma espiare cosa se c’è la confessione? E quale ricompensa? Quella di cui parla la papessa Margherita Hack che dice che gli atei sono sempre buoni mentre i credenti fanno tutto solo per il Paradiso? Dio valuta l’amore gratuito, non quello interessato. Chi fa buone opere solo per il Paradiso manco lo considera, così come non tiene in considerazioni i (tanti) atei che fanno opere buone solo per sbandierarle ai quattro venti e farsi dire che sono buoni. Scusami ma io di perverso vedo solo il non voler accettare il fatto che le sofferenze fanno parte della vita come le gioie. Adesso ho capito perchè siete sempre così frustrati e arrabbiati col mondo e con la vita…

                    • Andrea ha detto:

                      cara Sophie, ti scongiuro, non generalizzare. Lo so che il potermi ascrivere ad una categoria che odi ti da un appagamento infinito ma come ho precisato più volte io non faccio parte di nessun gruppo, non sono nè frustrato nè arrabbiato col mondo, non mi sembra di averlo dato a vedere in nessuno dei miei post, nè ho mai iniziato un mio commento con frasi come:” voi credenti siete tutti x o y, siete la superficialità e il luogo comune fatte a persona” etc etc, cose che tu fai invece puntualmente…

                      dal tuo post emerge se non altro un prezioso punto su cui siamo d’accordo: la scommessa di Pascal è una stupidaggine totale.

                      Nessuno può essere buono per un fine, ma deve esserlo a prescindere, mi aspetto quindi che nello stesso modo in cui Dio non si “farà fregare” dai credenti che sono stati altruisti al solo fine di procurarsi uno slot in paradiso, così non si accanirà con i mis-credenti che sono stati buoni semplicemente perchè lo ritenevano naturale, e non avevano alcun secondo fine…

                    • Sophie ha detto:

                      Andrea, nessun appagamento visto che sono stata atea e so quanto sia triste esserlo. Per me vedi il cristianesimo secondo luoghi comuni e in maniera superficiale. Quindi nessuna categorizzazione se non per il fatto che ci dobbiamo difendere da calunnie e provocazioni continue all’ordine del giorno. E ci siamo letteralmente scocciati della puzza sotto il naso, il moralismo e la presunta saccenza di tanti atei che sono convinti di sapere tutto e invece non sanno niente.

                      “mi aspetto quindi che nello stesso modo in cui Dio non si “farà fregare” dai credenti che sono stati altruisti al solo fine di procurarsi uno slot in paradiso, così non si accanirà con i mis-credenti che sono stati buoni semplicemente perchè lo ritenevano naturale, e non avevano alcun secondo fine…”
                      Dio non si fa fregare neanche dagli atei che si prodigano per gli altri per pura vanità, stai tranquillo! Ovviamente ecco che ribadisci il tuo pregiudizio per la seconda volta. Atei= carità sempre secondo buonsenso e mai per altri scopi. Credenti=carità secondo premio finale. Quindi gli atei fanno sempre opere buone per buonsenso e mai per vanità, i credenti invece fanno opere buone solo per arruffianarsi Cristo e mai secondo cuore.
                      Ricordati che fu lo stesso Gesù a dire che chi lo rinnega di fronte agli uomini lui lo rinnegherà di fronte a Dio. Quindi vedi di scendere. E’ inutile che ricacci sta cosa che i credenti hanno tutti doppi fini per autoesaltare chi non crede. Nessuno ateo entra in Paradiso da ateo. Ciao.

                    • Andrea ha detto:

                      difenditi pure dalle calunnie, ma quando ti calunniano, non quando parli con me che non l’ho fatto.
                      Il fatto che tu sia stata un atea triste significa semplicemente che TU eri triste da atea e non ha un valore esplicativo per la totalità della popolazione. Sono il primo ad essere contento se adesso ti senti più appagata.

                      “Dio non si fa fregare neanche dagli atei che si prodigano per gli altri per pura vanità, stai tranquillo!”

                      ma va benissimo io questo tentativo non lo faccio nemmeno, problemi di chi lo fa quindi.

                      “Ovviamente ecco che ribadisci il tuo pregiudizio per la seconda volta. Atei= carità sempre secondo buonsenso e mai per altri scopi. Credenti=carità secondo premio finale. Quindi gli atei fanno sempre opere buone per buonsenso e mai per vanità, i credenti invece fanno opere buone solo per arruffianarsi Cristo e mai secondo cuore.”

                      mai detta una cosa simile, il corso della discussione ci ha portato (secondo la visione cristiana) a dare maggiore importanza alle cause più che agli effetti delll’altruismo, (io tendo a dare poca importanza alle cause, perchè ritengo l’altruismo, il tipico fenomeno i cui effetti sono socialmente più rilevanti delle cause, considerando le cause una questione meramente personale, mentre gli effetti sono “pubblici e benefici”)

                      non ho mai detto che i cattolici fanno altruismo in virtù di una ricompensa, la mia citazione della ricompensa era nel contesto del discorso della sopportazione del dolore (che essendo un fenomeno puramente personale non ha diversamente dall’altruismo, nessun fine sociale), troverei veramente assurdo desiderare di provare dolore (cioè un puro danno per sè) in assenza di una qualche forma di ricompensa, e non capisco su quali basi possa tu concepirlo.

                      Alla stessa stregua non ho mai sostenuto che i non credenti, qualora siano altruisti (non ho mai detto che lo siano tutti o in numero superiore ai credenti) lo siano tutti per motivi “più puri” di quelli per cui lo sono i credenti.

                      “Quindi vedi di scendere. E’ inutile che ricacci sta cosa che i credenti hanno tutti doppi fini per autoesaltare chi non crede. Nessuno ateo entra in Paradiso da ateo. Ciao.”

                      Da dove devo scendere? Credo che se un ateo sospettasse minimamente dell’esistenza del paradiso non sarebbe ateo quindi il problema non si pone nemmeno, io facevo semplicemente delle ipotesi.
                      Non preoccuparti, se quando morirò Dio dovesse esistere davvero e sarò giudicato abbastanza altruista, e in modo abbastanza genuino, da meritarmi il paradiso o un anticamera di esso, fatta salva la conversione, per quale motivo dovrei evitarla?
                      I non credenti non negano l’evidenza, la diatriba sta nel fatto che i credenti a definiscono come evidente qualcosa che a giudizio dei non credenti non è affatto evidente.

                      L’esistenza del paradiso non è più evidente di quella del primo uomo o della prima donna al momento, e quindi come tale, da non credente, la giudico.
                      Come ho già detto, se l’eventuale giudizio di Dio sul mio operato in vita dovesse essere inficiato a priori dal mio essere non credente, senza via d’uscita (nonostante le buone azioni commesse), il mio interesse per Dio, s’affievolirebbe fin da ora (per un motivo in più rispetto a quelli per cui non si è nemmeno manifestato…).

                      Io non amo gli stereotipi ma se continui a rispondermi così più che difendermi dal modo in cui mi ci inquadri mi fai venire la tentazione di fare la stessa cosa con te, tentazione che è tuttavia superabile razionalmente…

                    • Sophie ha detto:

                      “Come ho già detto, se l’eventuale giudizio di Dio sul mio operato in vita dovesse essere inficiato a priori dal mio essere non credente, senza via d’uscita (nonostante le buone azioni commesse),”
                      Ci sono credenti che fanno buone azioni ma che come sostengono e mettono in guardia Bibbia e Vangeli sono destinati a non essere voluti dal mondo (fatta eccezione per quei cristiani che non sanno neanche loro quello che sono e cosa vogliono per cui non hanno di questi problemi). Le vie di Dio non sono quelle degli uomini. E se permetti fra un credente buono e un ateo buono, il primo che s’è fatto un mazzo tanto per una vita intera fra gente che lo piglia per i fondelli, è più giusto che abbia la precedenza in Paradiso. Ciao.

                      interesse per Dio, s’affievolirebbe fin da ora (per un motivo in più rispetto a quelli per cui non si è nemmeno manifestato…).”
                      Non s’è mai manifestato o sei tu che non l’hai voluto vedere?

                    • Andrea ha detto:

                      @ Sophie, ti invito a rileggere questa tua frase: “E se permetti fra un credente buono e un ateo buono, il primo che s’è fatto un mazzo tanto per una vita intera fra gente che lo piglia per i fondelli, è più giusto che abbia la precedenza in Paradiso”

                      Da essa evinco semplicemente che a parità d’intenti e risultati Dio premia chi ha fatto più fatica per il solo fatto che ha fatto più fatica, contenta tu, io non ne sarei così entusiasta.

                      Io mi interesso a tutto (inclusa le religioni) ciò che mi viene proposto e che non conosco, ma avendo come unica certezza la limitatezza del tempo a mio disposizione approfondisco solo ciò che mi fa intravvedere il raggiungimento di uno o più tra questi obiettivi:
                      – entusiasmo
                      – equilibrio
                      – migliore comprensione del mondo

                      ciò che non mi permette di raggiungere almeno uno di questi obiettivi viene tendenzialmente messo da parte come una perdita di tempo.

                    • Sophie ha detto:

                      “Da essa evinco semplicemente che a parità d’intenti e risultati Dio premia chi ha fatto più fatica per il solo fatto che ha fatto più fatica, contenta tu, io non ne sarei così entusiasta.” Io sono contenta di non essere stata viziata dalla vita in quanto le persone viziate molto difficilmente vedono Dio perchè sono prese dal loro ego, sono condannate ad essere eternamente frustrate e mai soddisfatte. Sono contenta di essermi sudata tutto perchè questo mi ha fatta diventare più determinata. E non rifiuto i momenti di smarrimento e sofferenza perchè adesso so quello che devo fare ed apprezzo di più i momenti belli della vita. Non c’è persona più brutta ed insignificante di una persona piatta, indifferente, che vive alla giornata e con una vita senza scopo nè senso! Per la cronaca Dio non premia chi ha faticato perchè ha faticato ma perchè ha PERSEVERATO. Una persona che nella vita non ha fatto un cavolo, ha poltrito tutto il tempo ed è vissuta secondo pulsioni anzichè secondo principi, che ci sta a fare in Paradiso!? La fatica grosso modo viene dalla società incredula che avversa il credente da sempre. Lo stesso Gesù disse:”Generazione incredula per quanto ancora dovrò vivere con voi? Per quanto ancora dovrò sopportarvi?”

                • Jacques de Molay ha detto:

                  sono semplicemente convinto che il dolore umano non abbia alcuno scopo

                  Un paio di considerazioni, la prima da un punto di vista del credente e la seconda da quello dell’ateo.

                  1. Il fatto che non si riesca a vedere uno scopo nel dolore, o che quantomeno non sia a noi evidente, significa per forza che questo scopo non ci sia? Non potrebbe significare semplicemente che… non riusiciamo a vederlo? (quantomeno nell’immediato);

                  2. Siamo sicuri che il dolore sia SEMPRE privo di “scopo”, o meglio, che non si possa mai imaparare nulla da esso? E anche nel caso oggettivo in cui per l’individuo il dolore sia effettivamente privo di scopo, possiamo dire lo stesso dal punto di vista della collettività? Possono gli altri imparare qualcosa dal dolore di alcuni?

                  • Uomovivo ha detto:

                    Il libro di Giobbe docet.

                  • Andrea ha detto:

                    1) la domanda è legittima, e la tua ipotesi è plausibilissima, credo che la differenza delle nostre visioni sia attribuibile esclusivamente al livello di probabilità che diamo alle due possibili risposte, ma ti confermo che io non ne escludo nessuna.

                    IL motivo per cui ritengo molto bassa la probabilità che il dolore umano abbia uno scopo è legato al fatto che in anni di ricerca sull’argomento non sono riuscito a scovare giustificazioni che non connettessero tale scopo del dolore al bisogno disperato che l’uomo ha di dare un senso alla propria vita, il che a sua volta non è necessariamente la prova che tale senso la vita ce l’abbia.

                    Se tuttavia ritieni che la vita umana abbia un senso a prescindere, probabilmente il dolore deve per forza inquadrarsi in un metro di valutazione che gli attribuisca senso a sua volta, pena il crollo del framework di pensiero su cui tale valore intrinseco s’impernia.

                    2) di primo acchito direi che dovremmo poter distinguere tra dolori che hanno senso e dolori che non ne anno, io stesso non saprei ipotizzare, al momento , un meccanismo di discernimento tra tali dolori e devo quindi per forza associare il significato della mia caduta in moto, di un taglio col coltello in cucina, a quello della morte di un mio caro, o di un figlio, o della perdita della donna amata. Secondo tale approccio delle due l’una: ” o ogni dolore ha un senso oppure nessuno ce l’ha”, ma sono aperto ed interessato a proposte alterantive su tali meccanismi di discernimento.

                    per ciò che concerne la componente dell’apprendimento, ritengo che gli altri possono imparare dal dolore di alcuni nè più nè meno di quanto possano imparare dalle loro gioie ed è per questo che non mi sento di attribuire al dolore un significato particolare.

                    • Andrea ha detto:

                      hanno con l’h…

                    • Jacques de Molay ha detto:

                      Eppure è davanti al dolore e agli eventi drammatici, più che alla gioia, che l’uomo si ferma e si interroga. E di solito è da questi che trova quella spinta utile al proprio progresso, sia in campo scientifico sia in quello morale.
                      Insomma, io -anche da un punto di vista naturalistico- non riesco a vedere l’insensatezza del dolore: anch’esso, a suo modo, ci è utile.

                    • Andrea ha detto:

                      Ciao Jacques,
                      il fatto che il dolore possa avere delle conseguenze utili in alcuni casi (es: presa di coscienza rispetto a problemi ignoti, oppure nuovo slancio vitale per uscire da una crisi ) non implica tuttavia che il dolore avesse un senso.

                      Mi spiego non confondiamo il senso che ne deriviamo con un senso intendibile aprioristicamente che è quello cui mi oppongo. a mio avviso se no c’è intenzione non c’è un senso a priori, se nessuno ha voluto che la ragazza in questione fosse così sfortunata, allora il suo dolore non ha senso, se lei da quel dolore ha tratto un esperienza formativa questo è una conseguenza e non la causa del suo dolore.

                      IL motivo per cui mi oppongo al concetto di senso del dolore, è legato al fatto che trovo profondamente irrazionale la possibilità che un attore esterno alle leggi naturali perpetri dolore a destra e a sinistra a scopo formativo.

                      E’ verissimo quello che dici, l’uomo da il meglio di sè quando è nella m… (perdona la semplificazione).
                      Per sua natura come riportavo in altro commento, l’uomo tende ad abituarsi a tutto, e se sta troppo bene spesso si ammoscia, ma questo è un suo limite, su cui potrebbe decidere di lavorare razionalmente senza aspettare la scossa dolorosa. Viceversa tuttavia l’uomo sottoposto a dolore continuo si abitua pure a quello rinunciando spesso a lottare (es: sindrome di stoccolma)

                    • Jacques de Molay ha detto:

                      E’ chiaro che partendo dal presupposto che Dio non ci sia, il dolore non ha senso nell’accezione che tu definisci. Non ha scopo, a priori, cionondimeno ne ha posteriori: ha comunque uno scopo formativo che, sebbene sia una nostra “proiezione”, ci torna utile e ci permette ulteriori progressi.

                      Sulla “giustizia di Dio” poi, sono stati versati fiumi di inchiostro, non ha senso discuterne in questa sede, senonchè non sarei in grado di aggiungere nulla di nuovo a quanto già detto da chi ne capisce molto più di me. Mi rendo comunque conto che qualsiasi spiegazione, per quanto razionale, debba essere costruita ponendo Dio come base. Partendo dall’assioma che Egli non esista, la cosa non può stare in piedi, così come non sta in piedi un teorema che non si basi su una teoria ad hoc, su un postulato che è, per sua natura, indimostrabile.

                    • Andrea ha detto:

                      Ciao Jacques,
                      grazie, la tua è una risposta molto equilibrata, ci tengo a precisare tuttavia io non parto da assiomi sull’inesistenza di Dio. Per coerenza tuttavia non posso nemmeno partire da assiomi sulla sua esistenza. Al massimo posso dire quanto il meccanismo del dolore alimenti la mia propensione ad una visione nell’uno o nell’altro senso.

                      Ebbene giudicando il fenomeno del dolore senza posizioni assiomatiche, la sua distribuzione statistica, la sua assoluta assenza di relazione con la distribuzione dei valori (anche cristiani) delle persone che ne sono afflitte (es: perchè questa povera Chiara ha dovuto soffrire così tanto, e ci sono persone a cui è invece garantita una vita molto lunga, nonostante il continuo esercizio di comportamenti abominevoli?), non riesco davvero ad intravvedere in esso una funzione concepibile a priori, pur condividendone la funzione (a posteriori) in alcuni casi ed in virtù del ragionamento fatto prima.

                      In questo senso secondo me, nel caso io cercassi con tutti i miei sforzi “una traccia di Dio” non vedo come potrei trovarla nel dolore, in conclusione esso non mi aiuta molto nell’orientare l’ago della bilancia (tra i due estremi dell’assiomatica esistenza e dell’assiomatica inesistenza di Dio Stesso)

                    • Jacques de Molay ha detto:

                      Credo che la risposta sia “troppo semplice” affinchè possa darti soddisfazione, eppure io credo che il problema stia nel cercare un dio fatto a NOSTRA immagine, cosa che ovviamente non è, e che quindi non troviamo.
                      Sul perchè del dolore patito da questa ragazza potremmo fare molte ipoteai, ma siccome i nostri pensieri non sono i Suoi, credo non si arriverebbe molto lontano. Il punto è: da episodi come questo possiamo noi tutti ricavare un qualche insegnamento? Io credo di si.

                    • Andrea ha detto:

                      @ Jacques, la risposta è si, ma temo non saremmo d’accordo nemmeno sul tipo di insegnamento recepito, una certezza a questo punto ce l’ho: siamo condannati a divergere… 😉 meno male che non è una gran sofferenza per nessuno dei due, soprattutto se paragonata a quelle di cui abbiamo parlato fin qui.

                    • Jacques de Molay ha detto:

                      eh vabbeh dai, è il caso di dirlo: poco male! 🙂

                  • Hernandes ha detto:

                    Per Andrea non solo il dolore non ha scopo, ma nulla di quello che fa ha un vero scopo ultimo. Passa la vita a costruire qualcosa che poi fra poco tornerà macerie. Vivere senza scopo non è vivere, ma sopravvivere.

                    • Andrea ha detto:

                      ciao Hernandes, sul fatto che entrambi torneremo macerie (speriamo più tardi possibile) credo che nemmeno tu possa obiettare, se la cosa ti spaventa sei liberissimo di credere che lo scopo per cui vivi sia alto e ti sia imposto da attori esterni. Personalmente in assenza di evidenze circa la necessarietà dello scopo ultimo mi limito umilmente a prendere atto del fatto che la nostra esistenza ha cause oggettive e scopi soggettivi

                    • Andrea ha detto:

                      “ma nulla di quello che fa ha un vero scopo ultimo”
                      questa frase non è corretta, ogni mia azione ha almeno uno dei tre obiettivi che ho citato sopra.

                    • Hernandes ha detto:

                      In assenza di evidenze dell’esistenza dell’amore, continuerai a usare le donne come oggetti? Perché tu sai che l’esistenza dell’amore non è dimostrabile, vero?

                    • Andrea ha detto:

                      Ciao Hernandes,

                      Sull’eventuale amore di cui le persone sarebbero oggetto da parte dei loro idoli non vi è alcuna evidenza a livello di azioni. Tu non sostieni che i tuoi idoli ti trattino come un oggetto in virtù dell’indimostrabilità di tale amore, quindi alla stessa stregua questa non è condizione necessaria perchè io tratti le donne come oggetti, anche qualora non intenda che tale amore sia dimostrabile…

                      .. cosa che non è, perchè fortunatamente l’amore è un concetto, e quindi come tale esiste per definizione in quella forma, la parte di amore che è invece sottoposta al tipo di analisi empirica che sottintendi tu è l’insieme di azioni che lo caratterizzano ,azioni compiute da persone verso altre persone ( o in alcuni casi idoli), azioni perfettamente riscontrabili (e quindi dimostrabili) , mentre non è vero il contrario (amore Dio –> Uomo, del quale l’unica evidenza che ci si avvicina e da te citabile è probabilmente quella che risale a 2000 anni fa’ ed è relativa a Gesù nel confronto degli altri uomini, qualora non si consideri Gesù semplicemente una persona, caso in cui ci si può ricondurre alla comune definizione d’amore)

                      ma credo che la frase “continuerai ad usare le donne come oggetti” immagino tu la riferisca erroneamente a me, perchè non mi pare di aver mai discusso la considerazione che ho del genere femminile con te.

                    • Hernandes ha detto:

                      Non esiste l’amore, finché non me lo dimostri. Mi spiace ma io sono razionalista.

      • Leonardo ha detto:

        Più che fondamentaliste direi fondamentali.
        “Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici!”

        Il Cattolicesimo è per gente con le palle, gente serie, gente che ama dell’amore più grande.
        Il Cattolicesimo impone un cambiamento, impone di esere pronti anche a questo.
        Ed è per tutti, chiama tutti ad essere eroi.

        Ad essere talmente innamorati della Vita a darle un valore così alto, che in questi casi non ci sono vie di mezzo.

  • Sophie ha detto:

    Ci sono mamme che uccidono il proprio figlio e mamme che ci muoiono per dare la vita al proprio figlio. Ha dimostrato che la vita è un grande dono e solo chi la apprezza può fare un gesto tanto nobile. Il vecchio lascia spazio al nuovo e il bambino ha sempre priorità di vita rispetto all’adulto. Brava Chiara, eri troppo avanti per un mondo di così basso livello!

  • Lucio ha detto:

    Di fronte ad una testimonianza cosi’ grande sento di poter fare solo alcune modeste riflessioni: questa giovane donna, grazie alla sua grande fede, ha potuto comprendere tante verita’ che sono precluse alla sola ragione. Se si vive davvero la fede come ha fatto Chiara allora la vita si trasforma e si puo’ sperimentare realmente la presenza di Dio anche in questo mondo segnato dal dolore e dalla morte. Tramite l’esempio di Chiara il Signore ci ha voluto ricordare che solo se accettiamo di portare la nostra croce con fiducia possiamo trovare pace nel nostro cuore.
    Il mio pensiero va anche a suo marito: che il Signore possa donargli il suo conforto!

  • Chris ha detto:

    Per la redazione di UCCR attenti nuova bufala laicista in arrivo! Un prete definisce le persone Down come indemoniati,spero che al più presto realizziate un articolo su questo. -.-‘ ormai non sanno più che inventarsi!

    • Daphnos ha detto:

      E tutti i laicisti si trovarono improvvisamente dalla parte dei Down.

      Ma mi raccomando… attenti a non menzionare l’aborto: scoprirete improvvisamente che quelle stesse persone sosterranno la necessità di sopprimerli tutti, i bambini con la sindrome di Down!

  • Sophie ha detto:

    Ecco che Chris mi ha dato il “LA”.
    Cara redazione, visto che sono molto affascinata dagli abissi della psiche umana, mi piacerebbe se non ha nulla in contrario un topic sul fenomeno dilagante dell’anticlericalismo buddista. Cioè parlare della nuova moda sorta (o nuovo delirio sociologico che dir si voglia) da quando il Dalai Lama è venuto in Emilia-Romagna a sponsorizzare il suo libro e a parlare di etica laica. E della conversione degli anticlericali all’anticlericalismo buddista. Grazie.

    • Lucio ha detto:

      Hai ragione Sophie, e’ venuto il momento di denunciare in maniera decisa
      il relativismo morale dal Dalai Lama e anche l’atteggiamento di sufficienza con cui considera il Cristianesimo. Il Buddismo, infatti, sotto le apparenze della tolleranza e della compassione, nasconde pericolose concezioni nichiliste che attecchiscono facilmente nella nostra societa’ secolarizzata.
      Su Facebook, ad esempio, ogni tanto circolano alcune affermazioni del Dalai Lama ingiustamente tenute in grande considerazione. Tra queste l’ultima perla pubblicata e’ la seguente:
      “«IL MODO INTELLIGENTE PER ESSERE EGOISTI»
      «Dobbiamo pensare in grande, a tutta l’umanità. Il popolo delle Hawaii ha un detto «Il tuo sangue è il mio. Le tue ossa sono le mie ossa», i tuoi problemi, le tue sofferenze, la tua felicità sono le mie. Per essere felici abbiamo bisogno degli altri. Il massimo beneficio per noi stessi è prenderci cura dagli altri. Questo è il modo intelligente di essere egoisti». Dalai Lama”.
      In pratica quindi, secondo il Dalai lama, dobbiamo occuparci dei nostri simili perche’ da questo comportamento traiamo vantaggio per noi stessi….. Sembra il ragionamento di un neodarwinista.

      • Andrea ha detto:

        il senso della frase mi pare sia “l’altruismo è il miglior egoismo”, e io l’ho percepito come derisorio nei confronti dell’egoismo tradizionalmente inteso piuttosto che una giustificazione neodarwinista dell’altruismo.

        Mi fa un po’ effetto che in un mondo pieno di egoisti nel senso tradizionale ci si concentri più sul contraddire l’ipotesi che l’altruismo possa non essere generato da considerazioni cristiane (vantandone quindi una sorta di marchio o paternità) piuttosto che sul fatto che l’altruismo pensato in questo modo ha esattamente gli stessi effetti di quello cristiano…

        • Lucio ha detto:

          Andrea,
          A me pare che il Dalai Lama proponga una visione dell’ altruismo prettamente utilitaristica, che ne umilia il significato piu’ alto.
          La teologia Cattolica, inoltre, non afferma di certo che prima di Cristo non esistesse l’altruismo. Secondo il cattolicesimo infatti, nel cuore degli uomini, prima della venuta di Cristo, esisteva di gia’ la legge naturale (anche se, naturalmente, non poteva essere presente il dono della Grazia).
          Che poi l’altruismo pensato nel modo del Dalai Lama possa avere gli stessi effetti di quello concepito in maniera Cristiana mi sembra palesemente smentito dalla storia: il Buddismo ha forse conosciuto esempi di amore cosi’ grandi come quelli dati da tanti santi cristiani?

          • Andrea ha detto:

            “il Buddismo ha forse conosciuto esempi di amore cosi’ grandi come quelli dati da tanti santi cristiani?”

            Gli esempi sono utili ad illustrare i concetti ma difficilmente possono essere usati per misurare il livello di diffusione di un fenomeno. La generalizzazione partendo dagli esempi è sempre rischiosa dal punto di vista statistico se tali esempi non rappresentano un campione significativo della popolazione analizzata.

            Inoltre la scelta degli esempi è nelle religioni (come in tutte le altre discipline che propongono valori e teorie) un meccanismo che ha anche una componente didattica/educativa. Se gli insegnamenti buddisti non utilizzassero il meccanismo dell’esempio con la stessa facilità, la carenza di esempi in ambito Buddista non sarebbe necessariamente un indizio di scarsa propensione generale all’altruismo (soprattutto quando il suo leader invita ad essere altruisti)

            i Santi non sono un campione significativo per definizione, in quanto essendo un insieme di persone che si è distinto per il proprio comportamento, non possono essere considerati un proxy del comportamento delle masse.

            Io credo che per sconfessare la mia ipotesi dovremmo dimostrare che dati due campioni di grandezza N l’uno composto di cristiani e l’altro di buddisti, il primo sia con maggiore probabilità popolato di altruisti rispetto al secondo. IL che equivarrebbe al dimostrare che il pensiero del Dalai Lama (che si è espresso, indipendentemente dalle motivazioni, a favore dell’altruismo, pur nella connotazione “cheap” che voi gli date) sia meno ascoltato tra coloro che si professano buddisti, di quanto il messaggio di Cristo sia ascoltato da coloro che si professano cristiani….

            Ecco messa così non sarei cosi certo dei risultati della verifica.

            • Lucio ha detto:

              Credo che tu mi abbia frainteso Andrea: perche’ dovrei considerare cosi’ importante il livello di diffusione del fenomeno dell’ amore?.
              Io constato semplicemente che seguendo l’esempio di Cristo molti santi hanno potuto dare con la loro vita esempi di amore talmente grandi da fare apparire poca cosa quelli che sono riscontrabili nel Buddismo (e non solo in questo). A mio modesto parere tutto cio’ sta’ ad indicare che nel Cristianesimo agisce realmente la grazia di Dio, mentre nelle altre religioni questo non succede (o se succede, visto che lo Spirito Santo e’ comunque libero di agire in tutti gli uomini come meglio crede, succede in maniera molto minore).
              Per quanto riguarda la validita’ del tuo modello di analisi statistica relativo a due campioni di grandezza N, l’uno composto da cattolici e l’altro da buddisti, credo che bisognerebbe chiarire un aspetto fondamentale: nel numero N di cattolici e di buddisti bisognerebbe considerare solo quei credenti che vivono per davvero la loro fede, non certo quelli che sono credenti solo a parole. Se il campione N venisse scelto con questo criterio allora potrei avere delle ottime ragioni per sostenere che il risultato della verifica porterebbe piu’ acqua al mio mulino che al tuo.
              Per concludere vorrei brevemente replicare anche ad una affermazione contenuta in un tuo precedente intervento: “il tuo sforzo di dare un senso al dolore umano è pregevole, in quanto volto a permetterti una più facile convivenza con esso, tuttavia i meccanismi con cui scarti la possibilità che il dolore umano non abbia nessuno scopo e quindi nessun senso, sono troppo semplici e non sono compatibili con la ragione.”. Non mi pare di avere espresso in maniera organica le ragioni che mi portano a pensare che il dolore possa avere un senso, non capisco quindi cosa possa averti portato ad esprimere un giudizio cosi’ netto. Certamente non sono un erudito come te, ma (grazie a Dio, non certo per mio merito) non mi sembra neanche di essere uno stupido. Molto in sintesi posso dirti questo: la filosofia e la scienza mi permettono di poter affermare che e’ ragionevole pensare che l’universo (e con esso l’uomo) siano stati posti in essere da Dio. Mi sembra allora anche ragionevole pensare che Dio abbia un disegno sull’ uomo. Per comprendere pero’ quale sia questo disegno (e quindi anche il perche’il dolore umano possa avere un senso) credo che sia indispensabile credere in Cristo. Cristo infatti e’ l’unico tramite possibile tra Dio e l’uomo (Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il figlio unigenito che e’ nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato).
              Un saluto!

      • Sophie ha detto:

        Già che ha scritto un libro su Cristo e intanto mi parla di etica laica per arruffianarsi i non credenti, mi puzza di zolfo alla stregua di Sai Baba. (Con tutto il rispetto per chi è buddista per una sua scelta fatta in maniera serena e non per odio verso il Papa, ovviamente..) E poi l’Asia è piena di poveri, come mai ostentare il fatto di aver dato i soldi ai terremotati Italiani? Coma mai guarda un pò viene in un’Italia che ora si trova all’apice dell’anticattolicesimo? Come mai guarda un pò è venuto a parlare del suo ultimo libro? Come mai quando Frizzi ha parlato dei soldi dati dal Dalai Lama (che pare prenda tanti bei soldi da Obama e dalla CIA), gli Emiliani hanno dato via libera agli applausi e quando ha parlato di quelli del Papa fischi, insulti e il solito “ha dato poco” anzichè ringraziarlo considerando il fatto che adesso si trovano nella melma più nera?

        • Lucio ha detto:

          Infatti, Sophie, il Dalai Lama mi sembra proprio un bel furbetto….
          L’ingratitudine dimostrata verso il Papa, poi, mi sembra un segno evidente del triste momento storico che stiamo vivendo….
          Ciao!

          • Sophie ha detto:

            Questo Papa non è qui per caso ma perchè piace a Gesù. Tante cose che ha detto e dice mi sono tornate utili. Notte!

            • Lucio ha detto:

              Sono tornate utili anche a me Sophie. Il caso non esiste, e’ solo uno dei nomi di Dio….

      • Controinformato ha detto:

        Se il Buddha e il Cristo sono due imponenti montagne da scalare, non dimentichiamo che tra esse c’è un abisso incolmabile.

        • Lucio ha detto:

          Infatti Cristo e’ vero Dio e vero uomo, mentre Budda (per quanto saggio) e’ solo un uomo.