I Santi cristiani così diversi dagli eroi pagani

 

di Marco Fasol*
*docente di storia e filosofia

 

Chi è sinceramente convinto della diversità cristiana rispetto alle mitologie pagane è certamente rimasto sconcertato leggendo un articolo del Corriere della Sera in data 6 aprile. Il titolo dell’articolo, firmato da Lorenzo Cremonesi, è molto esplicito: “Cristiani e pagani, miti paralleli. San Giorgio è come Ercole e Ulisse somiglia a san Brandano“. L’articolo recensisce una recente pubblicazione della casa editrice Laterza, Corpi gloriosi. Eroi greci e santi cristiani, scritta a quattro mani da Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri e Giulio Guidorizzi.

La tesi centrale del libro è la sostanziale continuità tra eroi ellenici e santi cristiani. Gli autori infatti scrivono che con il tramonto dei miti classici, i templi e le tombe degli eroi quali Ulisse ed Ercole furono sostituiti da nuovi eroi, dai santi, portatori di valori molto diversi, “ma nella sostanza poco cambia”, aggiungono subito. «Entrambe le figure (eroi pagani e santi cristiani) sono spesso accompagnate da una nuvola di pazzia, che ne garantisce coraggio fuori dalla norma, eroismo o santità, la cui natura straordinaria resta comunque impressa nella memoria collettiva.»  La vita viene interpretata come una “lunga battaglia”, con avventure, scoperte dell’ignoto, viaggi fantastici. Tutti questi elementi esaltano l’eccezionalità dell’eroe pagano prima e del santo cristiano poi. Entrambe le figure forgiano l’identità delle rispettive culture e dei rispettivi popoli di provenienza.

Allora ci chiediamo: le cose stanno veramente così?  Il mito e la storia sono sempre gli stessi? L’identità culturale dei popoli cristiani non ha niente di diverso rispetto a quella delle mitologie omeriche o virgiliane? Anche Umberto Eco, nel suo celebre Il nome della rosa, aveva sostenuto una tesi simile, affermando che tra santità e follia non c’era sostanziale differenza.  Davvero? E’ proprio qui che si scopre l’inaccettabilità della tesi di fondo del libro. Possiamo concedere agli autori che vi sia un parallelo tra eroi pagani e santi cristiani in quanto entrambe le figure sono i modelli di riferimento, gli ideali morali delle rispettive società.  Possiamo anche concedere che per alcuni santi cristiani dei primi secoli, nelle narrazioni popolari, si mescolino insieme elementi storici e fantasie leggendarie. Ad esempio è verosimile che alcuni racconti degli Atti dei martiri dei primi secoli non siano sempre fedeli al contesto storico. Per la stessa figura, più recente, di San Francesco d’Assisi, non è sempre facile discernere gli elementi storici dalle aggiunte leggendarie di alcuni biografi successivi.

Ma quello che agli autori del saggio sembra sfuggire è che i valori morali che i santi cristiani incarnano sono radicalmente diversi da quelli degli eroi pagani. E non solo i valori morali, ma anche la concretezza storica è ben diversa. Partiamo dai valori morali. L’antichità pagana esalta l’eroe forte, vittorioso, capace di uccidere i nemici, di arrivare per primo. Il principio fondante la cultura pagana è la legge del più forte. Il più forte ha ragione. Le avventure di Ercole, di Achille, dei leggendari eroi romani, sono accomunate da questa esaltazione dell’eroe vittorioso. L’icona gloriosa del gladiatore è il modello spettacolare di questa visione della vita. Ogni città dell’impero romano aveva i suoi anfiteatri, capaci di ospitare anche venti o trentamila spettatori, per celebrare con gli spettacoli dei gladiatori la grandezza dell’impero. Si può dire che questi spettacoli costituivano la concretezza storica degli eroi mitici, fondatori della civiltà greco-romana.

Il discorso cambia radicalmente con il diffondersi del Cristianesimo. Il principio fondante della cultura cristiana è esattamente l’opposto di quello pagano. E’ la legge per cui il più forte si china verso il più debole per innalzarlo al proprio livello, perché siamo tutti figli di Dio, abbiamo tutti la stessa dignità. E soprattutto perché Dio stesso ci ha insegnato a vivere così. Lui è disceso verso il più debole, il peccatore, per innalzarlo ad una vita divina, vissuta nella giustizia, nell’amore, nel servizio del prossimo.  Non vedo proprio come si possa parlare di continuità tra eroe pagano e santo cristiano. Sarebbe come parlare di continuità tra la legge del più forte e la legge dell’amore e del perdono. Sarebbe come dire che la violenza e l’eroismo guerriero di un Achille o di un Ercole sono simili all’umiltà ed al servizio altruistico di un Sant’Ambrogio o di un Sant’Agostino.  Non riesco proprio a capire come storici di tutto rispetto come gli autori del libro sopra citato abbiano potuto prendere un abbaglio così fuorviante.

E poi, altro abbaglio sorprendente, non riesco proprio a capire come si possa confondere il mito con la storia. Quando gli autori pagani parlavano di Ercole, di Achille, di Enea, di Ulisse, di Dioniso…  sapevano benissimo di raccontare “miti” , ovvero descrizioni affabulatrici e leggendarie che avevano spesso un valore eziologico. Intendevano cioè proporre una spiegazione causale (“eziologica”), di origine divina o soprannaturale, all’origine di Roma o di Atene ecc. Volevano rivestire di un’alone divino quello che divino non era. Completamente diverso è il contesto del santo cristiano. Qui abbiamo i piedi per terra! In base al principio dell’incarnazione, per cui Dio stesso ha preso carne in Gesù di Nazareth, d’ora in poi l’eroe cristiano dovrà essere incarnato nella storia, nel concreto quotidiano. Come i vangeli erano iniziati con precise indicazioni storiche ed erano proseguiti con dettagliati riferimenti a personaggi storici come Ponzio Pilato, Erode, Caifa, Anna, Farisei, Sadducei ecc.  Così i santi cristiani si collocano sempre in precisi contesti storici e sono riusciti nell’arco di circa tre secoli a capovolgere i valori fondanti della civiltà.

Allora, in conclusione, dobbiamo stare bene attenti a non equivocare tra mitologia pagana e storia cristiana. Sarebbe come dire che un pezzo di vetro ed un diamante sono simili, perché luccicano entrambi!

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20 commenti a I Santi cristiani così diversi dagli eroi pagani

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  1. Viola ha detto

    Anche a me pare davvero una terribile cantonata. Spero che l’articolo del corriere sia banalizzante come al solito.

  2. Andrea C. ha detto

    Per l’inciso nella santità c’è un pizzico di follia ma non è vero l’opposto.

  3. Uomovivo ha detto

    E’ il tremendo passaggio dal “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi” di Bertolt Brecht al “Ho bisogno di figli santi!” di Don Orione.

  4. Gab ha detto

    Si vuole far passare il Cristianesimo, la figura dei grandi Santi della storia e la persona di Cristo stessa come se fossero solo degli elementi mitici. Un mito bello da raccontare ma che non può essere più di tanto facente parte di “questo mondo”. E soprattutto che non può essere ritenuto “vero”, alla stregua degli altri miti.

  5. Michele Silvi ha detto

    Sempre riguardo questo tema, sarebbe interessante leggere “Il ritorno di Beorthnoth figlio di Beorthelm” di Tolkien.

    • GiuliaM ha detto in risposta a Michele Silvi

      Sono una grande fan di Tolkien, ma non conosco questo libro!

      • Leonardo ha detto in risposta a GiuliaM

        Lo trovi in “albero e foglia” se non mi sbaglio.
        È un racconto molto breve e che non è ambientato nella terra di mezzo.
        Leggilo, è molto intenso.

        • Michele Silvi ha detto in risposta a Leonardo

          Esiste anche separato, ripubblicato da Wu Ming4 con le opportune aggiunte e correzioni, diventando molto più esplicito: consiglio quella versione.

  6. semelets ha detto

    Mi chiedo se sia corretto contrapporre la legge del più forte alla legge dell’amore e del perdono. A me sempra che la legge dell’amore si inserisca nel contesto più ampio della legge del più forte.
    La legge del più forte è un dato di fatto, una realtà “soggiacente” cui nessuno può sottrarsi: il più forte decide e detta legge, indipendentemente dal fatto che abbia ragione o meno. In un contesto di pura brutalità questo significherebbe semplicemente prevaricazione, ma quando c’è di mezzo l’uomo entra in gioco anche la libertà e niente è più scontato.
    Il comandamento dell’amore si inserisce in questo inevitabile contesto di “legge del più forte” ed è come se ne accettasse la sfida: “ti faccio vedere io chi è il più forte: siediti, che ti lavo i piedi!”.
    La legge del più forte cioè non obbliga il più forte a scegliere la sopraffazione; Gesù ci mostra che, da uomini liberi e dunque da una posizione di forza, possiamo scegliere il bene.

    • marco fasol ha detto in risposta a semelets

      Obiezione interessante. Tutto dipende dal significato di “più forte”. Io lo intendevo “più forte fisicamente”, “più forte nella violenza, non nella bontà”. E’ insomma il principio di Hitler, causa della seconda guerra mondiale. Credeva di diventare il padrone del mondo perchè aveva l’esercito più forte. O il principio di Stalin che chiedeva “Quante divisioni corazzate ha il Papa?” perchè credeva che avesse ragione il più forte. O il principio di Mao: “Il potere sta nella canna del fucile”.
      Lei intende invece “più forte” in senso morale, in senso etico. Allora sì che Gesù è il più forte, nel senso che è il portatore dei valori più forti, che sono l’amore, la giustizia, l’onestà, la fratellanza, certamente più forti dei disvalori quali l’odio, la criminalità, l’imbroglio, il razzismo… Si tratta di intendersi sui termini.

      • Semelets ha detto in risposta a marco fasol

        Non credo però che le civiltà greco-romane, cui si fa riferimento nell’articolo, possano essere assimilate alle dittature di Hitler o Stalin. Ogni civiltà si fonda sostanzialmente sulla legge del più forte, senza che questo comporti inevitabilmente l’insorgere di dittature sanguinarie.
        Quello che intendevo dire è che quando si parla di legge del più forte, bisogna intendere necessariamente qualcosa che sta a monte, che viene prima della scelta tra bene e male ed è qualcosa che è intrinseco al concetto di libertà, da esso indissolubile. La libertà, quando non è libertà di scelte in fondo irrilevanti, è sostanzialmente libertà di fare il male o, per dirla in termini meno cupi, libertà di fare il bene potendo fare anche il male.
        Anche Gesù in fondo sfoggia l’esercito più forte, le mitiche legioni di angeli che potrebbero liberarlo e avere la meglio, ma sceglie la sottomissione.
        Direi che la legge del più forte è la legge primordiale che viene prima della legge naturale.
        Il santo ci mostra l’altra faccia della medesima “legge del più forte”.

      • Semelets ha detto in risposta a marco fasol

        Non metterei inoltre in contrapposizione “forza fisica” e “forza morale”, come se la forza fisica dovesse necessariamente coincidere con violenza e sopraffazione. L’uomo può volgere al bene tutte le sue forze (forza fisica, forza economica, forza del potere…).
        Direi anzi che la novità cristiana non consiste propriamene nel comandamento dell’amore: anche prima di Cristo l’uomo ha la percezione del bene (“praticare la giustizia, soccorrere il misero, l’orfano, la vedova…”), ma allo stesso tempo l’uomo si chiede se valga la pena sacrificare se stessi per il bene, vista la fine che ci aspetta e visto “come se la passano i buontemponi”.
        La novità del Cristianesimo sta tutta nella Resurrezione, che ci mostra definitivamente come il bene non vada perduto e che noi saremo in eterno ciò che siamo stati.

    • Gab ha detto in risposta a semelets

      Infatti non capisco perché alcuni cattolici si scandalizzano quasi nel dire che Dio è onnipotente. Ho sentito alcuni affermare “non mi piace questa parola”. Mah.. che parola si dovrebbe usare allora?

      • AndreaII ha detto in risposta a Gab

        Forse un piu’ politicamente corretto “diversamente potente”

        🙂

        • semelets ha detto in risposta a AndreaII

          Suona un po’ riduttivo, non ti pare? Diversamente da chi? Verrebbe da pensare a qualcun altro altrettanto potente ma di segno opposto. Direi che onnipotente continua a suonare meglio. Che ne diresti di questa: “Dio è l’onnipotenza che ha scelto il bene” (forma descrittiva dell’equivalente ed ultrasintetico “Dio è amore”).

          • ignotius ha detto in risposta a semelets

            direi che sì, è onnipotente ma il Suo potere non ce lo fa pesare, è onnisciente, ma la Sua sapienza non ci umilia, è onnipresente, ma neppure la Sua presenza ci fa pesare, anzi è così discreto che molti di noi si lamentano della Sua assenza immaginandoseLo forse come un genio della lampada: un maggiordomo pronto ad apparire e scomparire a un nostro cenno e ad esaudire i nostri desideri… (‘se non ci serve a che ci serve’?), se non corrisponde alla nostre aspettative allora per costoro non c’è

  7. Davide Galati ha detto

    Una comparzione tra Eroe e Santo in diverse religioni è stato il tema della mia tesi di laurea, se a qualcuno interessa la sto pubblicando a puntate sul mio blog http://umbradei.wordpress.com

  8. pastor nubium ha detto

    Non ho letto il libro in questione, ma mi è bastato leggere le recensioni di alcuni testi nel sito http://www.ereticamente.net: è incredibile con quanta spudoratezza, superficialità e ignoranza si spacci per storia e critica storica divagazioni di mitomani neopagani inaciditi.
    Quanto ai racconti mitologici: avevano indubbiamente una notevole valenza morale nell’ambito della loro cultura di appartenenza, una valenza non riducibile alla legge del più forte, che comunque era fondamentale prima del cristianesimo (e lo è ancora..). Achille è una figura complessa e per certi versi moderna. Ulisse poi rappresenta il superamento dell’età degli eroi, o di una società guerriera e tribale. Nell’Iliade il Fato non premia Ettore, eroe devoto agli dèi alla patria e alla famiglia, e Achille agisce per motivi passionali e per senso dell’onore (cui obbedisce lo stesso Ettore).
    Altra storia per Ulisse, altro eroe dèi patria e famiglia: rappresenta la forza della ragione (è protetto e guidato da Atena) e i valori che fondano lo stato e una società: fedeltà e lealtà della moglie, del figlio, del padre, del servo, della nutrice e perfino del cane. Ulisse affronta i pericoli, resiste a numerose tentazioni, e torna a casa, e ricostruisce l’unità della famiglia e dello stato (caso più unico che raro nella letteratura greca antica). Anche il pio Enea rinuncerà a una morte eroica (scappa!) e a una storia passionale nel nome di un futuro che lo aspetta: la fondazione di una stirpe e di uno stato (nella mentalità romana potrebbe rappresentare una versione di Abramo).
    Il cristianesimo rappresenta un’ulteriore evoluzione di quel modello sociale, ma alcuni frustrati con qualche problema di fegato e variamente ottusi non riescono a capirlo, o non son disposti ad ammetterlo. Verrebbe da fargli fare uno stage formatvio spedirli tra gli unni, o gli aztechi…

  9. Sandra ha detto

    Non riesco a capire come si può scrivere un articolo basato su un argomento chiaramente sbagliato, ancora una volta si capisce che un corso di logica ci vuole! Ma questi non hanno mai fatto analogie a scuola?

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