Nuovo studio: per chi vuole l’eutanasia i pazienti sono “meno vivi”

Alcuni professori del dipartimento di Psicologia dell’Università di Padova e di quella di Tubinga (Germania) hanno pubblicato uno studio riguardante la percezione che le persone hanno dei pazienti che si trovano in uno stato vegetativo o comunque in stati di coscienza ridotta.

Lo scopo principale era verificare se le posizioni sul fine vita fossero principalmente guidate dai principi morali e religiosi in cui le persone credono. Difatti, come atteso, tanto più le persone abbracciano un principio morale di tipo laicista tanto più considerano appropriata la richiesta di un paziente che chieda, o aveva chiesto da cosciente, l’interruzione dell’idratazione e dell’alimentazione. Al contrario, tanto più le persone abbracciano un principio morale che ritiene sacra la vita, tanto meno ritengono che tale richiesta del paziente sia da soddisfare.

Un risvolto di questo studio interessante è la rilevazione di un forte pregiudizio: la concezione di vita e morte non dipende da dati oggettivi, ma da un giudizio di valore precedente: indipendentemente dalle decine e decine di risvegli, tanto più le persone credono nel principio della “libera scelta”, tanto più percepiscono come morti (dovevano dare alla condizione di morte un punteggio) i pazienti affetti da malattie in cui la coscienza è assente o gravemente compromessa, anche se alcune funzioni sono vitali. Non è più dunque la considerazione dei dati (sintomatologia, descrizione nosografica), a fare la differenza, ma il pregiudizio personale. La percezione dello stato di vita/morte dei pazienti non cambia invece, in funzione della patologia, per coloro che ritengono che la vita sia “sacra”.

In tempo di dittatura del relativismo, anche la vita e la morte non sono più condizioni assolute, se è vero che una persona può percepirne un’altra come “parecchio morta”.

Linda Gridelli

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38 commenti a Nuovo studio: per chi vuole l’eutanasia i pazienti sono “meno vivi”

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  1. Mimmo ha detto

    A che ti serve “vivere” se sei paralizzato?
    Bisognerebbe fare in modo che queste persone togliessero il disturbo, perchè mi dispiace per loro ma non devono rovinare la vita delle persone sane!

    • Leonardo Paolo Minniti ha detto in risposta a Mimmo

      Immagino che anche tu fai parte della Consulta di Bioetica di Maurizio Mori, vero?

    • Sesbassar ha detto in risposta a Mimmo

      Ma allora esisti ancora! Il nostro troll di fiducia colpisce ancora 😀

    • beciu ha detto in risposta a Mimmo

      Sei serio ?

    • StefanoPediatra ha detto in risposta a Mimmo

      Prova a chiedere a lui “a cosa serve vivere se sei paralizzato” e a tutte le persone che lo conoscono e lo hanno incontrato o sentito parlare come è successo a me: http://www.donbosco-torino.it/ita/Kairos/Attualit%E0/06-07/008-Dottor_Mario_Melazzini.html

      Chiedilo a tanti altri che vivono situazioni analoghe e testimoniano, guarda caso, una grande voglia di vivere e di spendersi per gli altri anche quando sono seduti su una sedia a rotelle o attaccati ad un respiratore. Io per il lavoro che faccio ne ho conosciute tante di queste persone e posso dirti una cosa: mi sono vergognato di essere sano confrontando la mia “pochezza” alla lorto “grandezza”!

      • Mimmo ha detto in risposta a StefanoPediatra

        Dottor Stefano, sono d’accordo con lei sui ragazzi giovani, ma un uomo adulto ha già vissuto la sua vito o no?
        Le sue teorie sull’aborto sono senz’altro corrette e plausibili, questa mi fa ridere, invece.

        • Luca S. ha detto in risposta a Mimmo

          Chi ti autorizza a giudicare del valore della vita degli altri?

        • joseph ha detto in risposta a Mimmo

          eh, beh, se uno è vecchio…. meno 37 punti…..
          ‘n fa ‘na grinza…

        • lorenzo ha detto in risposta a Mimmo

          Credevo facessi il verso al’imbecille, invece lo sei veramente.
          Conosci Stephen Haking?

        • StefanoPediatra ha detto in risposta a Mimmo

          Mimmo, di quale teoria parla? Io non ho espresso alcuna teoria: l’ho solo invitata a leggere la testimonianza di una persona adulta, che ha vissuto buona parte della sua vita e che ora è in sedia a rotelle incapace di muoversi e con grosse difficoltà persino a respirare e che non solo manifesta un grande attaccamento alla vita ma che, a differenza di quello che pensa lei, continua a curarsi dei suoi pazienti oncologici in quanto è medico, di ricerca, dell’associazione dei pazienti affetti da SLA e di tante altre cose. No, decisamente questa persona coraggiosa conduce una vita tutt’altro che inutile. Chieda a sua moglie se sopprimerebbe la vita di questo grande uomo. Io credo proprio di no!

          Ma forse lei non ha nemmeno letto quanto riportato nell’intervista; altrimenti non parlerebbe di teorie ridicole. Peccato, però, perchè si perde una bella testimonianza.

      • Luca S. ha detto in risposta a StefanoPediatra

        E’ straordinaria questa intervista, grazie per averla segnalata.

      • Kosmo ha detto in risposta a StefanoPediatra

        Grandissimo Stefano!
        Sempre azzeccatissimi e puntuali i tuoi commenti!
        +10000000000000000000000000000000000000000000000000000

    • Paolo Viti ha detto in risposta a Mimmo

      E’ sicuramente un lettore di Umberto Veronesi, anche lui dice che chi supera i 50 anni dovrebbe togliere il disturbo: http://www.libertaepersona.org/wordpress/2006/12/umberto-veronesi-ci-vorrebbe-tutti-ermafroditi-117/

      “dopo aver generato i doverosi figli e averli allevati, il suo compito è finito, occupa spazio destinato ad altri”, per cui “bisognerebbe che le persone a cinquanta o sessant’anni sparissero”.
      Questa è la bioetica eugenet..ops, è la bioetica laica.

    • Falena-Verde ha detto in risposta a Mimmo

      Cioè tu vorresti uccidere non solo chi è in coma permanente ma addirittura anche le persone paralizzate, che sono anche più sveglie di te?

    • Kosmo ha detto in risposta a Mimmo

      certo che se facessero una legge per “togliere di mezzo” certe persone che fanno commenti idioti, se ne potrebbe parlare… 😉

  2. Alèudin ha detto

    ma noi, siamo vivi?

  3. Antonio72 ha detto

    Mah..non sono molto d’accordo con l’impostazione dell’articolo. Ciascuno ha una propria visione della vita, in particolare del livello di qualità ritenuto accettabile, a prescindere da qualsiasi dato oggettivo che, ricordo, sono mutevoli con l’avanzamento del progresso scientifico (si potrebbe arrivare anche al paradosso che la medicina sia in grado di mantenere in stato vegetativo un corpo umano indefinitivamente). E’ vero che è molto importante un’informazione adeguata (in particolare l’aspettativa statistica dei risvegliati da uno stato vegetativo che non sia persistente), anzi il consenso informato per qualsiasi trattamento sanitario è prescritto a livello internazionale, ma la decisione finale e determinante non può essere oggettiva, visto che la libertà dell’individuo è tutelata dalla nostra Carta Costituzionale ed è un diritto fondamentale dell’uomo. In particolare la libertà dell’individuo di sottrarsi a qualsiasi terapia, ed intendo qualsiasi terapia. Teniamo anche conto dell’impatto devastante sulla famiglia costretta ad accudire un caro in stato vegetativo, visto che spesso l’onere ricade totalmente sulle spalle (talvolta molto fragili) dei cari e questo fardello potrebbe perdurare per anni, forse anche per decenni. A questo proposito l’interessato potrebbe vederla come una coercizione ingiusta, addirittura come una condanna permanente estesa ai suoi cari. Devo essere sincero..non sono così categorico, dipende dai casi. Per me il testamento biologico è inutile, a meno che una persona non sia completamente sola. La decisione spetta ai parenti prossimi i quali si spera conoscano il proprio caro molto meglio di qualsiasi notaio o medico e che quindi tengano conto delle sue attitudini, volontà, personalità, ecc… Englaro ha sbagliato a fare una battaglia pubblica di qualcosa che doveva rimanere nella sfera privata.
    Credo infatti che l’eutanasia negli ospedali sia molto più diffusa di quanto si pensi.

    • Paolo Viti ha detto in risposta a Antonio72

      Non capisco come tu abbia chiarito che “non sono molto d’accordo con l’impostazione dell’articolo”
      In esso si parla di un pregiudizio di fondo che anima il dibattito sul fine vita, in particolare da parte “pro-choice”. Loro infatti vedrebbero una persona qualsiasi in stato vegetativo più “morta” della realtà, indipendentemente dai risultati sugli studi della coscienza e così via.

      Tu nel commento tocchi tante cose ma senza alcuna attinenza a questo. Il testamento biologico non è inutile ma è sbagliato in quanto non si può mai decidere ora per allora. Lo dimostrano tanti casi di risvegliati che avevano firmato il testamento biologico e per fortuna (loro) non era ancora stato attuata la volontà. Vedo che comunque, dopo aver aperto al sacerdozio femminile, oggi apri all’eutanasia (a patto che avvenga nel privato). Un chiaro piano inclinato direbbero i più 🙂

      • Antonio72 ha detto in risposta a Paolo Viti

        @Paolo
        Non è vero che non tocco l’argomento citato dall’articolo quando scrivo:
        “Ciascuno ha una propria visione della vita, in particolare del livello di qualità ritenuto accettabile, a prescindere da qualsiasi dato oggettivo che, ricordo, sono mutevoli con l’avanzamento del progresso scientifico (si potrebbe arrivare anche al paradosso che la medicina sia in grado di mantenere in stato vegetativo un corpo umano indefinitivamente).”
        Addirittura per qualcuno il fatto di avere una minima coscienza piuttosto che non averne nessuna potrebbe essere un’aggravante che lo spingerebbe ulteriormente a decidere per lo stacco della spina.
        Io non apro a niente…solo che in questo caso è sbagliato, almeno secondo me, tagliare questa delicata (e molto privata) questione con l’accetta. Non tutte le vicende sono uguali, né le famiglie, né tanto meno gli uomini. Secondo me invece è sbagliata la pretesa, almeno in questo caso, di omogeneizzare tutto ad una verità incontrovertibile, la quale dovrebbe andare bene sia ai credenti sia ai non credenti, o anche all’interno dello stesso insieme dei credenti (perchè non penso di essere l’unico credente a pensarla così. E vale anche per il sacerdozio femminile).

        • Paolo Viti ha detto in risposta a Antonio72

          Ti sei autocitato ma la questione rimane: pregiudizio di fondo che anima il dibattito sul fine vita indipendentemente dai risultati sugli studi della coscienza e così via. Leggi bene l’articolo mi sembra che tu abbia preso una strada parallela.

          Come sul sacerdozio femminile, anche sull’eutanasia la Chiesa si pronuncia ufficialmente. Dunque anche questa volta ti segnalo la tua opposizione alla Chiesa, ovviamente sei liberissimo di farlo ma sei tu che ti definisci “cattolico” quindi qualcuno si aspetta una coerenza.
          Tu affermi: “La decisione spetta ai parenti prossimi i quali si spera conoscano il proprio caro molto meglio di qualsiasi notaio o medico e che quindi tengano conto delle sue attitudini, volontà, personalità, ecc… Englaro ha sbagliato a fare una battaglia pubblica di qualcosa che doveva rimanere nella sfera privata”

          Giustamente carichi sulle tue spalle il dolore dei familiari e animato da questo chiedi che l’eutanasia perché sia giusta debba avvenire nel privato (è corretto, no?).
          Il Catechismo ti risponde: «Coloro la cui vita è minorata o indebolita richiedono un rispetto particolare. Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l’eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile.
          Così un’azione oppure un’omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un’uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana. L’errore di giudizio, nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest’atto omicida, sempre da condannare e da escludere»
          .

          Ovviamente è contro anche all’accanimento terapeutico: «L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’« accanimento terapeutico ». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente». Ma qui si parla di accanimento.

          Il resto lo puoi approfondire tu: http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s2c2a5_it.htm

          • Antonio72 ha detto in risposta a Paolo Viti

            @Paolo
            La risposta è semplice: non sono d’accordo con il Catechismo. Questa è la mia risposta ufficiale che mi detta la mia ufficiale e personale coscienza.

            • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

              Eh bè, se non sei d’accordo col Catechismo, fai un po’ due conti…

              • Topazia ha detto in risposta a GiuliaM

                Sono contro l’eutanasia, in linea di principio, e conosco molti cattolici, comprovatamente cattolici, credenti e praticanti, dichiaratamente contrari all’eutanasia, in linea di principio, alcuni di questi hanno assistito con affetto, ed anche per lungo tempo, familiari sofferenti e/o in fin di vita. Quando si parla di certe condizioni di malattie terminali o invalidanti, però, la conclusione è unanime: “se tocca a me, per carità, lasciatemi andare…”.
                E chi se lo ripassa il Catechismo in certe condizioni?
                Quanto all”omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, …. un’uccisione … sempre da condannare e da escludere” e la rinuncia all’accanimento terapeutico o “interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati”: spesso non è così semplice distinguere.

            • Paolo Viti ha detto in risposta a Antonio72

              Antonio, hai fatto la tua scelta e ti ringrazio per la tua sincerità.
              Il catechismo della Chiesa cattolica mostra “i contenuti essenziali e fondamentali della dottrina cattolica sia sulla fede che sulla morale, alla luce del Concilio Vaticano II e dell’insieme della Tradizione della Chiesa”: http://www.vatican.va/archive/ITA0014/__P4.HTM

              Non si può essere cattolici ed essere contro i fondamenti della dottrina cattolica. Tira tu le conclusioni rispetto alla tua vita.

              Ti chiedo solo un favore: quando affermi le tue convinzioni evita di definirti cattolico, dato che di fatto non lo sei. Se persisti in questo modo, confonderai soltanto le idee su cosa dica davvero il cattolicesimo.

    • StefanoPediatra ha detto in risposta a Antonio72

      Mmmmm… Certo, sperando che i famigliari, stanchi del pesante fardello non antepongano la propria “liberazione” alle volontà, attitudini, desideri del congiunto sofferente o che, peggio, non antepongano interessi di altra natura (ad esempio un’ereditá) alle volontà, attitudini, desideri del congiunto in coma.

      Mah, premesso che non credo comunque giusto che chiunque decida di anticipare la vita di qualcun altro (la vita di una persona non é, a mio modo di vedere, nella disponibilità di nessuno, nemmeno della persona stessa) non sono cosí sicuro che i parenti di un moribondo siano le persone giuste per decidere della sua fine anticipata.

      Certamente i parenti sono le persone giuste invece per stare vicino con amore ai propri cari malati. In questa loro opera dovrebbero essere supportati e non certo abbandonati. É su questo che bisogna “investire”, non sulla morte.

      • Antonio72 ha detto in risposta a StefanoPediatra

        @Stefano
        Innanzitutto non si parla affatto di moribondi ma di stati vegetativi, i quali come già detto, possono perdurare anni o anche decenni.
        Non credo però che ora si debba generalizzare troppo o fare di tutta un’erba un fascio quando si nega il disinteresse dei familiari più stretti. E’ vero che ci saranno anche casi del genere, tuttavia credo siano la minoranza soprattutto quando la vittima è un figlio.
        Ma come? Si difende la famiglia tradizionale a spada tratta quale nucleo morale ed etico costitutivo di una società che ha in vista il bene comune e poi, quando è opportuno, la si sospetta di chi sa cosa?
        Viceversa sull’investimento delle cure palliative e sull’assistenza alle famiglie sono d’accordo. Resta cmq il nodo, secondo me non scioglibile dall’esterno, della libertà di pronuncia e quindi di scelta del diretto interessato, moribondo o non moribondo, e quindi anche della libertà dell’uomo di sottrarsi a qualsiasi terapia, giusta o sbagliata che sia. E poi che significa “investire sulla morte”? Lasciamo perdere i facili slogan, per favore. Anche doversi occupare di una corpo in stato vegetativo è una sorta di morte per coloro che se ne occupano quando la cosa si protrae troppo a lungo, addirittura per anni. Secondo me, in certi casi, è meglio che sopravviva il ricordo della persona amata com’era quando “viveva una vita”, piuttosto che essere costretti a subire, giorno dopo giorno, mese dopo mese, ed anno dopo anno, un dolore interiore straziante in grado di estinguere a poco a poco qualsiasi energia vitale (non siamo mica tutti votati ad essere della Madre Teresa!).

        • StefanoPediatra ha detto in risposta a Antonio72

          @Antonio72

          Sento puzza di interpretazione non proprio corretta del mio pensiero; forse non mi sono espresso bene e dunque provo a rimediare.

          1. Termine “moribondo”. So bene che stiamo parlando di stati vegetativi ma mi sono permesso di allargare un po’ il discorso visto che in caso di situazione grave e di pericolo di vita imminente di una persona, che si preveda entri in coma e non si può prevedere che ne esca o meno ed eventualmente quando, c’è qualcuno che vorrebbe lasciare alla persona o ai suoi famigliari il “diritto” di decidere di non procedere con una rianimazione. Mi sembra perciò corretto estendere anche a questa categoria le mie preoccupazioni. Peraltro lei stesso, nel rispondermi, parla di “libertà di pronuncia e quindi di scelta del diretto interessato, moribondo o non moribondo”, perciò… 🙂

          2. Generalizzazione. Io non ho generalizzato. Ho posto l’accento su una possibilità. Lei dice che è un’evenienza rara. Io posso anche essere d’accordo. Ma è come la faccenda dell’unico paracadute su 1.000.000 che non si apre: se quello che non si apre è il mio la cosa la trovo … seccante. Ma trovo comunque terribile che anche 1 solo paracadute su 1.000.000 non si apra, a chiunque quel paracadute tocchi. Ah, prima che lei pensi che la mia famiglia mi sopprimerebbe nel caso fossi in stato vegetativo o tra la vita e la morte senza alcuna certezza sul mio futuro, le dico subito che ho la certezza del contrario. 🙂

          3. “Ma come? Si difende la famiglia che ha in vista il bene comune e poi, quando è opportuno, la si sospetta di chi sa cosa?”. Mi dispiace averla scandalizzata ma la mia intenzione non era “usare” la famiglia “sospettandola” complice di un crimine e dunque mi perdoni ma non c’è incoerenza tra quanto ho scritto e quello che penso della “famiglia tradizionale” che in effetti ritengo “nucleo morale ed etico costitutivo della società”. Lasciando da parte il riferimento al “dolo”, all'”interesse economico” (se ci pensa bene però, qualcuno ogni tanto ammazza i suoi genitori o i suoi fratelli che sono in perfetta salute, per motivi di eredità o altri ancor più futili motivi; benchè si tratti di un evento raro, pur non volendo generalizzare ammetterà che l’ipotesi che a qualcuno venga voglia di approfittare dell’occasione di una malattia o di uno stato vegetativo è pur sempre plausibile) che era, lo ammetto, una (parziale) provocazione, lei stesso parla di “fatica” dell’accudire, di “sofferenza”, di “impatto devastante”, di “onere”, di “fardello”, cioè di situazioni molto umane ma che non rischiano forse di togliere lucidità, serenità alle persone? E in condizioni di mancanza di serenità e lucidità, come si può scegliere la cosa migliore per se stessi e per il proprio congiunto? Non crede che alla fine la scelta possa anche essere una scelta egoistica? Badi, non sto dicendo che sia così o che lo sia sempre, ma non crede che qualche volta uno possa scegliere la cosa più comoda per se stesso e non la più giusta per la persona sofferente, in stato vegetativo o in coma o in grave pericolo di vita?

          4. “Investire sulla vita, non sulla morte”. Lo ribadisco. E, mi creda, non è un facile slogan. Non è nè “facile” nè uno slogan. “Investire” non significa necessariamente solo spendere soldi (anche quelli possono essere importanti) ma anche mettere a disposizione tempo (volontariato), amore, professionalità (medica, infermieristica, fisioterapica); si possono “investire” risorse intellettuali per fare leggi giuste anzichè per propagandare la libertà o il diritto di morire o far morire quando lo decidiamo noi anzichè quando questo accade in maniera naturale; si può “investire” a favore della vita o contro la vita. Anche non investire a favore della vita è “investire contro la vita” e dunque “sulla morte”. Non è uno slogan: è una realtà.

          Ciò detto, non creda che qualora dovesse capitare a me di veder soffrire una persona cui voglio bene, non mi porrei delle domande, non mi verrebbero dei dubbi, non proverei stanchezza, tristezza, devastazione. Sono un essere umano, consapevole della mia debolezza e dunque non giudico altri esseri umani, deboli come me. Per me stesso, per i miei simili, per la nostra umana debolezza provo umana pietà e rispetto. Ma sono anche convinto davvero che la nostra vita non ci appartenga e non appartenga a maggior ragione ad altri e che dunque, benchè la cosa possa essere molto difficile da accettare, umanamente, la nostra vita va vissuta e rispettata, da noi stessi e da tutti, fino al suo termine naturale.

          Non pretendo di averla convinta ma pretendo almeno di non lasciare dubbi sul significato di ciò che ho scritto. 🙂

    • Kosmo ha detto in risposta a Antonio72

      “Teniamo anche conto dell’impatto devastante sulla famiglia costretta ad accudire un caro in stato vegetativo, visto che spesso l’onere ricade totalmente sulle spalle (talvolta molto fragili) dei cari e questo fardello potrebbe perdurare per anni, forse anche per decenni. ”

      Come al solito.
      Le SUORE si sono sempre occupate di Eluana. Beppino era in giro a propagandare le sue idee di morte.

  4. nmarchig ha detto

    Sig. Antonio 72 la questione é semplicissima, se lei vuole morire é libero di farlo e di suicidarsi (e chi glielo nega, mica é reato… a meno che col suo suicidio non procuri danni a terzi ovvio e nel qual caso magari i danni verranno pagati dai suoi eredi), ma non potrà mai chiedere ad un terzo di sopprimerla e tantomeno allo Stato

    • Antonio72 ha detto in risposta a nmarchig

      Il fatto è che sono sano come un pesce, ma soprattutto non sono in una condizione di stato vegetativo e spero di non esserlo mai. Qui si parla infatti di stati vegetativi non di suicidio assistito che è cosa ben diversa.

      • Luca S. ha detto in risposta a Antonio72

        Sei sicuro di non essere in stato vegetativo? Con tutto il rispetto, se tu ti consideri legittimato a decidere del fine-vita altrui, anche i tuoi concittadini potrebbero discutere liberamente sulla meritevolezza della tua vita?

        • Antonio72 ha detto in risposta a Luca S.

          @Luca S.
          Certo che sono sicuro. Vuoi la prova? E’ proprio questa, leggila.
          E poi come già detto la parola “altrui” in questi casi non è opportuna a meno che un figlio per una madre, o un fratello per un altro fratello è un “altrui”. Semmai la questione dell'”altrui” è più calzante quando si voglia imporre una decisione dall’alto invadendo indebitamente e prepotentemente la sfera privata di una famiglia con una norma standardizzata che vale per tutte le famiglie e per tutte le particolari vicende familiari.

          • lorenzo ha detto in risposta a Antonio72

            Questa non è assolutamente una prova se io, che sono più forte di te, ritengo che tu sei in stato vegetativo.
            Io sono il più forte, io ritengo che tu, senza esserne consapevole, sei in stato vegetativo,… io ti faccio un favore eliminandoti.
            Cosa o chi può contrastare questo mio modo di ragionare e di agire?

  5. nmarchig ha detto

    altra questione e non di secondaria importanza, ammessa e concessa la sua libertà di suicidarsi (al massimo e da cristiani potremmo cercare di dissuaderla), non avrà mai alcun diritto di decidere per la vita degli altri e quandanbque Lei ritenga non siano vite degne di essere vissute.. ma chi sarà mai Lei per decidere quale vita sia degna di essere vissuta? Le riciodo che solo i nazisti…

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