Lo psicoanalista Arènes: «il peccato originale è liberante»

Ogni tanto capita di leggere i pensieri di qualche sedicente “libero pensatore” nel quale si accusa il cristianesimo e la Chiesa di aver “buttato” addosso all’uomo innocente il peso di una colpa ancestrale derivante dall’errore commesso da Adamo ed Eva”. Bisogna sottolineare che in realtà il peccato originale è la più valida spiegazione per la debolezza umana per cui “anche volendo fare il bene si sceglie il male”. Proprio questo insegna la Chiesa, ovvero una fragilità intrinseca della natura umana che porta l’uomo all’inclinazione verso il male. E’ una visione assolutamente realista.

Lo conferma anche il noto psicoanalista e psicoterapeuta francese Jacques Arènes: «Nel mondo cristiano, fin dall’inizio, si credeva al peccato originale. Si condivideva più o meno questa “colpa”. Era impossibile esserne esenti, anche se si era comunque assolti. Trovo questo profondamente liberante. Il senso di colpa, quando non scade in un aspetto morboso, è libertà. Il fatto di avere un rapporto personale e soggettivo con la colpa, davanti all’altro – il prossimo e/o Dio – è molto importante per la libertà di ciascuno. Ma oggi siamo in una società che si vuole de-colpevolizzata. Invece di cercare “colpe” personali, si rinvia a “colpe” collettive identificando dei gruppi di “cattivi”». Per Arènes, ciò che è sbagliato è l’idea che «ci si possa premunire contro la “colpa”, essere dalla parte dei puri, di coloro che sono in buoni rapporti con gli altri, è molto “imprigionante”. Molte persone pensano ad esempio che si possa evitare di commettere errori se appena si è un po’ informati. Così, sono sprovvedute di fronte alla violenza, a volte alla loro violenza, e di fronte ai conflitti in generali. Ora, bisogna avere il realismo della fallibilità. C’è una opacità della vita umana che fa sì che non si possa sempre evitare di commettere errori».

Questo realismo è ben presente nel cristianesimo: «la vita non è quello che si percepisce immediatamente. C’è anche un realismo sulla sofferenza, sui limiti della vita, sulla fragilità e sulla vulnerabilità, anche sulla colpa. Certo, vogliamo essere persone “buone”, ma non ci riusciamo sempre. È la vita. Le religioni sono particolarmente realiste in rapporto alle questioni ampiamente rimosse oggi, come la fine della vita e il lutto. Tutti affronteremo questo problema. Ma la nostra società non propone che soluzioni dell’ordine della potenza. In quanto l’idea è di invecchiare restando giovani, o di scegliere una “buona morte”. È un tranello. Il cristianesimo ci insegna anche che si può scegliere una maggiore libertà interiore…, anche a costo di una certa sofferenza. Penso che non si debba eliminare completamente l’idea che nelle nostre vite ci siano mancanze. La vita cristiana postula che si possa attraversare la sofferenza con una forza che accompagna la persona».

La psicanalisi convive benissimo con la religione, come affermava similmente qualche mese fa il neuroscienziato Matthew S. Stanford, «non ho visto ostilità nel mondo universitario. Vent’anni fa, ci sarebbe stata un’accoglienza più fredda», continua lo psicoanalista. «È vero che il concetto di guarigione in psicanalisi è abbastanza vicino a quello del giudeo-cristianesimo. Ma la psicanalisi e la religione sono in parte irreconciliabili, soprattutto in Europa, dominata dalla psicanalisi freudiana. Per Freud, nato in un secolo positivista, l’inconscio è puramente laico. Per molto tempo, gli psicanalisti tendevano a dire: dell’interiorità dell’essere umano, tocca a noi occuparci, è il nostro territorio ed è puramente laico. L’essere umano diventa così in fondo padrone e possessore di se stesso. Ma subito si scontra con ciò che è sconosciuto dentro se stesso. Del resto, è per questo motivo che le persone vanno dagli psicologi/psicanalisti. Oggi, gli psicanalisti diffidano meno delle religioni. Il vero pericolo per gli psicanalisti non sono più le religioni, ma tutte le concezioni di pensiero puramente materialiste. Come certe derive naturaliste delle neuroscienze, che ci spiegano che lo spirito umano è un po’ come un hardware, come un “cablaggio” neuronico e che noi saremmo tutti determinati dai nostri neurotrasmettitori».

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23 commenti a Lo psicoanalista Arènes: «il peccato originale è liberante»

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  1. Lucio ha detto

    Davvero un bell’ articolo che mostra in maniera chiara come la religione Cristiana e la ragione non sono affatto in contraddizione! Sono davvero stanco delle concezioni psicoanalitiche che sostengono una visione nichilistica della vita!!

  2. Norberto ha detto

    Mi sembra ora che anche gli psicologi comincino a fare questi “coming out”…mancano solo loro all’appello.

  3. Antonio72 ha detto

    Ma sapete…Freud come altri possono essere rigirati un po’ come le frittate.
    In un blog UAAR c’era un prodateo che aveva postato delle frasi di Freud anti-religiose, spacciandole come se fossero i versetti del Vangelo.
    Allora anch’io ho adottato il medesimo sistema, postando le affermazioni di un certo freudiano, Bergeret, in cui l’esimio psicanalista affermava senza tema di smentita che l’omosessualità è una perversione sessuale da curare.

  4. Antonio72 ha detto

    D’altronde si accapigliano anche tra di loro. Lo stesso Dennett ridicolizza l’interpretazione dei sogni freudiana. Lo chiama il “brillante drammaturgo freudiano” che ogni notte deve produrre nuove scene da sogno per ognuno di noi!
    A pensarci questo scontro è in linea con la parte finale dell’articolo.
    Dennett è infatti un ultramaterialista, Freud, più o meno, un maniaco sessuale.

    Poco ho fa ho usato addirittura Dawkins, il quale afferma che la datazione al carbonio della Sindone è controversa, con grande irritazione di qualche uaarateo. Aveva ragione Gesù quando disse che seguire un cieco porta dritti a cadere in un fosso. E di ciechi e di fossi oggi ne abbiamo in quantità industriali!

    • Raffa ha detto in risposta a Antonio72

      Scommetto che ti hanno risposto che loro non seguono Dawkins perché sono “liberi pensatori” e per loro non vale il principio d’autorità….giusto?

      • Antonio72 ha detto in risposta a Raffa

        OK Raffa,
        sei proprio maga magò, anche se sicuramente molto più bella.

        Diciamo che la loro testa funziona a corrente alternata.
        🙂

        • Raffa ha detto in risposta a Antonio72

          Sono un maschietto 🙂

          Cmq complimenti per la tua attività su entrambi i siti…ti fai sicuramente un bell’allenamento a “rendere ragione della speranza che è in noi”

          • Antonio72 ha detto in risposta a Raffa

            Ti pensavo una donna perchè ho una sorella di nome Raffaella che talvolta chiamiamo Raffa, appunto.
            Come vedi la famiglia innanzitutto!
            🙂

  5. Antonio72 ha detto

    Bell’articolo anche se continuo a sostenere che la razionalità umana è ben più profonda e sfaccettata dalla logica matematica che descrive l’Universo.
    Per me non esiste quindi una razionalità pura, ma una ragione emotiva, ed un sentimento ragionevole.
    La disgrazia per l’uomo risiede proprio nella contrapposizione assoluta tra ragione e sentimento, e volere assegnare solo alla prima la verità, mentre all’ultimo un impedimento al raggiungimento della verità.
    Non sono un deista. Un dio matematico immanente, in cui credono certi scienziati panteisti come lo stesso Einstein, mi lascia indifferente.
    Se Dio non è amore allora tutta la predicazione cristiana non ha senso.

    • fabrizio ha detto in risposta a Antonio72

      Mi spiace dissentire ma Einstein non è panteista: “Io non sono ateo e non penso di potermi definire panteista. Noi siamo nella situazione di un bambino che è entrato in una immensa biblioteca piena di libri scritti in molte lingue. Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri, ma non sa come e non conosce le lingue in cui sono stati scritti. Sospetta però che vi sia un misterioso ordine nella disposizione dei volumi, ma non sa quale sia. Questa mi sembra la situazione dell’essere umano, anche il più intelligente, di fronte a Dio. La convinzione profondamente appassionante della presenza di un superiore potere razionale, che si rivela nell’incomprensibile universo, fonda la mia idea su Dio”.
      (Einstein: His Life and Universe, Simon e Schuster, pag. 27)

      • Antonio72 ha detto in risposta a fabrizio

        Allora chiamamolo spinoziano che è in pratica lo stesso.

        “Questa convinzione legata al sentimento profondo della esistenza di una mente superiore che si manifesta nel mondo della esperienza, costituisce per me l’idea di Dio; in linguaggio corrente si può chiamarla -panteismo- (Spinoza).”
        (Come io vedo il mondo. Einstein).

  6. fabrizio ha detto

    Analisi assolutamente accentrata, discorso che potrebbe agganciarsi al discorso papale al Bundestag, in cui si afferma che “il Cristianesimo si appella alla ragione e alle leggi naturali”, dimostrato dalla teologia naturale del medioevo. Il bello è che a partire dall’Illuminismo si considera la religione come qualcosa di irrealistico e lontano dalla ragione. Del resto è da quel periodo che si sconfina una totale fiducia nell’uomo trasformata rapidamente in fideismo nell’infallibilità umana, ritenendo che dapprima con la ragione e poi con la scienza si possa risolvere tutti i problemi della realtà umana.

    Si è perso il contatto con sé stessi, si reputa che la tecnologia possa sostituirsi all’uomo, cazzata corresponsabile dell’attuale crisi mondiale, e che le colpe siano sempre degli altri mai le proprie, ritardando a prendere coscienza di sé stessi, dei limiti e dei PREGI dell’uomo. Il “Peccato originale” tanto osteggiato anche dentro il Cristianesimo, è la cosa più onesta intellettualmente che esiste. L’uomo è grande, fa grandi cose, ma è DEBOLE. E la debolezza si risolve solo esclusivamente affrontando la propria esperienza ammettendo limiti e pregi.

    Del resto non mi stupisco che i neuroscienziati siano perplessi sul materialismo, perché ha inevitabili conseguenze sul sistema nervoso. E come già detto da molti, la religione non può che far del bene all’uomo anche in termini neurologici. Porta alla contemplazione di sé, portando pace ed armonia dentro. Ovviamente senza scivolare nei particolarismi, ma questo è compito della teologia. Insomma, si può anche essere non credenti, ma ammettere il limite umano è assolutamente razionale. Inoltre si può anche dubitare della religione in sé, ma di certo occorre avere onestà intellettuale che essere credenti è molto ma molto meglio che sfociare nel nulla.

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