L’oncologo agnostico Lucien Israel: «sono contrario all’eutanasia»

Il luminare francese contro il testamento biologico. Lucien Israel, oncologo di fama e agnostico, racconta la sua esperienza con i malati terminali e spiega la sua opposizione all’eutanasia da un punto di vista laico.

 

«Ho visto malati in condizioni talmente gravi da sprofondare in uno stato di semi-coma. E quando li rianimavamo mi dicevano: “Quando mi dimette? Vorrei andare qualche giorno in Costa Azzurra per riprendermi”. Se fossi stato autorizzato da un “testamento” scritto ad abbreviare attivamente la loro vita avrei commesso un vero e proprio crimine, anche se fossi stato incoraggiato dalla famiglia e dalla legge!». A parlare è Lucien Israel, agnostico luminare francese dell’oncologia, specialista in neurologia e attuale vice-presidente dell’Union nationale inter-universitaire (UNI).

Il settimanale “Tempi” lo ha intervistato due anni fa e in questi giorni ripubblica la bella e significativa discussione. Dice ancora Israel: «I rarissimi malati che, spontaneamente, mi hanno chiesto di aiutarli a morire se le cose si fossero complicate non hanno rinnovato la loro richiesta nel momento in cui questa poteva essere soddisfatta. Altro che autodeterminazione: per me, l’eutanasia è una richiesta che proviene dalle persone sane che vogliono disfarsi di una malato grave o in fase terminale».

A consolidare la sua posizione ha contribuito un episodio accadutogli qualche anno fa: un paziente con cancro allo stomaco gli ha chiesto l’eutanasia. Lui ha risposto: «Ascolti, mi dispiace ma io non faccio assolutamente questo, noi siamo qui per curarvi”. Mi ha replicato: “Lei è un vigliacco”. “Forse è così”, ho ribattuto, “ma qui l’eutanasia non è mai stata fatta, siamo a vostra disposizione per farvi vivere”». A causa dell’insistenza del paziente, Israel gli ha portato una boccetta con un liquido dicendogli: «Ecco, se proprio vuole prenda questa». Lui mi ha guardato con aria dubbiosa: «È soltanto dell’acqua, vero?». «Forse», gli ho risposto. «Per scoprirlo dovrà usarla». Pochi giorni dopo il malato è morto ma la boccetta contenente della semplice acqua era intatta sul comodino: «si era convinto ad affrontare la malattia. Ma il caso di malati che mi hanno chiesto di aiutarli a morire è rarissimo. Un medico non può uccidere un suo simile. Fa ciò che è necessario per dare sollievo ai suoi dolori fisici e alle sue difficoltà psicologiche attraverso le cure, la gentilezza e tutto ciò che gli fa percepire che c’è qualcuno intorno a lui che si occupa di lui».

Israel è consapevole che la tentazione dell’eutanasia è presente anche fra i medici: «Quei medici che approvano l’eutanasia lo fanno perché non possono sopportare un essere che soffre e si dicono: “Che muoia domani o che muoia fra sei settimane non ha nessuna importanza, io preferisco finirla adesso”. Non si può offrire questa immagine del medico agli studenti di medicina, o la medicina diventerà qualcosa di terribile. È assolutamente indispensabile manifestare il rispetto totale della vita umana, anche perché attualmente siamo in grado di placare tutte le manifestazioni dolorose, e di conseguenza gli esseri di cui ci occupiamo non soffrono insopportabilmente. Nella misura in cui ci occupiamo dei pazienti in questo modo, non ci chiedono l’eutanasia».

Conferma dunque quello che tanti disabili gravi dicono: chi si sente amato non vuole mai uccidersiPiù volte nelle interviste, continua il settimanale, l’oncologo ha affermato che in Francia vive un certo numero di olandesi anziani che si sono trasferiti per paura di essere sottoposti all’eutanasia se fossero restati nel loro paese: «In Olanda un medico ha il diritto di praticare l’eutanasia, può farlo in molte circostanze, basta che il malato manifesti distacco dalla vita e che lui non abbia fiducia nell’esito positivo del trattamento o in un miglioramento della qualità della vita del paziente. E questo medico si considera utile alla società, perché dice a se stesso: “Io uccido le persone, ma è solo per non farle soffrire”. Ripeto: oggi è possibile placare tutte le sofferenze, non c’è nessuna ragione di invocare l’eutanasia per questa ragione. Si priva di ogni dignità la professione medica se si accetta il principio che un medico ha il diritto di uccidere qualcuno».

Infine, confutando che l’opposizione all’eutanasia nasca da motivazioni esclusivamente cristiane o religiose, afferma: «Anche al di fuori di una qualunque ottica spirituale, un medico non è autorizzato a togliere la vita a qualcuno. Per quel che mi riguarda, la mia posizione non dipende da considerazioni religiose: un medico, chiunque egli sia, agnostico o credente, non deve riconoscersi il diritto di togliere la vita a qualcuno, quando in realtà è in grado di alleviare le sue sofferenze».

La redazione

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35 commenti a L’oncologo agnostico Lucien Israel: «sono contrario all’eutanasia»

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  1. Karma ha detto

    Che bella posizione! Veramente!

  2. StefanoPediatra ha detto

    Mi sa che questa volta Giulia non potrà obiettare che si tratta della posizione di una persona influenzata da un pre-concetto ideologico-religioso!
    🙂

    • Jack ha detto in risposta a StefanoPediatra

      In fondo era l’unico suo argomento..probabilmente non la vedremo oggi.

    • Francesco Santoni ha detto in risposta a StefanoPediatra

      Ma che dici? Anche se si proclama agnostico la sua posizione è sicuramente influenzata da un preconcetto religioso interiorizzato a causa della cultura religiosa dominante. Come la storiella che gli ex-gay in realtà sarebbero tutti omosessuali omofobi a causa dell’educazione ricevuta (adesso sicuramente arriverà Walter).

  3. Gibbì ha detto

    Confesso che sull’eutanasia qualche dubbio lo coltivo ma leggendo queste considerazioni mi sembra più facile orientarmi e trovare la strada giusta.
    Un’ottima proposta di riflessione.

  4. Antonio72 ha detto

    Si dimostra senza ombra di dubbio che il testamento biologico è solo una propaganda politico-mass-mediatica per diffondere la cultura eutanasica.
    Lo stesso filosofo Galimberti, qualche blog fa, espresse il suo parere negativo sul testamento biologico. Bisogna riconoscere che talvolta personaggi di questo calibro ci azzeccano, anche se spesso tirano ad indovinare. La questione della libertà sbandierata dai laicisti non conta nulla, perchè la vera libertà, quando si tratti di vita o di morte, deve essere attualizzata nel momento della decisione finale. E’ ovvio che se il soggetto non è cosciente non è libero di decidere e quindi vi deve essere da parte del medico una sorta di sospensione del giudizio. Vale anche per i parenti stretti o non stretti. A proposito, una volta venni attaccato perchè mi permisi di criticare la posizione di Englaro (non sia mai, un martire – al rovescio- votato alla causa laicista!).
    Perchè ovviamente una volta deceduti non si può tornare indietro e “cambiare idea”. Questa mia posizione la espressi diverso tempo fa su un blog di Repubblica, che trattava del suicidio di Monicelli. E’ ovvio che i laicisti mi hanno dato addosso definendomi in tutti i modi, tuttavia nessuno è riuscito a smontare questa teoria, perchè è solida come la roccia.
    L’Italia non ha certo bisogno di propagandare il “turismo della morte” (come in Svizzera) ma solo il “turismo”.

    • InvasAteo ha detto in risposta a Antonio72

      Ed in un caso come quello di Welby sei favorevole all’eutanasia?

      • Maffo ha detto in risposta a InvasAteo

        Innanzitutto il povero Welby è stato strumentalizzato dal partito radicale.

        Inoltre il suo caso ha stabilito che il delitto di omicidio del consenziente non è punibile per l’adempimento di un dovere da parte del medico, che in presenza del consenso del paziente interrompa il trattamento al quale questi è soggetto.

        Ha tentato di aprire le porte all’omicidio del consenziente e questo è costituzionalmente un reato.

        Dato che non esistono le leggi “ad personam”, sono contrario. O a tutti o a nessuno.

      • Gibbì ha detto in risposta a InvasAteo

        Il caso di Welby è un caso particolare, che non dovrebbe essere preso come modello della questione.
        Welby era impossibilitato a prendere decisioni autonome, tuttavia avrebbe potuto chiedere alla compagna di fare ciò che poi fece il medico.
        Il fatto che si sia ostinato a ricevere la morte dal medico – piuttosto che da un’altra figura (un po’ come la storia della Englaro) – fa della sua vicenda uno strumento di propaganda politica, piuttosto che il dramma personale quale era.

        • Fabio Moraldi ha detto in risposta a Gibbì

          Tant’è che la moglie oggi continua la propaganda politica, probabilmente non è ancora soddisfatta. Lo stesso di Beppino Englaro…volevano ben altro e hanno strumentalizzato la loro storia personale.

        • Antonio72 ha detto in risposta a Gibbì

          Pubblicizzare drammi personali per sostenere una causa politica giusta non è cosa da condannare a priori, purchè la causa sia giusta. E quando si vuole generalizzare il proprio dolore, come se fosse qualcosa di misurabile oggettivamente, ma soprattutto il proprio rapporto con la sofferenza in funzione della vita (la medesima sofferenza è affrontata in maniera diversa a seconda della propria visione della vita, o fede nel caso del credente), allora la causa non può più considerarsi giusta. Se si vuole si può disporre del proprio corpo (chiunque può suicidarsi in qualunque momento) ma non è ammesso che lo Stato riconosca ed incoraggi questi comportamenti, pena le brutture, storture ed interpretazioni paradossali dell’eutanasia in Svizzera.
          Scopo del Sistema Sanitario Pubblico è alleviare il dolore fisico del sofferente, scopo dei famigliari ed amici è consolarlo ed amarlo.
          Sbaglia quindi Severino quando asserisce che qualora non si legalizzi l’eutanasia allora si dovrebbe per coerenza penalizzare i tentati suicidi. Si darebbe infatti dignità alla pratica eutanasica e quindi implicitamente anche al suicidio che si vorrebbe penalizzare. Insomma, questa sì, sarebbe una posizione schizofrenica dello Stato!
          Giusta invece la tua considerazione sul pubblico ed il privato.

          • Gibbì ha detto in risposta a Antonio72

            La linea di confine tra paura della morte e paura della sofferenza è molto labile, credo per ciascuno di noi.
            Il punto è che quella linea di confine è mobile, soggettiva e legata alle circostanze uniche ed irripetibili della vita (penso, ad esempio, alla foto di quel povero cameriere in caduta libera dalle Twin Tower in fiamme).
            Avere la pretesa di rivendicare quel dato soggettivo come un “diritto” – ossia, qualcosa di codificato e legittimato dalla mano pubblica – è ciò che trovo contestabile.
            Le cose soggettive ognuno se le risolva per proprio conto, in libertà di coscienza, senza metterci di mezzo i diritti.

            • Antonio72 ha detto in risposta a Gibbì

              Giusto.
              Ma gli atei-materialisti potrebbero controbattere che esiste il diritto di disporre del proprio corpo liberamente.
              Come si è liberi di sottrarsi ad una terapia, perchè non si dovrebbe essere liberi di staccare la spina, anche se ciò comportasse la propria immediata distruzione?
              E’ il loro concetto ambivalente di libertà che sconcerta, di creare e di distruggere gli oggetti, compreso l’uomo (l’oggetto supremo).
              D’altronde è lo stesso metodo applicato dalla scienza-tecnologia: crea e distrugge allo stesso tempo, tanto che le due procedure appaiono intercambiabili. Creazione e distruzione, vita e morte, non sono qualitativamente differenti per l’ateo-scientista, anche se apparentemente non lo dimostra. Fa parte della concezione della vita intesa come non-senso, non come mistero. In questa loro logica, staccare la spina, il kit della buona morte, ed anche il suicidio, hanno tutti un senso, proprio perchè si oppongono al non-senso della vita. Non si può dire che non siano coerenti con la loro visione di un mondo senza Dio.

              • Gibbì ha detto in risposta a Antonio72

                E’ vero, il loro è un concetto di libertà fuorviante perché mira ad un ideale di onnipotenza che arrivi ad un controllo totale dell’esistente; sostituirsi a Dio, insomma.
                Però credo che sia anche un concetto di libertà falso, nel senso che necessita continuamente di essere riconosciuto e confermato, come se altrimenti non fosse.
                Invece la libertà se c’è è soprattutto quella che sentiamo dentro, altrimenti è solo parvenza esteriore di libertà.
                C’è chi la chiama anche “libero arbitrio”.

                • Antonio72 ha detto in risposta a Gibbì

                  E’ così infatti. Gli atei-scientisti negano il libero arbitrio, compreso Odifreddi, citando Libet a sproposito nel suo libro indirizzato al Papa.
                  Il libero arbitrio presuppone (implicitamente) l’esistenza di una sostanza diversa dalla materia conosciuta e misurabile, quest’ultima completamente determinata e causale (a livello macroscopico).
                  L’ateo-scientista ritiene quindi l’uomo non diverso da come definito in un romanzo di Dostoevskij: “tasto di pianoforte” o “spinotto di organino”.

  5. alèudin ha detto

    Ottimo.

  6. stefan@ ha detto

    Quindi questo signore, di fronte ad un malato terminale che chiede l’eutanasia, in risposta gli dà una boccetta con dell’acqua dicendogli “prenda questa, per scoprirlo dovrà usarla”. Posso esprimere la mia opinione su questo signore? E’ uno str**zo. Non si gioca così con chi soffre.

    • Hugo ha detto in risposta a stefan@

      Infatti questo malato terminale ha imparato ad affrontare la sua malattia e probabilmente è morto molto più serenamente.

      Ovviamente leggendo l’intervista integrale si capisce che questo signore agnostico e le sue infermiere hanno sempre curato con affetto quest’uomo e lo hanno trattato da adulto e da persona matura. Anzi, da uomo. Ce ne fossero persone così.

      • Marco ha detto in risposta a Hugo

        Peccato che noi dobbiamo beccarci Veronesi.

      • Antonio72 ha detto in risposta a Hugo

        Hugo complimenti, hai centrato il punto vero della questione: il rapporto umano tra medico e paziente. E’ proprio la cultura ateo-scientista che mette in secondo piano o addirittura minimizza il fattore umano nella cura medica. Questo per essere coerente con se stessa. Infatti il metodo scientifico prevede di spezzettare la realtà per analizzarne le singole parti. E queste parti possono arrivare fino ai costituenti elementari della materia, come le particelle subatomiche. Questa visione frammentata della realtà riguarda anche l’essere umano, non importa se sofferente o meno. Purtroppo l’umanità dell’oncologo Lucien Israel non è così diffusa tra la classe medica, soprattutto quella italiana.

    • Marco ha detto in risposta a stefan@

      Non mi pare che insultare chi non la pensa come te possa giovare alla discussione.

      • stefan@ ha detto in risposta a Marco

        Marco lo ammetto, hai ragione, non si fa, ma vedendo il comportamento di questo signore e la sua totale mancanza di rispetto verso chi, vicino alla morte, soffre e chiede di farla finita, e lo sottopone ad un suo gioco intellettuale, beh mi è salito il sangue agli occhi. Perché se voleva rispettarlo, sempre trattandolo secondo i propri principi, doveva dire no e basta. Per me è stata una mascalzonata, forse per dispetto per essersi sentito dare del vigliacco. E se voleva veramente mettere alla prova quest’uomo, doveva lasciargli una boccetta dandogli la certezza che lo avrebbe aiutato a farla veramente finita. Allora sì che la scelta di non prenderla avrebbe veramente significato qualcosa.

        • alèudin ha detto in risposta a stefan@

          secondo me invece ha agito bene, invece di imporgli un aut-aut gli ha proposto di riflettere sulla sua condizione.

          Dargli la boccetta con il veleno sarebbe stato Pilatesco, qua c’è il veleno fai come vuoi io me ne lavo le mani.

          Non dargliela forse sarebbe stato un sopruso.

        • Marco ha detto in risposta a stefan@

          Mi fa piacere parlare con una persona moderata che riconosce i suoi sbagli. Però ti hanno risposto in tanti e dovresti leggere tutti i commenti. E’ stato osservato che tu ti basi su un episodio raccontato come esempio e pretendi che questo sia riassuntivo di tutto quello che c’è stato tra l’oncologo e il paziente. Invece, leggendo l’intervista, si capisce bene che c’era un rapporto di affetto che durava da più settimane. Non puoi prendere un gesto isolato. Altrimenti io dopo il tuo commento violento avrei dovuto etichettarti come un fondamentalista pazzo. Non l’ho fatto perché non ci si può basare su un particolare. Spero che sia chiaro ora.

        • StefanoPediatra ha detto in risposta a stefan@

          Siamo proprio sicuri che sia mancanza di rispetto rifiutare di sopprimere o aiutare a sopprimere una vita umana proponendo con amore un’alternativa?

          O non è forse una più grande (la più grande di tutte) mancanza di rispetto voltare le spalle ad una persona sofferente e, molto più comodamente, aiutarla a “togliere il disturbo in fretta”?

          Nel mio lavoro ho visto soffrire tanti bambini, purtroppo, e tante famiglie e, credimi, ho sofferto con loro.

          Ricordo la mia prima guardia in Ospedale, il giorno di capodanno (ai novellini capitano sempre le guardie nei giorni “migliori”!) di tanti anni fa.

          Nel reparto di oncoematologia pediatrica una tenerissima bimba alla sua seconda recidiva di una leucemia dopo un primo trapianto di midollo osseo…

          Ho passato il giorno a farle trasfusioni di piastrine. La bimba, a seguito dell’ennesima chemioterapia, aveva emorragie continue dal naso, dalla bocca dallo stomaco per la carenza di piastrine. E più perdeva sangue più dovevo infonderle piastrine e sangue perchè queste emorragie cessassero. Non stava bene questa piccola bimba (non aveva ancora 5 anni di età) e i suoi genitori erano disperati: avevano terrore di perderla da un momento all’altro (difficile anche che arrivasse al giorno successivo in quelle condizioni) ma erano straziati dalle sue sofferenze. Nessuna speranza di una guarigione.

          Eppure, dopo 24 ore di strazio, per la bimba, per i genitori, per tutti gli infermieri e per il sottoscritto, la bimba è stata meglio. Avevamo tamponato la situazione. La bimba è sopravvissuta per qualche altra settimana poi purtroppo è morta.

          I genitori, lo ricordo come fosse ieri, ad un certo punto di quel terribile Capodanno, mi hanno chiesto piangendo se non fosse più giusto “lasciarla andare”. E cosa potevano chiedermi, in quelle condizioni di disperazione?

          Io non avevo LA risposta allora come non la ho ora. Io avevo solo la MIA risposta. Ho provato a gestire la situazione con calma, cercando di essere ed apparire il più sereno possibile, cercando di sorridere con loro, con la bimba e con gli infermieri, anch’essi distrutti di fronte a questa sofferenza.

          La bimba ha sempre avuto accanto a sè il suo papà e la sua mamma che, a loro volta, avevano accanto me ed i meravigliosi infermieri di quel reparto. Sapevano che non li avremmo lasciati un solo momento e che avrebbero potuto contare sempre su di noi. Quel giorno siamo stati tutti e sempre per quella bimba.

          E la sera di quel Capodanno la tempesta è passata e si è visto un po’ di sereno. Le emorragie hanno rallentato e poi sono cessate e la bimba, pur debolissima, ha ripreso a mangiare sul suo lettino e a chiacchierare con papà e mamma. Quanto a me e agli infermieri, esausti, ve lo assicuro, abbiamo avuto l’immensa gioia di ricevere un sorrisone dalla piccolotta e un abbraccio silenzioso e commosso da quel papà e da quella mamma.

          Come dicevo la piccola è morta comunque qualche giorno dopo. Ma sono convinto (magari sarà una mia pia illusione) che i suoi ultimi giorni (così come quel terribile giorno di Capodanno) siano stati più facilmente sopportabili in quanto è sempre stata circondata dall’amore e dalle cure della sua famiglia e di medici e infermieri. e sono contento che alla fine, i genitori siano stati felici di non aver rinunciato a quei giorni.

          Nessun miracolo, nessun lieto fine, purtroppo. O forse invece sì, se l’amore è un miracolo.

          Sono stato uno str**zo? Forse; io spero di no e comunque l’intenzione non voleva essere quella di esserlo.

          Scusatemi se vi racconto degli episodi della mia vita professionale e se sono così crudi. Io non sono un teologo o un esperto di bioetica. Sono solo una persona con la propria esperienza e se non posso condividere con voi perle di saggezza posso almeno condividere con voi la mia esperienza.

    • alèudin ha detto in risposta a stefan@

      come fai a non capire che l’ha trattato da vero-uomo-in-un-momento-difficile?! se invece l’avesse accondisceso l’avrebbe trattato da scarto, una vecchia scarpa da buttare.
      Si è preso cura di lui, invece di abbandonarlo, altroché.

      • Ercole ha detto in risposta a alèudin

        Comunque è il tipico caso del rovesciamento della normalità.

        Ora i medici sarebbero tali quando uccidono le persone e quando le tengono in vita sono stronzi. Stiamo veramente correndo all’impazzata verso un precipizio, contenti di correre!

    • Francesco Santoni ha detto in risposta a stefan@

      Bravo stefan@, hai appena dimostrato come estrapolando le frasi dal contesto si possa sostenere qualsiasi assurdità.

  7. Gabry ha detto

    Ma l’opposizione all’eutanasia non era mica una questione religiosa?

    • Antonio72 ha detto in risposta a Gabry

      E’ un’altra prova, se ce ne fosse ancora bisogno, della convergenza tra fede e ragione.
      “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità” (Fides et ratio).

  8. joseph ha detto

    Un giorno un medico ha tenuto un mini conferenza su aborto ed eutanasia cui partecipai anche io. A proposito del rapporto medico-paziente lamentava il fatto che più che un rapporto persona-persona, sta diventando un rapporto meccanico-macchina. Se il meccanico non è in grado di riparare la macchina, allora ci si accanisce sopra oppure la si manda dallo sfasciacarrozze. In un rapporto persona-persona, invece, quando ormai l’inevitabile sta per accadere, si può affrontare il dramma che incombe, se non serenamente, almeno da esseri umani. Il che significa accettare ciò che sta accadere, senza cercare sotterfugi o scorciatoie.

  9. StefanoPediatra ha detto

    Lo sapete qual’è il mio sogno segreto? Morire in pace con tutti e soprattutto con Dio, una notte, passando dal sonno alla morte senza accorgermene.

    Ma ci sono buone probabilità, temo, che le cose vadano, quando sarà il momento, diversamente.

    Se mi si chiede se voglio essere costretto a vivere gli ultimi miei giorni soffrendo non posso certo dire che mi piacerebbe o che mi lascerebbe indifferente vedere qualcuno cui voglio bene morire fra atroci sofferenze.

    Una cosa la so però: se dovessi soffrire prima di morire spero che avrò la fortuna di incontrare medici che mi considereranno una persona e mi cureranno con amore, cercando di mitigare la sofferenza senza togliermi la coscienza onde permettermi di percepire l’amore delle persone che amo e che mi vogliono bene intorno a me. Allora, spero, morirò dignitosamente e serenamente.

    • Leonardo Paolo Minniti ha detto in risposta a StefanoPediatra

      Ti ringrazio per portare sempre il dialogo ad un livello umano, raccontando anche la propria esperienza e i proprio pensieri. A volte si rischia di rimanere solo sul “tecnico”. Leggendo però le parole del nostro amico oncologo, Lucien Israel, vorrei soffermarmi sulla questione del dolore. E’ un tasto su cui molti “cultori della morte” battono parecchio per accentuare la questione: dolori atroci, dolori insopportabili ecc… invece nulla di tutto questo. Oggi le cure palliative sono efficaci al 100% e, come dice Israel, nessuno sente dolore, non esiste la sofferenza per il dolore. Esiste una sofferenza psicologica ovviamente, ma non fisica. Nell’intervista originale si sofferma parecchio su questo punto, vale la pena una lettura. Ve l’assicuro.

  10. Antonio72 ha detto

    Bella intervista.
    Tra l’altro quello che mi ha colpito molto, almeno per un agnostico, è che
    Lucien Israel riconosce la sacralità della vita nei suoi malati e si prodiga per offrirgli, non solo tutte le cure mediche, ma anche un adeguato apporto psicologico. Questo è importante soprattutto per un malato che sa di dover morire, perchè in questo modo riesce “a fare la pace col suo destino”.
    Quindi ha perfettamente ragione StefanoPediatra. Ma purtroppo anche Joseph, perchè talvolta i medici dimenticano la loro missione (umana) e si perdono nella sola prospettiva tecnico-scientifica della professione.
    In questi casi l’uomo non viene più considerato nella sua interezza e con la sua particolare personalità. E’ come se gli venisse asportata (in senso figurato) la parte malata soggetta al trattamento medico. Ma l’uomo è molto di più della somma delle singole componenti biologiche quando si riconosca “il valore sacro della sua vita”. Israel quindi dimostra che la sacralità della vita non è un’invenzione dei cattolici, ma un fatto evidente, molto di più di qualsiasi sperimentazione scientifica!

  11. nicola ha detto

    🙂

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