Chi spera nell’eterno ama di più l’adesso, risposta al filosofo
- Ultimissime
- 01 Lug 2025
Secondo il filosofo Riccardo Manzotti, chi spera nella vita nell’aldilà sta sprecando l’aldiquà. Al contrario, dice, ama di più la vita chi la considera finita. Un ragionamento rispettabile ma fragile, contraddetto dall’esperienza e dalla storia.
Chi crede in una vita dopo la morte sta sprecando la sua vita ora.
E’ questo il credo laico manifestato dal filosofo Riccardo Manzotti, professore presso l’università IULM di Milano, in una recente partecipazione al podcast di Andrea Muzii.
«Se tu speri in una vita dopo la morte», ha spiegato infatti il filosofo, «togli valore alla tua vita, la stai proprio sprecando perché non è più limitata».
Così, ha aggiunto, «la libertà di trovare noi stessi in una dimensione finita è qualche cosa che riscatta il valore dell’esistenza».
Un ragionamento di spessore che va rispettato, ben lontano dagli approcci ingenuamente riduzionisti a cui siamo abituati ascoltare. E’ il tentativo da parte di un non credente di dare valore alla vita e questo è qualcosa di grande, a prescindere.
Ama di più la vita chi non crede nella vita nell’aldilà?
Le frasi di Manzotti sembrano quasi poetiche, ma, se prese sul serio, rivelano comunque una certa fragilità.
Davvero la speranza nell’eternità sminuisce il valore del presente?
Il filosofo paragona la vita a un papavero in un prato: «Noi non diciamo che vale poco perché tra una settimana non ci sarà più». E, citando un film, conclude: «”Nemmeno gli dei vivono l’esistenza con la stessa forza con la quale la viviamo noi, perché noi sappiamo che è destinata a essere finita”».
Questo ci sembra più uno stratagemma per guardare il nulla con romanticismo. Un approccio più realistico e più esperienziale è invece quello di apprezzare il valore di un papavero e della vita stessa nonostante il suo sfiorire a breve.
Lo stesso guardando negli occhi la persona amata: non è vero che la si ama di più perché prima o poi dovrà morire, piuttosto la sia ama nonostante abbia una “data di scadenza” e il tempo le sia nemico.
Il cristiano e la convenienza della fede qui e ora
Fatta questa precisazione occorre chiarire un equivoco di fondo.
Il cristiano non disprezza in alcun modo il tempo presente e non lo abita come un’attesa passiva dell’aldilà.
Al contrario, vive ogni giorno con un valore eterno, perché la speranza cristiana non è evasione, ma responsabilità. È sapere che ogni istante, ogni secondo è significativo perché è un dono che non finisce in un buco nero, ma si compie in un abbraccio eterno.
Gesù di Nazareth ha spiegato così la promessa di sovrabbondanza di grazia qui e ora: «Chi mi segue avrà la vita eterna e il centuplo quaggiù, ora, in questo tempo» (Mc 10,29-30)
E San Giovanni Paolo II spiegava: «Anche a noi oggi, come ai primi discepoli, è data la stessa possibilità di incontro, di sequela, di familiarità, di esperienza di una “qualità della vita” più vera, più libera, più umana». Ora, adesso e non nella vita dopo la morte.
La Chiesa infatti insegna da sempre che il destino eterno non ci è stato promesso come un qualcosa che si realizzerà in un futuro indeterminato, ma se ne può fare esperienza già qui ed ora. In anticipo.
Ciò che è interessante della fede è proprio la sua convenienza umana qui sulla terra e non tanto nella vita eterna, il cristianesimo da questo punto di vista è una religione molto “materialista”. Questa è anche la risposta alla domanda: a cosa serve essere cristiani.
Il riduzionismo laico è la controprova
D’altra parte la storia dimostra che sono proprio coloro che “sperano nella vita dopo la morte”, come dice Manzotti, ad aver valorizzato talmente tanto questa vita da migliorarla per tutti, credenti e non credenti.
Ci riferiamo, ad esempio, alla salvaguardia della letteratura antica grazie ai monaci amanuensi, alla (ri)nascita dell’Europa grazie ai monaci benedettini, all’origine delle università grazie ai filosofi scolastici, all’immenso e gratuito oceano di bene fornito da Santa Teresa di Calcutta.
E c’è perfino una controprova: sono stati proprio i più famosi non credenti a sminuire il valore della vita abbracciando il riduzionismo nichilista.
Secondo loro, come abbiamo già osservato facendo alcuni esempi, l’umanità sarebbe una inutile “schiuma chimica” (Stephen Hawking), una “muffa melmosa” (John Gray) originata in un “minuto di menzogna” (Nietzsche) della storia universale.
Il cristiano non vive meno intensamente il reale perché sa che la vita non è solo questa. Anzi, proprio perché spera nella vita eterna accoglie come dono questa vita cercando, come può, di rendere la terra un luogo più luminoso.
E questa speranza, lungi dallo sminuire il valore del presente, lo rende sacro.
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