Vito Mancuso è cristiano? Poche idee ma confuse

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E’ cattolico o cristiano Vito Mancuso? Ieri il noto teologo ha voluto chiarirlo, pubblicando un post dove l’ambiguità è eretta a sistema pur di restare equidistante da tutte le religioni. Senza però aver capito il messaggio rivoluzionario di Gesù.


 

Il teologo Vito Mancuso ha deciso finalmente di spiegare se è o meno cristiano!

A giudicare dal tono e dal titolo del post su Facebook (“A chi mi chiede se sono cristiano”) è una domanda che gli rivolgono spesso.

E il solo fatto che senta il bisogno di dedicare un’intera riflessione pubblica a questo tema suggerisce che in molti, anche tra i suoi lettori e ascoltatori, abbiano più di qualche dubbio in merito. Dopo aver letto la sua risposta, quei dubbi non si dissolvono: semmai si rafforzano.

 

Gesù ma anche Buddha e Confucio: ecumenico ma confuso

La risposta infatti è molto liquida: “Sì, no, forse, dipende”. E, per non farsi mancare nulla, conia perfino un’etichetta nuova: “neo-cristiano”. Non chiarisce nulla, ovviamente, ma fa molto new age (che sembra essere il suo ultimo “approdo teologico”).

Se essere cristiani significa “tenere fisso lo sguardo su Gesù” (citazione della Lettera agli Ebrei) allora, spiega Mancuso, «io non sono cristiano».

E perché? «Perché io guardo a Gesù, lo ascolto, ci dialogo, ma faccio lo stesso con Platone, con Socrate, con Confucio, col Buddha». E, aggiunge, «sento pari amore per tutti e quattro».

Tutto molto ecumenico e progressista, naturalmente (dice “quattro” e non “cinque” perché nella lista di coloro che “ama” ha tolto Platone, chissà che torto gli ha fatto).

In ogni caso, certamente non guarda attentamente Gesù, né lo prende sul serio. Perché il Nazareno non ha mai voluto essere un semplice “maestro” tra gli altri, ma ha preteso proclamarsi “la Via, la Verità e la Vita” (Gv 14,6).

O era un pazzo furioso, quindi non va preso neanche in considerazione. O era vero quel che diceva di essere. Non ci sono vie di mezzo e metterlo sullo stesso piano di Platone e Confucio significa negare ciò che Gesù ha detto di sé, ignorare chi diceva di essere.

 

Vito Mancuso: “Non sono cristiano, anzi sì. Dipende”

Quindi, conclude Mancuso: «Io in questo senso non sono cristiano, però sono anche, perché senza cristianesimo non sarei quello che sono ma il cristianesimo non mi definisce, e penso che questo sia il compito della spiritualità del nostro tempo».

Non è cristiano, poi torna a esserlo, o almeno solo in parte. E il pronome dimostrativo “questo”, a cosa si riferisce? Quale sarebbe il compito della spiritualità? Non si capisce.

Il problema non è solo la confusione di Vito Mancuso, ma l’ambiguità voluta ed eretta a sistema. Poter dire tutto e il contrario di tutto, evitare risposte chiare perché si teme il “pensiero forte”.

Ma la verità, se è tale, per sua natura distingue. E il cristianesimo, da oltre duemila anni, ha il coraggio – e la grazia – di farlo. “Sia il vostro parlare: ‘Sì, il sì’, ‘No, il no’; il di più viene dal Maligno” (Mt 5,17-37)

 

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La Redazione

4 commenti a Vito Mancuso è cristiano? Poche idee ma confuse

  • Paolo Giosuè ha detto:

    Così risponde Vito Mancuso alla domanda: “Sei cristiano?”. E con questa formula, più diplomatica che vera, si pone – forse inconsapevolmente – accanto a figure come Jordan Peterson: pensatori che attingono con forza all’immaginario cristiano, lo interpretano, lo insegnano, lo rendono contenuto virale… ma quando arriva la domanda cruciale, quella che non ammette sfumature – Credi o non credi? – si tirano indietro.

    Peterson, in un recente video diventato virale, è stato interpellato pubblicamente con rispetto da un giovane: “Lei è cristiano”. Anziché confermare o smentire, si è irrigidito: “Lo dici tu. Io non l’ho mai affermato”. Poi si è chiuso nel silenzio, visibilmente agitato. Niente chiarezza, niente umiltà, solo un’agitazione che ha il sapore della paura: paura di perdere pubblico, stima, consenso. Paura di compromettersi.

    Mancuso, dal canto suo, afferma che “guarda a Gesù”, ma con lo stesso amore e rispetto con cui guarda a Socrate, Buddha, Confucio. E conclude che “il cristianesimo non lo definisce”. Ma se Gesù è messo sullo stesso piano di qualunque altro maestro spirituale, e se il cristianesimo è solo uno dei tasselli che concorrono a definire l’identità personale, allora la verità cristiana non è più verità, ma opinione. E il Vangelo non è più lieta notizia, ma semplice narrazione culturale.

    Ma il problema è più profondo, e ha radici antiche.
    La matrice filosofica del pensiero di Mancuso non è evangelica: è gnostica. In una visione tipica della gnosi moderna, filtrata da Hegel e fatta propria da molta teologia tedesca contemporanea – basti pensare a Rahner – Dio stesso è parte del divenire, del conflitto, della dialettica tra bene e male. Tutto è fluido, persino l’Essere. Il male non è più negazione del bene, ma tappa necessaria del suo dispiegarsi. Così, anche la morale diventa soggettiva, mutevole, riconfigurabile.

    E alla radice di questo pensiero, troviamo un altro equivoco: quello che confonde Dio con la verità, ma non come persona. Ora, la verità in sé – come concetto – è accessibile anche a Platone, a Socrate, a chiunque cerchi con cuore sincero. Ma la verità che salva è una Persona che chiama per nome. Il Dio di Socrate è ancora l’Ignoto; il Bene di Platone è una vetta luminosa, ma impersonale. E non è un caso che i sofisti abbiano sempre preferito il Bene indistinto e rassicurante di Platone, piuttosto che la voce scomoda dell’“io lo so di non sapere” di Socrate.

    Oggi come allora, il relativismo morale trionfa proprio perché non disturba: non interpella, non divide, non salva. Ma la fede cristiana è altro. È l’incontro con un Tu che si impone con la dolcezza dell’amore e con la forza della verità. Non un’idea da accettare, ma una voce da seguire.

    Come ha scritto qualcuno a proposito del caso Peterson:

    “Non puoi costruire una chiesa, riempirla di cercatori, accendere le candele, distribuire gli inni… e poi nasconderti nel confessionale quando ti chiedono se credi.”

    Il cristiano non è colui che “guarda” Gesù, ma colui che lo segue. “Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24). Questo sì che definisce. Tutto il resto è gioco di parole.

    Oppure, per dirla con il filosofo Peter Kreeft:

    “La differenza tra un cristiano e uno che apprezza Cristo è come quella tra uno che ammira la barca e uno che ci sale sopra. Solo il secondo arriva dall’altra parte.”
    Il cuore dell’equivoco di Mancuso – che purtroppo non è solo suo – sta in una visione gnostica, dove Dio non è più un Tu, ma un principio impalpabile, nebuloso, indistinto. Non è un caso che il suo pensiero si radichi in quella corrente tedesca modernista e post-hegeliana, nutrita da Rahner e da un certo misticismo massonico-cabalistico, dove tutto è dialettico: anche Dio viene incluso nel male, e così anche la morale diventa soggettiva, “evolutiva”.

    In questa cornice, non c’è più differenza tra il bene e il male, ma solo tra ciò che è “utile” e ciò che è “dannoso” per il sentimento soggettivo. Il relativismo morale contemporaneo è la diretta conseguenza: non si può più dire “questo è peccato” o “questo salva”, ma solo “questo funziona per me”.

    La vera alternativa resta quella originaria: non conoscere un’idea, ma seguire una persona. Come diceva Peter Kreeft, la teologia sta alla fede come la spiritualità sta alla santità: si può riflettere su Dio per tutta la vita e non credere mai in Lui, così come si può parlare di “spirito” senza mai convertirsi. Socrate conosceva l’“ignoto Dio”, e lo rispettava; Platone l’ha reso astrazione; i sofisti, oggi come allora, hanno preferito l’idea comoda al Dio esigente.

    Il cristiano non è solo chi guarda a Gesù come a un maestro, ma chi lo segue come a un Signore. E per concludere, sempre con Kreeft:

    “Satana crede che Gesù sia il Figlio di Dio. La differenza è che non si inginocchia.”
    E’ una differenza essenziale, come quella tra teologia e santità, tra gnosticismo e obbedienza, tra cristiano di nome e cristiano di fatto. Meglio un pagano realista come Aristotele di un cristiano idealista come Hegel. Il primo è conforme a Cristo, senza saperlo, il secondo è separato da un abisso, e il dramla è che lo sa. Ma stasera sarà Pentecoste: Tu, Spirito santo, illumina tutti gli uomini, che possano conoscere il vero Dio, e Colui che lo ha inviato,Gesù Cristo alleluia!

  • Cook ha detto:

    Mancano non conosce ciò di cui parla. Non è teologo, perché la vera teologia si approccia alla Parola, che viene dallo Spirito, animata da quello stesso Spirito. Anche Satana nel Vangelo si traveste da biblista, quando tenta Gesù… conosce bene la Scrittura, ma la manipola a suo piacimento. Mancuso dunque è più vicino a questo atteggiamento che alla vera teologia, ma del resto non è l’unico (si parlava di Maggi su un articolo di qualche giorno fa).

    In più, dimostra di non conoscere il significato delle parole. “Cristiano” è “colui che è DI Cristo”. Anzi, si potrebbe aggiungere “colui che è IN Cristo”. Paolo nelle sue lettere lo spiega bene. Ma Gesù stesso è chiaro in questo, quando sempre chiede di seguirlo e si pone come misura e metro di giudizio del bene e del male. “Seguimi”, non “ammirami”.

  • Norberto ha detto:

    Mi fa ridere l’ansia di Mancuso di definirsi anche teologo laico, ha sempre così paura di risultare antico, delle critiche degli uomini contemporanei. Fa quasi tenerezza