Alberto Maggi, quanta confusione nelle sue omelie!

alberto maggi omelie

Le omelie di padre Alberto Maggi contengono spesso affermazioni controverse ed errate. Ecco un’analisi di due delle tesi più spesso sostenute dal biblista, una contro i miracoli e l’altra sulla fede popolare.


 

Il biblista Alberto Maggi, frate dell’Ordine dei Servi di Maria, è spesso ospite di giornali e salotti televisivi, purtroppo anche quelli di Tv2000, rete televisiva della CEI.

Negli ultimi anni, molteplici sue affermazioni sono state fonte di critiche, dubbi e incertezze dal punto di vista teologico.

Un lettore ci ha inviato un commento molto valido su due delle tesi spesso sostenute da Maggi, lo pubblichiamo qui di seguito (pur con piccole modifiche testuali).

 

Alberto Maggi e il Gesù senza miracoli

Come già riportato a suo tempo da UCCR, Maggi nelle sue omelie afferma che Gesù non ha compiuto alcun miracolo ma solo «segni per favorire la fede, non ha stravolto le leggi della fisica».

Inoltre la resurrezione di Lazzaro avrebbe «un suo significato teologico, non storico».

Queste affermazioni sono profondamente errate da qualsiasi punto di vista le si voglia guardare.

Sul piano logico, se Gesù avesse compiuto solo segni non miracolosi, in che modo li avrebbe compiuti? Se in questi segni non vi fosse stato un reale intervento di dominio e controllo sulla natura e sulla vita, cosa avrebbe concretamente fatto Gesù?

Avrebbe imbrogliato con degli “effetti speciali” costruiti per “favorire la fede”?

I Vangeli usano spesso i termini “segni” e “prodigi” per indicare ciò che noi comunemente chiamiamo miracoli. Anche il card. Gianfranco Ravasi ricorda che «quelli di Gesù sono definiti dai Vangeli non con vocaboli “miracolistici” e prodigiosi, bensì come atti di “potere/forza”, oppure “opere” divine o “segni”», ma non nega certo i fatti e anzi li considera «dimostrazione in azione del Regno di Dio che Gesù annunciava con le parole».

Ora, si può certamente scegliere di attenersi più strettamente al linguaggio biblico nel definirli, ma questo non toglie che i fatti compiuti di Gesù abbiano avuto una natura che noi indichiamo come miracolosa.

 

Sul piano storico, Maggi è contraddetto dagli studiosi che lo hanno preceduto, credenti o scettici che fossero.

John P. Meier, biblista e docente all’Università di Notre Dame, afferma nella sua monumentale opera:

«Un Gesù esente da miracoli è stato il santo Graal cercato da molti studiosi dall’Illuminismo in avanti. Ma una tale presentazione va completamente contro i dati empirici. Essi sono un monito salutare a prendere atto che il Gesù storico non combacia con la visione di molti accademici postilluministi. I criteri della storicità, sempre che non li vogliamo gettare a mare, ci impongono un’immagine di un ebreo palestinese del I secolo capace di compiere azioni sorprendenti, che tanto lui quanto i suoi uditori hanno considerato gesta potenti e miracolose. Estrapolare queste gesta dal ministero pubblico del Gesù storico vuol dire eliminare gran parte di quello che era per lui fondamentale»1J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol. 2, Queriniana 2003, pp. 1032, 1033.

Proprio a riguardo della resurrezione di Lazzaro “decostruita” da Maggi, l’eminente biblista J.P. Meier avvertiva, pur con cautela, che l’episodio doveva risalire «in ultima analisi a qualche episodio che ha coinvolto Lazzaro, un discepolo di Gesù, e che dai discepoli dello stesso Gesù già durante la sua vita terrena questo episodio sia stato considerato un miracolo di risuscitamento»2J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol. 2, Queriniana 2003.

A confermare il carattere miracoloso dei prodigi operati da Gesù ci sono i suoi stessi nemici, i quali li usavano come capi di accusa verso questo “nazareno indemoniato” (Lc 11, 15). Anche le fonti non cristiane (pagane e giudaiche) ne parlano, come il filosofo Celso e il Talmud.

Uno storico chiaramente non può determinare il carattere miracoloso o strettamente divino di ciò che Gesù ha compiuto, può solo limitarsi ad attestare che tanto i suoi amici quanto i suoi nemici percepivano come prodigiosi i gesti da Lui compiuti.

Se ad Alberto Maggi può sembrare inverosimile che Gesù di Nazareth abbia compiuto miracoli, sarebbe il caso di ricordare che quel Gesù di Nazareth in cui afferma di credere è pienamente uomo e pienamente Dio, e in quanto Dio ha pieno potere sulla vita e sulla morte. Nel tentativo di eliminare i miracoli dalla vicenda umana di Gesù, pare esserci quasi la volontà di togliere al Cristo la sua natura divina.

Ma come scrive il biblista italiano Gianmario Pagano, «un Gesù senza miracoli non è né il Gesù della fede né quello della storia, è un Gesù di comodo».

 

Sul piano esegetico, nessuno può negare che i miracoli di Gesù abbiano anche un significato teologico, ma ciò non vuol dire che abbiano solo un significato teologico.

Se un evento raccontato dagli evangelisti viene arricchito con profondi rimandi teologici, non per questo diventa ipso facto un’invenzione delle prime comunità.

 

Sul piano teologico, infine, i miracoli compiuti da Gesù non sono atti spettacolari fini a sé stessi, quanto segni compiuti per attestare e confermare la sua divinità.

La Chiesa insegna l’esistenza di miracoli compiuti da Dio per intercessioni dei santi, i quali sono e saranno sempre una parte fondamentale nel processo di canonizzazione di un candidato.

Verrebbe da chiedere a padre Alberto Maggi: anche questi sono simbolici? E che dire dell’Eucarestia, che vede la sostanza del pane e del vino diventare Corpo e Sangue di Cristo? Solo un simbolo? E, infine, l’Incarnazione e la Resurrezione, in cui Dio opera mirabilmente e direttamente nella storia, sono anch’essi semplici segni per il biblista italiano?

 

Alberto Maggi e la pietà popolare: vana credulità

In un articolo del 20173A. Maggi, “No, Gesù Cristo non è morto per i nostri peccati”, Il Libraio 12/04/17 Alberto Maggi ha affermato: «Per tutto maggio, il tempo tradizionalmente dedicato alla Madonna, si riesumano tradizioni, devozioni, culti, processioni, preghiere che si sperava ormai poste sotto naftalina».

Il riferimento è evidentemente a tutte quelle tradizioni che si sono sviluppate nei secoli dalla fede popolare, che ha sempre guardato a Maria come via sicura per arrivare a Dio.

Ecco cosa scriveva san Giovanni Paolo II, nella lettera Vicesimus Quintus Annus:

«La pietà popolare non può essere né ignorata, né trattata con indifferenza o disprezzo, perché è ricca di valori, e già di per sé esprime l’atteggiamento religioso di fronte a Dio. Ma essa ha bisogno di essere di continuo evangelizzata, affinché la fede, che esprime, divenga un atto sempre più maturo ed autentico. Tanto i pii esercizi del popolo cristiano, quanto altre forme di devozione, sono accolti e raccomandati purché non sostituiscano e non si mescolino alle celebrazioni liturgiche».

Prima delle sue omelie, Alberto Maggi dovrebbe forse leggere il Direttorio su pietà popolare e liturgia, in cui i riti e le devozioni della pietà popolare vengono accuratamente analizzati e si raccomanda ai sacerdoti di regolamentare, incoraggiare e dove necessario purificare le manifestazioni della pietà popolare del luogo.

Tante di quelle tradizioni, devozioni e processioni che Maggi spera siano sotto la naftalina sono l’espressione della fede semplice del popolo, che applica l’insegnamento della Chiesa nei propri luoghi e nei propri tempi.

Per secoli queste manifestazioni hanno non solo educato alla fede persone meno colte, ma hanno toccato il cuore dei credenti più preparati. E oggi queste manifestazioni possono diventare un’occasione per evangelizzare persone normalmente lontane dalla vita della Chiesa, che magari in una determinata ricorrenza vi si accostano per via della “tradizione”.

La pietà popolare va certamente educata e non può sostituire la Liturgia, ma può sostenerla. Senza dimenticare che nascono come pii esercizi due riti di preghiera incredibilmente diffusi nella vita della Chiesa: la Via Crucis e il Rosario. Vogliamo mettere sotto naftalina anche questi?

 

Di affermazioni controverse pronunciate da Alberto Maggi nelle sue omelie se ne possono trovare molte altre.

Può anche presentarle come risultato di studi biblici ed esegetici, ma non è così e sono pochi, d’altra parte, biblisti e teologi che siano d’accordo.

Naturalmente Maggi in altri ambiti sembra mantenersi in linea con l’atteggiamento della Chiesa a cui dice di appartenere, ma tra le sue affermazioni ve ne sono alcune particolarmente scorrette, come alcune di quelle qui riportate.

Autore

La Redazione

4 commenti a Alberto Maggi, quanta confusione nelle sue omelie!

  • Cook ha detto:

    Sarò troppo duro , ma per me queste affermazioni bastano e avanzano per parlare di eresia. Nel cancellare i miracoli Maggi si pone in aperto contrasto con il Magistero della Chiesa e la Dei Verbum… oltretutto dovrebbe poi spiegarci come mai Gesù stesso chiede di credere alle opere che compie se non le compie.

    Quanto alla pietà popolare, inviterei il nostro biblista a leggere un paio di documenti di Giovanni Paolo II e di Francesco. E lo inviterei anche a guardare quante persone di solito tiepide tornano in Chiesa per celebrare quelle che per loro sono solo tradizioni forse, ma per i sacerdoti possono diventare occasioni di catechesi e di recupero di questi fedeli.

  • Claudio ha detto:

    Eliminare i miracoli dalla storia di Gesù significa snaturare completamente la sua figura.,ridurlo ad un semplice profeta.
    No c’è possibilità di scelta: o si accetta in toto la sua persona così come è narrata o lo si nega.i compromessi non sono possibili

  • Maurizio Cariani ha detto:

    È pur vero che da sempre ogni cristiano cerca di rimanere nella Chiesa come può, con ciò che gli permette la misura della propria fede e dei propri dubbi. Un tempo però chi non riusciva ad abbracciare la pienezza della fede, per amore di quella stessa Chiesa a cui intendeva comunque appartenere, con discrezione e pudore presentava le proprie difficoltà, ponendosi pur sempre in rinnovato confronto con la Tradizione. Certamente, in forza delle proprie difficoltà, non pretendeva di proporsi come fonte e misura alternative per un innovativo discernimento e una riconfigurazione critica delle plurisecolari affermazioni di fede. Ma l’esegesi, come in generale la teologia contemporanea, pare sia diventato ormai lo spazio privilegiato dalle dubbiose e incerte intelligenze ecclesiali, pur sempre vivaci e di valore, per proporsi non senza presunzione come modello esemplare della nuova e necessaria figura di fede nella cultura contemporanea.

    • Cook ha detto:

      In realtà dipende… gli esegeti e i teologi competenti si fanno due risate di fronte alle idee di Maggi. Penso a gente immensamente più competente come il biblista don Gianmario Pagano, penso a don Fabio Rosini che pur dedicandosi alla formazione è anche lui biblista… ma anche a Paolo Curtaz, che ha scritto dei piccoli libri sulla verità storica dei Vangeli utili per cominciare, soprattutto per chi magari è lontano. E questo solo per restare in Italia, perché di fronte ad affermazioni simili all’estero si farebbe due risate persino Ehrman, pur essendo agnostico.

      Il problema è che un Maggi fa più rumore perché fa comodo a chi è scettico o anticlericale. Fa il modernista perché così tira i più confusi, così come tirano quelli che fanno i tradizionalisti perché fanno leva sull’indietrismo e sulla paura della gente. Del resto, anche Ario circa 17 secoli fa tirava pur dicendo fesserie…