Eugenio Borgna, lo psichiatra che univa scienza e fede

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Lo psichiatra Eugenio Borgna e la fede. Si è spento ieri il più importante psichiatra italiano, sapeva curare i pazienti senza ridurli ai loro sintomi patologici ma guardandoli con la dignità e l’empatia che diceva provenire dalla sua profonda fede cattolica.


 

E’ morto ieri Eugenio Borgna, aveva 94 anni.

Era il più importante psichiatra italiano, direttore dell’Ospedale psichiatrico femminile di Novara.

Maestro tra gli altri di Vittorio Lingiardi e Umberto Galimberti, ha sempre sostenuto che le malattie mentali non esistono e che i farmaci sono al massimo adiuvanti.

Quello che contava, per lui, era interpretare i significati nascosti delle parole, guardare il paziente nella sua umanità e non nella sua patologia.

 

Eugenio Borgna, la fede e lo sguardo “oltre i sintomi”

Ci ha colpito molto una frase di Borgna nel suo Di armonia risuona e di follia (Feltrinelli 2012), in cui parlò dei casi clinici con i quali condivise il dramma della sofferenza e che invitava a guardarli all’interno di un abbraccio di vita reso possibile dalla fede cristiana.

Ecco le profonde parole di Eugenio Borgna su questo:

«E’ solo accogliendo, nella fede cristiana, il mistero come senso definitivo dell’esistenza che sono riuscito ad andare al di là dei sintomi dell’esperienza psicotica. Possiamo capire fino in fondo l’altro solo se lo guardiamo con occhi bagnati di lacrime; segno commosso di una ipersensibilità a quella condizione finita comune a tutti gli uomini».

Come già detto, contestava l’interpretazione naturalistica delle patologie mentali secondo cui le cause della psicosi si annidano nel malfunzionamento dei centri cerebrali, da curare oggi con i farmaci, ieri con l’elettroshock.

Lui usava invece il cosiddetto “metodo fenomenologico”, «non mi fermo ai sintomi ma li trascendo, cercando di capire quali siano i sentimenti, le emozioni, la vita interiore dell’altro».Per farlo bisogna evitare di negare che «nella follia ci possa essere anche solo un granello di speranza e di saggezza».

Questa sensibilità ed empatia con i pazienti, disse più volte, risaliva dalla sua profonda fede cattolica.

 

Eugenio Borgna, da psichiatra contro l’omogenitorialità

Nessuno dei grandi quotidiani sta ricordando nelle varie celebrazioni che Eugenio Borgna si spese, come psichiatra, a favore della famiglia naturale.

E’ infatti presente nel nostro approfondimento sui grandi della psichiatria che hanno manifestato forti obiezioni all’omogenitorialità.

«I figli», disse l’eminente psichiatra italiano, «senza ombra di dubbio hanno bisogno di una madre e di un padre, di due polarità ben precise, anche sessualmente definite. Secondo natura».

 

Eugenio Borgna: la fede, la moglie e i figli

Borgna rimase folgorato dall’incontro con don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, ma non si coinvolse mai con il suo movimento.

Tuttavia nel 2020, ospite al Meeting per l’Amicizia tra i Popoli, concluse il suo dialogo con Umberto Galimberti e con il filosofo Costantino Esposito dicendo: «Siamo tutti responsabili della vita senza significato che prevale oggi, e io sono colpevole di non avere seguito abbastanza Giussani, di essermi allontanato dalla sua profondità nell’incontro».

Un anno fa invece, intervistato dal Corriere, rivelò il grande vuoto della sua vita dovuto alla morte nel 2002 della moglie Milena, un evento tragico che lo accomunò allo stesso Galimberti, anche lui profondamente segnato dalla scomparsa della consorte.

Borgna rivelò anche il non aver potuto avere figli, «il destino ha voluto che non diventassimo genitori. E al destino ci si arrende».

«Sono cresciuto in una famiglia profondamente cattolica», aggiunse. «Coltivo la “spes contra spem” di san Paolo, la speranza contro ogni speranza». Dopo essersi riconosciuto più in Jung che in Freud, ha risposto affermativamente all’idea che l’angoscia sociale dei nostri tempi derivi dalla rimozione di Dio.

E sulla preghiera, il grande psichiatra, rispose: «Non potrei non farlo dopo tutto quello che le ho detto. Seguo un cammino interiore che mi porta al silenzio».

Autore

La Redazione

3 commenti a Eugenio Borgna, lo psichiatra che univa scienza e fede

  • paolo ha detto:

    “Siamo tutti responsabili della vita senza significato che prevale oggi…” “For the last 4 or 500 years we have neglected the right brain so that we’re living in a world where we know “how” most things work but we understand the meaning of nothing”, potrebbe aggiungere Iain McGilchrist. Da ultimo, “Science takes things apart to see how they work, religion puts them together to see what they mean”.
    (Rabbi Jonathan Saaks)
    Eppure, tu hai riflesso, sei stato un archetipo di san Giuseppe, Professore. La tua umiltà, compassione, giustizia, bontà, mitezza, ascolto, silenzio ne sono una testimonianza. Se potessimo riassumere con due parole la tua vita e missione, direi, elogio della fragilità e della virtù teologale della speranza. Anche qui c’è tutto san Giuseppe, il terzo pilastro della Santa Famiglia. Se Gesù è l’Amore incarnato, Colui che sceglie la kenosi, di soffrire per noi, e Maria, L’Immacolata, di cui ieri abbiamo celebrato la solennità, è colei che accoglie in toto le esigenze di questo amore sacrificale, oblativo, san Giuseppe riflette la speranza, il Padre. Se il Padre è onnipotente, dice san Tommaso, e l’onnipotenza richiama una maestà, e come tale è nel massimo della felicità, è proprio la speranza teologale che aspira alla beatitudine eterna, e quindi aspira ad assimilarsi al Padre, perciò la speranza è il riverbero della felicità maestosa dell’onnipotenze del Padre Dio nell’anima.

    Ed è questa speranza che San Giuseppe e tu, due laici, avete incarnato. Attraverso la sua fiducia tranquilla nel piano del Padre, Giuseppe ha esemplificato come l’onnipotenza divina operi nelle vite umane in modi che sono spesso nascosti e umili, ma non meno potenti. La sua speranza non si basava sul successo terreno o sulla gloria, o sul potere, ma sulla ferma fiducia nella volontà maestosa di Dio e nel compimento delle Sue promesse.

    Questa dinamica tra l’onnipotenza del Padre, la maestà e la speranza fornisce, penso, una profonda chiave teologica attraverso cui comprendere il ruolo di San Giuseppe nella storia della salvezza. Rivela che la speranza non è solo un’attesa passiva, ma una partecipazione attiva e fiduciosa nel piano del Padre, riflessa più profondamente nella vita di san Giuseppe.

    Professore, mi hai ispirato queste riflessioni. Possa tu godere la felicità in cielo, quel cielo e quella gioia, quella memoria del futuro agostiniana che tu hai fatto intravedere, come a suo tempo Giuseppe ai suoi sublimi familiari nella casa di Nazaret, nel riverbero del Padre Dio, a tante tue pazienti, alleluia

  • Guido ha detto:

    Avete scritto Jang, ma suppongo sia Jung