Il primate anglicano scelto da un politico socialista laico

primate anglicano

Le dimissioni di Justin Welby, primate anglicano, permettono una riflessione sul rapporto tra Stato e Chiesa e le diversità tra cattolicesimo e le confessioni riformate. Da Lutero in poi, infatti, è stata annullata la separazione tra Stato e Chiesa, consegnando la religione in mano alla politica.


 

Justin Welby, leader della Chiesa d’Inghilterra (anglicana) e primate della Comunione anglicana, ha recentemente annunciato le sue dimissioni.

Un gesto personale ed istituzionale dopo il riconoscimento di non aver provveduto adeguatamente in un terribile caso di abuso che ha sconvolto la Chiesa anglicana.

E’ attualmente in corso il processo di scelta del successore, che diventerà primate anglicano ed arcivescovo di Canterbury.

Questa circostanza è utile per approfondire l’origine dell’anglicanesimo e, soprattutto, il diverso rapporto tra religione e Stato presente nel cattolicesimo e nelle varie confessioni nate a seguito della Riforma.

 

Il primate anglicano scelto dal primo ministro inglese

Come avviene il “conclave” per eleggere il primate anglicano?

Da quando l’anglicanesimo si separò dal cattolicesimo nel XVI secolo, la nomina del leader religioso è stata prerogativa esclusiva del re d’Inghilterra.

Oggi, c’è una Commissione per le nomine della Corona, composta da 16 consultori, quasi tutti membri del clero.

La Commissione presenta un candidato (anche più di uno) ma la scelta finale verrà presa dall’attuale primo ministro britannico (in carica da 4 mesi), Keir Starmer, ateo dichiarato e leader del Partito Laburista dal 2020.

Stramer è noto per le sue posizioni socialiste e ha dichiarato di avere poca conoscenza della fede cristiana. Sua moglie, un’avvocatessa ebrea, ha insistito nel far conoscere ai loro figli la tradizione religiosa della sua famiglia.

Essendo Starmer un neofita nel ruolo, è molto probabile che per la scelta del primate anglicano si affidi ai consigli del monarca, Carlo III.

Considerando lo spostamento della comunità anglicana verso derive politicamente iper-progressiste è anche molto probabile che la scelta cadrà su una donna.

L’angosciante ansia di apparire “al passo con i tempi” è una caratteristica distintiva delle chiese riformate, a volte a costo di dimenticare le fondate ragioni (affatto misogine o discriminanti) per cui l’ordine sacerdotale è riservato agli uomini per semplice obbedienza alla scelta di Gesù di distinguere i dodici apostoli uomini dal ruolo, diverso ma ugualmente fondamentale (se non superiore!), di Maria.

L’autorità del primate anglicano non è paragonabile a quella del Pontefice cattolico, ha giurisdizione diretta solo sulla provincia di Canterbury. Ma è considerato uno “strumento di unità” per la Comunione anglicana internazionale.

 

La Chiesa anglicana nasce da un monarca

La Chiesa anglicana è una delle innumerevoli ramificazioni nate dalla Riforma protestante.

Una volta rifiutata l’autorità del Pontefice romano, il protestantesimo si è frammentato in centinaia di chiese e quella anglicana è una delle più note, ed è rimasta tra le più vicine come sensibilità alla Chiesa cattolica.

La Chiesa d’Inghilterra sorse per iniziativa del sovrano Enrico VIII, il quale nel 1534 dichiarò la nascita di una Chiesa nazionale distaccata da quella cattolica principalmente per poter sciogliere il suo matrimonio con Caterina D’Aragona e sposarsi in seconde nozze con Anna Bolena.

Il monarca fondò e si mise a capo della Chiesa d’Inghilterra, imponendo a tutti gli inglesi di accettare la nuova istituzione a partire dal 1 febbraio 1935, pena la condanna a morte per alto tradimento.

Enrico VIII in seguito decapitò Anna Bolena e suo fratello, sposandosi con altre cinque moglie e condannandone altrettante alla morte e all’emarginazione. Il fondatore dell’anglicanesimo si accaparrò le tasse ecclesiastiche e soppresse monasteri, conventi, scuole e ospedali cattolici.

Per far fronte alle vivaci proteste dei suoi sudditi alla conversione obbligatoria, Enrico VIII instaurò un vero e proprio Terrore che portò al massacro e all’uccisione di centinaia di cattolici (ma anche laici e luterani), a partire da Tommaso Moro e dal vescovo John Fisher, la cui testa venne impalata ed esposta sul ponte di Londra.

In ottemperanza dell’Atto di supremazia imposto dal monarca, furono invece squartati e sventrati i priori John Houghton, Augustine Webster e Robert Lawrence, il teologo Richard Reynolds, il prete John Hale e tanti altri che difesero l’autorità papale.

Dopo una breve parentesi cattolica altrettanto sanguinosa sotto Maria Tudor, nel 1558 salì sul trono Elisabetta che ripristinò l’anglicanesimo e l’Atto di supremazia di Enrico VIII, inasprendo la legislazione contro i cattolici rimasti.

Lo specialista Andrea Del Col ha calcolato 191 processi capitali per tradimento dello Stato nel solo periodo tra il 1581 e il 16031A. Del Col, L’Inquisizione in Italia. Dal XI al XIX secolo, Mondadori 2021, pp. 487-490.

Come hanno giustamente osservato Francesco Agnoli e Annalisa Terranova, ciò che è avvenuto in Inghilterra, dove «un re si pone a capo di una Chiesa solo per poter sciogliere il proprio matrimonio, e poi incamerare i beni della Chiesa, succede quasi contemporaneamente anche nei paesi scandinavi»2F. Angoli, Indagine sul cristianesimo, Piemme pp. 236-238.

Ad esempio con Cristiano III in Danimarca, Norvegia e Islanda dove si ripropose la soppressione violenta, «l’oppressione politico-religiosa»3A. Terranova, La Riforma come origine della modernità, Il Cerchio 2000, p. 39 e l’istituzione del luteranesimo come religione di Stato.

 

La Riforma protestante consegnò la religione allo Stato

Quel che è certo è che Lutero consegnò la religione in mano alla politica, essa divenne strumento del regno.

Dalla Riforma protestante, l’autorità politica assunse in sé la dimensione religiosa (e ciò influenzerà spesso anche i secolari sovrani cattolici, che si comportarono con i protestanti come i principi protestanti trattavano i cattolici).

Tutto questo significò l’annullamento della separazione tra Stato e Chiesa, cardine della laicità (inventato e) salvaguardato soltanto nel cattolicesimo.

Lo studioso Francesco Agnoli ha individuato altre conseguenze drammatiche emerse dalla Riforma protestante:

«Questo pernicioso legame tra potere politico e potere religioso, da una parte avrebbe svilito totalmente il significato della fede, portando alla secolarizzazione, dall’altra, ad esempio nella Germania degli anni Trenta, avrebbe portato molte chiese protestanti, almeno per un lungo periodo, a schierarsi apertamente con Hitler, abituate com’erano a identificare e confondere potere temporale e potere religioso, e ad affidarsi interamente, anima e corpo, al sovrano di turno»4F. Angoli, Indagine sul cristianesimo, Piemme pp. 237, 238.

Condividiamo in pieno anche il giudizio che il compianto mons. Luigi Negri diede su questo, ecco le sue parole:

«Il protestantesimo ha la gravissima responsabilità cultura e religiosa di aver tendenzialmente eliminato la grande distinzione che salvaguarda sia la libertà di coscienza degli uomini e dei popoli che l’uso corretto della vita socio-politica dello Stato. La dimensione religiosa e la struttura religiosa sono consegnate all’esercizio della vita politica»5L. Negri, False accuse alla Chiesa, Piemme 1997, pp. 230-233.

Tutto questo ha conseguenze anche oggi, si sta verificando in questi giorni in Inghilterra.

 

Si tratta di una riflessione storica e non vuole essere una critica ai fratelli anglicani, anche perché siamo a loro uniti «da una speciale affinità e stretta relazione», come insegna la Unitatis Redintegratio (1964), decreto del Concilio Vaticano II.

E’ però fortemente suggestivo per chi studia la storia delle religioni il fatto che la Chiesa d’Inghilterra affidi ancora una volta ad un re e ad un politico (ateo, in questo caso) la scelta del primate anglicano che influirà sulla vita spirituale di milioni di battezzati nel mondo.

Autore

La Redazione

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