La dissociazione dei “cattolici adulti”: come aiutarli?

Cattolici adultiE’ stato Romano Prodi a far diventare abituale il termine “cattolico adulto” quando così si autodefinì per sostenere una bioetica in contrasto con la Chiesa cattolica. Tale termine infatti indica il “cattolico emancipato” dalla dottrina della Chiesa, l’opposto dell’invito evangelico a “ritornare come bambini”, a sentirci figli di essa.

E’ la trasformazione del cattolicesimo ad una filosofia, a cui basta aderirvi intellettualmente per sentirsi in quel filone di pensiero (i più colti la chiamano anche la protestantizzazione del cattolicesimo). Tale scissione avviene in particolare con i temi di bioetica pubblica quando l’uomo di fede preferisce rinnegare gli insegnamenti del Pontefice e del Magistero pur di non rinunciare al comodo adeguamento al mondo, al facile conformarsi evitando di assumere una posizione scomoda. E’ il tipico caso dei “figli spirituali” del card. Carlo Maria Martini, da cui Papa Francesco ha preso ampiamente le distanze. Benedetto XVI in una celebre omelia ha affermato: «La parola “fede adulta” negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. Lo s’intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere – una fede “fai da te”, quindi. E lo si presenta come “coraggio” di esprimersi contro il magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo “schema” del mondo contemporaneo».

Ma rinnegare gli insegnamenti del Pontefice significa ultimamente rinnegare il ruolo del Pontefice, cioè il suo essere “costruttore di ponti” fra i fedeli e Cristo, in virtù della sua funzione vicaria di Pastore. Papa Francesco lo ha ricordato nel suo primo discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede: «Uno dei titoli del Vescovo di Roma è Pontefice, cioè colui che costruisce ponti, con Dio e tra gli uomini». Essere cattolici rinnegando la dottrina della Chiesa cattolica è una dissociazione pesante dell’io, se non fosse che chi sceglie di “emanciparsi” lo fa perché la sua fede cattolica è più che altro un sentimento esteriore, magari una volontà di averla piuttosto che una realtà.

Tempo fa il sociologo Giuliano Guzzo ha ironizzato su chi utilizza l’incipit «Parlo da cattolico» allorquando si accinge a proclamare una dichiarazione in totale contrasto con la dottrina della Chiesa. E’ recente il caso di Luca Zaia, governatore leghista del Veneto, il quale ha affermato: «Da cattolico dico che la provetta è un inno alla vita». Perché Zaia ha sentito l’esigenza di premettere di essere cattolico? Di “cattolici a parole” ce ne sono molti sui quotidiani: «Parlo da cattolico, ma credo che la Chiesa si debba rinnovare»; «parlo da cattolico, ma in certi casi non considero l’aborto sbagliato»; «parlo da cattolico, ma sono favorevole alla fecondazione assistita»; «parlo da cattolico, ma per me non conta se Gesù sia risorto, l’importante è quello che ha detto perché ha parlato d’amore». Si è chiesto Guzzo: come si è arrivati all’infelice matrimonio fra il «parlo da cattolico» e la licenza di spararla grossa, meglio se più grossa possibile? Ci piace la sua risposta: «parlare “da cattolici” è un conto, agire da tali è molto diverso e, soprattutto, più costoso: in un caso infatti basta l’autocertificazione, nell’altro è richiesta la testimonianza».

Ma il problema della dissociazione tra fede dichiarata e fede vissuta/testimoniata è sempre esistito ed è una tentazione per tutti. Tanto che Giovanni Paolo II nell’enciclica “Evangelium vitae” ha affermato: «Si deve cominciare dal rinnovare la cultura della vita all’interno delle stesse comunità cristiane. Troppo spesso i credenti, perfino quanti partecipano attivamente alla vita ecclesiale, cadono in una sorta di dissociazione tra la fede cristiana e le sue esigenze etiche a riguardo della vita, giungendo così al soggettivismo morale e a taluni comportamenti inaccettabili». Recentemente anche Papa Francesco ha criticato il “cattolico autocertificato”, spiegando che si è tali soltanto nella misura in cui ci si lascia educare dalla Chiesa: «Nelle precedenti catechesi abbiamo avuto modo di rimarcare più volte che non si diventa cristiani da sé, cioè con le proprie forze, in modo autonomo, neppure si diventa cristiani in laboratorio, ma si viene generati e fatti crescere nella fede all’interno di quel grande corpo che è la Chiesa. In questo senso la Chiesa è davvero madre, la nostra madre Chiesa – è bello dirlo così: la nostra madre Chiesa – una madre che ci dà vita in Cristo e che ci fa vivere con tutti gli altri fratelli nella comunione dello Spirito Santo».

La redazione

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5 commenti a La dissociazione dei “cattolici adulti”: come aiutarli?

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  1. Michele ha detto

    Per quanto possano ritenersi adulti e razionali, la loro esperienza di vita è inquadrata solo in ciò che è stata la loro personale storia e la loro personale visione del mondo, ma questi cristiani hanno un’età che scompare di fronte ai 2000 anni della Chiesa, che nella propria vita ha visto il susseguirsi delle vite di un numero incalcolabile di persone, di ogni angolo del mondo

  2. EquesFidus ha detto

    Magari fossero razionali! Costoro sono, invece, sommamente irrazionali, personaggi che hanno fatto del rifiuto di tutto ciò che è cattolico la loro ragione di vita ma che, al contempo, lottano per far credere a coloro che, invece, la fede ce l’hanno sul serio che la loro prospettiva sia de factol’unico cattolicesimo possibile, quando in realtà sono, sempre de facto, degli scomunicati. Anzi, l’unica cosa per aiutarli (e, soprattutto, per non far finire persone innocenti nelle loro trame) sarebbe scomunicarli, ma dubito che ciò sarà fatto quando ci sono dei cardinali, come Kasper e Marx, che godono dei favori curiali pur affermando cose del tutto al di fuori di ogni logica, prima ancora che della Chiesa.

  3. Psicolgia? ha detto

    Per un cattolico è, a mio avviso, inaccettabile non solo avere opinioni e comportamenti in contrasto con l’etica cristiana, ma anche cercare di risolvere i propri problemi di ordine psicologico tramite il ricorso agli psicologi.
    Non parlo di chi ha gravi disturbi (ad esempio le schizofrenie e le depressioni gravi, per i quali si rende NECESSARIO l’intervento di uno psichiatra, che però è diverso dallo psicologo), ma parlo di chi ha problemi di ordine emotivo, disturbi dell’umore, ecc…
    Queste persone dovrebbero, invece di andare dallo psicologo (che, tra l’altro, costa…), aprire il Vangelo (che è gratis…) e mettere in pratica, ma per davvero! (cioè coi fatti più che con le parole), ogni Parola ivi contenuta.
    Facendo qiesto con perseveranza evangelica, ogni nevrosi, depressione, disturbo d’umore, problema emotivo, relazionale, ecc… sparirebbe! E la ragione è che, mettendo in pratica il Vangelo, i problemi, pur non venendo eliminati (la Fede non è una bacchetta magica!), vengono affrontati in modo diverso, cioè tramite la Grazia e la Misericordia (questo è il vero farmaco!) di Dio che opera in noi!
    Spesso la gente dice: “Andare dallo psicologo non contrasta con la Fede cristiana”. E invece sì! Perché il ricorrere allo psicologo è cercare fuori del Vangelo la soluzione a problemi che il Vangelo è in grado di affrontare! Noi siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio: Dio ci conosce nell’intimo più e meglio di quanto il più grande luminare di psicologia possa fare! E, nel Vangelo, Gesù ci ha rivelato la vetta di ogni esistenza: l’Amore incondizionato per i fratelli, spinto fino al sacrificio di sé, consapevoli che “chi perde la propria vita, la conserva per la Vita Eterna”. Il Vangelo non è una via facile (la Croce c’è sempre…), ma è la sola che porta l’uomo alla vera Gioia. Fidiamoci, fino in fondo, di Dio e troveremo tutto ciò di cui abbiamo bisogno, senza andare a cercare altrove (anzi, “il di più viene dal maligno”).
    I sedicenti “psicologi cristiani” (ossimoro!) l’unica cosa sensata che potrebbero fare è dire alle persone che una nuova vita li attende se aprissero il Vangelo e si fidassero di Dio!
    Consiglio pratico: un buon padre spirituale/confessore (tanto per evitare il “fai da te” della Fede) è meglio di tutti gli psicologi messi assieme!

    • Dario* ha detto in risposta a Psicolgia?

      Premetto che non ho mai fatto ricorso a psicologi perché, grazie a Dio, non ne ho mai avuto davvero bisogno. Alcune delle cose che scrivi sono condivisibili, anche io penso che impegnarsi per vivere il messaggio evangelico sia un’ottima “vaccino” contro tanti problemi ma è pur vero che la psicologia non è il diavolo, come tu sembri sostenere, e vorrei rilanciarti un paio di spunti di riflessione:
      1) molti sacerdoti studiano anche psicologia quindi, se questo non è un male, perché dovrebbe esserlo per un laico? Se non è un male, inoltre, come può essere un ossimoro la definizione “psicologo cristiano”?
      2) tu dici di trovarsi “un buon padre spirituale/confessore” al che io ribatto: “fosse facile!!!”. Il Vangelo è sì alla portata di tutti, i buoni padri spirituali decisamente no quindi prova a calare il tuo utopico discorso nella realtà contingente e vedrai che è molto più difficile (se non impossibile) tirare facili conclusioni come la tua

  4. Emanuele ha detto

    …saranno anche cattolici (adulti o emancipati non so), ma il Santo Vangelo lo praticano poco…

    Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro
    e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.
    Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli.
    ” (Mt 18,2-4)

    …e ci vorrebbe un invito evangelico anche per elettori cattolici a diventare, loro sì, adulti:

    Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci.
    Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi?
    Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi;
    un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni.
    Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco.
    Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere.
    Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
    Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?
    Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
    ” (Mt 7, 15-23)

    …occhio dunque a chi si etichetta come cattolico e poi si mette a fare il falso profeta!

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