Entomologi sfatano l’altruismo negli animali: «solo l’uomo ne è davvero capace»

Uno degli sforzi maggiori del riduzionismo neodarwiniano è quello di sottolineare come le grandi qualità che contraddistinguono l’essere umano siano rilevate anche negli animali. Egli quindi non sarebbe diverso da essi, nessuna unicità, nessuna superiorità, nell’uomo. E’ soltanto un “nient’altro che”, come impone la formula d’obbligo del riduzionista perfetto.

Ad esempio per molto tempo si è insistito dicendo che l’altruismo, grande virtù umana, sia tranquillamente osservabile anche nel regno animale. Ma le cose non stanno affatto così e gli evoluzionisti (quelli seri, ovviamente) sempre più sottolineano come invece l’uomo sia l’unico essere sulla terra a saper essere davvero altruista, ovvero a saper agire per pura gratuità senza alcun vantaggio per sé. Solo l’uomo può seguire la grande novità portata da Gesù, che non è solo quella di amare il prossimo (questo lo avevano già detto altri grandi uomini prima di lui), ma addirittura l’amore verso il proprio nemico: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,43-48).

Nel 2006, seppur ancora tenendo stretto il determinismo riduzionista, lo si è ammesso dopo una ricerca dell’Istituto Max Planck: «Anche gli scimpanzé si aiutano, ma solo se gli serve, per esempio per procurarsi il cibo. Se però li si mette in condizioni di arrivare al cibo senza l’ aiuto di un partner, non facilitano l’ altro nell’ ottenere anche lui un po’ di cibo, nemmeno se loro sono già sazi». Nessun vero altruismo, dunque. Recentemente ne ha parlato anche il genetista Edoardo Boncinelli, a commento di un saggio (“Superorganismo”, Adelphi 2012) pubblicato da due entomologi, Hölldobler e Wilson, i quali hanno sfatato i luoghi comuni sull’insetto eusociale più citato, la formica. Il formicaio è infatti un superorganismo composto da esseri strettamente imparentati tra loro dal punto di vista genetico. «Comportarsi correttamente», spiega Boncinelli, «è utile alla colonia ma anche, seppur indirettamente, ai singoli componenti della stessa». Insomma, il fine ultimo della cooperazione è la sopravvivenza individuale, una forma mascherata di “egoismo”. I due autori sono più netti nel loro volume: «Gli insetti sociali sono rigidamente governati dall’istinto, e lo saranno sempre. Gli esseri umani sono dotati di ragione e hanno culture in rapida evoluzione. Noi umani siamo capaci di introspezione e possiamo trovare  il modo per tenere a freno i nostri conflitti autodistruttivi».

L’uomo svetta su tutta la creazione, non si interessa solo di se stesso, non rischia la vita solo per il suo parente biologico, ma anche per l’estraneo o addirittura per il nemico. In esso, spiega il celebre darwinista spagnolo Francisco J. Ayala, «il comportamento morale non è del tipo di quelle reazioni automatiche di altruismo biologico come si hanno in certe api, formiche e presso altri imenotteri […], il comportamento morale in quanto tale non esiste nemmeno in forma iniziale in esseri non umani». E conclude: «Siamo molto diversi biologicamente dalle scimmie qui sta la base valida per uno sguardo religioso sull’uomo come creatura speciale di Dio, e per una coscienza di che cosa ci renda squisitamente umani» (F.J. Ayala, “L’evoluzione, lo sguardo della biologia”, Jaca Book 2009, pag. 157-233)

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267 commenti a Entomologi sfatano l’altruismo negli animali: «solo l’uomo ne è davvero capace»

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  1. Sophie ha detto

    Sinceramente non mi trovo d’accordo.

    • Alèudin ha detto in risposta a Sophie

      dicci perchè.

      • Sophie ha detto in risposta a Alèudin

        Mah io non mi scorderò mai quando avevo un gatto bianco che si chiamava Mosè ed era il compagno di una gatta che è tutt’ora viva e si chiama Dina. Vivevano in semilibertà. Un giorno Mosè esce in giardino e non si rivede. Noi a cercare, cercare, cercare,… lo ritrovammo morto pochi giorni dopo sulla strada, sicuramente investito da una macchina. Lo seppellimmo e tutto. Dina, la sua compagna, è andata tutte le mattine, ogni giorno sul posto dov’è morto per un anno intero, più o meno sempre alla stessa ora. Restava lì a lungo a fissare il vuoto, immobile, come se stesse facendo una specie di veglia. Io onestamente non ci credo che non esista l’altruismo negli animali…

  2. Antonio ha detto

    Spiacente per voi, ma arrivate in ritardo. Il concetto di “altruismo” non è affatto un concetto cristiano, visto che era presente già nell’antica Grecia. Gesù ed i suoi insegnamenti sono venuti dopo.

    • Uomovivo ha detto in risposta a Antonio

      Non mi risulta che alcun greco abbia detto ama il tuo nemico.

      • Andrea ha detto in risposta a Uomovivo

        Vorrei buttar li una domanda : “è possibile affermare che amare il proprio nemico sia una condizione evolutivamente efficiente indipendentemente da specifiche opinioni religiose”?

        Sostenere che gli animali non hanno l’altruismo che Gesù ci ha insegnato mi sembra banale, bisognerebbe dimostrare che tale forma di altruismo porti effettivamente ad una qualche forma di vantaggio. Se così non è possiamo anche stabilire che ci piace molto ipotizzare di poter tendere un giorno ad avere un indole tanto nobile da permettercelo, ma tale nobiltà rispetto a cosa la misureremmo?

        Non lo dico con il piglio di chi sostiene che non sia così, per carità, ne possiamo parlare, ma mi parrebbe un’ approccio più corretto. Possiamo stabilire a priori che amare il proprio nemico sia meglio che semplicemente rispettarlo? Ossia che si tratti di uno step che deve essere necessariamente intrapreso, senza tirare in ballo considerazioni puramente religiose?

        • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

          Dai Andrea non farmi ridire, con la tua titubanza su ogni parola mi vengono le vertigini. Credo che tu sia completamente a digiuno da qualsiasi concezione filosofica della realtà ma ti sia formato esclusivamente con una visione scientifica-razionalista. Ci hanno provato in tanti a spiegare l’uomo attraverso esclusivamente concezioni scientifiche e di evoluzione e non ci sono riusciti. Dover ancora oggi confrontarsi su questo mi sembra una grandissima perdita di tempo, bisognerebbe andare avanti nel dialogo lasciando il positivismo alla sua epoca. Oggi non a caso si parla di evoluzione culturale come specificità dell’uomo, proprio per dover essere obbligati a ritenere limitata la spiegazione biologica-darwinista.

          L’unica cosa sensata è la tua domanda iniziale: “è possibile affermare che amare il proprio nemico sia una condizione evolutivamente efficiente indipendentemente da specifiche opinioni religiose?”. E’ sensata solo se si tolgono le parole “condizione evolutivamente efficiente”. Riscrivo quindi la tua domanda in modo che ritengo più serio: “è possibile affermare che amare il proprio nemico dipenda esclusivamente da specifiche opinioni religiose”. La risposta è sicuramente “no”, anche se non si può evitare di sottolineare che questo comportamento è entrato nel mondo attraverso il cristianesimo e la figura di Cristo, l’unico ad aver detto una cosa del genere. Ovvio che poi è stata assimilata e fatta propria anche da non religiosi, come tante altre cose, giusto a dimostrare che Cristo ha parlato per tutti, non solo per coloro che vogliono seguirlo.

          Io penso che comunque un non-teista che ama il suo nemico compie un’azione bellissima, ma contraddittora. Su questo potremo confrontarci più avanti però

          • Andrea ha detto in risposta a Alessandro M.

            Non mi interessa granchè il motivo per cui altri abbiano iniziato ad amare il proprio nemico, e se lo abbiano fatto prima dopo o in contemporanea con Gesù.mi interessa invece capire bene a cosa serve. E questa infatti non è una posizione contraddittoria.

            Purtroppo sarai costretto ad includere il positivismo tra le attenuanti che devi concedermi per discutere con me, se ti interessa farlo, così come io concedo a te implicitamente attenuanti legate alla tua stessa posizione che ritengo altrettanto anacronistica su basi che non ha senso e sarebbe noioso tirare in ballo ogni volta. Questo ci permetterebbe di non dover ridimostrare tutto all’inizio di ogni conversazione per ricostruirci una credibilità…

            • Falena-Verde ha detto in risposta a Andrea

              “alla tua stessa posizione che ritengo altrettanto anacronistica”

              Se ti riferisci alla religiosità, ti ringrazio a nome di tutti noi!
              Almeno lui ha parlato delle tue posizioni, non si è messo ad attaccare quelle di tutti gli altri, compresi quelli che con te hanno discusso con piacere!

              • Andrea ha detto in risposta a Falena-Verde

                Quando si offendono le mie la generalizzazione sarebbe una forzatura, quando si offendono quelle di un altro è invece necessaria?

                Come puoi dire che la mia considerazione si basi su una generalizzazione e non sul pensiero specifico di Alessandro?

                Stando al tuo commento il pronome “tuo” è una generalizzazione quando è usato da me e non lo è quando è usato da altri…

                • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                  Ma poi scusa che motivo c’è di offendersi, è chiaro che, se non sono credente, avrò pure le mie motivazioni, il fatto che voi lo siate non mi offende per niente…

                  • Falena-Verde ha detto in risposta a Andrea

                    Le tue posizioni sono tue. O hai anche tu un tuo Gesù da seguire? Se la risposta è no, è logico che non appartieni ad una corrente di pensiero ben definita. Quindi nessuno voleva generalizzare con te, che sei stato, al massimo, definito da Alessandro “razionalista”, che può indicare varie cose filosoficamente. Come “scettico”, del resto.

                    “Ma poi scusa che motivo c’è di offendersi, è chiaro che, se non sono credente, avrò pure le mie motivazioni,”

                    Quindi ammetti che ritieni le “nostre” posizioni anacronistiche e che questa è una delle motivazioni che ti spingono a non credere?

                    “il fatto che voi lo siate non mi offende per niente…”
                    A me non offende il fatto che credi, ma il fatto che consideri il mio pensiero, un po’ superbamente, anacronistico.

                    • Andrea ha detto in risposta a Falena-Verde

                      “Quindi ammetti che ritieni le “nostre” posizioni anacronistiche e che questa è una delle motivazioni che ti spingono a non credere?”

                      lo ammetto senza nessuna vergogna, e mi stupisce che la cosa ti stupisca a tua volta. Ovviamente la mi a presunzione sta più che altro nel ritenere che il progresso delle nostre conoscenze abbia gettato più luce sul potenziale ruolo del genere umano nell’universo di quanta non ne abbia gettata la presenza e la parola di Gesù (che per carità, mi trova d’accordo su molti argomenti, e a cui riconosco un sicuro valore). Non vorrei che passasse il messaggio secondo cui un parere, illuminazione, verbo “antichi” secondo me siano per definizione potenzialmente sbagliati, non è questo il senso.

                      Ma che ci vuoi fare, essere non-credente dovrà pure avere qualche controindicazione 😉

                      Comprendo che la mia posizione possa apparire superba, del resto a me appare superbo (in modo concettuale) attribuire all’uomo una posizione aprioristica di privilegio (e quindi tale definita ex-ante) nell’universo, piuttosto che una posizione di rilievo emersa in un contesto di evoluzione “democratica”.

                      non vedo facilmente risolvibile questo elemento “d’attrito”, se lo fosse probabilmente non passeremmo ore a discutere di questi argomenti.

                      Però l’accusa di superbia non mi offende affatto perchè la ritengo giustificabilissima nel contesto del framework di pensiero in cui viene formulata.

                      Ti assicuro che ho un sacco di amici credenti (la maggioranza), non con tutti parlo di queste cose, ma ciò non significa che io viva pensando che siano dei mentecatti o che giudichi ogni loro azione applicando una sorta di criterio della “tara del credente”. Certo penso di avere una visione più equilibrata della realtà, ma in fondo ognuno di noi ha il diritto di pensare ciò di sè stesso, e loro probabilmente pensano lo stesso di me.

                    • GiuliaM ha detto in risposta a Falena-Verde

                      Secondo me purtroppo l’uomo è sempre lo stesso, Andrea, quali che siano le sue conoscenze e la tecnologia che ha sviluppato. I Vangeli sono ancora oggi spaventosamente attuali.
                      Mi potresti elencare i punti della parola di Gesù che consideri “inattuali”?

                    • Andrea ha detto in risposta a Falena-Verde

                      Giulia ritengo che una fotografia dell’uomo negli ultimi 2000, 5000 , forse anche 10000 anni possa essere considerata relativamente stabile da un punto di vista somatico e delle capacità intellettive, lo stesso non si può dire tuttavia rispetto alla conoscenza che l’uomo ha dell’ambiente che lo circonda e delle leggi che paiono normarlo.

                      Essendo non credente, non credo ci sia bisogno che io ti elenchi le parole di Gesù che considero inattuali. Ma se insisti ti faccio un esempio, Il definirsi (o essere definito) figlio di un “entità diversa da un altro uomo”, attraverso un processo riproduttivo che non è quello propriamente umano, ad esempio mi pare incompatibile con qualsiasi nostra evidenza diretta, e tendo a rilevarla come un’affermazione fortemente incompatibile con le nostre conoscenze odierne.

                      non so se Gesù abbia detto queste cose di sè o le abbiano dette altri di lui (se non le ha dette lui, l’anacronismo non è suo ma di chi lo ha sostenuto ovviamente)

                    • Maria Domenica ha detto in risposta a Falena-Verde

                      Scusi Andrea ma nel suo ragionamento manca un passaggio fondamentale: Dio è onnipotente e può agire attraverso qualsiasi via. Noi spesso racchiudiamo o vorremmo racchiudere le sue azioni entro i nostri canoni, ma non possiamo farlo. Spesso ci lamentiamo di Dio perché non interviene nelle nostre vicende umane, ma ci dimentichiamo che Egli ci dona ogni giorno il suo aiuto, dato che ci ha creato perché fossimo l’uno di aiuto all’altro e ha mandato il suo unico Figlio per dimostrarci come fare e tutto questo mantenendo la nostra libertà. Più attuale di così! Sono pienamente d’accordo con GiuliaM.
                      Le do inoltre un consiglio, se vuole sincerarsi di quello che dicono i credenti deve leggere personalmente la Bibbia e le assicuro che non si pentirà, parlo per esperienza personale di atea convertita al cattolicesimo

                    • Fabio Moraldi ha detto in risposta a Maria Domenica

                      Maria posso dire una cosa? Meno male che ci sei tu!!

                    • Andrea ha detto in risposta a Falena-Verde

                      Buongiorno Maria, la ringrazio del consiglio che percepisco come sincero e sentito.
                      Ho letto la Bibbia (il Corano e molti altri testi religiosi) purtroppo mi pare di capire che senza il dono della fede, di cui per qualche motivo l’entità che lei chiama Dio pare volermi privare in modo direi “quasi ostinato” a questo punto, tali letture non scatenino in me la scintilla illuminante che hanno suscitato in lei.

                      La mia conoscenza della Bibbia non è di sicuro approfondita, da un lato la mia memoria per le nozioni è limitata, dall’altro non amo la memorizzazione e la ripetitività ,le considero sminuenti per la natura stessa del cervello umano (tranne nel caso di alcune poesie, o perchè, no magari anche del cantico dei cantici).

                      Purtroppo tutto ciò che lei da per scontato in questo suo accorato appello richiede il possesso della fede per essere condiviso e messo a fondamento di qualsivoglia considerazione. Senza la fede non mi è possibile distinguere un “intenzionale mancato intervento”” da un “mancato intervento derivante da inesistenza”.

                    • Maria Domenica ha detto in risposta a Falena-Verde

                      Gesù nell’Apocalisse ci dice: “Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io cenerò con lui, ed egli con me”, Lui rispetta la nostra libertà nel “voler” credere o non credere. Si manifesta in molti modi, ma noi la nostra porta la apriamo? Non basta leggere ma guardare a chi vive davvero con fede la sua vita, ovvero i santi, le persone che si sacrificano con gesti e preghiere per gli altri come Madre Teresa di Calcutta. I dubbi sono tanti, ma si risolvono con la lettura attenta e quotidiana delle Sacre Scritture e confrontandosi con una santa guida spirituale, che può ritrovare in molti sacerdoti. Se chiede risposte solo a me le domando “può un cieco guidare un altro cieco?”. Sono cieca anch’io nel senso che sono in un cammino di fede, ma non ho la conoscenza perfetta della Verità. C’è bisogno anche, anzi soprattutto della propria volontà, bisogna mettersi in gioco e non trincerarsi dietro l’affermazione Dio se esiste non mi dà il dono della fede

              • Andrea ha detto in risposta a Falena-Verde

                Falena, il piacere nel discutere con te, da parte mia, è sempre vivo. Ovviamente non è mediabile con la mia opinione di persona fondamentalmente non credente. Ma io riesco a discutere con piacere per il puro interesse di sentire le tue opinioni senza volerle minimamente cambiare.

                Ogni due per tre su questo blog, sento fare generalizzazioni del tipo:

                “l’approccio zzzzzz è la classica strategia dell’ateo”
                “non potete far altro che xxxx per giustificare yyyy”

                ti sfido a trovare una mia frase di simile tono, eppure credo che sarei titolato a risentirmi a mia volta per questo tipo di generalizzazioni, molto più gravi di una eventuale accusa di anacronismo, perchè non includono nessuna attenuante (uno potrebbe sostenere una posizione anacronistica anche solo perchè non è in possesso delle informazioni “giuste”, senza avere uno specifico obiettivo, ad esempio).

                Da un lato, on credo che sia il caso di discutere tornando ogni volta alla radice di un disaccordo che va oltre il tema specifico che si sta affrontando, e dall’altro tu stesso non avresti stima di un interlocutore che ponesse come premessa qualcosa di simile:

                ” La vostra posizione è sicuramente giusta, e io sospetto di non averla compresa più di quanto sospetti di averne a mia volta una più valida”

                • Falena-Verde ha detto in risposta a Andrea

                  Andrea, capisco, però come ti sentiresti tu a sentirti continuamente dalla “fazione opposta” che le tue posizioni sono semplicemente frutto di ignoranza? Ce lo dicono un sacco di persone, anche su questo blog.
                  A me, ripeto, sembra superbo. Capisco la tua arrabbiatura, però, se devi discutere con X, non metterti ad attaccare le idee che X, Y, Z, A ed altri (soprattutto se presenti, come in questo caso) sostengono. E se altri l’hanno fatto con te (ovvero attaccarti con delle generalizzazioni), tu non ripetere l’errore.

                  • Andrea ha detto in risposta a Falena-Verde

                    D’accordo se è parso così sono il primo a scusarmi, ma ho solo risposto ad una persona che mi riteneva anacronistico con la stessa accusa. é chiaro che essendo i frequentatori non credenti di questo blog inferiori a quelli credenti, se ne deduca che gli effetti dell’eventuale generalizzazione siano maggiori in un caso che nell’altro.

                    • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

                      Dai non fare la vittima per nulla. Non credenti inferiori a credenti, ma quando mai?? Non me ne frega nulla in cosa credi Andrea. Ma è possibile che non si può discutere anche avendo idee contrarie senza che uno si metta a fare la vittima? Perché non capita mai nelle discussioni che abbiamo nella vita reale? Non è che forse è tutta una tua costruzione mentale dovuta al fatto che non riesci a vedere in faccia con chi stai discutendo?

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      No scusa ri-spiegami dove avrei fatto la vittima perchè mi sfugge…

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      ho solo detto che se dico che la posizione opposta alla mia è anacronistica su un blog in cui la mia posizione è in minoranza le probabilità che tale posizione offenda qualcuno sono superiori, rispetto all’ipotesi opposta.. Dove sta il vittimismo?

                    • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

                      Sorry, avevo capito male.

                      Andrea, non siamo in guerra, il nostro schieramento non esiste, così come non esistono i tuoi soldati. Qui non sei in campo nemico. Vai tranquillo.

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Alessandro sono tranquillo purtroppo è necessario concedersi reciprocamente una serie di attenuanti legate a:
                      – la passione con cui ognuno difende le proprie posizioni
                      – la forte tentazione di generalizzare i rispettivi comportamenti
                      – l’asincronicità del mezzo internet che non ci permette di “sfogare” in modalità non verbale (sguardi e toni) tensioni che rischiano di accumularsi fino a minare la qualità stessa del dibattito.

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Alessandro rileggendo la mia frase ho scoperto l’errore

                      ” essendo i frequentatori non credenti di questo blog inferiori a quelli credenti”

                      ahah, volevo dire “in numero inferiore” e non “inferiori” nella prima accezione la tua accusa di vittimismo era stra-giustificata… 😉

                    • Falena-Verde ha detto in risposta a Andrea

                      Sì Andrea, purtroppo è parso così.

            • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

              “Non mi interessa granchè il motivo per cui altri abbiano iniziato ad amare il proprio nemico, e se lo abbiano fatto prima dopo o in contemporanea con Gesù.mi interessa invece capire bene a cosa serve”
              A me invece interessa, eccome se interessa! Vuoi capire cosa serve amare il proprio nemico? Se fai questa domanda confermi che il tuo modo di ragionare sull’uomo è puramente in termini scientifici. Soltanto chi vede l’uomo come essere riducibile a criteri scientifici (anatomici e fisiologici, quindi) non può capire -ovviamente- che senso ha l’amore verso gli altri, agli estranei e ai nemici. Questo spiega anche che solo con una concezione di Dio creatore e padre ha senso amare il proprio nemico, in quanto fratello prima che nemico. E’ corretto dire che senza questa concezione sia assolutamente insensato farlo e incomprensibile (non a caso chiedi: “a cosa serve?”). La legge del taglione rimane dopo secoli di civiltà il modus operandi migliore secondo te?

              Non credo siano necessari altri commenti.

              • Andrea ha detto in risposta a Alessandro M.

                bene adesso che sei riuscito a darmi dell’essere amorale la tua soddisfazione è piena.

                tuttavia fai un sacco di semplificazioni:

                “…non può capire -ovviamente- che senso ha l’amore verso gli altri, agli estranei e ai nemici..”

                siccome ho messo in dubbio l’utilità dell’amare i nemici, o se preferisci il senso di farlo, immediatamente divento incapace di amare…

                Ti prego ora non dirmi che la tua definizione di amore è by definition più nobile della mia, in virtù della sola vastità dell’insieme di persone che sei in grado d’amare…

                • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

                  Mi hai capito male.

                  Dici che non puoi capire il senso dell’amare i tuoi nemici.
                  Questo dubbio sorge soltanto se si pensa all’uomo come un animale, quindi con l’obiettivo unico di battersi per la sopravvivenza.

                  La legge del taglione mi pare l’unica valida, no? Qualsiasi forma di rinuncia alla vendetta sarebbe un segno di amore al nemico. E tu non ne capisci il senso perché effettivamente è un comportamento anti-darwinista.

                  • Andrea ha detto in risposta a Alessandro M.

                    tra l’amore e l’odio non ci sono tante sfumature intermedie?

                    posso concedere delle attenuanti, posso essere indifferente, posso rifuggire il nemico, posso persino perdonarlo. Mi sembrano un sacco di alternative validissime all’amore.

                    Purtroppo non riesco a definire come pregevole un comportamento esclusivamente per il fatto che viene consigliato dalla religione cattolica ed è privo della qualità dell’essere darwinista. Ho bisogno di altre motivazioni.

                    • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

                      Il problema, diciamocelo chiaro Andrea, è che qualsiasi comportamento consigliato dalla religione cattolica non è corretto. Proprio perché arriva da una precisa fonte. E’ tanto che dialoghiamo e mi pare che sia la tua posizione più evidente.

                    • Michele Silvi ha detto in risposta a Andrea

                      Vuoi sapere a che serve? Fallo.

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Sbagliato Alessandro, se così fosse io passerei le mie giornate a violentare bambini e donne, a bestemmiare ed odiare il prossimo il che chiaramente non è . Anzi tranne che su specifici temi quali aborto, omosessualità e poco altro ti sfiderei a distinguermi da un credente (ma da uno che lo è davvero, perchè rispetto a quello che mediamente vi si professa sono probabilmente più avanti…)

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      ahaha Michele, di certo non approccerei col tuo metodo d’indagine conoscitiva temi quali il suicidio… 😉

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Alessandro ho più volte detto e mi sono testimoni molte persone qui che ritengo positiva la maggior parte del messaggio di Gesù, pur non condividendone la natura divina. Non credo mi si possa accusare di anti-religiosità.

                      RItengo che si possano vivere certi valori senza essere credenti, ma sono contentissimo se altre persone li incarnano essendolo.

                    • Michele Silvi ha detto in risposta a Andrea

                      Beh, non penso che amare il proprio nemico abbia le stesse conseguenze del suicidio, ci si può provare anche senza perdere la vita 😉

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Direi che dipende dal nemico e soprattutto da che distanza decidi di amarlo 😉

                    • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

                      In cosa consiste il tuo assomigliare ad un credente?

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Nel voler tendenzialmente bene al prossimo (pur senza spingermi ad amare i nemici), mi sembra un buon punto di convergenza.

                    • Michele Silvi ha detto in risposta a Andrea

                      Si prova un passo alla volta, non c’è bisogno di iniziare dai nemici più estremi 😉

                    • Bartolomeo ha detto in risposta a Andrea

                      Assomigliare ad un credente? Ma quanto può assomigliare ad un credente uno che è così talmente falso da fare il diavolo a quattro su OKNOtizie additando questo sito come “cattolicista” e macchina per fabbricare bufale ed emettendo fiumi di veleno mentre poi viene qui a fare il santerello laico che “assomiglia ai credenti”?

                      Ma chi vuoi prendere in giro?

                    • Kosmo ha detto in risposta a Andrea

                      @Bartolomeo:
                      in che senso? ti dispiace spiegarti meglio?

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Bartolomeo, perdonami, credo che tu sia incorso in un errore d’identità:

                      1) OKNOtizie: non so nemmeno che diavolo sia.
                      2) -additando questo sito come “cattolicista” e macchina per fabbricare bufale – : mai fatto niente di simile e sarei veramente un idiota vista la quantità di tempo che passo qui ad interagire con i vari partecipanti.

                      Non so da cosa ti derivino le tue convinzioni, nè comprendo se si tratti di un tentativo gratuito di screditare le mie posizioni, ma ti dirò posta in questi termin la questione nemmeno mi interessa granchè.

                      Per dimostrarti che tuttavia mi preme risolvere l’eventuale errore in cui tu possa essere incorso seppur in buona fede mi sono recato su questo OKNotizie ed ho cercato le due espressioni che citi col seguente risultato:

                      macchina per creare bufale= zero risultati

                      cattolicista: tre risultati di cui uno a cura di un certo AndreaM, che tuttavia non conosco.

                      Buonanotte.

                    • Kosmo ha detto in risposta a Andrea

                      @Bartolomeo e Andrea:
                      ho fatto anche io qualche ricerca su OKNotizie, di cui ignoravo allegramente l’esistenza,ma neppure io ho trovato le parole chiave che hai postato tu. Magari se ci fornissi qualche link potremmo approfondire.
                      Ho trovato anche io un AndreaM, e ricordo che c’era anche qui uno che postava con questo nick, ma non ricordo assolutamente se sia QUESTO Andrea.

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Se si cerca abbastanza bene, e scelti due nomi yyyyy e xxxxx , per qualunque azione negativa si possa ipotizzare, vi sarà probabilmente un yyyyy su internet che l’abbia già commessa, ed un xxxxx pronto a trasformare una correlazione tra nickname (nella forma d’identità o assonanza), in una generalizzazione che demonizza tutti gli yyyyyy.

                    • Kosmo ha detto in risposta a Andrea

                      @Andrea:
                      cos’è, un postulato della “Legge di Godwin”? 😉
                      http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_Godwin

                      Cmq non è sempre vero, per esempio se ti scegli un nick come
                      “woflwmppwo49kpwokfwpwò03kmpo23irp23” difficilmente il tuo postulato troverà applicazione… 😉

                    • Kosmo ha detto in risposta a Andrea

                      *postulato sostituito con corollario

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      @kosmo, giuro che non la conoscevo ma è molto interessante.

                      concordo, alla luce della tua corretta osservazione correggerei dicendo che la mia legge rimane valida soltanto se si ipotizza che internet possa crescere all’infinito

                      credo che l’insieme dei possibili nick sia poi in realtà automaticamente delimitato dalla nostra capacità mnemonica e dalla nostra necessità intrinseca di comprimere ogni dato per meglio rappresentarlo a noi stessi.

                      una scelta quale quella di: “woflwmppwo49kpwokfwpwò03kmpo23irp23” porrebbe una seria ipoteca sulla probabilità di ricordarsi il nome dell’interlocutore e sulla predisposizione a rispondergli. i più amichevoli procederebbero abbreviandolo in “wofl…” ma a quel punto l’assonanza con l’incredibile numero di possibili abbreviazioni di tutti i possibili nick che inizino con “wofl” ci rigetterebbe nel problema iniziale 😉

        • Uomovivo ha detto in risposta a Andrea

          Ci viene detto di amare i nostri vicini di casa ed anche i nostri nemici, probabilmente perché spesso sono la stessa cosa ma il vero punto è questo: che vuol dire amarli come se stessi?
          Non so te, ma se ci penso, io per me stesso non provo propriamente sentimenti di affetto e quando sono solo non è che gradisca tanto la mia compagnia.
          Quindi amare il mio nemico non vuol dire trovarlo simpatico, provare affetto per lui o considerarlo in fondo una brava persona. E meno male direi! Con quale coraggio avrei potuto convincermi che Himmler dopotutto non sia stato poi così cattivo?

          Il fatto è che io non mi considero una brava persona, a volte sono pessimo, e quando penso alla massima “odia il peccato ma non il peccatore” mi ricordo che se c’è una persona di cui per anni ho giudicato solo le sue cattive azioni ma non la persona, quella sono io stesso. Nonostante detesti alcuni miei vizi, continuo ad amarmi; odio quei vizi perché mi amo. Quindi se ci sono cose che odio, e ne trovo tante, le dovrei odiare come le odierei in me stesso cioè sperando che la persona si dispiaccia per aver fatto certe cose, che si emendi e ridiventi più umano.
          Il precetto biblico è proprio questo: desiderare il bene del prossimo, anche delle persone poco amabili perché le prime persone che hanno poco di amabile siamo noi stessi. Il nostro io lo amiamo solo perché è noi stessi.
          Dio ci chiede di amare tutti gli altri io allo stesso modo e per la stessa ragione: perché è così che Dio ama noi. Non per le qualità amabili che possiamo avere, ma solo perché siamo quelle cose chiamate io. Quali che siamo, cioè creature capaci di compiacersi dell’odio, non trovo altre ragioni per cui amare per non essere amato è umano.

      • Ugo La Serra ha detto in risposta a Uomovivo

        Sono però ben pochi coloro che effettivamente amano i propri nemici, anche tra i sedicenti cristiani.
        Quanti tra i credenti considerano i non credenti come nemici? E dov’è tutta questa espressione d’amore?
        Quello che più si avvicina a questo prescrizione, è lo slogan fascista “Molti nemici, molto onore”.

        • francesco ha detto in risposta a Ugo La Serra

          L’ amare il proprio nemico non deve essere confuso con il lasciara fare al tuo nemico tutto quello che vuole. Gesù ha perdonato ogni peccato, anche la peccatrice, ma poi le ha detto di non peccare più. E’ dovere della chiesa perdonare ma anche rimproverare chi sbaglia.

        • lorenzo ha detto in risposta a Ugo La Serra

          Perché un non credente dovrebbe essere un mio nemico?
          E’ semplicemente un fratello, a volte troppo rompiscatole, che vorrei vedere più sereno e che talvolta mi provoca un nodo in gola causato da un dolore impotente nel vederlo deciso a “suicidarsi”.

        • Tano ha detto in risposta a Ugo La Serra

          Non si parla di coerenza, commento inutile.

    • Ercole ha detto in risposta a Antonio

      Pienamente d’accordo con Uomovivo, d’altra parte basta leggere l’articolo dove ne parla. Io mi chiedo perché la gente voglia commentare senza sapere cosa sta commentando…

  3. Andrea ha detto

    le conclusioni dell’articolista mi sembrano un po’ troppo categoriche, il primato degli umani nell’esprimere una forma più complessa d’altruismo potrebbe essere proporzionalmente legato alle loro superiori capacità cognitive e non necessariamente avere le caratteristiche binarie cui si fa riferimento nell’articolo.

    Vorrei citare il seguente studio sempre dell’istituto Max Planck e reperibile al seguente link:
    http://email.eva.mpg.de/~tomas/pdf/Warn_Science.pdf

    Nel vostro articolo si dice: “«Anche gli scimpanzé si aiutano, ma solo se gli serve, per esempio per procurarsi il cibo. Se però li si mette in condizioni di arrivare al cibo senza l’ aiuto di un partner, non facilitano l’ altro nell’ ottenere anche lui un po’ di cibo, nemmeno se loro sono già sazi». Nessun vero altruismo, dunque”

    vero ma interpretazione un filo semplicistica, mi sembra più corretta questa, che tiene conto di un potenziale bias specifico legato al procacciarsi il cibo da cui l’uomo non è affetto (o meglio, non più)

    estrapolo dallo studio con riferimento al cibo come mezzo di test:

    ” In two recent experiments, chimpanzees were given the opportunity to deliver food to a conspecific (21, 22), but again that conspecific was not trying to solve a problem in which the subject could help instrumentally. Results were negative. But it is
    possible that altruism would be more likely when it involves objects other than food, because chimpanzees often compete over food and the drive to acquire food for themselves might preclude their capacity to act on behalf of others”

    Come conclusione mi sembra molto equilibrata quella cui quindi si giunge:

    “A number of theorists have claimed that human beings cooperate with one another and help one another (especially non-kin) in ways not found in other animal species . This is almost certainly so, and the current results demonstrate that even very young children have a natural tendency to help other persons solve their problems, even when the other is a stranger and they receive no benefit at all. However, our nearest primate relatives show some skills and motivations in this direction as
    well, and this suggests that the common ancestor to chimpanzees and humans already possessed some tendency to help before humans began down their unique path of hypercooperativeness “

    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

      ad ogni modo indipendentemente da aspetti specifici lo studio evidenzia una certa presenza anche negli scimpanzè di comportamento altruistico non legato a reward diretto, presenza inferiore rispetto all’uomo? OK. Nulla? Non parrebbe proprio.

      Un Caveat. è molto difficile testare in uno scimpanzè la relazione con gli sconosciuti (perchè ciò rende difficile catturare l’attenzione dello scimpanzè stesso per sottoporlo ai test) , viceversa è molto difficile testare l’altruismo dello scimpanzè non in cattività. Insomma bisogna applicare gli opportuni pesi e misure, non possiamo giudicare l’altruismo dello scimpanzè col metro umano, perchè è molto difficile creare condizioni di test omologhe per esseri dissimili.

    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

      Molto interessante anche questo studio sempre di Warneken (ne cito l’abstract):

      http://www.nature.com/nature/journal/v476/n7360/full/nature10278.html

      Che evidenzia in modo molto equilibrato le differenze a livello di dinamiche di collaborazione in cui l’uomo dimostra una delle grandi marce in più che lo avrebbero portato dove si trova ora.

    • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

      Secondo me stai facendo molta confusione Andrea. L’esistenza di altruismo è osservata certamente ma è si è altruisti per ricevere un beneficio. Mi sembra perfetta la definizione di Ayala: “il comportamento morale in quanto tale non esiste nemmeno in forma iniziale in esseri non umani”.

      Lo scimpanzé non fa nessuna riflessione morale/etica, nemmeno nei casi osservati. Non esiste nessun tipo di paragone perché non si è mai in presenza di vero altruismo inteso come gesto gratuito verso un nemico (ad esempio) dove l’essere può addirittura rimetterci. Vediamo di non cadere come patate nel riduzionismo più bieco per favore.

      • Andrea ha detto in risposta a Alessandro M.

        Non è quello che dice lo studio che ho citato.

        Se parliamo di altruismo secondo una definizione che è puramente umana, possiamo a quel punto dire che lo scimpanzè non è così poco peloso come l’uomo e quindi è inferiore.
        Ah senso invece confrontare l’altruismo su un terreno comune per confermare o smentire la possibilità che, in nuce, lo scimpanzè possieda delle caratteristiche che sono più sviluppate nell’uomo.

        Se invece si vuol dire che L’uomo ha un etica e lo scimpanzè no, sono d’accordissimo, ma allora parliamo di quello e non di altruismo.

        • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

          La vera spinta altruistica nasce su valutazioni etiche-morali, voler tagliare fuori questo è assurdo. Nessun animale compie una volontaria azione altruista. Anzi, negli animali non c’è nessun vero altruismo perché in fondo si tratta sempre di compiere un’azione soltanto apparentemente altruista, ma che poi porterà un beneficio a sé o al proprio corredo genetico. Lo studio che hai citato dice proprio questo: parla di collaborazione tra individui della propria specie ed essi sono altruisti non per compassione verso l’altro, ma per una salvaguardia della propria specie. Inoltre esista la forma di altruismo che risponde a questa formula: gratto la schiena a te perché poi tu la gratti a me. Come vedi è sempre in funzione di un beneficio a sé stessi, quindi non è vero altruismo da questo punto di vista.

          • Andrea ha detto in risposta a Alessandro M.

            ho citato uno studio in cui si esplicita l’assenza di un reward diretto infatti e la si incorpora nella definizione di altruismo che si vuole testare. Sul fatto che nessuno scimpanzè amerà mai il proprio nemico siamo d’accordo anche senza scannarci…

            • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

              ” number of theorists have claimed that human beings cooperate with one another and help one another (especially non-kin) in ways not found in other animal species”. Io sono contrario a queste conclusioni di Andrea.

            • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

              Lo studio che hai citato, citato anche nell’articolo, dice che esiste una sorta di collaborazione tra appartenenti della stessa specie. Non è nulla di nuovo, lo si sapeva da decine di anni.

              La questione è che questa forma di altruismo non è alla fine altruismo vero e proprio perché lo scopo per cui gli scimpanzé si aiutano è preservare la propria genia, così come è imposto loro dalla selezione naturale. Questo ti sembra altruismo? Oppure è sempre una forma di egoismo? Capisci perché dico che non esiste l’altruismo negli animali, ma solo forme mascherate?

              Mi spiace se hai l’impressione che ci stiamo scannando ma non è affatto così, anzi mi scuso eventualmente se sembro aggressivo, ma è il rischio di un confronto senza vedersi in faccia, magari davanti ad un caffè.

      • Andrea ha detto in risposta a Alessandro M.

        “si è altruisti per ricevere un beneficio”

        questa frase contiene un ossimoro che devi risolvere.

        • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

          Nessun ossimoro, infatti negli animali non c’è un vero altruismo ma è sempre egoismo, si aiuta l’altro perché questo porta un beneficio a sé. Non hai ancora afferrato di cosa si sta parlando se mi fai questa osservazione.

          • Andrea ha detto in risposta a Alessandro M.

            lo studio che ho citato parla di altruismo o no?
            Si riferisce ad una definizione di altruismo su cui sono testabili uomini e scimpanzè o no?

            Dimmi che ti fa’ schifo lo studio e la chiudiamo li se vuoi. E’ una posizione legittima.

            • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

              Hai capito che stiamo parlando di due “tipologie” di altruismo diverso o no? Il primo non è vero altruismo, anche se in campo scientifico lo si chiama così (“aiuto il mio parente così aiuto la mia specie” e “gratto la schiena a te e tu la gratti a me”). Il secondo tipo di altruismo, quello reale, è specifico ed esclusivo dell’uomo. Lo dice proprio lo studio che hai citato

              • Andrea ha detto in risposta a Alessandro M.

                ok quindi esistono due tipi di altruismo, uno di basso livello che scimpanzè e uomini hanno in comune ed uno di alto livello che hanno solo gli uomini e che si chiama? Etica? Morale?

                Siamo d’accordo.

                tuttavia lo ribadisco i casi di test altruistico cui lo studio citato fa riferimento non sono del tipo che indichi tu:

                “aiuto il mio parente così aiuto la mia specie” e “gratto la schiena a te e tu la gratti a me”

                • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

                  Ci siamo quasi.

                  Non esiste però un altruismo di basso livello, a meno che si vuole sostenere che gli animali possano permettersi di mettere da parte l’istinto della sopravvivenza (propria o della propria genie) e cominciare ad occuparsi dei più sofferenti o dei più disagiati (nello studio che hai citato gli scimpanzé hanno aiutato con difficoltà solo in alcune azioni).

                  • Andrea ha detto in risposta a Alessandro M.

                    “Ci siamo quasi”?

                    “Altruistic Helping in Human Infants and Young Chimpanzees”

                    Alessandro
                    1) Scrivi all’autore dello studio che la sua definizione di altruismo è sbagliata….
                    2) dai una definizione di come i seppur blandi (e supposti) comportamenti altruistici evidenziati nello studio) siano linkabili all’istinto alla sopravvivenza.

                    Dopodichè ci saremo quasi…

                    • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

                      Andrea, ti prego, vai oltre al titolo dello studio (ci vorrebbe il premio nobel per loro se fosse come dici tu!!). Leggi bene tutto e capisci di cosa si tratta.

                      1) Non ho bisogno di scrivergli perché non ho obiezioni alle conclusioni tratte.

                      2) Gli scimpanzé testati sono stati allevati dagli uomini e hanno (seppur in modo parziale e discontinuo) mostra altruismo verso di loro. Rientra quindi tutto all’interno di quel concetto di altruismo che poi è egoista: aiuto te così tu continui ad allevare me. Lo vediamo quotidianamente nel comportamento dei cani.

                    • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

                      Oltretutto Tomasello è un forte sostenitore dell’unicità dell’essere umano, in quanto nasce predisposto ad un comportamento collaborativo, a differenza di quanto accade negli scimpanzé adulti.

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      vabbè lasciamo perdere, qui non si procede di una virgola (sarà pure colpa mia)

                      Stiamo dicendo la stessa cosa, io stesso avevo rilevato un caveat rispetto ai parallelismi tra i due, poi mi è stato detto che era tautologico.

                      Se il risultato è: “la forma d’altruismo che prova l’uomo la prova solo l’uomo” siamo da capo, tutti d’accordo.

                    • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

                      Tautologia? Non ne ho mai parlato e non so a cosa ti riferisci.

                      Mi rimane solo il dubbio del perché mi hai citato questo studio se anche tu non lo ritieni utile (dato che si è sempre all’interno di quel “finto altruismo” che si osserva nel “gratto io che poi gratti tu” = “aiuto chi mi ha allevato che poi lui aiuta me”).

                      Non esiste un altruismo disinteressato nell’animale, quindi per sua stessa definizione non può esistere altruismo (inteso come puro dare senza ricevere). Se mi dici che sei d’accordo, mi spieghi che senso ha avuto obiettare finora? Anch’io ho perso il filo del discorso…

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      la differenza nelle posizioni sta solo nel fatto che io credo che i comportamenti degli scimpanzè pur in questa loro incompletezza rispetto all’altruismo ideale cui fai riferimento tu siano indicativi di un trend evolutivo che apre tranquillamente le porte ad una gradualità temporale nell’emersione dell’altruismo nei nostri antenati, partendo da un antenato comune che avesse a sua volta questo altruismo (proprio o improprio o di serie b) che gli scimpanzè mostrano.

                    • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

                      Andrea, non è altruismo: gratta a me che io gratto a te non è altruismo, è cooperazione alla sopravvivenza.

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Si scusa era Ercole ad aver parlato di tautologia

                    • Michele Silvi ha detto in risposta a Andrea

                      Sono collegabili alla sopravvivenza della specie: c’è un cucciolo che piange, tale azione scatena in me la reazione di soccorrerlo, perché i miei istinti (sì, anche il rapporto essere umano-bambino è spesso regolato dagli stessi istinti, non è quando il bimbo piange che viene fuori l'”umanità” del genitore) mi impongono di salvare un esemplare che potrebbe essere molto utile per la perpetuazione della specie.
                      Meccanismi simili impediscono ai corvi di accecare i simili, ai lupi di azzannare alla gola gli avversari, ma nulla di tutto questo, molto probabilmente, è cosciente e consapevole, anzi: l’esperienza ci dice che è un’azione molto più cosciente e consapevole ignorare nostro figlio che piange, di fatto è più “difficile”.

    • Ercole ha detto in risposta a Andrea

      Andrea non mistificare le cose. Le conclusioni sono una citazione di Ayala e non dell’articolista. Vuoi essere in disaccordo? Abbi il coraggio di dire: “la mia opinione è in disaccordo con quella di Francisco Ayala che di professione, al contrario mio, si occupa proprio di questo”. Inoltre sei anche in disaccordo con Boncinelli e preferisci dare un’interpretazione diversa allo studio di cui parla, il quale oltretutto abbonda di “è probabile”, “è possibile”. Le conclusioni sono: “human beings cooperate with one another and help one another” e forse, dicono, lo fanno anche gli scimpanzé. Ma è sempre una collaborazione per la salvaguardia del proprio pattern genetico, con i parenti, con i famigliari. Non si parla di altruismo verso l’estraneo o un possibile nemico. Quindi, non solo ha ragione Alessandro (“non c’è nessuna riflessione morale/etica alla base”), ma anche quando si tratta di altruismo “simile” è sempre egoismo, si comportano così per salvaguardia dei propri geni. Se tu avessi ragione bisognerebbe d’altra parte riscrivere la teoria della selezione naturale cui l’animale è costretto ad obbedire, al contrario dell’uomo. Parli poi di “superiorità di capacità cognitive” ed è appunto una tautologia.

      • Andrea ha detto in risposta a Ercole

        Ercole, subito ad accusarmi di avere intenzioni maligne, basta con sta storia della mistificazione, potrò esporre una posizione diversa senza essere considerato l’anticristo?

        Non credo mi sia mai mancato il coraggio di affermare il mio disaccordo, è chiaro che se lo esprimo su temi che non governo al pari degli studiosi citati lo farò citando a mia volta. Preferisco essere accusato di ignoranza, o d’incapacità d’interpretazione, l’accusa di mistificazione racchiude un’intenzione che non è onesto intellettualmente attribuirmi,e mi fa anche un po’ ridere, perchè è formulata Ex-Ante sulla base di specifiche pregiudiziali, che nel caso, ti pregherei di esplicitare.

        spiegami invece perchè è una tautologia affermare che l’uomo ha superiori capacità cognitive? (frase che è tratta dallo studio che ho citato e che non è mia)

        • Ercole ha detto in risposta a Andrea

          Ma tu DEVI esporre tutto quello che ti senti di esporre, ma lo devi fare in modo onesto. Le conclusioni sono una citazione di Ayala e invece tu hai detto che sono dell’articolista. Si chiama fallacia dell’uomo di paglia: hai addossato le conclusioni all’articolista perché potessi abbassare il valore di autorità e quindi poter opporre la tua opinione. Invece devi dire: “Ayala ha torto”. Per me va benissimo, ma non devi prendermi in giro.

          Tautologia: l’uomo ha la possibilità di essere veramente altruista proprio perché è dotato di superiori capacità cognitive. E’ una condizione inevitabile.

          • Andrea ha detto in risposta a Ercole

            ma chi ti prende in giro, ok, se l’articolista condivide le posizioni di Ayala non ci sarebbe comunque di che vergognarsi, mi sembra un cavillo (sei tu l’articolista? Scusa..)

            Dell’autorità mi importa un fico secco, se l’articolista fa sue le posizioni di Ayala, anche se fossero di Einstein e non le condividessi le criticherei.

            ok sulla tautologia, ma ho individuato il pattern comune a tutte le nostre discussioni:

            Se si afferma che una qualità si esprime in modo graduale (anche se non continuo) attraverso più specie si rischia di fare dell’uomo un animale… Orrore.

            Se invece si definisce che una qualità che è esclusiva dell’uomo egli è salvo.

            • Andrea ha detto in risposta a Andrea

              perdona l’ignobile grammatica del post precedente.

              Alla stessa stregua mi sembrerebbe tautologico rilevare che gli animali non abbiano le caratteristiche attribuibili agli esseri che hanno incontrato Cristo…

              non ce le hanno proprio per quel motivo.

              • Ercole ha detto in risposta a Andrea

                “gli animali non abbiano le caratteristiche attribuibili agli esseri che hanno incontrato Cristo…”
                Ti ho chiesto gentilmente di non prendermi in giro.

                • Andrea ha detto in risposta a Ercole

                  perdonami se non sono abbastanza intelligente per capire se ti sto prendendo in giro, ma di sicuro sono abbastanza intelligente per non attribuire intenzione a questo mio approccio.

                  • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                    Scusa rileggendo capisco che la mia frase potesse suonare offensiva.

                    non intendevo dire che anche gli animali avrebbero potuto comprendere il messaggio di Cristo…

            • Ercole ha detto in risposta a Andrea

              E’ ovvio che l’articolista condivide le posizioni di Ayala, sei tu che non le condividi…però hai preferito evitare di dire di non condividere il pensiero di Ayala. L’ho trovato mistificatore, e non solo io a quanto pare. Comunque caso chiuso: tu non condividi l’opinione di uno che si occupa di professione di darwinismo, scimpanzé e esseri umani (è anche filosofo lui). Va benissimo, mettiamo però le cose in chiaro senza vergognarsi, ok?

              Attento a non fare conclusioni superficiali e riduzioniste (noto che spesso ci caschi in pieno…): le maggiori abilità cognitive sono una condizione all’espressione moralità. E’ come se avessi detto che l’uomo può dare giudizi solo quando esiste fisicamente. Questo ovviamente è una tautologia e non c’è nessun rischio riduzionista, anche se tu corri subito lì. Oltretutto, l’avere una capacità cognitiva superiore è anche un’esclusiva dell’uomo.

              • Andrea ha detto in risposta a Ercole

                Se fossi riduzionista non servirebbe a granchè il definire il riduzionismo come aprioristicamente negabile in fase di premessa nel discutere con me… Potresti al massimo annoiarti e non ritenere interessanti le mie posizioni.

                Quindi concludendo l’uomo ha caratteristiche che gli animali non hanno, e su questo riduzionisti e non riduzionisti concordano, basta avere gli occhi. Ciò su cui non concordiamo e che mi sembra implicito nel filo di tutto il discorso è che le caratteristiche umane possano intendersi come una potenziale amplificazione ed evoluzione di caratteristiche presenti in nuce in un antenato comune…. Io ho questa opinione, e mi sembra che pur nella loro forma basica d’espressione d’altruismo i primati testimonino questo dato.

                • Ercole ha detto in risposta a Andrea

                  Cosa intendi per “aprioristicamente negabile”?

                  Non ci siamo ancora perché hai troppe idee confuse:
                  1) Non essere ridicolo: sia bene che non esiste alcuna evoluzione biologica che può spiegare la capacità morale, filosofica, etica dell’uomo. C’è un gap irriducibile ad ogni possibile spiegazione biologica della capacità umana, questa è la fallacia del riduzionista. L’uomo non è la somma dei suoi geni, come invece è l’animale, tant’è che si parla di sua irriducibilità. Questi discorsi li faceva Hume, non è possibile sentirli dire ancora oggi nel 2012!!

                  2) L’animale non può che essere determinato dai suoi geni, non può esistere nessun tipo di altruismo che porti del danno a lui o alla sua specie, perché significherebbe la fine del darwinismo. Quello che tu chiami altruismo “in forma basica” non può essere in alcun modo una forma di altruismo. Primo perché non c’è nessuna valutazione morale dietro e secondo perché l’animale non può andare contro la conservazione della specie.

                  • Andrea ha detto in risposta a Ercole

                    “Non ci siamo ancora perché hai troppe idee confuse”
                    “sai bene che …”
                    “Questi discorsi li faceva xxx non è possibile sentirli dire ancora oggi nel 2012”
                    “Quello che tu chiami altruismo “in forma basica” non può essere in alcun modo una forma di altruismo”

                    Facciamo così, scrivi pure direttamente: “sai bene che ho ragione e ti ostini a non ammetterlo perchè hai un disturbo della personalità”.

                    Fammi delle domande prima di attribuirmi la necessità implicita di condividere le tue premesse…

                    • Ercole ha detto in risposta a Andrea

                      Riscrivo in modalità asettica:

                      1) Non esiste alcuna evoluzione biologica che può spiegare la capacità morale, filosofica, etica dell’uomo. C’è un gap irriducibile ad ogni possibile spiegazione biologica della capacità umana, questa è la fallacia del riduzionista. L’uomo non è la somma dei suoi geni, come invece è l’animale, tant’è che si parla di sua irriducibilità.

                      2) L’animale non può che essere determinato dai suoi geni, non può esistere nessun tipo di altruismo che porti del danno a lui o alla sua specie, perché significherebbe la fine del darwinismo. Quello che tu chiami altruismo “in forma basica” non può essere in alcun modo una forma di altruismo. Primo perché non c’è nessuna valutazione morale dietro e secondo perché l’animale non può andare contro la conservazione della specie.

                    • Ercole ha detto in risposta a Andrea

                      Capisco di aver scritto un commento con diversi commenti che possono risultare poco graditi.

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      1) Per quanto mi riguarda la capacità morale e filosofica potrebbero essere tranquillamente side effect di aspetti evolutivi, anzi direi di peggio, computazionali dell’intero universo. Posizione filosofica mia e non autorevole? Non sono l’unico se vuoi ti giro opinioni più autorevoli.

                      2) Mi spieghi in base a quali criteri l’intentare comportamenti che vanno contro la conservazione della specie sia da ritenersi indicativo di un livello superiore ? E mi spieghi inoltre come l’uomo abbia proceduto in tal senso?

                    • Ercole ha detto in risposta a Andrea

                      1) Non c’è nessuna prova a sostegno che l’uomo è determinato dalla genetica. Anzi, opinione tue e dei tuoi amici a parte, il riduzionismo assoluto, di cui orgogliosamente fai parte, è di gran lunga fuori moda. In particolare dopo Theodosius Dobzhansky e la decifrazione del genoma umano da parte di Francis Collins. L’uomo non è riducibile ai suoi antecedenti biologici e genetici, sfido chiunque a dimostrare il contrario.

                      2) Potrai parlare di livelli superiori solo quando sarai in grado di dimostrare l’esistenza di livelli intermedi. Per ora non è così, è una mera ipotesi. Secondariamente, la domanda è assurda, significa rifiutare la spiegazione darwinista in quanto uno dei pilastri fondativi è proprio la continua lotta per la sopravvivenza all’interno della stessa specie, e ovviamente anche all’esterno. Sopravvive il più forte, perisce il più debole. Nessun altruismo, puro egoismo, pura sopravvivenza. Ma se non sbaglio hai deciso di riscrivere la teoria e sostenere che l’animale può mettere da parte la guerra di sopravvivenza e decidere intenzionalmente di sacrificare la propria vita per far sopravvivere quella di un estraneo. Da oggi si è deciso che perisce l’animale più forte e vince il debole perché il più forte ha fatto corsi serali da Madre Teresa di Caclutta. Da non credere.

                      Non ne ho idea come l’uomo abbia proceduto in tal senso, non ci sono fossili che provano l’esistenza del concetto di moralità e infinito nella testa dell’uomo. Oggi non c’è risposta a questa tua domanda? Da dove viene l’uomo? La scienza dice: boh!

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      1) quali sono le prove secondo cui l’autoscoscienza e la morale non possano emergere ad esempio in proporzione al livello d’encefalizzazione di un animale?

                      2) “Da dove viene l’uomo? La scienza dice: boh!”
                      questo non significa che altri siano autorizzati ad inventarsi delle risposte nel frattempo.
                      Ritieni che vi siano gli estremi per negare che sia più probabile che l’uomo sia il prodotto di un’evoluzione rispetto ad un’opera di creazione diretta?

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Oppure ritieni semplicemente che l’uomo debba all’evoluzione i suoi aspetti somatici e a Dio quelli morali?

                    • Ercole ha detto in risposta a Andrea

                      1) Non esistono livelli intermedi di autocoscienza e morale (non ti nascondo le mie risate..)

                      2) La scienza dice: boh!, tu inventa pure quel che vuoi.

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Ercole se ridi mi fa piacere, almeno questa discussione è pareto-efficiente.

                      1) non credo che in evoluzione sia necessario il livello di gradualità cui fai riferimento tu, più di quanto sia necessario che esistano tutte le possibili combinazioni genetiche intermendie tra il passero e il verzellino

                      2) la scienza dice boh, io faccio ipotesi a cui attribuisco (magari errando) delle probabilità, nessuna delle quali è 100%…

                    • Ercole ha detto in risposta a Andrea

                      1) Ho capito. Quindi l’evoluzione avrebbe prodotto da un giorno all’altro un essere dotato di autocoscienza e moralità. Un bel pacchetto pronto per l’uso. Sostieni anche che scomponendo il DNA si possa trovare il gene dell’autocoscienza? Dimmelo subito, così concludiamo in bellezza 😀

                      2) Bravo, continua a fare ipotesi. Anzi, dopo cena mi ci metto anch’io.

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      1) non è affatto necessario che ciò avvenga da un giorno all’altro, confondi continuità temporale con continuità di caratteri tra specie che vivono in parallelo.

                      2) Ok fai pure quello che vuoi dopo cena.

                    • Ercole ha detto in risposta a Andrea

                      1) Ho capito. Quindi non è graduale e non è immediata. Mi spieghi allora le riflessioni personali che hai prodotto in questi giorni circa l’apparizione dell’autocoscienza e della moralità nell’uomo? Posso chiederti quando trovi il tempo? Tornando a casa dal lavoro in macchina? O ti alzi prima al mattino per ragionare?

                      2) Grazie. Poi ti dico cosa ho prodotto, ok?

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      La presenza di un gene dell’autocoscienza non è condizione necessaria perchè essa emerga a livello evolutivo.

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Ercole,
                      non ho affatto detto che non sia graduale temporalmente ho solo detto che non è necessariamente graudale tra una specie ed un altra perchè le specie sono classificazioni, e l’evoluzione non produce orizzontalmente tutte le possibili variazioni tra un essere e l’altro senza soluzione di contintuità.

                      Capisco la fretta nello sminuire le mie posizioni dall’alto del tuo livello di sicurezza, che ammiro. Ti consoli almeno il fatto che Il tono strafottente col quale ti rivolgi a me non è ancora riuscito a mettere in ombra l’altrimenti interessante contenuto delle tue osservazioni, certo però sei sulla buona strada…

                      Mi sapresti dire nel corso dell’evoluzione dei conigli in che momento preciso un coniglio può definirsi tale?

                      Mi sembra plausibile che per l’autocoscienza posa valere lo stesso meccanismo, sedersi sulla poltrona dell’uomo e dire che non esistono sfumature di autocoscienza è una stupidaggine.

                      La morale poi è un concetto completamente umano , ma è una definizione una pura definizione. Come lo è quella che inizia a chiamare coniglio una creatura a partire da un dato momento nella storia della vita.

                    • Ercole ha detto in risposta a Andrea

                      Ho capito. Quindi secondo le tue riflessioni di oggi sono esistite specie con parziali capacità di autocoscienza e moralità. Andavano a giorni alterni? Possiamo dire che erano autocoscienti ma non troppo? Parecchi problemi di identità personale immagino…poveretti! Potresti però creare una fiaba con queste tue idee? E’ sprecata tutta questa ammirevole fantasia per un blog come questo con persone che non riescono a comprenderti.

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Le specie non esistono, sono classificazioni umane.
                      se potessi riesaminare ogni fotogramma della tua vita e quella dei tuoi avi fino all’origine della vita non sapresti individuare un momento preciso in cui puoi definirci homo sapiens, questo implica l’evoluzione, ma non sei costretto ad essere d’accordo.
                      Io non credo che una mattina un nostro antenato si sia svegliato urlando:” ragazzi sono autocosciente!”, esistono forme di autocoscienza negli animali che sono differenti da quella umana ovviamente. Se tu ritieni che quella umana allo stadio in cui è oggi sia l’unica ad essere considerabile autocoscienza, ok.
                      Se ritieni che risalendo ad ogni tuo precedente antenato fino ad un organismo monocellulare l’autocoscienza non si perda nei meandri del tempo, non credo tu abbia chiari i meccanismi secondo cui si è svolta l’evoluzione.

                    • Ercole ha detto in risposta a Andrea

                      Secondo i tuoi pensieri, la gallina è più o meno autocosciente del bufalo?

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Nessuno dei due da te citati passa il mirror test, quindi non saprei rispondere con precisione, ad istinto credo che il livello di encefalizzazione dei due dia forte vantaggio al bufalo, quindi è evolutivamente più vicino ad una condizione di autocoscienza di quanto non lo sia la gallina, pur non possedendola…

                      ma vi sono uccelli che passano il mirror test, quindi sul paragone tra gazza e bufalo avrebbe probabilmente vinto il bufalo.

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      scusa volevo dire tra bufalo e gazza avrebbe vinto la gazza.

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      So che hai buttato li la provocazione ma ti assicuro che la mia risposta è tutt’altro che improvvisata e te ne espongo i razionali di seguito:

                      in un qualunque sistema che tratti dei dati è normale che ve ne siano di maggiormente ricorrenti e che ad essi venga dedicata un area preferita in cui possono essere recuperati velocemente (es: la cache di secondo livello dei microprocessori).

                      la rappresentazione simbolica e ricorrente di alcuni tipi di dato è quindi un sottoprodotto della compressione del dato.

                      ad un sufficiente livello di complessità della rete neurale ricorsiva che esprime un qualunque cervello è plausibile che tra questi dati appaia in forma elementare un concetto di sè, in quanto la nostra stessa presenza è un dato sempre presente in ogni nostra esperienza.

                      A livello evolutivo probabilmente nelle forme più basiche questo aspetto non ha la stessa rilevanza del ricordarsi dove si era trovato cibo l’ultima volta. Ossia l’aver presente che si era noi stessi ad aver voluto quel cibo in passato non è rilevante quanto il ricordarsi dove sta per continuare a sopravvivere.

                      Ma per cervelli più complessi tale dato potrebbe acquisire rilevanza. Infatti in animali dotati di socialità e di un linguaggio, sapere in un contesto di gruppo che io ho fatto una cosa e lui ne ha fatta un’altra e non viceversa, può fare la differenza nelle dinamiche di apprendimento che permetteranno di risolvere collettivamente dei problemi futuri, massimizzando le funzioni di utilità di tutti…

                    • Ercole ha detto in risposta a Andrea

                      Bravo Andrea, almeno sei simpatico! Secondo la tua riflessione sugli animali il bufalo sarebbe più autocosciente della gallina perché ha la testa più grossa 😉
                      Quindi la donna sarebbe meno autocosciente dell’uomo perché ha la testa più piccola.

                      Puoi farmi degli esempi di quasi autocoscienza. Cioè che cosa pensa il bufalo di sé secondo te?

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      E’ chiaro che con livello d’encefalizzazione s’intende il quoziente d’encefalizzazione e non certo la massa del cervello… Se così non fosse l’elefante sarebbe più intelligente di noi.

                      Esso è considerato un proxy del livello d’intelligenza anche se non è un fattore determinante in modo esclusivo, tra gli altri fattori è riscontrabile l’estensione del neostriato ad esempio.

                      La gazza europera, ad esempio, è caratterizzata da una notevole estensione di tale struttura cerebrale ed è per questo che l’ho tirata in ballo, preferendola alla meno intelligente gallina che hai voluto citare tu: http://en.wikipedia.org/wiki/European_Magpie

                      Non posso entrare nella testa di un bufalo quindi non lo so, ed avendo escluso che la possieda non ho motivo di farlo. Non posso nemmeno entrare nemmeno in quella dello scimpanzè tuttavia esso supera i test di autocoscienza e quindi è logico supporre che una certa idea di sè ce l’abbia.

                    • Ercole ha detto in risposta a Andrea

                      Quindi in base alla grandezza dell’encefalo un animale può essere più autocosciente dell’altro, in quanto l’intelligenza secondo te è sinonimo di autocoscienza. Secondo quello che hai pensato stanotte, il delfino riflette su di sé, diventa cosciente di sé, si pone riflessioni introspettive sul suo senso del mondo, tra un tuffo e un altro, più dello scimpanzé ma meno dell’uomo 🙂 Partendo dai tuoi test, puoi spiegare bene i cardini della filosofia introspettiva del delfino?

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Mi sembra perfettamente plausibile che esistano diversi livelli di coscienza di sè, se ritieni che il filosofeggiare sia condizione necessaria a poter definire la presenza di una coscienza di sè, stai dicendo che solo la coscienza umanaè coscienza, e questo è sicuramente funzionale alla tesi che stai sostenendo, ma non è sulla base dell’ownership delle definizioni che possiamo negare o meno la capacità di un essere di avere una certa definizione di se stesso che gli sia funzionale nell’esercizio delle sue attività.

                    • Ercole ha detto in risposta a Andrea

                      No, non tirarti indietro ora. Credo che tu oggi abbia il tempo per riflettere sulle capacità introspettive del delfino, il quale ha secondo la tua definizione, la maggior coscienza di sé dopo l’uomo (assumendo infatti che livello d’encefalizzazione = livello di autocoscienza, come hai voluto affermare dalle tue opinioni). Il delfino sa di essere un delfino? Sa di essere parte di un insieme? Si interroga sull’infinito e sul suo destino? Sono queste le risposte che devi dare…altrimenti è troppo facile menzionare robe del genere e poi restare sul vago. Devi avere la responsabilità di aiutare chi ha meno fantasia di te.

                    • Andrea ha detto in risposta a Andrea

                      Se ti diverte farmi domande della cui indimostrabilità pratica siamo entrambi coscienti, continua pure.

                      Come posso entrare nella testa di un delfino?

                      Ripeto non è necessario fare filosofia per avere coscienza di sè. Ma se il primato dell’uomo è quello di filosofeggiare e ritieni che tale caratteristica sia stata espressamente voluta da Dio come carattere distintivo rispetto agli animali, lo comprendo.

                      Io sto solo dicendo che come in una rete neurale sufficientemente complessa può teoricamente emergere un’idea di sè, legata al simbolismo cui la compressione del dato: “questa esperienza è una mia esperienza” può portare, così non mi stupirei che la capacità di filosofeggiare potesse emergere come amplificazione di questo stesso meccanismo.

                      Come vedi non tiro in ballo esempi stupidi cercando di screditarti come interlocutore, ho solo esposto una teoria che sei libero di condividere o meno.

      • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Ercole

        In effetti, Ercole, è difficile dialogare con Andrea perché il suo stile tende a “confondere” (e lo dico in senso letterale, non spregiativo) le risultanze scientifiche con le sue posizioni filosofiche.
        Quando dialoghiamo, per intenderci e per fare progressi, dovremmo invece tenere separate le due visuali. Sarebbe bello che la redazione ci mettesse a disposizione 2 colori, per aiutarci a tenere separate le cose!

        • Andrea ha detto in risposta a Giorgio Masiero

          Giorgio è far filosofia rispondere all’accusa d’incompetenza nell’esprimere la mia opinione ? …“la mia opinione è in disaccordo con quella di Francisco Ayala che di professione, al contrario mio, si occupa proprio di questo”…

          E’ chiaro che se lo è allora nemmeno io per quanto mi sforzi potrò mai esimermi dall’essere un po’ filosofo…
          Il richiamo all’autorità mi fa sempre ridere, io non cito mai affidandomi all’autorità di chi espone tesi a supporto delle mie, nè facendola pesare al mio interlocutore.

          • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Andrea

            A me il richiamo d’autorità non fa ridere se riguarda una scienza esatta o… una questione fiscale, o anche il parere (non esatto) del mio medico; fai bene invece a ridere, come faccio anch’io, quando mi si richiama per le mie opinioni politiche o filosofiche.
            Che cosa pensi sulla mia proposta di sforzarci, per un dialogo produttivo tra noi, di impegnarci a separare – in ogni tema – gli aspetti scientifici (per i quali possiamo anche accettare una maggiore autorità degli esperti) da quelli filosofici (sui quali invece rivendichiamo pari dignità per tutti)?

            • Andrea ha detto in risposta a Giorgio Masiero

              accetto la proposta, ma ti chiedo di partire (non retroattivamente altrimenti a questo punto ti do lavoro per mesi…) dal punto in cui sto evitando di fare la distinzione senza generalizzare sul livello qualitativo del mio approccio, perchè è chiaro che qualora non sapessi fare tale distinzione non potrei nemmeno accorgermi da solo del punto in cui non la sto facendo.

              • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Andrea

                Ti chiedo la stessa attenzione per me, perché nessuno si può dire esente da questo errore.

                • Andrea ha detto in risposta a Giorgio Masiero

                  Non so se sono all’altezza Giorgio.
                  I miei studi filosofici si fermano al livello liceale, dopodichè ho perso ogni interesse per l’approfondimento della disciplina. E le mie attuali considerazioni, ove sfociano nel filosofico, lo fanno senza apparente intenzione o coscienza e soprattutto senza avere come riferimento i grandi pensatori, anche se mi trovo a volte in accordo con questo o con quello (quando me lo fate notare)

                  Purtroppo l’approfondimento del pensiero filosofico di per sè non mi è di alcuno stimolo, ed è forse per questo che tendo a mischiare i concetti, non capisco a che titolo ed in che modo, considerazioni puramente filosofiche possano arricchire la mia persona o i miei simili (dopodichè se mi dicono che a loro piace sono felicissimo per loro)

                  Scienza, musica, poesia, sentimenti… mi sono sufficienti senza la necessità di ulteriori meta-livelli di riflessione.

                  I tentativi di risposta filosofica alle domande fondamentali mi lasciano talmente insoddisfatto dal farmi rimpiangere di aver avuto abbastanza intelligenza per comprenderli. (ma forse non ce l’ho e quindi il problema nemmeno si pone 😉

                  • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Andrea

                    Lascia stare la filosofia delle domande fondamentali. Se leggi con attenzione i commenti che appaiono in questo sito, compresi i miei e i tuoi, ti accorgerai che sono al 90% filosofici, anche quando sembrano scientifici. Filosofia è il ragionamento dialettico, cioè dialogico, e senza di essa non si va da nessuna parte.

                    • Andrea ha detto in risposta a Giorgio Masiero

                      Ok, questo mi consola,
                      mi piacerebbbe avere un tuo giudizio sulla mia risposta dell’ 11 febbraio 2012 alle 01:23 a Ercole, nell’ipotizzare la natura graduale dell’autocoscienza.

                      in quel contesto ho formulato una teoria senza alcuna dato sperimentale a supporto, ma sviluppata dall’ipotesi secondo cui (da buon riduzionista) il nostro cervello sia un calcolatore di qualche sorta. Tale ipotesi è tutta da dimostrare ovviamente, ma ritenendola valida e avendo una qualche conoscenza di teoria dell’informazione (anche qui ahimè a livello più che altro amatoriale) mi sono avventurato nel correlare tale ipotesi con l’ipotesi dell’emersione graduale dell’autocoscienza che considero, coerentemente alla prima ipotesi, non il risultato della presenza di un gene, ma il risultato della presenza di uno o più geni che codificano un algoritmo attraverso il quale il nostro cervello apprende e si modifica (modificando l’algoritmo stesso, come fa un macchina di Godel)

                      Ti chiedo:

                      In questo contesto ho espresso una potenziale teoria scientifica facendo filosofia, e quindi con puri mezzi dialettici ?
                      precisazioni:
                      – teoria da mettere al vaglio di chissà quale esperimento, che al momento non saprei nemmeno concepire.
                      – del resto non saprei in quale modo formulare una simile teoria se non in questo modo (filosofico)

                      Oppure ho semplicemente filosofeggiato? O peggio, utilizzato escamotage dialettici per correlare informazioni assolutamente incorrelabili?

                      Te lo chiedo con l’umiltà di chi ha scarsa conoscenza della materia e nel tentativo di acquisire i mezzi per attenermi al patto che abbiamo fatto, (e soprattutto per capire se sono in grado di attenermici, perchè come avrai capito, ho detto “si” ma sulla pura fiducia data a me stesso)

                    • Andrea ha detto in risposta a Giorgio Masiero

                      scusa l’emersione graduale dell’autocoscienza, nel mio ragionamento è la tesi non l’ipotesi.

                      L’ipotesi è che il cervello sia una rete neurale che funziona come una macchina di Goedel.

                    • Laura ha detto in risposta a Giorgio Masiero

                      Andrea, posso darle un suggerimento? Nella prossima vita pensi a farsi una famiglia e a usare il tempo per prendersi cura di essa.

                    • Andrea ha detto in risposta a Giorgio Masiero

                      Buongiorno Laura,
                      non credo di dover rendere conto a lei di come impiego il mio tempo libero, nè credo tantomeno di aver mai condiviso con lei informazioni rispetto alla mia famiglia.

                      Quindi se il suo commento fosse animato da puro affetto la pregherei di informarsi circa la mia situazione famigliare prima di fare ipotesi che potrebbero essere smentite, non corrispondere al vero o addirittura, ove confermate, non dipendere dalla mia stessa volontà, interagendo nel rispetto dei dettami di educazione e comprensione che la sua stessa (suppongo) religione impone.

                      Se fosse invece animato da una sorta di intento denigratorio, basato cioè sul concetto secondo cui da non credente io debba essere implicitamente un essere egoista concentrato su di sè, sarei costretto a rilevare che non è dotata degli strumenti necessari e sufficienti a portare a conclusione con successo un simile tentativo d’offesa.

                    • Laura ha detto in risposta a Andrea

                      Non credo di essere una persona religiosa. Mi creda, c’è davvero tanta gente che ha bisogno di lei come persona e pochissima che ha bisogno del suo superfluo e ininterrotto filosofeggiare.

                    • Alessandro M. ha detto in risposta a Giorgio Masiero

                      Laura…capisco che può essere stancante leggere commenti in cui si teorizzano le più recondite fantasie ammantandole di veste razionale. Credo che la colpa sia esclusivamente di internet e non di Andrea: la rete ci trasforma in persone compulsive e incapaci di di frenare la valanga di supposizioni che ci passano per la mente. Sul web non si può non sapere, è vietato e l’anonimato fornisce l’alibi, la disinibizione e il coraggio per continue sfide con altri “utenti-che-si-sentono-dio”. Dialogo da molto tempo con Andrea e ho capito che con lui valgono i primi 2-3 commenti che lascia, sempre interessantissimi. Poi diventa una sfida e si trasforma in quel che ho descritto. Io ovviamente lo faccio il doppio delle volte, purtroppo. Forse l’ho fatto anche in questo commento.

                    • Andrea ha detto in risposta a Giorgio Masiero

                      Alessandro Laura, purtroppo il pormi domande in modo che a voi sembra curioso e inopportuno, fare delle ipotesi, trovare nuove interpretazioni è per me uno stimolo continuo. La mia personalità è quanto di più distante possibile da una vita di ripetizioni cerimoniose, approfondite monoletture, e accettazione di verità rivelate. Ne consegue che ciò si manifesti in questo percepito vagare del mio pensiero. Ognuno spende il suo tempo come vuole, non si può stare qui a dialogare con me e al contempo farmene una colpa 😉

                      Laura, lei non è in grado di sapere quanto tempo io dedichi agli altri, nè può assumere che tale tempo sia inferiore a quello che vi dedica lei stessa.

                      Alessandro, temo che l’unico modo per far fronte al supposto decrescere marginale dellla rilevanza del mio commento n-esimo sia quello di non aggiungervi l’n+1 esimo. Io non posso dire la stessa cosa dei tuoi commenti e non rispondo per sfida ma perchè sono convinto delle mie posizioni e mi interessa sentire le tue. Se per te è così smetti pure di rispondermi non mi offendo affatto lo dico sinceramente. Temo che ciò che tu registri come ostinazione pervicace sia causato esclusivamente dall’enorme distanza dei nostri paradigmi di pensiero.

                      Non credo che i miei commenti siano fantasie ammantate di razionalità più di quanto non lo siano quelli di tutti gli altri.

  4. Falena-Verde ha detto

    Non so se definirei Francisco Ayala “darwinista”. E’ un biologo che crede nella teoria dell’evoluzione. Ed è anche un biologo molto rigoroso. Ma non lo definirei “darwinista”, à là Dawkins, visto che non sono ideologiche le sue idee sull’evoluzione.

    • Alessandro M. ha detto in risposta a Falena-Verde

      Anche tu fai confusione. L’essere darwinista non significa essere ideologico, ma aderire alla teoria evolutiva di darwin. Capisco però che l’esistenza di Dawkins abbia confuso le cose e fatto arretrare la divulgazione scientifica.

      • Falena-Verde ha detto in risposta a Alessandro M.

        Mi spiace, ma può indicare tranquillamente anche chi sfrutta la teoria darwiniana a proprio piacimento. Per questo sarebbe meglio distinguere, specie in un blog religioso, altrimenti sì che si rischia di fare confusione.
        A proposito, c’è modo e modo di spiegare le cose. Non c’è bisogno di farmi passare per “confuso”.

        • Alessandro M. ha detto in risposta a Falena-Verde

          Io ho detto che fai confusione in questo caso, come io lo faccio spesso forse in molti più occasioni di te purtroppo. Se qualcuno confonde le cose è perché è poco informato…il darwinista non ha nulla a che fare con l’ideologia di Dawkins, per identificarli si preferisce usare il termine neodarwinista.

  5. notimenowhere ha detto

    Riguardo morali “prima e dopo”

    Io non ho inferto sofferenze agli uomini.
    Io non ho usato violenza ai miei consanguinei.
    Io non ho sostituito l’Ingiustizia alla Giustizia.
    Io non ho frequentato i malvagi.
    Io non ho commesso dei crimini.
    Io non ho imposto, per mio vantaggio, eccessivo lavoro.
    Io non ho intrigato per soddisfare una smodata ambizione.
    Io non ho maltrattato i miei servi.
    Io non ho bestemmiato il Nome degli dei.
    Io non ho privato l’indigente della sua sostanza.
    Io non ho commesso atti esecrati dagli dei.
    Io non ho permesso che un servo fosse maltrattato da un suo superiore.
    Io non ho fatto soffrire il mio prossimo.
    Io non ho provocato delle carestie.
    Io non sono stato cagione di pianto per gli uomini, che sono miei simili.
    Io non ho ucciso nè provocato omicidi.
    Io non ho provocato delle malattie fra gli uomini.
    Io non ho manomesso le offerte dei templi.
    Io non ho rubato i pani degli dei.
    Io non ho manomesse le offerte destinate agli Spiriti santificati.
    Io non ho mai commesso azioni riprovevoli,nelle cinte consacrate dei templi.
    Io non ho arbitrariamente diminuite le razioni delle offerte.
    Io non ho tentato di accrescere, mediante mezzi illeciti, i miei beni terreni;nè usurpato campi che non mi appartenevano.
    Io non ho falsato i pesi della bilancia, nè spostato il suo ago.
    Io non ho tolto il latte dalle labbra al fanciullo.
    Io non mi sono mai impadronito del bestiame altrui, mentre pascolavanelle praterie.
    Io non ho mai teso le reti a volatili destinati agli dei.
    Io non mai pescato dei pesci con cadaveri di altri pesci.
    Io non ho mai ostruito le acque correnti ed i canali, quando era necessario il loro regolare flusso.
    Io non ho mai aperto le dighe poste alle acque correnti.
    Io non ho mai estinta la fiamma del Fuoco, quando era necessario che ardesse.
    Io non ho violato le regole poste sulle offerte della carne.
    Io non mi sono mai impossessato del bestiame appartenente al tempio degli dei.
    Io non ho mai frapposto ostacoli al manifestarsi di un dio.
    Io sono puro! Io sono puro! Io sono puro! Io sono puro!

    Libro dei morti.
    Le parole sono diverse. Ma come etica da seguire per ottenere la vita eterna non sembra male.

    Poi visto che si riporta un link del corriere ne posto uno anche io che va in direzione opposta.

    http://archiviostorico.corriere.it/2002/marzo/24/Anche_molti_animali_sanno_essere_co_0_02032411795.shtml

    Poi c’è il libro di Marc Bekoff e dalla filosofa Jessica Pierce “Giustizia selvaggia. La vita morale degli animali”.

    Portare come esempio negativo le formiche che sulla scala evolutiva sono ben distanti da noi o da qualsiasi mammifero mi sembra un pò tirato per i capelli.

    • simone ha detto in risposta a notimenowhere

      Notime, ma stai bene? Che senso ha il tuo elenco?

      Articolo del Corriere: siamo sempre di fronte ad una forma di sopravvivenza della propria specie, è la forma di altruismo osservata e non va in nessuna direzione opposta. Leggi l’articolo e cerca di comprendere per favore quel che viene scritto. La formica è l’insetto eusociale più comune (assieme alle api) e le grandi forme di altruismo che sono state notate nel formicaio non sono note tra gli scimpanzé.

      Infine, questo libro smonta proprio le interpretazioni realizzate in passato circa la presunta “vita morale”.

      • notimenowhere ha detto in risposta a simone

        simone

        Io sto bene quanto lo puoi stare tu. Sempre gentili in questi ameni luoghi.

        L’elenco era una risposta al fatto che certe condotte morali esistevano ben prima di Cristo o di Abramo. Come ha fatto notare Antonio. Chiedo scusa per l’OT.

        Mi spieghi come mai femmine di una specie spesso allattano cuccioli di altre specie. Come lo leghi questo con la sopravvivenza dalla specie stessa?
        Il web è pieno di filmati. Oltre a studi.
        Ed io ci metto anche la mia esperienza diretta con il fatto che ho visto una mia gatta allattare un cucciolo di cane che era il più debole della coeva cucciolata di una mia cagna.

        Che significa poi che il libro smonta?
        E’ una tesi come un’altra. Fatta poi sulle formiche.

        • simone ha detto in risposta a notimenowhere

          ah, non avevo capito anche perché introduci con una frase completamente fuori di senso: “riguardo morali prima e dopo”. Ma cosa vuol dire???
          Comunque l’articolo che non hai letto ti ha risposto ben prima che tu postassi questo commento: “Solo l’uomo può seguire la grande novità portata da Gesù, che non è solo quella di amare il prossimo (questo lo avevano già detto altri grandi uomini prima di lui), ma addirittura l’amore verso il proprio nemico”

          • notimenowhere ha detto in risposta a simone

            simone

            “prima e dopo” riguardava la datata gara su chi ha avuto la morale migliore e quando.
            Antonio aveva detto che voi cristiani eravate secondi e Uomovivo aveva risposto con “ama il tuo nemico”.
            E io ho calato le mie carte. Un pò più vecchie di entrambi.
            L’evoluzione della religione in tre commenti. 😀
            L’ama il tuo nemico per me è solo il successivo step in questa evoluzione.

            Ad ogni modo c’entra poco con l’altruismo. la storia tranne rari casi non insegna molto riguardo l’amare il tuo nemico, inteso come colui che può nuocerti in qualche maniera. E non parlo delle piccole beghe quotidiane.

            • simone ha detto in risposta a notimenowhere

              E’ una gara che hai voltuo fare tu in quanto l’articolo aveva già chiuso ogni possibile obiezione. Evoluzione della religione?? Ma di cosa stai parlando ora? La storia non insegna molto di cosa? Vuoi forse tirare in ballo la coerenza? Senti puoi scrivere pi chiaramente il tuo pensiero in modo che gli altri possano capirlo? Non tutti hanno tempo da perdere…

              • notimenowhere ha detto in risposta a simone

                simone

                La faccina Simò. La faccina.
                Allora dobbiamo dire ai vari etologi mondiali che da ora è tutto a posto e possono dedicarsi tranquillamente allo studio delle abitudini sessuali dello Geotrupes stercorarius dato che non ci sono più obiezioni da fare.
                Parli anche a nome di altri sul fatto che alcune cose ho scritto ti sono oscure?
                Se non sono riuscito a essere chiaro fammi notare quello che non hai capito.
                Poi se non hai tempo da perdere non c’è problema.

                • simone ha detto in risposta a notimenowhere

                  Obiezioni? Ma in merito a cosa?
                  Te lo ripeto: scrivi chiaramente il tuo pensiero, le tue obiezioni, le tue frustrazioni…l’importante è che tu sia chiaro: introduzione, spiegazione e conclusione. Le battute e l’ironia lasciale pure da parte perché non sono il tuo forte.

                  • notimenowhere ha detto in risposta a simone

                    simone

                    Abbiamo un altro critico della satira.
                    Frustrazioni? Come si dice dalle mie parti “uagliò ma stai parlann a fratet?”
                    Sient Simò.
                    Sinceramente ora sono io che ti dico che non tutti hanno tempo da perdere.

                • Paolo Viti ha detto in risposta a notimenowhere

                  Sicuramente parla anche a nome mio. Si capisce il 2% di quello che vuoi dire.

        • Giorgio Masiero ha detto in risposta a notimenowhere

          Quali sono i “doveri” degli animali?

    • Antonio ha detto in risposta a notimenowhere

      Le regole morali sono insite nell’uomo. Ce le ha messe Dio dentro.
      O pensi che i greci o gli egiziani vissuti prima di Cristo per i cristiani non siano figli di Dio?

      Nell’articolo prima delle formiche sembra si parli degli scimpanzè. L’hai saltato? 🙂

      • notimenowhere ha detto in risposta a Antonio

        Antonio

        Sei lo stesso del commento sui greci?

        No, l’articolo precedente non l’ho saltato.

        Per me l’altruismo animale è un sentimento che sul gradino evoluzionisto è in una forma meno evoluta della nostra. Quindi compatibile con certi atteggiamenti.
        Anzi ti dirò di più. L’atteggiamento degli scimpanzè dello studio è perfettamente in linea che moltissimi esseri umani.
        L’opposto dell’altruismo è l’egoismo.
        Stiamo come al solito discutendo sul sesso degli angeli. 😀

        • simone ha detto in risposta a notimenowhere

          “sul gradino evoluzionisto”…eh???

          “l’atteggiamento degli scimpanzè dello studio è perfettamente in linea che moltissimi esseri umani”….eh????

          • notimenowhere ha detto in risposta a simone

            simone

            Mai sentito parlare di egoismo?
            L’ho anche nominato.

            • simone ha detto in risposta a notimenowhere

              Finora hai detto tante cose, ce ne fosse una che si sia capita o che abbia avuto una relazione con l’articolo.

              Hai nominato l’altruismo? Bene, ottima citazione. Tocca a me: ora io nomino…..nomino il feticismo! Tocca a te.

            • Paolo Viti ha detto in risposta a notimenowhere

              L'”egoismo” è un sinonimo di “comportamento animale”.

              • notimenowhere ha detto in risposta a Paolo Viti

                Paolo

                Io sinceramente come sinonimi ho trovato questi: accentratore, avaro, individualista, egoista || Vedi anche: gretto, meschino, piccino, personalista

                Si dice pure “quello è proprio un porco” che se riferito alla pulizia è già stato smentito. Se riferito a comporamenti sessuali non lo vedo tanto attinente. Difficile trovare negli animali perversioni simili a quelle umane. Il tuo è un modo di dire.

                • Paolo Viti ha detto in risposta a notimenowhere

                  Posso farti una domanda? Sei italiano?

                  Rispondendo: il termine egoismo è sinonimo di “comportamento animale”, nel senso che l’animale non ha altro metro di comportamento se non quello di sopravvivere, proprio per questo è impossibile l’altruismo vero nell’animale.

                  Rimani serio, se puoi.

                  • Kosmo ha detto in risposta a Paolo Viti

                    No.
                    Napoletano. (cit.)
                    😉

                  • notimenowhere ha detto in risposta a Paolo Viti

                    Paolo

                    Ma io ero serio.
                    Come ho già detto ritengo l’altruismo animale su un gradino più basso rispetto al nostro. Ma ritengo ci sia.
                    Sia per esperienza personale, che conta poco per voi, sia per quello che si legge in giro, non è del tutto inesistente.
                    E’ naturale che il nostro è più “articolato”.
                    Se no che evoluzione sarebbe.
                    Come ho già detto che l’egoismo può essere considerato un rimasuglio della fase precedente. Anche se ancora molto praticato.
                    O forse si è evoluto anche quello in forme più raffinate.
                    Ma dimentico che forse non abbiamo gli stessi “gusti” in fatto di evoluzione.

                    • Paolo Viti ha detto in risposta a notimenowhere

                      Il fatto che tu fossi serio quando hai confuso doveri dell’uomo con i comandamenti o i dogmi cattolici di certo non mi tranquillizza. Anzi.

                      Il tuo commento di poche righe contiene errori da far girare la testa e avere l’imbarazzo da quali partire. Vediamo di chiarire le cose sinteticamente.

                      1) La capacità morale dell’uomo (come la capacità religiosa, poetica, filosofica, etica, altruistica ecc.) non è una capacità biologica o spiegabile biologicamente, non può quindi avere nessun gradino più basso darwinisticamente inteso. Mi sembra chiara questa dichiarazione di Ayala: “il comportamento morale non è del tipo di quelle reazioni automatiche di altruismo biologico come si hanno in certe api, formiche e presso altri imenotteri […], il comportamento morale in quanto tale non esiste nemmeno in forma iniziale in esseri non umani”. Non esiste nemmeno in forma iniziale, figuriamoci se può avere dei gradini di miglioramento!!

                      2) Non esiste nemmeno un comportamento morale più articolato, proprio per la questione spiegata sopra.

                      3) Si tratta semmai di evoluzione culturale e non biologica.

                      4) L’egoismo è il tratto distintivo del comportamento animale, non può esserci per questo un comportamento altruista perché l’animale non può che essere egoista, ovvero preoccuparsi esclusivamente della salvaguardia di sé e della sua specie.

                      5) Parlando di altruismo negli animali stai uscendo dal darwinismo, quindi hai probabilmente uno spiccato gusto creazionista. Ti consiglio di rientrare immediatamente prima che qualche neodarwinista ti bastoni a dovere il sederino 🙂

                    • notimenowhere ha detto in risposta a notimenowhere

                      Paolo

                      Beh se i comandamenti non sono doveri io sono Napoleone. Ma ognuno li ritiene come vuole. Per i dogmi ho detto che è stato un errore. Devo fare anche seppuku?

                      1) Ma il nostro cervello si è evoluto. Siamo diventati coscienti di noi stessi. Se non è evoluzione questa.

                      2) Dovresti dirlo a qualche uomo di cromagnon. O ritieni che la sua morale fosse uguale alla nostra.

                      3) Mai detto che fosse biologica. O solo biologica.

                      4) Anche l’essere umano è sostanzialmente altruista verso la propria specie. E anche l’egoismo è un tratto distintivo della specie umana. Scusa ma viviamo sullo stesso pianeta?

                      5) Io penso con la mia testa (risate). Dipende poi cosa intendi per creazionismo. Quello che ritengo meno probabile è quello che dice che la terra ha 6000 anni o giù di lì. Poi viene l’intelligent design che vedo più un compromesso della religione che il contrario. Se non erro ultimamente anche il secondo è stato migliorato.

                      Ad ogni modo quando parlo di evoluzione non mi fermo solo al fatto puramente biologico-fisiologico-anatomico-etc.

                    • Paolo Viti ha detto in risposta a notimenowhere

                      1) Siamo diventati coscienti di noi stessi…una gradualità quindi, prima c’era un essere meno cosciente e poi è apparso un po’ più autocosciente. Interessante…immagino che tu ti stia basando su precisi studi vero? Posso chiederti una cosa: li prendi per caso dagli stessi siti che mi citavi in cui si diceva che la cannabis andava legalizzata perché faceva bene? E’ un dato mica da ridere questo eh…

                      2) Vedo che sei completamente a digiuno di ogni definizione di evoluzione culturale. Non mi stupisco, tranquillo. Potresti colmare le tue lacune, sarebbe utile per entrambi.

                      3)Idem

                      4) L’essere umano è l’unico ad essere altruista. L’egoismo è parte della natura umana così come l’amore per gli scacchi. Non capisco dove vuoi arrivare, ancora una volta.

                      5) O l’animale è altruista oppure lotta per la propria sopravvivenza. Deciditi.

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a notimenowhere

      Non capisco il tuo commento, notimenowhere. L’articolo intende dimostrare che la morale appartiene solo agli uomini e non agli animali. E su questo gli “animalisti” si contraddicono quando parlano dei “diritti” degli animali, di altruismo, empatia, ecc., senza PERO’ mai citare i “doveri” degli animali! Perché? perché gli animali non hanno doveri, e quindi non esiste un’etica animale!
      Quanto ai cristiani, essi (dalla Lettera ai Romani di San Paolo) non hanno mai pensato che la morale si fondi sulla religione, ma che è la stessa per tutti gli uomini, credenti o no, ed è scolpita nei loro cuori dalla nascita. Questo differenzia il cattolicesimo dall’islam della sharia, per es.! Ed è per questo che combattiamo il relativismo e invece ci alleiamo alle persone come te che, anche se non credenti, condividessero con noi gli stessi principi morali.

      • notimenowhere ha detto in risposta a Giorgio Masiero

        Giorgio

        Azz addirittura siamo alleati. 😀 ROTFL
        No, guarda ne son contento. Mica intervengo qui per fare una guerra. E che comunque mi viene da ridere.
        Ma torniamo al discorso.
        Mi chiedi quali siano i doveri degli animali.
        Come ho già detto ritengo il “sentimento” dell’altruismo animale una fase evolutiva pregressa alla nostra. Tutto qui. L’evoluzione è fatta per migliorare fino a prova contraria. E ho fatto l’esempio dell’egoismo che possiamo ritenere un residuo evolutivo simile al comportamente degli scimpanzè.
        Per quanto riguarda i doveri vorrei prima capire cosa intendi tu per doveri. Ti riferisci a comandamenti e dogmi vari o altro?

        • Paolo Viti ha detto in risposta a notimenowhere

          Rimango basito dai tuoi commenti notime. Hai perso due giorni di tempo per dimostrare che la cannabis sia benefica citando studi che ne dimostravano la nocività. Ora ti butti a capofitto in queste discussioni confondendo i doveri con i comandamenti o i dogmi (l’immacolata concezione sarebbe un dovere dell’uomo!!) Siamo alla follia più perversa.

          Una domanda, giusto per potermi fare altre risate: secondo te l’animale può andare contro l’istinto di conservazione della specie?

          • notimenowhere ha detto in risposta a Paolo Viti

            Paolo

            Mi fa piacere far ridere le persone. Ho sempre avuto un forte senso comico anche se molte volte non apprezzato. (vedi simone da ultimo)
            Non basta essere napoletani per essere Totò.
            Io non volevo dimostrare nulla. Forse questo è un tuo pregio. Io ho affermato che la cannabis fa male tanto quanto può fare qualsiasi altra sostanza. Specie se abusata.
            Ma ritorniamo in tema.
            Scusa perchè i comandamenti non sono doveri?
            Giusto per portare la prima definizione da dizionario che ho trovato:
            “Legge morale, non necessariamente scritta ma comunque riconosciuta dalla coscienza, che impone di osservare gli impegni che ognuno contrae con gli altri per il fatto stesso di vivere in società.”

            Esistono doveri giuridici, morali, religiosi e chi più ne ha…

            Quindi la mia domanda di chiarimenti la ritengo pertinente.
            Forse il mio unico errore è stato l’usare la parola dogma.
            Sai, la foga di scrivere cose comiche. 😉
            Almeno a livello etimologico. Anche se tu in quanto credente hai il “dovere” di crederci all’immacolata concezione.

            La tua la ritengo una domanda non pertinente. Che c’entrano con i doveri o l’altruismo? Sarà perchè sono un cattivo comico ma non riesco a vederci un nesso con l’istinto di conservazione della specie.
            A meno che tu non voglia dire che anche l’uomo è altruista per istinto. Fatto anche probabile visto recenti studi sull’altruismo in bambini di poco più di anno.
            Ma allora cosa ci rende differenti sotto alcuni aspetti dagli animali. Esseri istintivi per natura.
            Vedi io non sto dicendo che siamo uguali. Anzi. Io sono tanto animalista quanto “umanista”.
            Però non posso fare a meno di trovarci molti sentimenti simili alla mia specie.

            • Paolo Viti ha detto in risposta a notimenowhere

              “Forse questo è un tuo pregio. Io ho affermato che la cannabis fa male tanto quanto può fare qualsiasi altra sostanza. Specie se abusata”
              Falso, la cannabis non male quanto il tabacco, ma fa più male: http://www.sciencedaily.com/releases/2008/01/080123104017.htm
              http://www.sciencedaily.com/releases/2007/07/070731085550.htm
              http://www.sciencedaily.com/releases/2007/12/071217110328.htm

              La tua foga ti spinge a scrivere qualsiasi pur di essere una voce contraria, buttandoti dentro a dibattiti da cui non sei più in grado di uscire, confondendo i doveri con i 10 comandamenti e il dogma dell’infallibilità papale.

              Non ho capito la risposta perché ci hai girato intorno tanto velocemente da alzare un polverone di contraddizioni. Te la rifaccio: secondo te l’animale può andare contro l’istinto di conservazione della specie?
              Attieniti possibilmente alla domanda, senza coinvolgere dogmi o miracoli soprannaturali. Anche perché tu, in quanto non credente, hai il “dovere” di non crederci.

              • notimenowhere ha detto in risposta a Paolo Viti

                Paolo

                Ok. Hai vinto. Ora sei più soddisfatto. Che ti devo dì. La ganja è brutta e cattiva. Faccio seppuku?

                Sui doveri-comandamenti ho già risposto.

                Vuoi un sì o un no. Io dico di no. Ho vinto qualche cosa?

                Allora la mia risposta cosa comporta. Continuo a non capire il nesso tra altruismo, dovere e istinto di conservazione della specie. Sarò scemo, che dici?

                • Paolo Viti ha detto in risposta a notimenowhere

                  Non sei affatto scemo, anzi!

                  La ganja è più dannosa del tabacco, prendine atto. Almeno eviti altre figure barbine come l’altro giorno (attento perché oltre i 50 anni comincia ad essere spiacevole farsi correggere da un 27enne come me, e sarebbe da parte mia irrispettoso).

                  L’animale può andare contro l’istinto di conservazione della specie? Tu dici “no”. Risposta corretta!!!!!
                  Bene, abbiamo dimostrato che l’altruismo non può esistere in quanto significherebbe per un animale mettere da parte il proprio benessere/la propria vita per favorire quella di un altro al di fuori della propria specie.

                  • notimenowhere ha detto in risposta a Paolo Viti

                    Paolo

                    Al contrario di te posso dire che nessuno manca di rispetto correggendo l’altro. Solo che come già detto io continuo a dire che una canna usata allo stesso modo di una sigaretta fa gli stessi danni. Tu dici il contrario. Va bene. Ora la piantiamo.

                    Azz ho risposto bene. E non ho vinto nulla?

                    Scusa mi fai un esempio di altruismo di un essere umano che sacrifica la sua vita per un animale.
                    Di esempi contrari, ad esempio canini, ce ne sono a bizzeffe.
                    Comunque ti dico che pure degli altri ce ne sono. Quindi puoi evitare di rispondere.

                    Ora che si fa. Ci sono altre domande? Buste da scegliere.

                    • Paolo Viti ha detto in risposta a notimenowhere

                      Continua pure a sostenere quello che vuoi, anche che hai visto volare una mucca. Io continuo ad attenermi agli studi scientifici: “Marijuana Smoke Contains Higher Levels Of Certain Toxins Than Tobacco Smoke” (http://www.sciencedaily.com/releases/2007/12/071217110328.htm); “Impact On Lungs Of One Cannabis Joint Equal To Up To Five Cigarettes” (http://www.sciencedaily.com/releases/2007/07/070731085550.htm); “Marijuana Smokers Face Rapid Lung Destruction — As Much As 20 Years Ahead Of Tobacco Smokers” (http://www.sciencedaily.com/releases/2008/01/080123104017.htm).

                      Non esiste nessun uomo che si sacrifica per un animale in quanto ritiene la sua vita superiore. Non esiste nessun animale (cane o cavalli) che sacrifica la sua vita per un estraneo o un nemico. Salvare il padrone fa sempre parte di quel concetto per cui, salvandolo, l’animale si assicura che la protezione che gli offre l’essere umano possa continuare. E’ la stessa che vediamo tra scimpanzé.

                      Nessuna domanda ulteriore, hai già fatto tutto tu. L’animale non può che essere determinato alla lotta per la sopravvivenza, dunque non farà mai nulla al di fuori di questo obiettivo, men che meno mettere a rischio la sua vita senza ottenere benefici.

                    • notimenowhere ha detto in risposta a notimenowhere

                      Paolo

                      Certo che sei duro.
                      Io ho detto usare canna come sigaretta. Sai come si fuma una canna? Non credo. Di solito il fumo che inali lo trattieni più a lungo e come ho già detto da l’altra parte mi sembra logico che certe sostanze abbiamo più tempo per depositarsi nei polmoni ed andare in circolo.
                      Lo dice anche uno dei tuoi link: “The authors explain that the impact of cannabis is strongly associated with the way in which it is smoked. It is usually smoked without a filter, and at a higher temperature. Smokers tend to inhale more deeply and to hold their breath for longer.”

                      Ora la finiamo.

                      Se un uomo o un cane si sacrificano l’un per l’altro è per l’amore che intercorre tra i due.
                      A te piace pensare che sia un semplice dare e avere. La mia definizione di amore è più ampia della tua.
                      E comunque non mi sembra che l’usanza di sacrificarsi per un nemico sia tanto usata in giro. Per gli estranei quello sì. Ma non siamo così altruisti come ritieni.
                      E non mi portare ad esempio Gesù perchè per un credente è scontato.

                    • Maria Domenica ha detto in risposta a notimenowhere

                      Il fatto che non siamo altruisti indica solo che non siamo buoni seguaci di Cristo. E poi credo si parta da principi errati. Il sacrificio di se stessi per il nemico può partire nella nostra vita quotidiana: se si ha un vicino noioso che ci assilla, non si risponde al male col male, ma si cerca di mantenere rapporti amichevoli e di pregare per lui. Sacrificarsi per l’altro significa distruggere il proprio orgoglio, la propria identità, il proprio istinto, tutte cose che ci spingerebbero a mandare a quel paese (scusate l’espressione) l’altro, uccidere se stessi pur di dare amore all’altro, a partire dalle piccole cose, dalla vita di ogni giorno. Vd Parabola del buon samaritano. Questo lo fanno molte persone comuni che certo non hanno la prima pagina, ma di certo non lo fanno gli animali

                    • Paolo Viti ha detto in risposta a notimenowhere

                      Continua pure a sostenere quello che vuoi, anche che hai visto volare una mucca. Io continuo ad attenermi agli studi scientifici: “Marijuana Smoke Contains Higher Levels Of Certain Toxins Than Tobacco Smoke” (http://www.sciencedaily.com/releases/2007/12/071217110328.htm); “Impact On Lungs Of One Cannabis Joint Equal To Up To Five Cigarettes” (http://www.sciencedaily.com/releases/2007/07/070731085550.htm); “Marijuana Smokers Face Rapid Lung Destruction — As Much As 20 Years Ahead Of Tobacco Smokers” (http://www.sciencedaily.com/releases/2008/01/080123104017.htm).

                      Hai appena dato un giudizio sull’incoerenza, come ti ha fatto notare Maria. Il fatto che tu sia incoerente con la tua capacità razionale non significa che tu non abbia razionalità. Se il cane si sacrifica per un altro sta mettendo da parte il suo istinto di sopravvivenza per fare valutazioni morali/etici sul valore della vita e sul suo significato. Formulare questo giudizio significa ricadere nell’incoerenza di cui ho scritto qui sopra.

        • Giorgio Masiero ha detto in risposta a notimenowhere

          @notimenowhere
          “Dovere” è un imperativo morale, cui l’uomo in cuor suo sa che deve obbedire, anche se ciò va contro il suo interesse di adesso o di domani.
          I doveri, o imperativi morali, insiti nei cuori di tutti gli uomini, da sempre e in tutte le culture sono essenzialmente 4 e, detti semplicemente, sono:
          1) non uccidere
          2) non mentire
          3) non rubare
          4) rispetta la differenza sessuale.
          In tutte le culture, questi doveri sono (stati) sempre regolamentati e, quando violati, sono (stati) sempre puniti.
          La domanda che io faccio ai “continuisti” come te, che non riconoscono la specificità antropologica, è: gli animali hanno doveri?
          Perché vedi, Antonio: se tu non riesci a dirmi i loro doveri, vuol dire che essi non hanno nemmeno “diritti”. E quelli che gli animalisti chiamano diritti degli animali, sono invece il nostro dovere di essere miti ed umani con tutte le creature che soffrono ed il nostro dovere di consegnare alle future generazioni un mondo altrettanto bello di quello che ci è stato consegnato dalle precedenti.
          PS. Che cosa vuol dire ROTFL?

          • Kosmo ha detto in risposta a Giorgio Masiero

            Rolling On The Floor Laughing
            sto rotolando per terra dal ridere

          • F ha detto in risposta a Giorgio Masiero

            …..”se tu non riesci a dirmi i loro doveri, vuol dire che essi non hanno nemmeno “diritti””….?…..Non ha senso….Quindi un uomo o un animale, qualsiasi esso sia, non può possedere diritti se non ha dei doveri?….in pratica, se un uomo non applicasse, per esempio, il dovere di non uccidere perderebbe automaticamente il diritto a non essere ucciso?….mah….hammurabi sarebbe contento….peccato che siano passati 4000 anni…

            • Giorgio Masiero ha detto in risposta a F

              In un certo senso un uomo che uccide perde il suo diritto alla vita. Infatti Hammurabi e anche molti stati moderni lo condannerebbero a morte, mentre altri stati si acconterebbero di negargli altri diritti, per es. la libertà per un certo congruo numero di anni. Ci siamo capiti, F? Hai altre frecce ironiche?

              • F ha detto in risposta a Giorgio Masiero

                no…non ci siamo capiti….e mai ci capiremo se consideri che “in un certo senso” un uomo che uccide perde il diritto alla vita….alcuni diritti sono inalienabili, mentre i doveri(per quanto siano fondamentali nella società) non lo sono…gli stati moderni di cui parli sono o stati totalitari oppure nazioni con forti “presenze” religiose nella legislatura che possiedono….di conseguenza non possono essere considerati per me, in questo ambito, “moderni”…inoltre privare un soggetto della libertà per un numero più o meno alto di anni non è come ucciderlo in quanto può essere giustificato come un atto per preservare i diritti (per esempio quello della sicurezza) della collettività…..uno stato può toglierti la libertà ma mai la vita…è un mio parere….

                • Giorgio Masiero ha detto in risposta a F

                  Io sono contrario alla pena di morte. Punto.
                  Ma stare in carcere a vita o per 20 anni significa “in un certo senso” perdere un diritto a vivere o no? Giochiamo con le parole, F? Lo vedi o no che i diritti sono connessi ai doveri (questo significa essere cittadini) e che non si possono rivendicare diritti senza riconoscersi doveri?

                • lorenzo ha detto in risposta a F

                  Spiegami come funziona: il mio diritto di considerarti un alienato e inalienabile, mentre il dovere di rispettarti come persona non lo è?

                  • F ha detto in risposta a lorenzo

                    no….nel tuo caso, credo che per me sia più un dovere considerare te un alienato, che per te avere il diritto di non rispettarmi come persona….chiaro no?

                    • lorenzo ha detto in risposta a F

                      Dipende, se io sono il più grosso ed il più forte, ho tutti i diritti e nessun dovere, viceversa, riconosco piaggiamente di doverti rispettare come persona… chiaro no?

          • notimenowhere ha detto in risposta a Giorgio Masiero

            Giorgio

            Detti così diciamo che per quanto riguarda gli animali si potrebbe discutere solo del primo. Mentire, rubare e non rispettare le differenze sessuali sono “pregi” tutti umani.
            Per quanto riguarda il primo se intendi uccidere qualcuno della propria specie non penso che possiamo dare insegnamenti agli animali. Certo anche tra loro c’è qualche specie che è capace di farlo. Ma loro lo fanno per istinto. Sopravvivenza, territorio poco conta.
            Noi gli abbiamo dato il nome dovere.
            Ad ogni modo già il fatto che parli di dovere nei loro confronti porta a dargli dei diritti. Se io non uccido e anche perchè l’altro ha il diritto di vivere. Se non rubo è perchè violo il diritto di proprietà altrui. Se non mento e perchè l’altro ha il diritto di sapere la verità. Se non mando di rispetto ad una donna e perchè violo il suo diritto ad essere trattata da pari. Questo non esclude comunque il non farlo anche perchè è moralemnte sbagliato.
            Se no li metti sullo stesso livello di un oggetto.

          • credino ha detto in risposta a Giorgio Masiero

            a me non pare che questi doveri siano stati regolati propriamente in tutte le culture.

  6. Maria Domenica ha detto

    Salve a tutti, è la prima volta che partecipo ad una discussione su questo sito, anche se è da molto tempo che leggo volentieri sia i bellissimi articoli sia le interessanti discussioni. Sono pienamente d’accordo con Giorgio Masiero, la natura morale è insita nell’uomo perché siamo tutti creature di Dio, quindi è insita in noi la ricerca del nostro Creatore e del nostro conformarci alle Sue leggi.
    @notimenowhere: sono un amante di tutte le culture antiche, ma amo ancor di più la Bibbia: lei dimentica l’esistenza di un predecessore di Mosé, Giuseppe, che ha ricoperto una carica importante nel regno d’Egitto. La sua storia risalirebbe a quella dei patriarchi: 2000-1200 a.C. Vi sono recenti studi su possibili identificazioni con personaggi egiziani: vi è chi ritiene che sia possibile la sua identificazione addirittura con Yuya nonno di Akhenaton che come tutti sappiamo è il fondatore della religione monoteista in Egitto. Sebbene Dio darà successivamente i Dieci Comandamenti a Mosè, la morale divina era già presente nei suoi antenati, grazie al loro rapporto esclusivo con il Signore. Semmai dunque l’ipotesi da valutare possibile è se siano stati gli Ebrei a influenzare gli Egiziani.
    Infine quello che si afferma nell’articolo sulla particolarità dell’insegnamento di Gesù è non solo l’amore verso il prossimo, ma l’amore rivolto anche al peggior nemico e questo è un’assoluta novità rispetto a tutte le altre culture.
    Gli animali hanno un naturale istinto ad aiutarsi fra loro ed anche il proprio nemico, quando questo soddisfa una sua esigenza: molte volte, ad es., le femmine di animali che allattano i cuccioli di altre specie, lo fanno perché hanno perso i loro cuccioli e soddisfano così il loro istinto di maternità.

    • Paolo Viti ha detto in risposta a Maria Domenica

      Grazie, il commento è davvero pertinente e condivisibile completamente. Quello che possiamo osservare negli animali come altruismo, in realtà è sempre un favore a sé, senza alcun aspetto di gratuità.

  7. notimenowhere ha detto

    Maria Domenica

    Si so di Akhenaton e di tutto quello che gira intorno a lui. Come le tesi che accomunano il suo Dio a quello degli ebrei e di conseguenza a quello cristiano.
    Appunto un evoluzione. Melting pot. Specie se considera che fino all’insegnamento di Gesù i nemici sulla Bibbia di solito si massacravano.
    Questo non rende più vere le cose. Per prima cosa dovrei credere che molti personaggi biblici vivessero centinaia di anni. E già questo lo trovo difficile. E questo già potrebbe tendere a favore dell’ipotesi altrettanto valida che sia stato l’ebraismo ad essere influenzato dai culti egizi.
    Questo naturalmente ai miei occhi di agnostico.
    Io lo considero solo un notevole miglioramento della morale umana.
    E comunque la mia gatta aveva ancora tutti i suoi gattini. Anzi mi meravigliai quando vidi che non “massacrò” il cane. Se qualcuno ha mai visto la furia di mamma gatta sa di cosa parlo.

    • Paolo Viti ha detto in risposta a notimenowhere

      Un altro commento privo di senso a mio parere, in cui si confonde l’Antico Testamento con un volume universitario di storia antica o di scienza biologica, in cui si parla di morale umana come sviluppo di evoluzione biologica e genetica (ah, il famoso gene della sincerità!), in cui si evita di riferirsi agli argomenti cui si vuole rispondere per prenderne solo spunto superficialmente per creare il proprio punto di vista. Interessante che parli di evoluzione come se fossi docenti universitari e iniziando le frasi così: “io lo considero solo…”. Io l’ho sempre detto: l’anonimato del web dà alla testa, ci vuole tanta auto-ironia caro notime, e tu ne hai davvero bisogno. A volte anche più di me.

      • notimenowhere ha detto in risposta a Paolo Viti

        Paolo

        Ma per caso hai preso il posto di Piero. Ti devo chiamare prezzemolino anche a te. A proposito, Piero che fine hai fatto? Sento la mancanza di tue offese.
        Qualsiasi commento faccia è privo di senso. Se tu non capisci non so che farci. Hai mai pensato che dei problemi cognitivi li potresti avere tu.
        Offesa per offesa. Quanno ce vò ce vò.
        Per te la Bibbia in quanto credente è vangelo. 😀
        Chi lo metti in dubbio.
        Ma allora per te le sue cronologie sono perfettamente spiegabili.
        E poi chi ha parlato di testi universitari. Ma per caso quando leggi i miei commenti sei anche in altre faccende affaccendato? No perchè così non andiamo da nessuna parte.
        Non vuoi l’anonimato? Posso darti la mia mail. Quella con nome e cognome. E se vuoi anche il mio profilo FB. Figurati. Non c’è nessun problema. Ma questo cosa cambiarebbe. Forse una volta che sai chi sono il tuo concetto della mia persona cambierebbe?
        Io di auto ironia ne ho da vendere e se mi conoscessi lo sapresti. Per ora ti devi fidare come al solito della mia parola. Ops ho detto un’eresia.

        • Maria Domenica ha detto in risposta a notimenowhere

          Gli esegeti e i teologi già da tempo ci dicono che la Bibbia non è una descrizione dettagliata e scientifica della storia dell’uomo. Se lo immagina quale dimensione dovrebbe avere se così fosse? Il Signore ha voluto attraverso essa e soprattutto attraverso la storia di personaggi esemplari trasmettere all’uomo quella che è la verità di fede. Faccio un esempio pratico. Caino uccide Abele e viene cacciato da Dio dalla terra dove aveva commesso l’omicidio e condannato a vagare ramingo, ma con un segno che faccia comprendere che nessuno può ucciderlo. Chiunque avrebbe ucciso Caino avrebbe subito la vendetta sette volte. Caino dunque si allontana e va in una regione dove fonda una città (probabilmente villaggio) e conosce sua moglie. Dio non parla della creazione di altri uomini, eppure il fatto che fondi una città e conosca una moglie presuppone che siano stati creati altri uomini. Ciò che però Dio vuole trasmetterci è il fatto che non è giusto uccidere un fratello, né tanto meno rispondere alla morte con la morte.
          Per quanto riguarda l’età di questi uomini, essa può corrispondere al vero se pensiamo che Dio creò l’uomo per l’immortalità e la morte entrò nell’uomo a causa del peccato originale. Si tratta quindi di una condizione acquisita per il libero arbitrio dell’uomo, che non corrispondeva alla sua natura, donatagli da Dio. Se nota, tranne qualche eccezione l’età dei patriarchi va diminuendo fino ad arrivare a Noè. Dopo il diluvio l’età diviene più simile a quella dei nostri giorni.
          Può tuttavia essere anche simbolica: con il crescere del male, diminuisce l’età dell’uomo.

        • Maria Domenica ha detto in risposta a notimenowhere

          Chiedo scusa: Chiunque avesse ucciso Caino

        • enrico ha detto in risposta a notimenowhere

          @ notimenowhere

          Mi perdoni.
          Quando lei legge la Bibbia si sarà accorto che nel capitolo primo e secondo del Genesi l’uomo viene creato il sesto giorno da una parte, nell’altro prima degli animali.
          Una lettura letterale del testo è negata dal testo stesso.
          Perchè lei legge alla lettera, senza considerare i generi letterali della Bibbia.
          Chi le ha indicato questa interpretazione come vera?

    • lorenzo ha detto in risposta a notimenowhere

      Scusa se mi intrometto, ma mi sai spiegare perché nelle pittura egizia i faraoni e gli alti dignitari erano disegnati più grandi degli altri personaggi?

      • notimenowhere ha detto in risposta a lorenzo

        lorenzo

        Non sono un egittologo, naturalmente. Ho letto qualcosa.
        Posso solo immaginare perchè la loro condizione di Dio-Re imponeva certi usi. Questo per i faraoni. Per i dignitari non so che pensare tranne che anche lì fosse una forma di rispetto per le cariche che ricoprivano.
        Naturalmente, anzi sicuramente, posso sbagliare ma ora che mi hai messo curiosità se sai perchè dillo. 😉

        • lorenzo ha detto in risposta a notimenowhere

          E’ più o meno la stessa motivazione culturale che spingeva gli scrittori biblici a dichiarare che ben determinati personaggi vivevano centinaia e centinaia di anni: una questione di prestigio e d’importanza del soggetto.
          Tieni inoltre presente che negli scritti biblici si evincono chiaramente i substrati culturali delle ben più importanti civiltà con cui gli israeliti sono venuti in contatto.

          • Maria Domenica ha detto in risposta a lorenzo

            Vero. Basti ricordare la menzione di personaggi come Nabucodonosor e Babilonia in Daniele o il re Assuero del libro di Ester che corrisponderebbe al re di Persia Serse, le descrizioni dei riti e delle usanze dei luoghi dove essi venivano a trovarsi e tanto altro. Il fatto è che a volte si parla della Bibbia solo per sentito dire e mai per lettura personale e lo dico perché per molti anni ho fatto anch’io la stessa cosa

  8. Chissenefrega ha detto

    Secondo me l’uomo non è migliore degli animali ma è certamente più evoluto. Conseguentemente le sue manifestazioni di affetto/amore/amicizia/altruismo (chiamatele come volete) sono più vive intense e profonde. Ma, contestualmente, lo sono anche le sue manifestazioni di inimicizia/ostilità/odio/avversione.
    Superiore agli animali in tutto: nel bene e nel male.

    • Ercole ha detto in risposta a Chissenefrega

      Quindi la differenza tra l’uomo e l’animale starebbe secondo te in un grado di intensità maggiore di vivere le sue emozioni (nel bene e nel male), giusto?

      Un’altra domanda: la capacità umana di affetto/amore/amicizia/altruismo è una caratteristica biologica e genetica in più?

      • Chissenefrega ha detto in risposta a Ercole

        Non è ovviamente l’unica differenza ma è una differenza rilevante. Non è qualitativamente diversa ma quantitativamente, anche se poi certe conseguenze lo sono qualitativamente. Ad esempio, non credo che agli animali si possano attribuire olocausti o genocidi per così dire “gratutiti”.

        • Vronskij ha detto in risposta a Chissenefrega

          Se aumenti quantitativamente i gradi di calore dell’acqua fino al 100 gradi, si forma il vapore, una sostanza qualitativamente diversa.

          Se l’uomo ha la potenzialità di realizzare il sommo bene, e non lo realizza, per forza realizzerà il sommo male. Più in alto miri, più in basso cadrai.

          • Vronskij ha detto in risposta a Vronskij

            Per questa ragione i maestri raccomandano di essere tiepidi (non mirare all’estremo della perfezione), sempre con il rischio di essere vomitati. Invece del lavaggio del cervello, il lavaggio del stomaco.

          • lorenzo ha detto in risposta a Vronskij

            Un proverbio italiano recita: “Chi troppo in alto sale, cade sovente precipitevolissimevolmente.”

        • Ercole ha detto in risposta a Chissenefrega

          Non ho capito la risposta. La capacità umana di affetto/amore/amicizia/altruismo è una caratteristica biologica e genetica in più? Si o no?

  9. Luigi Pavone ha detto

    L’idea che gli animali non possano avere diritti in quanto non hanno doveri sembra poggiare su una incomprensione. Infatti, è bensì vero che la nozione di diritto si precisa in relazione a quella di dovere, e che ad ogni diritto corrisponde un dovere, e ad ogni dovere un diritto; ma questo non vuol dire che un soggetto portatore di diritti debba anche essere un portatore di doveri, o che un portatore di doveri debba anche essere un portatore di diritti, pena non so quale contraddizione. Infatti, riconoscere all’uomo il dovere di comportarsi con mitezza nei confronti degli animali, significa riconoscere agli animali il diritto di essere trattati con mitezza. Non si capisce perché dovremmo trovare imbarazzante riconoscere questi diritti.

    • GiuliaM ha detto in risposta a Luigi Pavone

      L’idea che gli animali non possano avere diritti in quanto non hanno doveri sembra poggiare su una incomprensione.
      Infatti, riconoscere all’uomo il dovere di comportarsi con mitezza nei confronti degli animali, significa riconoscere agli animali il diritto di essere trattati con mitezza. Non si capisce perché dovremmo trovare imbarazzante riconoscere questi diritti.

      La seconda frase non c’entra nulla con la prima: nella prima affermi che l’essere che possiede i diritti è lo stesso che esercita doveri, mentre nella seconda parli dell’uomo che ha il DOVERE di trattar bene gli animali, e dell’animale che ha il DIRITTO ad essere trattato come tale.

  10. Carlo Trevisan ha detto

    posso dire di essere in contrasto con quanto predica questo sito, solo quando si parla di animali.

    gli animali spesso sono molto meglio di noi umani.

    così come sparo a zero su odifreddi, vi dico una cosa, questa

    “l’unico essere sulla terra a saper essere davvero altruista”

    è una grande puttanata, di dimensioni epocali.
    chiaramente molto meno offensiva di quelle di odifreddi, ma stupida quanto le sue.
    mi dispiace per gli etimologi che perdono tempo a dire ste stronzate…

    animali che muoiono per salvare i padroni, cosa ci guadagnano? che il padrone gli porti da mangiare in paradiso?

    invito questi etimologi a guardarsi “charlie, anche i cani vanno in paradiso” o a leggere storie vere, di cani che aspettano il padrone deceduto per anni.
    e non ci guadagnano nulla a farlo, il cibo e l’alloggio ormai glielo danno altre persone, è il loro cuore a farglielo fare.

    anche i delfini che salvano gli essere umani, lo fanno senza niente in cambio.

  11. Carlo Trevisan ha detto

    un articolo così l’avrei visto meglio sul blog degli uaarini… dai non cadiamo di stile con queste cose.

    perchè altrimenti chi dice che i cristiani si aiutano l’un altro per meritare il paradiso e non per altruismo, ha strada spianata.

  12. Sesbassar ha detto

    Un po’ più di gentilezza anche nei confronti di chi viene qui per ribattere la sua idea scientista/evoluzionista/riduzionista forse non sarebbe male.
    Poi non hanno tutti i torti a lamentarsi di un presunto “paraocchi”.

    Comunque articolo molto interessante, che mi trova d’accordo su tutto!

  13. Giorgio Masiero ha detto

    @ Luigi Pavone
    Parlando in termini di filosofia logica, o di algebra, hai ragione, Luigi: se io uomo ho il dovere di rispettare gli animali, ciò implica che gli animali hanno il diritto di essere rispettati da me.
    Però io parlavo in termini di filosofia etica. “Giustizia è fatta”: che significa questa frase? Significa che a un uomo che ha mancato ad alcuni suoi doveri vengono tolti “in compensazione”, o sospesi, alcuni suoi diritti.
    I diritti senza doveri si chiamano “privilegi” e la storia umana è anche una lotta per l’eliminazione dei privilegi di classe e per l’uguaglianza di tutti gli uomini, in termini di diritti e di doveri. O all’eliminazione dell’ancien régime vogliamo far subentrare una nuova classe privilegiata, quella degli animali?
    Per queste considerazioni di filosofia etica, io ritengo che agli animali, non avendo essi doveri, non spettino diritti. Il che non implica che, eticamente, noi uomini non abbiamo doveri “riguardanti” gli animali (non “verso” gli animali), ma questi doveri derivano dalla nostra “umanità”, non dalle loro “animalità”.

    • rolling stone ha detto in risposta a Giorgio Masiero

      Prof Masiero, intervengo per fare una osservazione sui diritti e doveri degli animali (sperando di contribuire a chiarire il problema).
      Ogni dovere presuppone la assunzione di un impegno o un accordo, che viene stipulato per garantire qualcosa (i diritti) ai contraenti. Ad esempio, come cittadino in una società civile se accetto di vivere in un determinato paese ho il dovere di rispettare il codice civile e penale vigente in quel paese. Il vantaggio che ne traggo è la salvaguardia dei miei diritti, gli stessi degli altri concittadini.
      Questa è la morale (il rispetto dei costumi) di una società civile. Non uccidere, non rubare, pagare le tasse, tutelare i minori, ecc. rientrano in un comportamento morale che non ha bisogno di alcuna religione per sussistere. Basta l’accordo dei cittadini (il patto sociale, nel linguaggio di Hobbes). In termini di patto sociale non abbiamo quindi alcun dovere verso chi non lo accetta o chi ne sta al di fuori. Tra questi gli animali.
      Il dovere verso gli animali però sorge indirettamente. Se vogliamo salvaguardare l’ambiente in cui viviamo dobbiamo salvaguardarne l’equilibrio, a cui gli animali partecipano attivamente. Loro contribuiscono (anche) a salvaguardare l’ambiente in cui viviamo e noi abbiamo – nel nostro interesse – il dovere di proteggerli. Da questo punto di vista gli animali rientrano indirettamente (li arruoliamo d’ufficio noi) nel nostro patto sociale. Noi abbiamo il dovere di proteggerli e loro hanno il diritto di vivere secondo la loro natura.
      Fin qui abbiamo ragionato in termini di una morale positiva (che detta diritti e doveri). Oltre alla morale però esiste qualcos’altro, forse altrettanto importante: l’etica. L’etica – nonostante abbia la medesima etimologia (greca) della morale (latina) – è qualcosa in più e ben diversa dalla morale. L’etica è la “morale spontanea” (fondata sulla compassione). La morale si acquisisce. L’etica, invece, si ha o non si ha. Ma qui si apre un altro enorme capitolo.

      • Panthom ha detto in risposta a rolling stone

        Innanzitutto la presenza di una religione come quella cristiana, non solo ha introdotto i valori morali occidentali (i greci non la pensavano come noi e nemmeno i romani), ma fortifica e motiva le persone all’adesione morale ed etica, sia per i religiosi che per i non religioso.

        Inoltre proteggere gli animali non implica necessariamente l’essere vegetariani. Il tuo discorso è molto fumoso, rispondi a questa domanda terra-terra: ci sono Paesi in queste ore completamente isolati dalla neve. Tu sei contrario o favorevole alla scelta della protezione civile di mettere in salvo e ad assistere prima gli uomini degli animali?

      • Giorgio Masiero ha detto in risposta a rolling stone

        Sono completamente d’accordo con Lei, rolling stone.

    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Giorgio Masiero

      Non sono affatto d’accordo sulla definizione di privilegio. Il privilegiato non è un soggetto che ha diritti senza doveri. Il privilegiato è colui che ha diritti che non hanno altri – per lo più in virtù di condizioni a cui gli altri non possono accedere per nascita, colore della pelle, sesso etc. Nel caso degli animali, questa situazione non si creerebbe.

      • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Luigi Pavone

        Questo è il problema della filosofia: l’omonimia!
        D’accordo, privilegio può avere anche quel significato, diciamo “neutro” eticamente. Però, il senso con cui io intendevo la parola (e sono sicuro che tu, Luigi, lo avevi inteso) era quello spregiativo, di classe o di razza ecc., eticamente parlando.
        Se certi animali possono essere privilegiati rispetto ad altri (per sorte, ambiente, padroni, ecc.), spero che concordiamo che non sono privilegiati in termini morali.

  14. enrico ha detto

    @ Andrea

    “Non mi interessa granchè il motivo per cui altri abbiano iniziato ad amare il proprio nemico, e se lo abbiano fatto prima dopo o in contemporanea con Gesù.mi interessa invece capire bene a cosa serve. E questa infatti non è una posizione contraddittoria.”

    Leggo che lei ha scritto molti commenti, ho scelto di estrapolarne una parte.
    Quello che è intellettualmente interessante è che il messaggio “ama il tuo nemico” piomba improvvisamente nella storia umama dove, come ricordano le parole di Gesù stesso, fin prima vigeva l’amare e l’aiutare il proprio amico o l’appartenente alla propria comunità.
    Si tratta dunque di un punto di discontinuità nella storia del pensiero dell’umanità.
    Non sorge nemmeno a posteriori in un contesto religioso già formato in cui tale principio sarebbe l’approdo evolutivo favorevole.
    Il discorso della montagna viene considerato anche dagli autori critici parte del messaggio originale.
    Oltre a motivi filologici, questo viene evidenziato dal fatto che tale approccio non faceva parte della precedente cultura ebraica, come ricorda Gesù stesso, nè di quella succesiva, come si evince nel Talmud.
    Un’approccio razionale al problema dovrebbe porsi la domanda del “Perchè? Da dove giunge tale concetto?”

    Riguardo

    “Ma se insisti ti faccio un esempio, Il definirsi (o essere definito) figlio di un “entità diversa da un altro uomo”, attraverso un processo riproduttivo che non è quello propriamente umano, ad esempio mi pare incompatibile con qualsiasi nostra evidenza diretta, e tendo a rilevarla come un’affermazione fortemente incompatibile con le nostre conoscenze odierne.”

    Questa frase mi lascia perplesso.
    Non è che allora non si sapesse come nascano i bambini e spero che lei non creda queste assurdità.
    Tuttavia non so attraverso quale metodo sperimentale lei intenda approcciarsi ad un evento che è un unicum o supposto tale.

    • Andrea ha detto in risposta a enrico

      Salve Enrico,
      grazie dell’osservazione, dunque lei sostiene che un’ approccio razionale dovrebbe prima chiedersi “Perchè? Da dove giunge tale concetto?”. Personalmente applico un “algoritmo” secondo cui tra tutti i pensieri formulabili e formulati mi pongo dapprima il problema di spiegarne la validità di contenuto e solo dopo mi pongo domande attinenti alla genealogia di tali pensieri.

      Mi sembra un approccio coerente per evitare di introdurre troppo rumore, e scarso focus nell’orientare il pensiero in questa vita già così breve. ne consegue che con questo approccio, per quanto eccezionale possa essere stata la natura dell’introduzione o dell’emergere di un dato concetto, la sua validità per me è fondamentale.

      Riguardo alla seconda parte del commento la ringrazio di aver rilevato una mia potenziale non chiarezza.
      Sono sicuro che duemila anni fa’ l’uomo avesse da tempo correlato i fenomeni atto sessuale- riproduzione. Tuttavia ritengo plausibile sostenere che a parità di audience duemila anni fa’ l’ipotesi di una genesi così eccezionale e soprannaturale, non potesse essere scartata con altrettanta probabilità, su basi puramente razionali, stante la nostra attuale superiore comprensione dei meccanismi riproduttivi, che non è più effetto di pura correlazione, ma di indagine chimica e biologica.

      • enrico ha detto in risposta a Andrea

        @ Andrea

        Quale sarebbe l’algoritmo?
        Se per ogni insegnamento o principio lei applica questo algoritmo, che per il momento non conosco, mi viene da chiederle come si comporta rispetto a situazioni in cui possa danneggiare altre persone posto che ne riceva solo vantaggi.
        La questione non è se il principio a lei piaccia.
        La questione è che tale principio non è l’approdo di un percorso filosofico ma un punto di discontinuità.

        Riguardo alla seconda affermazione in nessuna tradizione precedente si considerava la possibilità che un uomo fosse Dio stesso fin dalla nascita e precedentemente all’evento stesso, che in teologia si definisce incarnazione.
        Basterebbero le polemiche di Celso verso i cristiani o quanto si legge nel Talmud.
        Come nascessero i bambini era cosa nota, se lei va ad esempio a considerare tutti i precetti contenuti nell’ AT verso la sessualità.
        Veramente sono sorpreso che lei possa avere simili posizioni.
        Riguardo al trascendente non so come qualunque metodo scientifico possa aiutare l’uomo moderno ad escluderlo visto che la scienza sperimentale si occupa di grandezze quantificabili e non di trascendente.

        • Andrea ha detto in risposta a enrico

          Salve Enrico,
          in questo caso il termine algoritmo era utilizzato in modo allegorico, ma sono contento di precisare il modo in cui gestisco questo tipo d’informazione.
          Mi pare che lei esegua un cortocircuito, tra la mia frase: “mi pongo dapprima il problema di spiegarne la validità di contenuto” e la sua interpretazione “La questione non è se il principio a lei piaccia”.

          I miei criteri di validità non presumono il solo “piacermi” del principio ma anche il benessere che tale principio possa avere su chi mi circonda e sul resto della società. Ma il mio modo di procedere rimane valido, quello che non comprendo , e che le chiederei di precisare meglio è: quale possa essere il valore intrinseco di una discontinuità rispetto al contenuto che essa rappresenta. potremmo citare discontinuità negative ma sarebbero sempre negative, quindi positività e negatività di un messaggio mi parrebbero prescindere dal livello di discontinuità che la loro introduzione rappresenti.

          Mi perdoni capisco che possa essere un mio limite ma non ritengo plausibile l’ipotesi che Gesù sia stato una persona diversa per origini, biologia e capacità di operare nella realtà che lo circondava, da me e lei. Per quanto possa sembrarle assurdo si tratta ovviamente delle posizione di un non credente, quindi dovrà concedermi le attenuanti del caso.

          Non sto dando degli ignoranti ai contemporanei di Gesù, sospetto semplicemente che Gesù non abbia eseguito nessun miracolo, nè sia tantomeno nato da una qualche forma di partenogenesi. Ciò che la Teologia definisce incarnazione non ha alcun riscontro infatti in biologia. Non mi sento quindi di attribuire alla Teologia capacità esplicative di fenomeni che hanno un effetto riscontrabile (nascita vs non nascita) superiore a quella delle scienze che di questi fenomeni si occupano (da quando esistono ovviamente, non certo duemila anni fa’)

          Ora lei parla di singolarità e si tratta di un termine che è fortemente compatibile col livello di estremamente bassa probabilità che tenderei ad attribuire alle origini divine di Gesù. Tuttavia anche le singolarità devono essere valutate rispetto alla coerenza che paiono avere col resto delle “osservazioni” che l’uomo può e ha potuto compiere.

          In tal senso mi sento di affermare che l’unica singolarità che gode di questa proprietà sia quella del Big Bang.

          Vengo alla sua affermazione:
          “Riguardo al trascendente non so come qualunque metodo scientifico possa aiutare l’uomo moderno ad escluderlo visto che la scienza sperimentale si occupa di grandezze quantificabili e non di trascendente.”

          Ha perfettamente ragione, su questo tema, non posso escludere il trascendente come non posso escludere la validità di migliaia di altri concetti non verificabili scientificamente. Tuttavia quando formulo ipotesi su temi non direttamente indagabili dalla scienza mi comporto come segue:
          a parità di potere esplicativo le ordino dalla più semplice alla più complessa e seleziono la prima, se non ne posseggo nemmeno una per quello specifico tema mi astengo fino a che non ho le idee più chiare.
          Non ritengo che l’ipotesi di Dio formulata dalla religione Cattolica (o da altre religioni) aderisca ad un criterio di semplicità sufficiente ad escludere ipotesi alternative o al non essere preferita all’astenersi in alcuni casi dal rispondere.

          • enrico ha detto in risposta a Andrea

            @ Andrea

            Non ho mai discusso del valore intrinseco di tale discontinuità introdotta dal messaggio di Gesù.
            Che per altro significa che anche il nemico è creatura di Dio e che come Dio ama il peccatore e chi sbaglia anche il cristiano costituito figlio di Dio mediante il battesimo deve sforzarsi di aderire al modello del Padre.
            Il fatto che il suo supposto algoritmo accetti o rifiuti tale messaggio non è il punto della questione.

            Il punto della questione è che tale messaggio non è preparato da un substrato che lo precede.
            Se lei legge il pensiero di Marx, tale pensiero non sorge come un punto di discontinuità ma è l’approdo di posizioni filosofiche che l’hanno preceduto.
            Questo vale per ogni pensiero umano nella storia.
            Il messaggio dei Vangeli è invece un punto di discontinuità.

            Riguardo la non esistenza del sopranaturale questo è semplicemente un pregiudizio filosofico, non un acquisizione derivante dal metodo scientifico che di tale sopranaturale non si occupa per costituzione.

            Però esistono fatti documentati e verificabili in tal senso.
            Poi si può tenere la posizione che quando i fatti contraddicono i propri assiomi filosofici tanto peggio per i fatti.
            Ma questo è un atteggiamento poco sperimentale.

            • Andrea ha detto in risposta a enrico

              Salve Enrico,
              credo che la la radice del nostro disaccordo verta poprio su:

              – documentabilità del soprannaturale
              – eventuale attribuzione del soprannaturale ad un “entità ringraziabile”

  15. Vronskij ha detto

    Nelle due temi sul animali (anche quella di Savater), persiste lo stesso problema di dare una definizione definitiva su che cos’è un animale e cos’è un uomo. E’ molto simile con la tema dell’aborto, impossibilita di mettersi d’accordo su cos’è un essere umano e cos’è una persona. Lo stesso con la tema di economia cattolica e economia protestante, e molte altre ancora in passato e da venire.

    Lo sapeva bene la vecchia volpe Voltaire quando diceva che le polemiche sono causate principalmente perché non sappiamo mettersi d’accordo sulle definizioni per le cose discusse.

  16. Giorgio Masiero ha detto

    @ rolling stone
    Posso chiederLe se ha letto il mio intervento riguardante il compleanno di Hawking e, se sì, se l’articolo Le è giovato a farSi un’idea di come la cosmologia scientifica attuale parli tranquillamente (e contro-intuitivamente, lo riconosco) di inizio del tempo?

    • rolling stone ha detto in risposta a Giorgio Masiero

      Non l’ho letto. Da tempo ignoro regolarmente qualsiasi articolo riguardi Hawking. Come uomo mi dispiace per lo stato fisico in cui versa. Come scienziato, con la sua dichiarata ambizione al premio Nobel a tutti i costi, non mi interessa.
      Comunque, riguardo all’inizio del tempo e dello spazio ho già posto le mie obiezioni e ho preso atto della Sue risposte. Non è il caso di ripetere ciò che abbiamo già detto.

      • Giorgio Masiero ha detto in risposta a rolling stone

        Le obiezioni a livello filosofico, le posso comprendere: qui non vale un principio d’autorità. Quelle a livello scientifico, no, tanto più che sullo spazio ed il tempo, rispetto ai tempi di Kant, la scienza ha fatto enormi passi avanti…
        Cmq, mi dispiace che Lei non abbia letto l’articolo perché, forse, si sarebbe evitato in futuro di accusarmi di mischiare in mala fede le mie concezioni religiose con le teorie scientifiche (dico “in mala fede”, perché involontariamente posso averlo fatto, come accade a tutti gli studiosi), un’accusa da parte Sua che mi ha ferito un paio di volte nel passato.

  17. Carlo Trevisan ha detto

    prima di tutto, nessuno ha argomentato quello che ho detto.
    forse non tutti gli animali possiedono l’altruismo, ma io ho letto anche di gatte che hanno allattato dei cuccioli che non erano loro.

    ne ho lette molte, ne ho viste altrettante.

    dio non avrebbe creato delle creature prive di spirito.
    forse gli animali non hanno propriamente un anima, ma hanno uno spirito.
    e la distinzione fra anima e spirito qui la conoscono in pochi.

    sant’antonio e san francesco non hanno perso tempo con gli animali per niente…
    molti animali ripeto, hanno più umanità di molti esseri umani.

    visto che di là i commenti sono chiusi, vorrei anche rispondere a questo genio

    Hernandes ha detto:
    10 febbraio 2012 alle 23:55
    “Io sono agnostico ma rimango davvero basito nel leggere tante idiozie di questi ecoanimalisti.”

    io rimango basito nel comprendere che non hai compreso NULLA di quanto ho affermato.

    “Ma da dove escono fuori? Trevisan che invoca il creazionismo, l’altra che parla di veganesimo.”

    sei razzista? ti da fastidio chi la pensa diversamente?

    “Io mi sono fatto questa opinione: i più attivi in rete sono persone con idee poco compatibili con la società. Forse quello di proliferare sul web è il loro modo di poter esprimersi non avendo spazi sui giornali o in televisione o banalmente nelle città.”

    appunto: sono veramente poco attivo in rete, commento solo ogni tanto questo sito.
    per il resto ho molto spazio in televisione e sui giornali, quindi, caro il mio coda di paglia, mi sa che sei tu quello che invidia chi lo spazio ce l’ha.

    “Dai siamo seri, ma chi pensa davvero a paragonare i diritti del topo o della zanzara a quelli dell’uomo? Io o mio figlio valiamo meno o come una mosca o come un pescespada? Ma siamo pazzi completamente??!”

    era “diritto” in senso lato, perchè in realtà nel paradiso terrestre ogni creatura aveva pari diritto di un’altra, anzi il primo ad esserne scacciato è stato l’umano, insieme al serpente. dobbiamo parlarne?
    e in ogni caso, un pesce se lo infilzi con l’amo soffre, anche se non lo senti.

    “E’ puro sentimentalismo: guardiamo la faccina del cane e lo umanizziamo e sosteniamo che chi investe un cane deve andare in galera come se avesse investito un uomo. E’ il disfacimento completo della società.”

    e anche qui, ennesimo discorso razzista.
    il cane è spesso molto più umano di tanti esseri umani, sappilo.
    se non lo capisci è solo perchè o ti è morto un cane e non vuoi più saperne, e scrivi queste puttanate per dimenticare, o non ti sei mai affezionato ad un animale.
    riguardo ad un uomo, se investe un cane che attraversa accidentalmente la strada è ovvio che non debba andare in galera! i cani non si rendono conto propriamente di cos’è una strada.
    ma invece un uomo che abbandona un cane? un uomo che maltratta e uccide un cane?
    pensi che un uomo che maltratti un cane non possa farlo anche con te?
    pensi che abbia il diritto di maltrattare un animale?
    stai zitto che è meglio…

    • Wil ha detto in risposta a Carlo Trevisan

      Fai una gran confusione, CT. Nessuno ha mai messo in discussione che gli uomini possano essere cattivi, anzi cattivissimi.
      Qui si dice il contrario: che “solo” gli uomini possono essere onesti o disonesti, perché “sanno” di fare il bene o il male; mentre gli animali sono solo e sempre “buoni animali”, perché seguono i loro istinti, sia quando ammazzano una gazzella sia quando allattano un cucciolo.

      • Sophie ha detto in risposta a Wil

        Scusami Will, però se solo gli uomini sanno distinguere fra bene e male allora la Madonna non avrebbe bisogno di farsi vedere, i Santi non servirebbero all’umanità e l’Inferno non brulicherebbe di anime come pare che sia!

        • Nadia ha detto in risposta a Sophie

          Che bisogno c’è, Sophie, di tirare in ballo i santi, quando il discorso che qui si sta facendo è a puro livello umano, per tutti?
          A te è mai capitato, Sophie, di fare una cosa che sapevi disonesta, magari un piccolo atto di egoismo, una cattiveria, eppure l’hai fatta lo stesso? Questo è quello che s’intende quando si dice che l’uomo ha una coscienza morale, che gli dice ciò che giusto o ingiusto, e però lui ha la libertà di scegliere. Invece le bestie no, esse sono innocenti per natura; perché non distinguono il bene dal male e seguono l’istinto.

          • Sophie ha detto in risposta a Nadia

            Non lo so, su questo argomento mi trovo molto combattuta…

            • Nadia ha detto in risposta a Sophie

              Su che cosa sei incerta? Pensi che un animale affamato si possa mettere a digiuno per delle credenze religiose? o che, in periodo d’amore, rinunci a fare sesso per motivi di autodisciplina o morali?
              Pensi davvero che le bestie abbiano una coscienza morale che gli fa distinguere ciò che e bene e ciò che è male, indipendentemente dall’istinto?

    • Woody85 ha detto in risposta a Carlo Trevisan

      Concordo perfettamente con Hernandes, la tua è normale antropomorfizzazione dell’animale. Ti invito inoltre a maggiore calma e distensione.

    • enrico ha detto in risposta a Carlo Trevisan

      “e la distinzione fra anima e spirito qui la conoscono in pochi.”

      Si va bene la distinzione effettivamente esiste. Quale sarebbe secondo lei?

      “esserne scacciato è stato l’umano, insieme al serpente. dobbiamo parlarne”

      I serpenti che conosco io non parlano. Nel Bereshith la parola serpente non c’è.

      “il cane è spesso molto più umano di tanti esseri umani, sappilo”

      Un cane è un cane, un uomo è un uomo.
      Un cane non può essere più umano di un uomo poichè è un cane.
      Riguardo al fatto che una gatta allatti un gattino non suo, il punto sta se tale gatta abbia scelto di farlo.
      Comincerei a restare stupito se una gatta non lo facesse, poi ragionasse sul suo “non altruismo” e cominciasse a farlo, poi ritornasse alla posizione di partenza.
      Ed in seguito sviluppasse rimorsi per la sua scelta cercando se tale gatto sia o meno sopravissuto.
      Una gatta sceglie?

      Poi ha scritto
      “cani non si rendono conto propriamente di cos’è una strada”
      Prima sostiene che gli animali compiano scelte morali e poi che non sappiano propriamente distinguere cosa sia una strada.
      Mah.

  18. Simone ha detto

    A proposito di formiche e cattolici, mi sorprende che nella lista degli scienziati religiosi non ci sia anche il gesuita Erich Wasmann ( profilo biografico: http://gap.entclub.org/taxonomists/Wasmann/index.html)

  19. Antonio72 ha detto

    @Andrea
    Volevo risponderti alla domanda, secondo me pertinente e credo la più interessante di questo blog, di quale vantaggio si avrebbe ad amare il proprio nemico. Innanzitutto è bene sottolineare che tutti noi, credo o spero, non abbiano dei veri e propri nemici, dato che al giorno d’oggi la parola “nemico” mi pare esagerata, forse anacronistica. Sarebbe più giusto dire di amare anche la persona da cui abbiamo subito dei torti. La seconda cosa da notare è che se Gesù avesse detto di amare i propri fratelli, coniugi, figli, cugini, ecc.. avrebbe “scoperto l’acqua calda”; d’altronde lo dice Lui stesso che fanno così anche i pagani. Allora quale sarebbe questo vantaggio di amare i propri nemici o meglio le persone da cui subiamo dei torti o che ci stanno solamente antipatiche? Pensandoci, la cosa sembra andare contro natura anche se, ne converrai, questa discussione riguarda solo gli uomini, in quanto non si potrebbe mai chiedere ad una gazzella di amare il leone, una tigre di amare l’uomo, ecc….
    Siccome sei un tipo razionale, prendiamo tutti i casi razionalmente possibili:
    1) Odiare e combattere il proprio nemico;
    2) Restare indifferenti al nemico (e quindi, in un certo senso, anche all’amico);
    3) Perdonare il proprio nemico ma non amarlo;
    4) Amare il proprio nemico.
    (Se ti vengono altre possibilità, puoi anche aggiungerle ed eventualmente le discutiamo)
    La 1) è sicuramente la più diffusa, tanto che per alcuni non varrebbe nemmeno la pena di discutere d’altro. Certamente l’odio è un sentimento forte che invade l’animo di qualsiasi uomo: “Io odio il mio nemico”, ma l’odio riguarda sempre prima me del mio nemico, quindi si potrebbe anche dire: “Io odio” lasciando vago l’oggetto, e talvolta è proprio così che va a finire. Vediamolo dal punto di vista scientifico prendendo per buona la tesi scientifica dei “marcatori somatici” del neuropsicologo Antonio Damasio (la quale pare accertata e accettata dalle neuroscienze). Di certo il forte sentimento dell’odio coinvolge ed attiva (negativamente) diverse componenti anatomiche dell’organismo, se poi questo sentimento diviene totalizzante, ecco allora che si vive prevalentemente con l’allerta negativa dei marcatori somatici. Inotre, nell’ultima discussione, abbiamo concordato sul fatto (direi assodato scientificamente) dell’influenza diretta degli stress ambientali e culturali (qui intendo quelli negativi) sulle connessioni cerebrali data l’estrema plasticità encefalica. Secondo te quindi chi ne risente di più? L’organismo dell’odiatore o l’organismo dell’odiato? (il quale paradossalmente potrebbe esserne addirittura inconsapevole – per es. odio la suocera, ma è meglio tenermelo dentro, per ovvie ragioni).
    La 2), mi pare un atteggiamento da buddhista: resto indifferente a quello che mi succede in quanto è maya, e quindi causa di dolore, ecc.. Ma se resto indifferente al nemico è facile che valga lo stesso anche per l’amico, poichè quando una persona è indifferente o se vuoi atarassica, l’oggetto della sua indifferenza non credo che conti un granchè. Per es. ci sono alcuni malati mentali come gli autistici che sono rinchiusi nel proprio mondo ed in un certo qual modo sono indifferenti al mondo esterno. Diciamo che la 2) è difficile per la maggior parte di noi, forse si adatta di più a certi mistici orientali…forse. Era cmq una possibilità.
    La 3) si sente abbastanza spesso nelle cronache, ed è talvolta la prima domanda che i giornalisti fanno ai parenti delle vittime di atti delittuosi: “Ha perdonato l’assassino di sua sorella/figlia/moglie, ecc..?”. La risposta spesso è “No e non perdonerò mai” oppure “Io chiedo solo giustizia e non vendetta”. La prima risposta l’ho appena sentita da un’ebrea sopravvissuta da un campo di sterminio nazista e mi ha colpito molto la sua argomentazione che pressapoco suonava così: “Se infatti si possono perdonare simili atrocità, allora significa che all’uomo è tutto permesso, ed invece non si deve perdonare per rimarcare la gravità e la disumanità dei delitti. Inotre i carnefici non si sono mai dimostrati veramente pentiti per le atrocità commesse”. E’ la teoria che prevede una sorta di causalità: delitto->pentimento del delinquente->perdono della vittima.
    Quindi senza pentimento non ci può essere perdono. Questo atteggiamento, come saprai, non è aderente al messaggio cristiano che invece dice di perdonare fino “a settanta volte sette” il proprio fratello. Allora pare proprio assurdo perdonare di una colpa qualcuno che non si pente e forse nemmeno crede di essere in colpa. Ecco allora che veniamo alla 4) che dice di amare il proprio nemico, senza se e senza ma. Ma qual è il vantaggio? Ovviamente la domanda è tronca, manca di qualcosa, perchè si potrebbe chiedere: qual è il mio vantaggio personale? o anche: qual è il vantaggio sociale? Forse ti sembrerà paradossale, ma il messaggio cristiano non prevede una sostanziale differenza tra le due domande. Si può quindi dire così: il mio vantaggio è un vantaggio anche sociale, qualora non lo fosse non potrebbe essere neanche un mio vantaggio. E’ questo, in definitiva il senso dell’etica cristiana. Prendiamo l’odio per il mio nemico. Qual è il mio vantaggio? Apparentemenre parrebbe una domanda assurda in quanto l’odio è un sentimento che proviene dal basso e che, se lasciato libero di agire, causa di certo delle conseguenze. E quali sono queste conseguenze? Sicuramente l’aperto e definitivo conflitto tra me ed il mio oppositore, il quale potrebbe riverberarsi anche su terzi, anzi direi che è cosa inevitabile. Ciò significa che la sfera personalistica del mio odio si allarga ed ingloba anche altri, i quali “subiscono” il fatto che “io odio”. E per altri, intendo proprio parenti, amici e conoscenti. Quindi il mio apparente vantaggio di odiare il mio nemico è in parte un mio svantaggio per le ragioni esposte in 1), e di certo uno svantaggio per coloro che mi sono vicini e spesso non solo questi. In definitiva ha ancora senso parlare di vantaggio nell’odiare il proprio nemico? C’è tuttavia il rischio che il mio nemico ne approfitti e mi infligga altri torti, credendo di restare impunito. Ed è qui l’equivoco: per il cristiano si ama il proprio nemico come si ama anche la giustizia, anzi lo si ama in quanto si ama anche la giustizia! Tornando al paragone con gli animali l’etica cristiana non può essere quindi paragonata all’altruismo degli animali, in quanto è prettamente razionale, altrimenti anche uno scimpanzè potrebbe capire (non dico condividere) questo mio ragionamento.
    Anzi credo che non esistano altri modi per fondare una società che si possa dire veramente equa e giusta; d’altronde li abbiamo sperimentati più o meno tutti; lo stesso Churchill riteneva il sistema democratico il male minore dei sistemi conosciuti fino ad allora, e direi fino ad oggi. Secondo me, l’etica cristiana non è così utopica come appare, anche se purtroppo pare ben adattarsi solo alle comunità ristrette, come quelle rurali, dove l’altruismo e la solidarietà erano più facili e quindi più diffusi, rispetto alle grandi metropoli moderne, dove prevalgono l’individualismo e l’indifferenza sociale.

  20. Antonio72 ha detto

    @Andrea
    Volevo solo puntualizzare che la giustizia cristiana comincia sempre dal livello più basso, non da quello più alto (e da questo punto di vista anche la Chiesa ha avuto le sue colpe, che ha d’altronde ammesso). Come si insegna Mt 18,15 la correzione fraterna comincia dal rapporto diretto tra le due persone interessate e quindi faccia a faccia, poi eventualmente con uno o due testimoni, e solo alla fine in assemblea.
    Mi capisci che un mondo dove quasi non si conosce il vicino di casa, ed in caso di controversia, anche la più futile, si finisce subito in Tribunale (vedasi record italiano di cause civili), è lontano anni luce dall’etica cristiana.

    • Andrea ha detto in risposta a Antonio72

      Ciao Antonio la completezza delle premesse che hai fatto mi imporrebbe di risponderti in modo altrettanto completo, e sinceramente non ho mai teorizzato su questo argomento proprio perchè di primo acchito non mi è mai parso sensato amare il proprio nemico e quindi non ho, forse errando, ritenuto di dover approfondire più di tanto.

      Per come viene posto mi è sempre parso che il messaggio dell’ “amare il proprio nemico” si traducesse in una forma di enfasi del più semplice “amare il proprio prossimo”. Quasi che un tentativo di sparare in alto fosse funzionale a raccogliere, con maggiore efficacia un risultato intermedio.

      tu fai infatti le seguenti considerazioni:
      1) – la parola “nemico” mi pare esagerata, forse anacronistica. Sarebbe più giusto dire di amare anche la persona da cui abbiamo subito dei torti –
      2) – Prendiamo l’odio per il mio nemico. Qual è il mio vantaggio? Apparentemenre parrebbe una domanda assurda in quanto l’odio è un sentimento che proviene dal basso e che, se lasciato libero di agire, causa di certo delle conseguenze. E quali sono queste conseguenze? Sicuramente l’aperto e definitivo conflitto tra me ed il mio oppositore, il quale potrebbe riverberarsi anche su terzi, anzi direi che è cosa inevitabile. –

      1) Nella prima la definizione di nemico viene sfumata in quella più blanda di persona da cui abbiamo subito dei torti, ma ciò non è equivalente a provare un sentimento per una persona che quei torti ce li sta facendo subire proprio nello stesso momento in cui lo dovremmo amare (condizione che è attinente a quella di nemico e di cui la tua accezione costituisce una necessaria riduzione)

      2) il paradosso in cui si incorre nell’amare il proprio nemico è quello che tu stesso evidenzi: “C’è tuttavia il rischio che il mio nemico ne approfitti e mi infligga altri torti, credendo di restare impunito”, questo rischio mi pare mettere in secondo piano quello degli effetti su terzi.

      l’amore inoltre è un sentimento totalizzante che applicato ad una persona che manifesta ostilità non solo non trova alcun riscontro ma rischia di tradursi in un vero e proprio suicidio morale se non anche fisico, in virtù dello stesso rischio esposto qui sopra, indipendentemente dai fini del nemico stesso.

      Ora l’uscire dalla condizione di inimicizia nel caso dell’uomo è probabilmente legato al trascorrere del tempo unito ad una reciproca comprensione delle rispettive motivazioni o ad un momento di spiegazione e di miglior contestualizzazione delle dinamiche secondo cui le azioni ostili erano state compiute. Ma a quel punto non si è già più nemici da tempo. ne consegue che il numero di interazioni per unità di tempo tra uomini è una componente fortemente caratterizzante per il concetto stesso di inimicizia.

      In un contesto sociale in cui non tutti sono animati dagli stessi criteri morali, quello di amare il proprio nemico non mi pare un atteggiamento ad alto valore sociale in quanto conduce alla perdita potenziale di valore per la società stessa conseguente all’autodistruizione di elmenenti che amano e che erano potenzialmente validi, ma sono stati soppressi da furbetti ostili, la cui ostilità protratta nel tempo potrebbe portare al declino dell’intera società.

      Il tipo di approccio che seguo io nell’interazione con gli altri ( e inizia prima dello stadio in cui comprendo se sono amici o nemici) è il seguente, e ricalca una variazione “buonista” della strategia della “ritorsione equivalente”.

      Primo steo: Inizio cooperando
      Secondo step e successivi: Tengo lo stesso approccio tenuto dall’interlocutore in risposta alla mia offerta di cooperazione (se lui coopera continuo a cooperare, se lui è ostile mi difendo)

      occasionalmente esco dal loop del secondo step dando al mio interlocutore la possibilità di riscoprire quanto sarebbe stato meglio cooperare (e quindi ripeto il primo step purchè la mia incolumità non sia in reale pericolo), se si innesca un ciclo virtuoso ne prendo atto altrimenti continuo con lo step due, e considero persa la causa (o semplicemente aspetto un maggior numero di step prima di dare una nuova possiblità di cooperazione).
      In questo contesto se un interlocutore eventualmente ostile decide ad un tratto di cooperare trova in me un’immediata cooperazione. Se continua ad essere ostile riceverà proposte estemporanee di cooperazione che saranno però sempre meno frequenti (il mio istinto di cooperatore rimane quindi vivo ma ragionato). Viceversa se riduce anche gradualmente la sua ostilità avrà sempre più frequenti offerte di cooperazione. In tutta questa procedure il numero totale storico delle interazioni positive rispetto a quelle ostili ha un peso rispetto alla probabilità che il mio successivo atteggiamento sia ostile o meno.

      Non spaventarti, non tengo un diario o un log con lo storico delle interazioni avute con le persone che frequento.
      Quello che ho scritto sopra mi sembra una astrazione di come mi comporto mediamente sul lavoro e nelle prime interazioni con persone sconosciute. é chiaro che l’opzione di interrompere la relazione rimane in ambito, e in genere non tendo ad interagire con persone ostili per più di n interazioni.

      in quest’ottica non mi pare logico quindi sviluppare amore per i nemici, nel mio mondo l’amore esiste probabilmente solo per chi cooopera un numero sufficiente di volte tale da rendere altamente probabile l’opportunità di non ritenere rischiosa ma solo benefica, completa, divertente, e appagante la relazione.

      Ripeto, Mi sono sforzato di teorizzare (e non so nemmeno se poi faccio effettivamente sempre così) comportamenti che sono in realtà il frutto della mia esperienza di vita e sono stati interiorizzati, non richiedendo quindi alcuno sforzo esecutivo o alcuna coscienza o volontà di intentarli.

      • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Andrea

        Andrea, ho visto ora che hai sollecitato un mio commento su una tua speculazione a riguardo di una possibile spiegazione scientifica della coscienza.
        Mi chiedi, intanto, se il tuo sia solo vaneggiamento filosofico o possa servire da base per una ricerca scientifica: a priori siamo nella seconda opzione. Tieni conto che, alla base del metodo scientifico c’è una fase intuitiva, che consiste nell’abbozzare ipotesi e vedere che conseguenze predittive ne nascano, da confrontare poi con evidenze sperimentali adeguatamente allestite. Aggiungo anche che la tua ipotesi coincide con le assunzioni che sono alla base da 60 anni dei tentativi di IA, che però non hanno dato ancora nessun risultato (ne parlava Forastiere in un suo recente articolo), nonostante le molte risorse impegnate.
        Ho già dichiarato in passato la mia opinione a riguardo, anche per aver lavorato alcuni anni in start up di IA: per me la mente umana non è algoritmo (tirare in ballo come aggiunta la ricorsività è superfluo, perché la ricorsività è una funzione fondamentale negli algoritmi!) e, senza ricorrere a Goedel, lo sperimento direttamente per introspezione quando applico il nous!
        Cmq, se ciò non ti convince, forse ti può risultare più convincente il “fatto” che da molti anni i private equity, sovrani e privati, non investono più un dollaro nell’IA, che è ormai praticata solo in qualche dipartimento universitario pagato dai contribuenti a loro insaputa o negli studios di Hollywood.

        • Andrea ha detto in risposta a Giorgio Masiero

          Scusa ti ho contro-risposto sotto, sbagliando l’indentazione, grazie mille del tempo dedicatomi.

        • Antonio72 ha detto in risposta a Giorgio Masiero

          Andrea, non vorrei essere frainteso, ed infatti non a caso nella mia premessa ho detto che il tuo approccio è in parte condivisibile, e qui anzi dico, che molto probabilmente è il mio medesimo approccio; d’altronde non esiste il cristiano perfetto, in particolare il comandamento di amare il proprio nemico, fuori dalle ipocrisie, credo che lo rispettino in pochissimi, forse solo chi pensa di non avere nemici.
          Semmai, non sono così sicuro che il tuo approccio di versione “buonista” della ritorsione equivalente (il quale, ripeto, penso sia il più diffuso, almeno dal punto di vista teorico), preveda la migliore economia (o fitness, se vogliamo dirla in termini evolutivi) piuttosto che altre, per es. la stessa versione “non buonista”, che è forse quella più applicata a livello pratico. In quest’ultimo caso, a livello individuale vi è sia un diretto vantaggio personale (individualistico) come anche un indiretto svantaggio personale (sociale), e mi riferisco al fatto di essere costretti a convivere in un mondo dove prevale la logica individualistica e l’indifferenza sociale. Viene da se che in un mondo siffatto ne possono uscire vincenti solo coloro che hanno i mezzi e le opportunità per difendersi dalla diffusa aggressività sociale. Il tuo approccio è ancora una volta coerente con il modello neodarwiniano, come secondo me, anche la tua teoria sull’algoritmo che prevede la selezione di reward (fitness, in biologia) più convenienti per l’armonia individuale (selezione naturale); ed il tuo Grande Programmatore (indifferente al destino umano) non è altri che la stessa Madre Natura (indifferente al destino umano).
          Il problema dell’etica cristiana è che per essere efficace, come per es. nel dilemma del prigioniero della teoria dei giochi che prevede una sorta di logica comune razionale (un condannato sa cosa pensa e cosa farà l’altro condannato), deve essere condivisa e quindi applicata da tutti (anche paradossalmente dai non-cristiani).
          In caso contrario, il cristiano è destinato a soccombere nel mondo (Mammona), o peggio, a fare la parte dell’Idiota di Dostoevskij. Su questo punto lo stesso Gesù parla chiaro: “Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perchè aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.” (Lc 16,8).
          Ora, si arriva al paradosso che il cristianesimo “accetta” in un qual modo l’ingiustizia terrena (individuale, secondo il libero arbitrio), d’altronde direi inevitabile in questo mondo, poichè tutti i modelli etici che prevedono di forzare la mano all’individuo per eliminare l’ingiustizia, falliscono in quanto sono destinati a moltiplicarla (ed ancora il paradosso è che la stessa Chiesa in passato ne ha dato prova, e talvolta ancora oggi).
          Quindi obietterai giustamente: ma allora è utopia? In un certo senso lo è, ma è un’utopia non violenta basata sull’amore e sulla giustizia, a differenza delle altre utopie (es. capitalismo e socialismo) che si fondano in alternativa o sulla violenza individuale o su quella collettiva, e quindi entrambe sull’ingiustizia.

          • Andrea ha detto in risposta a Antonio72

            Ciao Antonio, ottima riflessione, io non ho citato il dilemma del prigioniero nel riferimento alla ritorsione equivalente, ma in effetti la lettura del libro di Axelrod “The Evolution Of Cooperation” è stata abbastanza illuminate per colmare il gap tra egoismo e cooperazione in un contesto evolutivo.

            Il libro di Axelrod “prova” (metto le virgolette perchè stiamo parlando di scontri tra algoritmi applicati al solo dilemma del prigioniero, quindi una over-semplificazione di un contesto reale) che un approccio cooperativo è sempre vincente nel lungo periodo anche in contesti ostili purchè non sia un approccio tendente al suicidio (che è un po’ l’effetto del cooperare sempre e a priori con chi invece non coopera mai).

            Certo si tratta di una cooperazione che non è di sicuro dono incondizionato di sè a chiunque (amico o nemico che sia). In effetti questo tipo di approccio lo trovo nella pratica seguibile da un tale ristretto numero di persone (Gesù stesso e pochi altri?) da ritenerlo in effetti un po’ utopistico (conformemente alla tua previsione sul mio giudizio)

            Non sono in grado di dire se questa tendenza innata dell’uomo alla cooperazione (nemmeno la più atea delle popolazioni vive in modalità individualistica) sia un risultato evolutivo innescatosi in modo che inizialmente era puramente funzionale alla sopravvivenza stessa dell’individuo, oppure abbia origine nella fase d’apprendimento di ogni neonato, fase in cui un eventuale “algoritmo più basico” che non la preveda tenda a modificarsi “imparando” che è utile cooperare, attraverso il gioco o altre forme d’interazione.

            L’uomo ha il grande vantaggio di proiettare su di sè gli effetti che i suoi comportamenti hanno sugli altri ed è in grado di imparare anche dalle loro reazioni e non solo dalle proprie.

            Purtroppo riusciamo a dis-imparare in alcuni contesti anche questi concetti basici e ciò curiosamente pare avvenire indipendentemente dal sistema valoriale ed educativo nel contesto del quale cresciamo.

            non so se hai mai letto il libro di Philip Zimbardo, intitolato : “The Lucifer Effect”.

            Purtroppo il reale potere di ogni messaggio è legato solo parzialmente al riconoscimento della nobiltà dei principi cui esso si ispira. Spesso sono preponderanti l’effettiva dinamica di proliferazione e le modalità d’attuazione. IN questo senso i messaggi che tu hai citato hanno avuto un grande fascino sulle masse in quanto alimentavano nei meno abbienti l’illusione di essere parte di società egalitarie e nei più abbienti la legittimazione ad accumulare per la legge del più forte. Il capitalismo, ha vinto nella pratica “per selezione” (non lo sto certamente sposando come giusto) perchè rispetto al socialismo si basa su una sorta di equilibrio a rete e decentralizzato, molto simile a quelli naturali (legge del relativamente più forte, che si esercita a vari livelli sociali) , mentre il socialismo era una bufala: ” siamo tutti uguali, tranne quelli che devono garantire l’applicazione di tale uguaglianza…”

            ad ogni modo quando dici:

            “Il problema dell’etica cristiana è che per essere efficace, come per es. nel dilemma del prigioniero della teoria dei giochi che prevede una sorta di logica comune razionale (un condannato sa cosa pensa e cosa farà l’altro condannato), deve essere condivisa e quindi applicata da tutti (anche paradossalmente dai non-cristiani).”

            mi trovi perfettamente d’accordo, infatti un algoritmo di tipo cristiano in un contesto a maggioranza non cristiana è destinato a soccombere, mentre il mio, mediamente vincente in ogni contesto, in un contesto a maggioranza cristiana sarebbe sicuramente un po’ retrò rispetto ai massimi potenziali di cooperazione. Tuttavia, ritrovandomi in un mondo al 100% cristiano applicando il mio approccio finirei per cooperare sempre (magari non amando) e quindi un contributo positivo lo darei alla società 😉

      • Antonio72 ha detto in risposta a Andrea

        Ciao Andrea,
        la tua strategia relazionale è in parte condivisibile anche se, secondo me, l’impasse è inevitabile. Infatti, anche qualora fossi tu la vittima di un sopruso ed inizialmente il tuo particolare “nemico” (anche se non mi piace questa parola che ritengo più adatta al periodo di guerra) si rifiutasse di addivenire ad un compromesso, tu ovviamente passeresti automaticamente al secondo step, aspettando, o meglio auspicando, una sua eventuale apertura in futuro.
        Ma la tua chiusura potrebbe essere interpretata dal tuo “nemico” come un dato definitivo senza possibilità alcuna di ripensamento, e quindi la tua attesa sarebbe in ogni caso vana. Inoltre anche il tuo nemico potrebbe applicare il secondo step, aspettando anch’egli invano una tua prima mossa: il risultato è quindi l’impasse di cui dicevo. Ed attenzione che spesso questi rapporti “sospesi” non riguardano solo persone sconosciute ma anche gli stessi parenti, i quali prima di un certo fatto si amavano come da “logica familiare”, mentre dopo quel fatto spiacevole si ritrovano ad odiarsi peggio dei nemici di guerra. E’ vero che l’amore è totalizzante, ma anche l’odio lo è, e quindi la vendetta: come possono quindi convivere questi sentimenti opposti nello stesso individuo? E’ normale che chi odia qualcuno, sfogherà la sua rabbia, spesso repressa, inconsapevolmente anche sulle persone che ama, e direi anche su se stesso. Inoltre non mi pare che hai considerato la mia precisazione finale sulla giustizia: anche il cristiano ha fame di giustizia come chiunqe altro, e quindi si comporterà coerentemente secondo quanto prescritto dal passo evangelico citato: dapprima tenterà la riconciliazione personale, poi attraverso la mediazione di poche persone di fiducia, e solo alla fine ricorrerà a quella che il Vangelo definisce “assemblea” e che noi definiamo Tribunale. Il problema è che spesso oggi si passa direttamente al contrattacco senza compiere i passaggi intermedi, e secondo me, avviene così in quanto nella società moderna i rapporti relazionali si sono fatti “quasi esclusivamente” superficiali, anche tra gli stessi cosiddetti amici. (Se vuoi sapere quale sia la causa di questa disgregazione sociale, il mio sospetto è l’eccessiva meccanizzazione materialista dello stile di vita moderno, oltre che la sua recente “virtualizzazione”, i quali si ripercuotono inevitabilmente anche sui rapporti umani – ma anche questa mia tesi l’avevo già accennata).

        Cmq il tuo approccio sembra coerente con la mia opzione 2), quella che prevede il classico “taglio dei rapporti”. Ma domando, e se questo taglio non fosse possibile per ragioni ambientali, storiche o culturali non dipendenti dalla tua volontà? Se posso fare un paragone ardito neuroscientifico, secondo me un taglio netto di rapporti non è mai indolore ed i suoi effetti non sono totalmente prevedibili, come quando si reseca una qualsiasi connessione neurale. Nel caso per es. del tuo collega d’ufficio: sei cmq costretto a vederlo tutti i santi giorni e magari anche a tenere dei minimi rapporti professionali.

        • Andrea ha detto in risposta a Antonio72

          – la tua chiusura potrebbe essere interpretata dal tuo “nemico” come un dato definitivo senza possibilità alcuna di ripensamento, e quindi la tua attesa sarebbe in ogni caso vana –

          E’ un rischio che individui correttamente, è molto difficile in effetti codificare un approccio omnicomprensivo se non si declinano correttamente diversi livelli di inimicizia. Se il mio nemico tirasse fuori la pistola ogni volta che mi vede, ad esempio, farei molta fatica a comportarmi diversamente.

          Sull’odio famigliare concordo perfettamente e io stesso faccio i salti mortali per evitare che s’inneschino meccanismi di questo tipo, credo che solo la comunicazione e l’appianamento immediato di qualunque possibile dubbio possano essere un buon deterrente contro l’alimentazione silente di sentimenti di astio tra parenti, ma questo richiede uno sforzo comunque collaborativo. Quando non vi è nessuna predisposizione una posizione deve comunque essere presa.

          Nel caso del collega d’ufficio il cui odio minasse la qualità della mia vita lavorativa mi comporterei nel seguente modo: se il peso della gestione “recitata” di un rapporto cordiale fosse più che compensato dii vantaggi derivanti dal lavorare in un ambiente altrimenti positivo cercherei di gestire la cosa, se così non fosse probabilmente cambierei lavoro.

          In genere quando mi capitano situazioni che possono generare posizioni rigide ed ingessate passo direttamente allo “scontro aperto”, mettendo all’evidenza di tutti i nostri reciproci attriti ed innescando il meccanismo che tu chiami “dell’assemblea” per capire meglio se vi sono anche mie componenti di colpa che ho eventualmente sottovalutato. Tale meccanismo può anche essere semplificato scalando sui capi e mettendo loro al corrente dell’astio e dei fattori scatenanti perchè possano prendere una decisione. Quando lo faccio, in genere, metto sul tavolo la mia stessa permanenza in azienda, pronto a lasciare se le mie motivazioni non venissero accettate o ritenute valide, e se io continuassi a non comprendere quelle del mio interlocutore.

  21. Andrea ha detto

    Ciao Giorgio,
    non mi convince ma non certamente perchè io non stimi la tua opinione o non dia credito alle notevoli esperienze che hai nel campo.
    A livello puramente intuitivo, come dici tu, ho la forte impressione che, pur nella sua incredibile complessità, complessità che l’uomo potrebbe benissimo non dominare mai (anche non per capacità speculativa ma semplicemente per impossibilità fisica di analizzare un “meccanismo” dotato della sua stessa fisicità) , il cervello altro non sia che una immensa rete neurale sottoposta ad un flusso continuo di input ed in grado di produrre output nella forma di azioni e pensieri (espressi o meno).

    Le spiegazioni date dagli studi più recenti di AI, a fenomeni che sono del tutto umani, in termini algoritmici le trovo incredibilmente calzanti sia su temi paradossalmente distanti da quelli di natura tradizionalmente computazionale quali l’arte, la musica e la bellezza in genere che sulla necessità di un progresso e di una ricerca scientifica. Ovviamente il concetto di calzanti è puramente soggettivo, ma nel mio caso queste spiegazioni mi forniscono un’ indicazione delle possibili micro-concause legate allo svolgersi di alcuni fenomeni tipicamente umani, che sono perfettamente in linea con l’idea del mondo che mi sono fatto e che mi è confermata dalle osservazioni.

    Ovviamente non ho in mano gli strumenti per dimostrare un bel niente in tale senso, diciamo che la voglia di approfondire questi temi recentemente mi è aumentata non poco proprio in virtù del feedback positivo che ricevo nell’approfondirli.

    Il fatto che poi la presenza di un tale feedback sia in apparente armonia con le teorie stesse che sto studiando ( soddisfazione intrinseca derivante da una rappresentazione più economica , o meglio compressa, a livello cerebrale delle informazioni a mia disposizione ) mi incoraggia nel proseguire in questa direzione.

    Questo approccio spiega molto bene fenomeni banali quali la curiosità dei bambini di fronte solo a certi tipi di fenomeni, oppure la nostra capacità di apprezzare un genere musicale solo dopo averlo ascoltato per sufficiente tempo.

    Ho l’impressione che le altre teorie forniscano di questi fenomeni spiegazioni troppo complesse e meno rigorose.

    Dal basso degli strumenti a mia disposizione mi sembra di capire, posta come sensata l’ipotesi, che vi siano alcuni problemi:

    1) Potenza computazionale producibile con un meccanismo costruito dall’uomo ad oggi (mi conforta la legge di Moore in proiezione, e i nostri progressi in campo bio-informatico)
    2) Potenziale incolmabilità del problema del mapping del cervello umano a cura di umani (non escludo quella a cura di macchine ma è un sottoprodotto della validità dell’intera ipotesi che stiamo formulando)
    3) Individuazione del corretto algoritmo di apprendimento: qui ho la forte impressione che un algoritmo semplice di base (caricato dal nostro DNA alla “nascita”), e che sia in grado di riscrivere parti di se stesso, sia ciò che in realtà “gira” nel nostro cervello.

    Tu parli d’introspezione e la percepisci come gap incolmabile tra noi e qualunque macchina, ma possiamo davvero escludere a livello teorico che si tratti di una “semplice” capacità di analizzare in modo complesso l’unico dato che è comune ad ogni nostra esperienza: “la presenza di noi stessi durante lo svolgersi del l’esperienza stessa”.

    Mi fermo perchè rischio di sconfinare, e venir meno al nostro patto.

    Se il mondo fosse in mano al private equity avremmo fatto ben poche scoperte visto che quelle più geniali non sono direttamente collegabili al profitto economico, se non a posteriori. I private equity non cambiano paradigma per pura curiosità, come fanno gli umani (attraverso il “beneficio intrinseco” della pura compressione del dato), ma utilizzando metodologie di portfolio management che associano rischi a reward.

    Sono ansioso di vedere se e quali saranno i progressi in questo campo nel corso dei prossimi anni, e se i 60 anni di stasi cui fai riferimento (in una disciplina comunque così nuova) siano davvero un sintomo di fallimento o il sintomo di qualche scoglio che non si è ancora stati capaci di superare.

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Andrea

      Se abbiamo Ms, Apple, Google o Facebook, ecc. è perché ci sono stati (a sostenere il genio di Gates, Jobs, ecc.) dei venture capitalist cui poi, nella fase di sviluppo, si sono aggiunti i private equity. Nel caso dell’IA, i venture capital hanno perso i soldi di start up, perché il concept non è evoluto in business plan a causa del fallimento della fase produttiva. Per questo, e solo per questo, nell’IA i private equity non sono mai entrati!
      Cmq, Andrea, io non posso distruggere la tua fede, che non vacilla nemmeno di fronte alle forze della finanza, né alla tirannia di Goedel!

      • Andrea ha detto in risposta a Giorgio Masiero

        Giorgio,
        concordo sull’importanza del capitale di rischio nello sviluppo di qualunque iniziativa che richieda di essere scalata o presenti delle barriere tecnologiche superabili solo con ingenti investimenti in ottica di futuri ritorni, tuttavia credo che molte scoperte umane importanti siano state il puro frutto della curiosità (pensa alla penicilina o alla teoria della relatività)
        E’ chiaro che un’implementazione per funzionare richiede un supporto teorico che al momento L’Ai non ha sicuramente formulato in modo sufficientemente completo, magari si è attraversata un fase di iniziale entusiasmo illusorio che poi non ha visto rispettate le varie curve di stima che aveva lui stesso prodotto…e il capitale di rischio si è giustamente disilluso ed allontanato. D’altronde nemmeno l’entità del gap tecnologico che è necessario colmare pare essere chiara.

        Comunque io stesso non auspico la riproduzione artificiale di un cervello umano o meglio non la riterrei una prova necessaria a stabilire che esso sia un meccanismo.

        mi accontenterei di riprodurre quello di una creatura di più basso livello: un simile aspetto unito alla conferma (che io ritengo noi si possieda già, ma su cui non tutti paiono convergere) che le teorie evoluzioniste leghino effettivamente forme di vita più semplici a quelle più complesse, mi fornirebbe un set di ipotesi coerenti su cui lavorare con ulteriori approfondimenti.E’ stato dimostrato, attraverso la recente sostituzione del cervelletto di un topo con un chip, che si possono registrare informazioni provenienti dal cervello, elaborarle in modo simile a una rete biologica e rimandarle indietro al cervello stesso, questo tipo di applicazione mi sembra sufficientemente incoraggiante per non abbandonare tale branca di ricerca.

        Nel mio caso non parlerei infatti propriamente di fede, non si può avere fede in un’intuizione, ma solo ritenerla abbastanza stimolante perchè valga la pena approfondirla.

      • Andrea ha detto in risposta a Giorgio Masiero

        Giorgio dimenticavo,
        ecco un video interessante che indirizza in parte gli errori che tu giustamente ai rilevato, nel tentativo di riprodurre i “meccanismi” dell’intelligenza umana in modo artificiale, mi sembra che alcune delle considerazioni che hai fatto tu vi siano riprese a supporto della tua stessa tesi. Mi piace molto l’approccio dell’autore nel tentare di dare una definizione più generale al termine “intelligenza”.

        http://videolectures.net/snnsymposium2010_cristianini_wii/

        Consiglio a tutti di aggiungere il sito ai preferiti perchè è molto interessante.

  22. RatioNonFides ha detto

    http://archiviostorico.corriere.it/1993/novembre/01/delfini_salvano_pescatori_pericolo_co_0_9311018469.shtml A cosa serviva il peschereccio ai delfini? A procurarsi il cibo? Se avessimo messo dei pesci nel mare i delfini non avrebbero più salvato i pescatori? Ooops, ma i pesci nel mare ci sono!

    http://notizieincredibili.scuolazoo.com/incredibile/florida-delfini-salvano-cane-e-lo-accudiscono-per-15-ore E questo cane a cosa serviva, ai delfini? Forse se lo volevano mangiare? Ma allora perché l’hanno accudito?

    http://www.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/1996/02/01/Esteri/PERU-5-DELFINI-SALVANO-UOMO-IN-MARE_113100.php E Carlos Reyes a cosa serviva ai delfini? Forse gli avevano fatto un prestito e se moriva avevano paura di non rivedere i soldi?

    Potrei continuare.
    Siamo d’accordo: l’altruismo negli animali deriva da un istinto, perché l’azione protettiva verso gli indifesi indirettamente serve anche all’individuo, come Hamilton e altri biologi hanno ampiamente argomentato e dimostrato. Il piccolo problemino è che, fatti alla mano, se questo vale per i delfini, vale anche per gli uomini. Amen.

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