Eutanasia, se il lobbying per la legalizzazione è un flop

La pratica della ‘dolce morte’ sembra avere più di qualche problema ad imporsi nel panorama giudirico-culturale, almeno per quanto riguarda il Nord America. Nonostante infatti, tutti gli sforzi dei paladini del cosiddetto ‘diritto a morire’, negli Stati Uniti dopo settant’anni di campagne ed attività lobbistiche, due stati (su cinquanta) hanno introdotto il suicidio assistito nella propria legislazione. Non va molto meglio in Canada, dove, da un recente sondaggio della Canadian Medical Association (Cma), emerge come solo una esigua percentuale di medici sarebbe disposto a praticare l’eutanasia.

Nella fattispecie, in terra canadese, riporta LifeSiteNews.com, in seguito al controverso caso Carter che ha riaperto il dibattito sul fine-vita, un sondaggio del Cma su più di 2000 medici, ha fatto emergere come solo il 16% dei dottori canadesi sarebbe disposto a praticare la dolce morte, se fosse legalizzata. Dati che trovano conferma nei risultati di una ricerca analoga della Canadian Society of Palliative Care Physicians (Cspcp), in cui l’88 e l’80% si sono dichiarati contrari alla legalizzazione, rispettivamente, dell’eutanasia e del suicidio assistito, mentre il 90% ha dichiarato non praticherebbe il primo e l’80% il secondo.

Alla riluttanza dei dottori canadesi potrebbe aver contribuito anche i risultati della recente ricerca portata avanti alla Western University nell’Ontario, dove con l’ausilio di una particolare risonanza magnetica, come riporta il Corriere della Sera, alcuni pazienti in stato vegetativo sono riusciti a comunicare con i ricercatori. Evento che si è andato ad aggiungere alla vasta letteratura scientifica sullo stato di coscienza durante il coma e che più che una novità rappresenta una conferma. Infatti, appena qualche mese prima, nella stessa università, un altro paziente in stato vegetativo da 12 anni, «sarebbe stato in grado di rispondere ad alcune domande […], segnalando di non provare dolore fisico», riporta sempre il Corsera.

Certamente, a concorrere al flop del lobbying pro-eutanasia negli Stati Uniti e in Canada è anche la recente risoluzione dell’Associazione Medica Mondiale (Wma), che conferma quanto già riaffermato dalla stessa in numerose altre occasioni in passato, ovvero la «non-eticità» di tale pratica, che necessita dunque di una «condanna dalla professione medica». Senza grossi giri di parole, la Wma inoltre incoraggia fortemente i medici, essendo l’eutanasia in contrasto con i «principi etici di base» della medicina, ad «astenersi dal partecipare», anche se questa fosse permessa dalla legge o «decriminalizzata a certe condizioni».

La cosa in realtà non riguarda solo il l’America del Nord. Segnali positivi vengono anche da Londra, dove la magistratura britannica si è espressa, di nuovo, negativamente contro il suicidio assistito. Paul Lamb, paralizzato in seguito ad un incidente, aveva infatti riproposto all’Alta Corte, la stessa istanza presentata da Tony Nicklinson, affetto dalla sindrome Locked-in, ricevendo la stessa, unanime, sentenza negativa. La corte ha spiegato che l’eutanasia «solleva questioni profondamente sensibili circa la natura della nostra società», su cui, eventualmente, la competenza è del Parlamento.

Nicola Z.

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6 commenti a Eutanasia, se il lobbying per la legalizzazione è un flop

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  1. Katy ha detto

    Beh speriamo bene, confidiamo almeno nei medici.

    Vi invito intanto a leggere questa cosa: http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/13_settembre_5/telefono_papa-2222917398831.shtml

  2. Silvio Lamberti ha detto

    Tema alquanto complesso e come sempre affrontato con un approccio più volto ad asserire le proprio opinioni qui, che a raccontare la verità.
    Prima di tutto non capisco questo abuso (continuo) del termine “lobby”, ormai qui utilizzato per qualsiasi movimento (non allineato al vostro punto di vista) che porti avanti una qualsivoglia proposta. E cosi’ si parla della lobby gay, della lobby pro-eutanasia, etc). Come mai non parlate mai della Lobby CL, o delle lobby cattoliche ?
    Vorrei poi aggiungere che lo stato di coscienza presentato da alcune persone durante il coma non cambia la base del discorso…che vita hanno queste persone, incapaci di parlare, spesso di sentire, muoversi, immobilizzate per anni su un letto ? Avete, VOI, tutto il diritto, per il vostro credo, di chiedere di essere mantenuti in questo stato finchè morte non sopraggiunga. DOVREI avere, IO, tutti i diritti, di chiedere di non essere mai lasciato in questo stato se mai avessi la sfortuna di trovarmici. Non a caso, la Associazione Medica Mondiale, pur affermando la non eticità della eutanasia afferma che “il diritto di rifiutare il trattamento medico è un diritto fondamentale del paziente e il medico non agisce immoralmente se nel rispetto dei desideri del paziente, ne causa la morte “.
    Il tema come scrivevo è molto complesso…e non credo si possa mettere sullo stesso piano la richiesta di morire di una persona cosciente, capace di interagire col mondo circostante (parlando, ascoltando o muovendo anche solo parti del corpo) ed una persona completamente immobilizzata che non può in alcun modo comunciare col mondo esterno.
    PS: Il link al “caso Carte”, come spesso avviene in questa pubblicazione, non porta da nessuna parte.

    • Paolo Viti ha detto in risposta a Silvio Lamberti

      Ti vedo abbastanza aggressivo caro Silvio, un confronto laico non dovrebbe animare questi istinti guerrafondai. Secondo me sei capace di esprimere le tue opinioni anche in modo più gentile e rispettoso, senza voler imporre il tuo punto di vista in modo tanto violento.

      Entrando nel merito, innanzitutto si dovrebbe scindere l’accanimento terapeutico con il rifiuto all’eutanasia. Se una cura non porta alcun beneficio al paziente allora è sbagliato continuarla e l’interruzione di essa è lecita, come spiega il Catechismo della Chiesa cattolica. Il paziente in fase terminale ha diritto alla sospensione delle cure e ha diritto alla medicina palliativa che elimini ogni dolore fisico, tuttavia lo Stato non ha alcun diritto ad interrompere la vita di un cittadino o di essere complice di un suicidio.

      Le persone in stato vegetativo sono persone che comunicano, che hanno una coscienza e che talvolta battendo le palpebre rispondono ai medici e cambiano idea sul loro testamento biologico, altre volte cambiano idea e non possono esprimere il loro cambiamento.

      Le questioni sono tante e complesse, possiamo affrontarle a patto che il tuo tono si plachi e la tua figura non prevarichi sulla visione degli altri. Indipendentemente da quanto ti possa stare simpatico questo sito.

      • Silvio Lamberti ha detto in risposta a Paolo Viti

        Il punto e’. Se io, comune cittadino, chiedo espressamente di non essere lasciato in uno stato vegetativo (qualora si verificasse questa sfortunata possibilita’) ho o non ho il diritto a veder rispettato il mio volere ? Secondo me si. E’ la mia volonta’! Tu dici, si, ma una persona puo’ cambiare idea. Certamente, ma se queste sono le mie volonta’, e non essendoci modo per ri-confermarle, non dovrebbero essere rispettate ?

        Penso anche che ci sia molta ipocrisia sugli anti-dolorifici. Avendo assistito alla morte di due persone care in un lungo e dolororo percorso, posso testimoniare che quando si ricorre a dosi cosi’ massicce di morfina come quelle che si somministrano ai malati terminali di fatto le si uccide lentamente. La morfina porta anche una serie di effetti collaterali, paranoia, perdita pressocche’ totale di abilità sensoriali e motorie, quando non, infine, la morte per depressione respiratoria…Insomma, non e’ questa una forma di eutanasia (peraltro piu’ dolorosa e sofferente di tanti altri metodi) ?

        • Paolo Viti ha detto in risposta a Silvio Lamberti

          Ti ringrazio per aver cambiato tono.

          Certamente le volontà del paziente vanno rispettate fino ad un certo punto. Se ad esempio una persona scrive nel suo testamento che arrivati ad una tal soglia di gravità vorrebbe avere una cura a base di cortisone e coca-cola per endovena, ovviamente le sue volontà non vanno rispettate. E nemmeno in caso in cui chieda dei complici per il suo omicidio e nemmeno tante altre volte che non è possibile elencare. Le volontà devono essere puramente indicative e non vincolanti.

          La tua esperienza non corrisponde a quello che accade negli ospedali, la medicina palliativa non si basa sulla morfina e non peggiora la salute del paziente. Lo ha testimoniato una persona di certo non sospettabile come Umberto Veronesi: “Nessuno mi ha mai chiesto di agevolare la sua morte. Ho posto da sempre un’attenzione estrema al controllo del dolore e, per mia fortuna, nessuno dei miei pazienti si è mai trovato in una condizione di sofferenza tale da chiedere di accelerare la sua fine”: http://scienza.panorama.it/salute/intervista-a-umberto-veronesi

  3. Silvio Lamberti ha detto

    Ovviamente dissento completamente, ma quello che mi preme qui chiarire e’….Se TU vuoi continuare a soffrire fino al tuo ultimo respiro, persino in uno stato vegetativo, padronissimo di farlo. Non e’ mia minima intenzione interferire con le tue volonta’. Ma perche’ devi TU interferire con la mia ed obbligarmi a soffrire fino all’ultimo secondo ? Chi impone la propria volonta’ all’altro qui ?Chi ti da questo diritto ?
    PS: Questo e’ quello che “dice” Veronesi. Dice tante cose Veronesi. Diceva pure che le scorie nucleari sono perfettamente sicure e che ci si puo’ persino dormire sopra…diceva !

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