Lo stato neutrale e aconfessionale è un’utopia

Pubblichiamo un estratto del discorso del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, in occasione della solennità dell’ordinazione di sant’Ambrogio vescovo e dottore della Chiesa. La tematica è quella sulla libertà religiosa in rapporto all’orientamento dello Stato

 

del card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano
in occasione della solennità dell’ordinazione di sant’Ambrogio, Milano 7 dicembre 2012

 

[…] Sono utili ed appropriati almeno due ordini di considerazioni. Il primo riguarda il nesso tra libertà religiosa e pace sociale. Non solo la prassi, ma anche diversi studi recenti hanno evidenziato come tra le due realtà esista una correlazione molto stretta. Se astrattamente parlando si potrebbe immaginare che una legislazione in grado di ridurre i margini della diversità religiosa riesca anche a ridurre fino ad eliminare la conflittualità che ne può derivare, di fatto si verifica la situazione esattamente opposta: più lo Stato impone dei vincoli, più aumentano i contrasti a base religiosa. Questo risultato è in realtà comprensibile: imporre o proibire per legge pratiche religiose, nell’ovvia improbabilità di modificare pure le corrispondenti credenze personali, non fa che accrescere quei risentimenti e frustrazioni che si manifestano poi, sulla scena pubblica, come conflitti.

Il secondo problema è ancor più complesso e richiede una riflessione un po’ più articolata. Riguarda la connessione tra libertà religiosa e orientamento dello Stato e, a diversi livelli, di tutte le istituzioni statuali, nei confronti delle comunità religiose presenti nella società civile. L’evoluzione degli Stati democratico-liberali è andata sempre più mutando l’equilibrio su cui tradizionalmente si reggeva il potere politico. Ancora fino a qualche decennio fa si faceva riferimento sostanziale ed esplicito a strutture antropologiche generalmente riconosciute, almeno in senso lato, come dimensioni costitutive dell’esperienza religiosa: la nascita, il matrimonio, la generazione, l’educazione, la morte.

Che cosa è accaduto quando questo riferimento, identificato nella sua origine religiosa, è stato messo in questione e ritenuto inutilizzabile? Si sono andate assolutizzando in politica delle procedure decisionali che tendono ad autogiustificarsi in maniera incondizionata. Ne è conferma il fatto che il classico problema del giudizio morale sulle leggi si è andato sempre più trasformando in un problema di libertà religiosa. Di ferita alla libertà religiosa parla in modo esplicito la Conferenza episcopale degli Stati Uniti a proposito dell’HHS Mandate, cioè alla riforma sanitaria di Obama che impone a vari tipi di istituzioni religiose (specialmente ospedali e scuole) di offrire ai propri impiegati polizze di assicurazione sanitaria che includano contraccettivi, abortivi e procedure di sterilizzazione.

Il presupposto teorico dell’evoluzione sopra richiamata si rifà, nei fatti, al modello francese di laicité che è parso ai più una risposta adeguata a garantire una piena libertà religiosa, specie per i gruppi minoritari. Esso si basa sull’idea dell’in-differenza, definita come “neutralità”, delle istituzioni statuali rispetto al fenomeno religioso e per questo si presenta a prima vista come idoneo a costruire un ambito favorevole alla libertà religiosa di tutti. Si tratta di una concezione ormai assai diffusa nella cultura giuridica e politica europea, in cui però, a ben vedere, le categorie di libertà religiosa e della cosiddetta “neutralità” dello Stato sono andate sempre più sovrapponendosi, finendo così per confondersi. Nei fatti, per vari motivi ad un tempo di carattere teorico e storico, la laicité alla francese ha finito per diventare un modello maldisposto verso il fenomeno religioso. Perché? Anzitutto, l’idea stessa di “neutralità” si è rivelata assai problematica, soprattutto perché essa non è applicabile alla società civile la cui precedenza lo Stato deve sempre rispettare, limitandosi a governarla e non pretendendo di gestirla.

Ora, rispettare la società civile implica riconoscere un dato obiettivo: oggi nelle società civili occidentali, soprattutto europee, le divisioni più profonde sono quelle tra cultura secolarista e fenomeno religioso, e non – come spesso invece erroneamente si pensa – tra credenti di diverse fedi. Misconoscendo questo dato, la giusta e necessaria aconfessionalità dello Stato ha finito per dissimulare, sotto l’idea di “neutralità”, il sostegno dello Stato ad una visione del mondo che poggia sull’idea secolare e senza Dio. Ma questa è una tra le varie visioni culturali (etiche “sostantive”) che abitano la società plurale. In tal modo lo Stato cosiddetto “neutrale”, lungi dall’essere tale fa propria una specifica cultura, quella secolarista, che attraverso la legislazione diviene cultura dominante e finisce per esercitare un potere negativo nei confronti delle altre identità, soprattutto quelle religiose, presenti nelle società civili tendendo ad emarginarle, se non espellendole dall’ambito pubblico. Lo Stato, sostituendosi alla società civile, scivola, anche se in maniera preterintenzionale, verso quella posizione fondativa che la laicité intendeva rispettare, un tempo occupata dal “religioso”. Sotto una parvenza di neutralità e oggettività delle leggi, si cela e si diffonde – almeno nei fatti – una cultura fortemente connotata da una visione secolarizzata dell’uomo e del mondo, priva di apertura al trascendente. In una società plurale essa è in se stessa legittima ma solo come una tra le altre. Se però lo Stato la fa propria finisce inevitabilmente per limitare la libertà religiosa.

Come ovviare a questo grave stato di cose? Ripensando il tema della aconfessionalità dello Stato nel quadro di un rinnovato pensiero della libertà religiosa. È necessario uno Stato che, senza far propria una specifica visione, non interpreti la sua aconfessionalità come “distacco”, come una impossibile neutralizzazione delle mondovisioni che si esprimono nella società civile, ma che apra spazi in cui ciascun soggetto personale e sociale possa portare il proprio contributo all’edificazione del bene comune. Conviene tuttavia chiedersi: il modo migliore di affrontare questa delicata situazione è rivendicare una liberty of religion delle diverse comunità, chiedendo il rispetto delle “peculiarità” delle loro sensibilità morali minoritarie? Questa sola richiesta, anche se doverosa, rischia di rafforzare sulla scena pubblica l’idea secondo cui l’identità religiosa è fatta di nient’altro che di contenuti ormai desueti, mitologici e folcloristici. È assolutamente necessario che questa giusta rivendicazione si iscriva in un orizzonte propositivo più largo, dotato di una ben articolata gerarchia di elementi.

Questi troppo rapidi accenni mostrano non solo quanto il tema della libertà religiosa resti complesso, ma soprattutto ci spingono a riconoscere come, oggi più che mai, questo tema rappresenti la più sensibile cartina di tornasole del grado di civiltà delle nostre società plurali. Infatti se la libertà religiosa non diviene libertà realizzata posta in cima alla scala dei diritti fondamentali, tutta la scala crolla. La libertà religiosa appare oggi come l’indice di una sfida molto più vasta: quella della elaborazione e della pratica, a livello locale ed universale, di nuovi basi antropologiche, sociali e cosmologiche della convivenza propria delle società civili in questo terzo millennio. Ovviamente questo processo non può significare un ritorno al passato, ma deve avvenire nel rispetto della natura plurale della società. Pertanto, come ho avuto modo di dire in altre occasioni, deve prendere l’avvio dal bene pratico comune dell’essere insieme. Facendo poi leva sul principio di comunicazione rettamente inteso, i soggetti personali e sociali che abitano la società civile devono narrarsi e lasciarsi narrare tesi ad un reciproco, ordinato riconoscimento in vista del bene di tutti […].

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68 commenti a Lo stato neutrale e aconfessionale è un’utopia

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  1. Pino ha detto

    possiamo sintetizzare dicendo che il principio cattocomunista della separazione fra politica ed etica ne esce a pezzi. Chissà se le geniali menti di personaggi come Rosy Bindi, Prodi, Franceschini e compagnia cantante sono riusciti almeno a comprendere che la laicité non è la difesa neutrale della religione ma la sua distruzione?

    • massimo ha detto in risposta a Pino

      Scola ha sottolineato che “In una società plurale essa [la cultura “secolarizzata” cioe laica cioe __indipendente__] è in se stessa legittima, ma solo come una tra le altre. Se però lo Stato la fa propria finisce inevitabilmente per limitare la
      libertà religiosa”.

      cioè? .. che vuole? I SOLDI?
      uno stato non laico? ….

      ok allora facciamo una società musulmna.. o buddhista.. o dev’essere per forza cattolica?
      immagino che la chiesa “SOLO per il nostro bene” deve avere il massimo peso in tutte le istituzioni .. giusto?

      vabbè.. il discorso di Scola per fortuna è molto chiaro, ha arringato la folla contro la “laicitè” ossia contro quella francese, quella vera che non scende a compromessi perhce NON c’e’ un sistema politico PRONO e chino a 90°..

      avete paura che senza l’appoggio politico finisce tutto? non c’e’ piu gente che ce magna sopra?

      in questo modo per voi si delinea la stessa fine che ha fatto la Lega, il Pdl.. e il M5S visto le ultime esternazioni di Grillo..
      imparate a rispettare gli altri e a stare al vostro posto per salvare quel poco che c’e’.. è un consiglio onesto!

      • Paolo Viti ha detto in risposta a massimo

        Ovviamente la profondità del discorso del card. Scola è ad un livello inarrivabile per te.

        Non è certo una questione di soldi, ma si sottolinea che anche la laicità intesa come secolarizzata (ovvero laicismo) è una posizione religiosa, dunque se lo stato la fa propria finisce per preferire una visione religiosa a discapito delle altre. Sarebbe anche lecito, se non fosse che il laicismo nulla c’entra con la tradizione italiana, al contrario delle sue radici cristiane.

        La laicitè francese è un obiettivo di tanti fondamentalisti oggi, è utilissimo che il card. Scola abbia avanzato forti critiche, ha toccato un filo scoperto e lo si vede dalle reazioni scomposte che ha creato, sopratutto da alcuni media sostenitori di tale visione, dove l’aspetto religioso deve divenire aspetto esclusivamente privato (proprio come in Francia).

        Ridicolo il tuo paragone tra il cattolicesimo e il Movimento cinque stelle, sono sicuro che prima o poi avremo l’onore di avere qualcuno di serio con cui dialogare. Tu purtroppo hai già fallito, impara a rispettare gli altri e torna presto da dove sei venuto…è un consiglio onesto!

        • massimo ha detto in risposta a Paolo Viti

          la laicità è religiosa? ma ti rendi conto di quello che dici?
          ma almeno leggi il vocabolario

          fonte wikipedia:
          “Il termine “laico” nell’accezione moderna del termine ha significato di “aconfessionale”, ossia di slegato da qualsiasi autorità confessionale, ecclesiastica (o non ecclesiastica), e quindi da qualsiasi confessione religiosa”

          ah forse Scola vuol dire che essere indipendenti rende “dipendenti” dalla indipendenza?

          con simili argmentazioni non avete futuro.. mi sembra ovvio

          • Paolo Viti ha detto in risposta a massimo

            Il laicismo è una chiara presa di posizione religiosa, come lo è l’ateismo.

            Sopratutto se si guarda alla storia italiana, che lo stato assuma come posizione la neutralità rispetto alla religione significa una discriminazione verso il cristianesimo che -assi più di chiunque altro- ha contribuito enormemente (a livello sociale, culturale, educativo ecc.) a formare la storia italiana (europea).

            La neutralità è una scelta ben precisa, dunque non esiste vera neutralità, che rimane utopia, sopratutto in un Paese come il nostro.

          • Pino ha detto in risposta a massimo

            tu puoi fare bella figura solo tacendo, sei talmente naif nelle tue considerazioni che neppure ti rendi conto delle corbellerie che dici. Non riesci neppure a capire quello che si sta discutendo, non capisci il discorso del Card. Scola, non capisci i commenti di Paolo Viti. Guarda che di gente che parla solo per dare aria ai denti non ne abbiamo bisogno.

          • Lorenz ha detto in risposta a massimo

            Sciur Massimo, sinceramente ho sempre visto la laicità come una questione alquanto spinosa, per la moleplicità di significati ed accezioni che le si possono dare e per una certà ambiguità che il termine possiede. Francamente io non ho ancora capito cosa si possa intendere per laico, per laicità e per laicismo, per questo evito di esprimermi in proposito, ma spesso vedo che molte persone tendono a sovrapporne i significati e concetti.
            Ora la sua citazione da wikipedia è senza’altro legittima, anche se, pur trovando wikipedia come un sito ricco, mi pare che le informazioni che contiene vadano sempre prese con le pinze. In ogni caso se va su wikipedia (scusi la ridondanza), digita laicità e va al paragrafo “laicità e laicismo” vi potrà trovare qualcosa che fa riferimento ai concetti che espone Paolo Viti.

            Per il resto non mi pare che il card. Angelo Scola abbia chiesto dei soldi (?) o l’istituziune ad uno Stato teocratico (?), quanto invece abbia efficacemente ilustrato una riflessione che spesso molti danno per scontata, ma che spesso non lo è, e che non si limita a quello che lei sintetizza con la penultima frase del suo commento.

        • Pino ha detto in risposta a Paolo Viti

          Viti, discutere con le zucche vuote è solo una perdita di tempo.

  2. a-theòs=a-éthos ha detto

    “Ovviamente questo processo non può significare un ritorno al passato, ma deve avvenire nel rispetto della natura plurale della società. Pertanto, come ho avuto modo di dire in altre occasioni, deve prendere l’avvio dal bene pratico comune dell’essere insieme. Facendo poi leva sul principio di comunicazione rettamente inteso, i soggetti personali e sociali che abitano la società civile devono narrarsi e lasciarsi narrare tesi ad un reciproco, ordinato riconoscimento in vista del bene di tutti”.

    Non ritorno al passato, rispetto della natura plurale, bene pratico comune dell’essere insieme, principio di comunicazione, narrare e lasciarsi narrare: quando si arriva al concreto, cioè a tentare di capire come la libertà religiosa possa di fatto funzionare in relazione al BENE COMUNE, si diventa immediatamente heideggeriani con venature popperiano-habermasiane, sproloquiando vuotaggini indefinibili (puri gusci fonetico-grafici di semantemi incomprensibili), proprio perché la contraddizione non lo permette!

    Come si fa a definire il bene comune, quando le idee di bene, intese da chi si dovrebbe adoperare per realizzarlo, dipendono da una pluralità di principi reciprocamente in contraddizione?
    L’idea di matrimonio che ha un cattolico, è forse quella che ha un mussulmano o un ateo? Quale bene comune?

    Dove sta un solo cenno sostanziale alla VERITA’ in questo discorso? Come si può parlare di bene senza comprendere che si può averlo solo nella relazione con la verità, che è qualcosa per essenza non-plurale?
    Veramente sconfortante.

    • Luigi ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Interessante ciò che dici. Sono d’accordo sul ruolo indispensabile della verità nel dibattito pubblico e politico. Non credo però sia la sola cosa che conti. Voglio dire: è fondamentale, insieme alla verità, il metodo attraverso il quale ad essa si giunge. Se il metodo è la fede religiosa (qualunque fede), allora ciò che è affermato esclusivamente per fede, benché non si possa escludere essere vero, è comprensibilmente vissuto come imposizione da parte di chi non ha fede. Dunque, in conclusione, d’accordo con A-theos=A-theos, ma con una integrazione: non solo verità, ma anche metodo.

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi

        Hai ragione. Io mi accontenterei si incominciasse con un sano metodo filosofico, attenendosi alle verità della ragione naturale. E sarebbe già tantissimo.

        • Paolo Viti ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          Su questo sono d’accordo, e lo è anche Scola. Ma lo stato non deve adottare il punto di vista cattolico, è giusto che sia al di sopra delle parti (anche del laicismo) anche se è lecito che preferisca una visione religiosa particolarmente significativa per la storia del Paese, come lo è il cristianesimo cattolico.

    • Michele Silvi ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Infatti quando arriva al “cosa si dovrebbe fare” butta lì frasi utili solo a nascondere l’imbarazzo di non avere una risposta. Ma fino a lì ha ragione: l’indifferenza (o tolleranza, o ignoranza, come indicò Chesterton sono sinonimi) non è una soluzione.

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Michele Silvi

        Certamente l’indifferenza non è la soluzione vera, ma, se si parte da una posizione così ambigua come quella di una libertà religiosa, di cui non si possono definire i confini, la neutralità e l’indifferentismo sono più coerenti di questi vuoti sproloqui.

        • Paolo Viti ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          Non c’è nessuna ambiguità nel concetto di libertà religiosa, c’è ambiguità soltanto se uno vorrebbe imporre lo stato cattolico. La verità non va mai imposta, ma proposta e la libertà religiosa citata da Scola serve proprio a questo.

      • Paolo Viti ha detto in risposta a Michele Silvi

        Scola sarebbe imbarazzato? Scola non avrebbe risposte? Ma stiamo dando i numeri? Un minimo di dignità e di umiltà non vi farebbe male ragazzi.

    • Emanuele ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Concordo che non ci può essere Bene senza Verità, un po’ meno sulla non-pluralità della verità. Non voglio certo cadere nel relativismo, voglio solo dire che la Verità appartiene a tutti gli uomini e in tal senso possimo definirla plurale. Ossia la verità è dentro l’uomo, non calata dall’alto. Concordo anche con Luigi sulla necessità di metodo.

      Fortunatamente abbiamo già la risposta a questo problema che parrebbe irrisolvibile: Gesù Cristo. “Io sono la Via la Verità la Vita”, dice il Signore. Così la Verità fatta uomo diventa conoscibile da tutti gli uomini.

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Emanuele

        Se vogliamo usare un corretto metodo d’indagine, innanzitutto risolviamo le ambiguità espressive: quando si dice che la verità non può essere plurima, si intende dire che non può essere contraddittoria, cioè che non possono valere contemporaneamente vero-A e non-vero-A.

        Quello a cui ti riferisci tu è invece L’UNIVERSALITA’ della verità, cioè il fatto che vale per tutti (e infatti noi siamo “cattolici”). Ma è proprio questo che viene negato, a livello pratico (cioè in riferimento ad un ipotetico “bene comune”) da una coerente posizione di libertà religiosa, proprio perché, se il bene comune non può essere che uno (non può essere cioè che unico in relazione all’essenza umana), allora quando si sia in presenza di “plurime” (nel senso di contrastanti e opposte) visioni dell’uomo, un bene COMUNE per definizione non può esserci.

        • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          E infatti tutte le moderne società “pluraliste” e “assolutamente democratiche” (cioè democratiche in modo assoluto = il principio della maggioranza non ha limiti) stanno allegramente andando verso il MALE COMUNE, verso l’autoannichilimento dell’uomo (divorzio, aborto, eutanasia, inversione totale delle verità fondamentali come nel caso dell’omosessualismo, ecc.). E nel mezzo di questa terribile crisi economica, derivante ne più ne meno dall’egoismo insito intrinsecamente nel liberalismo (che è individualismo, ossia “pluralismo” dove un “bene comune” per essenza non c’è e dunque dove alla fine dei conti vince il più forte, cioè il più prepotente e privo di scrupoli), bisognerebbe veramente essere ciechi per non accorgersene.

          Mi chiedo come un “principe della Chiesa” non riesca a rendersene conto. Veramente sconfortante.

          • Paolo Viti ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

            La cosa sconfortante è che tu individui l’unica soluzione nell’imporre agli altri la visione cattolica, volendo uno cattolicesimo di stato.

            Scola invece prende giustamente le distanze da queste sciocchezze dei conservatori estremisti, ribadendo che la verità cattolica dev’essere accettata liberamente e non imposta.

            L’errore non è nella libertà religiosa, ma nell’incapacità dell’uomo a riconoscere le verità della ragione naturale che lo porterebbero certamente dalla parte della chiesa cattolica. Ma tali verità non vanno imposte: se i cittadini vogliono il divorzio sono liberi di chiederlo e attivarsi per averlo. Noi sappiamo che è un male, ma il bene non può mai essere imposto agli altri.

            • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Paolo Viti

              MA PROVA A RAGIONARE UN POCO! Se i principi del tuo discorso fossero veri, varrebbero perfettamente anche nel caso dell’omicidio o di qualsiasi altra azione che intenda trasgredire la legge naturale. Se la maggioranza decide che è giusto uccidere chi ha gli occhi verdi (esattamente come ha già deciso che è giusto ed un diritto fare fuori i non ancora nati), questo sarebbe qualcosa che avremmo l’obbligo morale di rispettare?

              Come fa un cattolico che minimamente ragioni a ritenere che possa essere buona e giusta (la migliore) una forma di governo che intrinsecamente non abbia limiti?

              E infatti la dottrina sociale della Chiesa non si è mai sognata di dire simili scempiaggini! L’unica forma democratica accettabile è quella che rispetti integralmente il limite posto dalla legge naturale (che, ti ricordo, data la tua ignoranza, essere coincidente per San Tommaso con i dieci comandamenti). Queste non sono sciocchezze da conservatori estremisti, ma ancora, nonostante la contraddizione rappresentata dalla libertà religiosa, la dottrina ufficiale della Chiesa.

              E se la libertà religiosa non è un problema, perché, quando se ne parla, lo si fa esattamente nei termini completamente vuoti con cui lo ha fatto in questo discorso il Card. Scola? Ha utilizzato un linguaggio puramente metaforico, perché, come ho già detto, un bene comune non può esistere per definizione dove tutti hanno idee diverse su ciò che sia bene o male. E’ una semplice questione di logica (principio di non contraddizione).

              • Pino ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

                ma nessuno ha l’obbligo morale di rispettare leggi che vanno contro il diritto naturale, dove leggi questo sia nei commenti di Viti che nel discorso del Card. Scola? Il problema è che tali leggi possono essere fatte. Cosa intenderesti fare in questo caso? Con quali azioni intenderesti eliminare legislazioni che violano la morale naturale?

                • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Pino

                  Quindi se non ho l’obbligo di rispettare leggi che ledono il diritto naturale, non ho nemmeno l’obbligo di rispettare la forma di stato da cui questo tipo di leggi derivano per essenza. Questo è quello su dovreste provare a riflettere: un cattolico ha il dovere morale di dire che una forma di stato da cui può provenire un sistematico annichilimento della legge naturale, è una forma di stato inaccettabile, perché intrinsecamente malvagia. Da qui ad avere molti problemi anche con il concetto di “libertà religiosa” il passo è breve, se si mette in atto qualche semplice passaggio logico.

                  Dunque la risposta alla tua domanda: un cattolico deve liberarsi dall’idea che sia moralmente accettabile una democrazia in cui si possa giungere a legalizzare la negazione sistematica della legge naturale. Ti ricordo che per San Tommaso i dieci comandamenti, non sono altro che la ritrascrizione sintetica della legge naturale.

                  • Luigi ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

                    Il problema che non ti poni — ma che è fondamentale — è il problema di come tradurre istituzionalmente il limite di ciò che chiami “legge naturale”, cioè: quali accorgimenti formali dovrebbe inglobare il sistema democratico onde impedire la violazione del diritto naturale? Il quale, detto di passaggio, non può coincidere con i dieci comandamenti, proprio dal punto di vista della filosofia di Tommaso. Infatti, il primo comandamento ha come suo contenuto non già il Dio dei filosofi (o quello della ragione naturale), ma il Dio di Abramo, il Dio storico, il Dio rivelato, la cui esistenza non è posta dalla ragione.

                    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi

                      Ti sbagli. Il primo comandamento (“Non avrai altro Dio all’infuori di me”) è spiegato da San Tommaso, che si richiama a Sant’Agostino, nei seguenti termini: “Oppure si potrebbe dire, con S. Agostino, che con il primo precetto onoriamo l’unità del principio primo” (Summa Theologiae, I-II, q. 100, art. 5). Dunque si tratta esattamente di onorare la verità naturale (dimostrabile filosoficamente) dell’unicità di Dio.

                    • Luigi ha detto in risposta a Luigi

                      Nel primo comandamento Dio non è un concetto, ma è un nome, che ha un preciso riferimento. Lo possiamo intendere come vogliamo, ma se lo intendiamo come proponi, o come propone lo stesso Tommaso, non abbiamo più tra le mani il primo comandamento, ma una sua ombra concettualizzata, intellettualizzata. Se, invece, ci sta a cuore il significato autentico, allora bisogna riconoscere che “Dio” è un nome, e un nome sta per ciò che denota, non ha un significato in senso stretto.

                      Ma questo era soltanto tangenziale alla mia domanda: quali accorgimenti formali, istituzionali, dovrebbe assumere un sistema democratico per potersi dire garante del diritto naturale? Mi pare una domanda fondamentale.

                    • Luigi ha detto in risposta a Luigi

                      Più propiamente, non è la parola “Dio”, ma l’indicale “io”. Comunque il senso di ciò che voglio dire è chiaro.

                    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi

                      Luigi, non ho il tempo di disquisire fino all’esaurimento come nostro solito. Naturalmente la dottrina intorno alla legge naturale di San Tommaso è molto complessa e bisognerebbe conoscerla bene. Io la sto approfondendo sempre più, tu la ignori quasi del tutto. Mi accontento di averti dimostrato quale sia l’opinione (a mio avviso, vera) di San Tommaso, visto che mettevi in dubbio anche questo fatto.

                      Anche sulla seconda questione bisognerebbe stare a dettagliare con attenzione, perché non è detto che tutti i principi del diritto naturale debbano essere applicati nello stesso modo, a seconda del luogo e del tempo, e nemmeno sempre tutti. Infatti, per quanto riguarda i principi secondari del diritto naturale, cioè quelli che si deducono da quelli più evidenti, una certa variabilità applicativa è d’uopo.

                      Comunque il principio generale è che qualsiasi forma di stato che possa legalizzare la trasgressione di un principio del diritto naturale, è una forma di stato illegittima. Il che non vuol dire che debba esserci una legge che obbliga ad andare alla S. Messa domenicale (visto che la tua obiezione è quella).

                    • Luigi ha detto in risposta a Luigi

                      […] ci sono alcune cose che la ragione naturale di ogni uomo giudica immediatamente e direttamente come da farsi o da non farsi: tali sono per esempio i precetti: «Onora il padre e la madre», «Non uccidere», «Non rubare». E questi precetti appartengono in senso assoluto alla legge naturale. Ci sono invece altri precetti per i quali i sapienti
                      giudicano necessaria un‘indagine più sottile. E questi, pur essendo di legge
                      naturale, esigono un‘istruzione da parte di persone sagge: tale è per esempio il precetto: «Alzati davanti a chi ha i capelli bianchi. Onora la persona del vecchio». Ci sono infine altri precetti per giudicare i quali la ragione umana ha bisogno dell‘insegnamento di Dio che ci istruisca nelle cose divine, come questi: «Non ti farai idolo né immagine alcuna»; «Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio». (Summa Theologiae, I-II, q. 100, art. 1).

                      Dato che stai approfondendo la dottrina di Tommaso, considera la flessibilità che la nozione di naturale assume. Nel passo che ti ho citato Tommaso parla di ciò che appartiene in senso assoluto al diritto naturale, di ciò che pur essendo naturale richiede una riflessione aggiuntiva (cioè non è evidente, e dunque richiede argomenti), e infine di ciò a cui la ragione da sola non può giungere senza l’aiuto di Dio. Se per diritto naturale, si intende l’insieme di norme a cui la sola ragione, senza l’aiuto di Dio, è in grado di scoprire,, allora non tutto il decalogo è legge naturale. Attenzione, però, perché Tommaso usa “naturale” anche come sinonimo di “conforme a ragione”, in questo senso per Tommaso tutto il decalogo è naturale.

                  • Pino ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

                    mi sembra un salto logico eccessivo. Una legge può essere contraria alla legge morale naturale ed alla morale cattolica (es: la legge sull’aborto) ma da qui a mettere in discussione la forma di stato mi pare esagerato. Altrimenti per eliminare l’incongruenza dovremmo fare come negli stati islamici in cui non c’è separazione fra legge civile e religiosa. Ma questo sarebbe contrario proprio al cristianesimo perchè il principio di laicità è inserito nel Vangelo.

                    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Pino

                      No, non è un salto logico, ma una pacifica deduzione logica. Se i principi filosofici su cui si fonda una certa forma di stato implicano già virtualmente la possibilità che vengano rese legali delle violazioni della legge naturale, allora quella forma di stato è moralmente inaccettabile. Se il principio della maggioranza non trova un limite assoluto e invalicabile nel diritto naturale, la forma di stato che ci si costruisce sopra, detta “democrazia assoluta” (proprio perché non c’è limite all’estensione del principio di maggioranza), è una forma perversa di democrazia.

          • Emanuele ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

            Grazie x la risposta, ora mi é più chiaro…
            Non mi fisserei troppo sulla unicita della verità che rischia di diventare qualcosa di statico e cristallizzato… In realtà la verità è viva e dunque molteplice nelle sue forme. Quindi pur percependo la medesima realtà ne percepiamo sfaccettature diverse. Questo a mio avviso è una peculiarità propria del cristianesimo (si so che il rischio é il relativismo…), cosa ne pensa?

    • Paolo Viti ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      In realtà Scola sta parlando di libertà religiosa per tutte le religioni, al contrario tu vorresti imporre quella cattolica. Ma non deve essere così, ognuno deve esprimere le sue convinzioni liberamente (nei limiti dell’accettabile), starà ad ognuno la libertà di scelta.

      La verità non va imposta, dev’essere liberamente accolta da ognuno. Volere un cattolicesimo di stato non è un servizio alla verità.

      • massimo ha detto in risposta a Paolo Viti

        e dove lo vedi lo spazio per le altre religioni nel nosto paese?
        all’una di notte (tra la domenica e il lunedi!) va in onda Protestantesimo…

        non esiste nessun tipo d’informazioe solo un monopolio culutrale cattolico appoggiato e sponsorizzato dalle principali istituzioni e dalla prima rete nazionale.. il famoso dictat all’intero network della Rai di non paralre e pronunciare la parola “preservativo” nella giornata mondiale contro l’HIV la dice lunga..

        ma come fate a parlare di liberta relgiosa in un paese che vede gli inseganti di relgiione nomiati e revocati dal Vaticano ma stipendiati dallo Stato Italiano.. bella pluralita..

        inoltre la religione, come la filosofia e altre forme di pensiero, è un fatto PRIVATO e nella sfera privata deve rimanere…

        se non vogliamo degenerare nel ridicolo o peggio diventare teocratici..

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Paolo Viti

        Ovviamente la religione non può essere imposta, esattamente come non puoi costringere un malvagio a pensare bene, se vuole continuare a pensare male, ma puoi, e anzi hai il dovere, di impedirgli di agire male. Ossia, non puoi concedere alla sua libertà di coscienza di commettere omicidi, anche se lui lo rivendica come la “sua” verità. Spero su questo sarai d’accordo.

        Il problema della verità religiosa è identico, perché se la tua religione ti indica una strada sbagliata, riterrai di avere anche il diritto di metterla in pratica, cioè di agire nel male, contro la verità oggettiva. E poi quale è il limite teorico della libertà religiosa? Il satanismo, ad esempio, non è forse una forma religiosa (se si guarda all’etimologia lo è)?

  3. nicola ha detto

    In Italia succede un fatto strano, vengono definite ‘sinistra’ espressioni politiche che di sinistra hanno ben poco. Almeno nel senso storico del termine. Fra i tanti personaggi pubblici riesco a riconoscere come ‘di sinistra’ pochissimi, ad esempio Massimo Cacciari. Ed è ancora più strano che le posizioni più discutibili siano assunte da personaggi che hanno fatto parte della vecchia DC. Strano in quanto se al limite potrebbero essere accettate alcune posizioni di esponenti della sinistra storica eredi del pragmatismo togliattiano quelle degli ex DC è incomprensibile.

  4. manuzzo ha detto

    beh, il problema è quando bene comune è visto come eliminazione di tutte le religioni. Personalmente non ho mai avuto problemi né con mussulmani (che anzi hanno partecipato LIBERAMENTE e gioiosamente alle attività delle parrocchie dove ho praticato) né con buddisti, ne con testimoni di Geova (ho fatto pure qualche lavoro nella loro sede). Ma purtroppo c’è una categoria di fanatici che sono in guerra con me, anche se io non mi sento affatto in guerra con loro…

    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a manuzzo

      No, il problema è che non può esserci bene comune, quando del bene si hanno concezioni opposte, come capita quando si è “pluralisti” riguardo al significato della vita umana. In questi casi non si tratta di bene comune, ma di puri e semplici compromessi tra chi tira da una parte e chi tira dall’altra. Alla fine tutto entra in crisi, esattamente come sta accadendo alle nostre magnifiche società pluraliste e multiculturali, dove per dare libertà a tutti si è costretti a toglierla ad altri (come succede nel divorzio, dove si considerano i desiderata dei genitori e non il bene dei figli, non parliamo dell’aborto, caso in cui il più forte ha deciso che il più debole non è degno di vivere…).

      • Paolo Viti ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

        Tu confondi la Chiesa con lo Stato. E’ bene che la Chiesa abbia un unico concetto di bene, ma non possiamo pretendere che lo stato assuma lo stesso nostro sistema e dobbiamo chiedere che rimanga completamente neutrale, lasciando ai cittadini la scelta se aderire al “vero” bene o ad altre visioni sull’uomo.

        • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Paolo Viti

          Si deduce dal tuo discorso che è giusto, è vero, è bene sottrarre la politica alla giustizia, alla verità e al bene. Ossia, secondo il tuo illuminato modo di ragionare, viene sempre prima la volontà della verità, anche la volontà che sceglie il male. Peccato che la concezione cristiana della politica sia quella che la concepisce come amministrazione della res publica per il bene comune e, ovviamente, ciò esclude si possano permettere per legge azioni che distruggono il bene comune.

          Dunque, secondo te, Gesù si sarebbe fatto mettere in croce per rivelarci che il sistema politico migliore è quello che non ha alcuna relazione necessaria con il vero e il bene, e che questa dovrebbe essere la concezione della politica che un cristiano dovrebbe avere?

  5. manuzzo ha detto

    *eliminazione delle altre religioni, a rigor di vero

  6. Eigub Etted ha detto

    Ma la religione o la non-religione non è mai un problema se non si impone nulla agli altri.
    Lo stato deve adottare misure il più neutre e condivisibili possibile.

    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Eigub Etted

      Ma lo volete capire che la “neutralità” non esiste? Essere neutrali tra il vero e il falso, tra il bene e il male, vuole già dire realizzare il male!!!!

  7. cabellen ha detto

    Prima osservazione: io farei volentieri a meno delle sottolineature in grassetto negli articoli. A parte il fatto che le frasi evidenziate sono spesso di scarso interesse, l’impressione che ne traggo è quella di fastidiosi banner pubblicitari. La gente non ha bisogno di essere imboccata per leggere, decodificare e interpretare.

    Seconda osservazione: non conoscevo il cardinale Scola, ma questo testo è di una desolante pochezza. Sintassi ambigua e farraginosa, collegamenti incomprensibili, linguaggio oscuro e troppo generico. Il tutto deriva probabilmente dall’abitudine a compiere voli acrobatici senza troppo preoccuparsi di quisquilie inessenziali come coerenza logica e consistenza di significato. L’accenno alle basi cosmologiche della convivenza sembra addirittura suggerire che il cardinale sia in contatto con civiltà aliene.

    Terza osservazione: veniamo ai contenuti. Innanzitutto il titolo dell’articolo è da considerarsi una sintesi piuttosto arbitraria perché non è direttamente ricavabile dal testo. La riflessione del cardinale è da considerarsi un generico lamento sul fatto che le laiche democrazie occidentali tendono a sviluppare un carattere anti-religioso invece che solo a-religioso. Mi sembra però piuttosto confusa l’analisi del cardinale sulla neutralità laica e sul pluralismo confessionale come ingredienti involontari di questa crescente ostilità verso il fenomeno religioso.
    Il passo più significativo è probabilmente quello nel penultimo paragrafo in cui il pluralismo confessionale (il rispetto delle peculiarità) viene associato al pericolo di declassamento mitologico e folcloristico delle identità religiose, cui si contrappone un orizzonte più largo di rispetto gerarchico. Fra le righe si legge: la mia religione è quella giusta, le altre si mettano in coda.

    • Paolo Viti ha detto in risposta a cabellen

      Prima osservazione: le sottolineatura aiutano la lettura e catturano l’attenzione sui passaggi decisivi, la gente ha bisogno di essere aiutata a leggere sul web, sopratutto considerando l’enorme offerta di articoli da leggere.

      Seconda osservazione: il card. Scola è uno degli intellettuali migliori nella cattolicesimo internazionale, stimatissimo da Ratzinger nonché dal papa laicista Flores D’arcais (hanno anche scritto un libro assieme molto interessante). Certamente quanto dice è incomprensibile da chi non ha un substrato culturale adeguato come te, ma la colpa è del lettore non dello scrittore.

      Terza osservazione: il titolo è adeguato in quanto non esiste mai uno stato aconfessionale perché tutto è una scelta, anche il non avere una religione. Il cardinale spiega proprio che l’essere a-religiosi porta inevitabilmente ad essere anti-religiosi.

      Faccio notare che da laicista estremista hai interpretato il senso del discorso esattamente all’opposto di quanto interpretato da a-theòs=a-éthos, teista estremista. Tu hai accusato Scola di imporre la sua religione, a-tehos lo ha accusato di essere relativista.

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Paolo Viti

        Personalmente il Card. Scola non è certamente relativista, semplicemente ripete quanto ambiguamente e aporeticamente scritto nella Dignitatis Humanae. Io ho sottolineato dove e perché tali ambiguità si rivelano. Aspetto ancora che tu risolva l’aporia, se è cosa così facile.

        • Paolo Viti ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          Sinceramente non mi sembra che né Scola né il Concilio Vaticano II siano ambigui, tanto meno vedo un’aporia.

          • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Paolo Viti

            Tu stesso hai dimostrato l’ambiguità della Dignitatis Humanae, che non distingue tra la libertà di espressione in “foro interno” (che, ovviamente, non si può nemmeno tentare di forzare, perché anche Socrate, pur subendo una condanna a morte, continuò a pensare di essere nel giusto) e quella in “foro esterno”, ad esempio. E dunque può fare passare come tentativo di conversione forzata, l’idea di chi semplicemente afferma non poterci essere libertà di professare pubblicamente religioni che contraddicano il diritto naturale. Ma questo è solo uno degli esempi di profonde ambiguità dottrinali in essa contenute.

  8. Mum ha detto

    A Scola forse sfugge che solo uno Stato veramente laico può garantire libertà religiosa a tutti i cittadini, qualora si inclinasse a favore di una detrminata confessione, limiterebbe di conseguenza le altre religioni.
    Facciamo un esempio molto pratico: come dovrebbe essere il funerale di Stato quando, mettiamo caso morissero quattro soldati italiani in missione e di questi due fossero cristiani, uno buddista ed uno ateo? Ovviamente ci sarebbe bisogno di una cerimonia che, pur rispettando le credenze o non-credenze di ognuno, sia prettamente civile, quindi laica, e poi lasciando l’opportunità che ogni famiglia celebri nel luogo e nella maniera che preferisca il rito che riterrà più opportuno.
    In questo caso lo Stato non espellerebbe nessuno dall’ambito pubblico ma semplicemente si porrebbe in maniera equidistante dalle diverse sensibilità, credenze o convinzioni. Si metta quindi il cuore in pace il card. Scola, perchè lo Stato non limiterà mai la libertà religiosa di nessuno, semmai ridurrà privilegi a chi gli ha goduti per largo tempo al di sopra di altre religioni o concezioni di vita.

    • Pino ha detto in risposta a Mum

      comincio a pensare che tu abbia problemi di comprensione. Il Card. Scola, nel suo discorso, non mette in discussione le opinioni personali in tema religioso, uno può essere ateo, cattolico, bhuddista, induista ecc. ma mette l’accento sulla laicità dello Stato spacciata come “neutrale”. La neutralità non esiste, ma si trasforma in avversione per la religione, questo dice il Card. Scola, non dice che il funerale di un musulmano debba svolgersi secondo il rituale cattolico.

    • Paolo Viti ha detto in risposta a Mum

      A te sfugge che non può esistere una posizione neutrale dello stato italiano, perché essere neutrali con la storia italiana significa discriminare le radici spirituali cristiane che hanno fatto l’Italia. Per questo i crocifissi sono appesi nelle scuole (con il beneplacito dell’Europa), per questo a scuola si insegna religione cattolica, per questo lo stato laico ha il diritto di scegliere e preferire una visione religiosa che è fondamentale per la cultura sociale del proprio Paese, come lo è quella italiana.

      Ti invito a studiare il discorso dell’ebreo Weiler in difesa del crocifisso davanti alla Grande Camera europea che approfondisce l’ottimo discorso di Scola: http://www.uccronline.it/2010/07/08/lebreo-weiler-ha-difeso-cosi-il-crocifisso-alla-grande-camera/

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Paolo Viti

        Quindi tu in pratica mi dai ragione: bisognerebbe scegliere e preferire una religione piuttosto che un’altra. Ma il criterio per farlo non è la verità, ma la mera tradizione culturale… Una posizione debolissima, che mette in luce tutte le contraddizioni di chi voglia mettere insieme cose che si contraddicono.

        • Paolo Viti ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          Ancora una volta pensi che lo stato debba essere cristiano, e invece la verità non la si può imporre. Lo stato laico, semmai, ha il diritto di preferire una religione che più delle altre ha contribuito e contribuisce alla formazione sociale, in Italia (in Europa e in America) è il caso del cristianesimo. Lo stato non ha il compito di indicare e men che meno di imporre la verità ai suoi cittadini.

          • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Paolo Viti

            Certo, non ha dunque nemmeno il diritto di imporre il divieto e la condanna dell’omicidio, vero? O forse non è una verità, che l’omicidio sia un grave male? E se è una verità, come può permettersi uno stato laico, di imporla con la forza? Solo perché ha, ALMENO PER ORA, il consenso della maggioranza? Ma già sull’aborto, che è un omicidio bello e buono, anzi, uno dei peggiori, le cose non vanno nella direzione della verità, perché lo stato ha autorizzato l’aborto… Perché dunque ritenere impossibile cose peggiori? E infatti tra poco arriveremo sicuramente alla legalizzazione dell’eutanasia… E così via, senza limiti reali…

            Come fai a non accorgerti di questo scivolamento progressivo e inarrestabile, basato esattamente sul concetto (che sta dietro anche a quello della libertà religiosa) che la libertà di coscienza prevale sulla verità?

      • Mum ha detto in risposta a Paolo Viti

        Lo Stato può e deve essere neutrale in quanto a ideologie, concezioni di vita o confessioni religiose e neutralità non significa cambiare o rinnegare la storia come invece fai intendere tu. Qui ci troviamo di fronte al fatto che la religione (una sola religione) non può essere imposta o essere messa al centro della vita pubblica come in passato ma ora ci si deve abituare al fatto che a tutti spettano stessi diritti e privilegi. Richiamare un supposto “diritto storico” non è altro che un’ingiustizia palese, sarebbe come dire che se un paese è stato governato per tanti anni da un determinato schieramento politico sarebbe giusto garantirne la continuità e quindi magari assegnarli d’ufficio una soglia minima di parlamentari.
        Riguardo i crocifissi ti ricordo infine che sono appesi nelle aule delle scuole pubbliche in quanto oggetti “d’arredamento”, se a te va bene considerarli tali, allora non ho nulla da eccepire.

        • Ateofago ha detto in risposta a Mum

          L’esempio non calza. È come se tu volessi proibire l’insegnamento della dinamica newtoniana solo perché la relatività generale ne ha limitato il dominio di applicazione in un secondo tempo… Le proprie radici sono importanti, soprattutto se sono la base etica dell’Europa e di tutta la società moderna.

    • Ateofago ha detto in risposta a Mum

      Non è compito dello stato officiare cerimonie funebri. Al limite, un rappresentante dello stato, può presenziare o partecipare. Laico significa che il rappresentante può partecipare al funerale religioso senza essere criticato da nessuno per averlo fatto.

      • Mum ha detto in risposta a Ateofago

        Non è assolutamente vero quanto dici:
        http://it.wikipedia.org/wiki/Funerali_di_Stato

        • Ateofago ha detto in risposta a Mum

          Sei sempre il solito che confondi vero/falso con giusto/sbagliato. Non mi interessa se lo stato, legiferando ad arbitrio, si è arrogato un diritto non suo di officiare cerimonie religiose. È sbagliato che uno stato laico si erga a officiante religioso. Mi dichiaro non appartenente alla religione fondata da questo stato e la setta che ne consegue.

          Ad ogni modo, non sai leggere i commenti degli altri. E una buona volta dovreste smetterla di appellarvi ad un lavoro dilettante come wikipedia, dove tra l’altro quella che descrive è più un “ultimo addio” con saluto militare che una cerimonia funerea. Hai fatto il solito mescolio di capre e cavoli…

  9. Gab ha detto

    Il tema della “libertà religiosa” nasce nella Chiesa conciliare e nel Vaticano II. Prima di questo evento drammatico il concetto era chiaro nella sua assolutezza. Esiste una sola via, una sola verità e, di conseguenza, una sola religione. Tutto il resto è acqua fresca. Le posizioni “impossibili” oggi praticate e dichiarate dal clero odierno sono in contrasto con la Tradizione Apostolica e con il magistero di sempre che hanno invece condannato la libertà religiosa. Leggiamo Pio XI, Leone XIII e Pio IX, tanto per citare solo alcuni grandi papi.

    La cosiddetta libertà religiosa è quel principio massonico che ammette una pari “dignità” di espressione tanto alla vera quanto alle false religioni. Tanto alla Verità quanto alle menzogne diaboliche.

    Il compromesso è anticattolico e contro il Vangelo. Sentirlo dire da un Arcivescovo non fa che rendere ancora più grave la situazione nella Chiesa odierna di quella che già è.

    • Gab ha detto in risposta a Gab

      Aggiungo solo che il Cardinale non fa un bel servizio alla memoria del grande santo che combatté invece contro innumerevoli eresie con una chiarezza e determinazione che ben pochi hanno avuto. Oggi siamo all’opposto… all’accettazione delle eresie.

    • Paolo Viti ha detto in risposta a Gab

      Anche tu, come a-theos, commetti l’errore di confondere lo stato con la Chiesa. Il card. Scola spiega invece che lo stato non dev’essere cattolico, che la verità non va mai imposta ma proposta.

      Per questo è essenziale la libertà religiosa, proprio per evitare che lo stato imponga ai suoi cittadini la Verità. Il compromesso rispetta la libertà umana tanto cara al cristianesimo.

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Paolo Viti

        Scusa, non è violentare la libertà altrui anche proibire l’omocidio o la pedofilia o il sadismo? Spiegami. Se queste belle cose sono fatte da un individuo isolato (in minoranza) sono cattive e si ha tutto il diritto di prenderlo e farlo marcire in galera, ma appena fosse la maggioranza dei cittadini a legalizzare questi comportamenti, non solo sarebbero ammissibili, ma la forma di governo e di stato che intrinsecamente li permette (a causa del fatto che la libertà di coscienza viene sempre prima della verità), sarebbe la migliore e, anzi, l’unica forma di governo accettabile anche per un cattolico. Questo è quello che la tua logica sta affermando.

    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Gab

      Queste sono le parole di uno tra i più rinomati “gran maestri” massoni di casa nostra. Non le commento, se non dicendo che si dovrebbe forse riflettere un po’ di più sul fatto che queste, che sono dottrine ESSENZIALI alla massoneria, sono diventate altrettanto essenziali alla dottrina post-conciliare della Chiesa (mentre prima, come giustamente affermato da Ga e da Di Bernardo, erano totalmente avversate).

      “La Massoneria, ispirandosi a una determinata antropologia filosofica, ha esercitato una notevole influenza sulla formazione della società moderna. Per questo suo ruolo, essa è stata avversata e perseguitata, come è emerso nel capitolo precedente, anche dalla Chiesa cattolica, la quale ha visto in essa l’espressione di “pratiche empie”. Ma ciò che la Chiesa condannava era, in realtà, un nuovo modo di organizzazione dello Stato, basato, principalmente, sul diritto delle genti. Tale diritto, tuttavia, poteva imporsi solo attraverso l’affermazione dei principi di libertà, tolleranza e giustizia, i quali, però, erano inconciliabili con il dispotismo politico e con il fanatismo religioso. Infatti, il principe, che si sentiva investito dalla divinità della propria sovranità, non poteva trattare su una base di parità popoli che osteggiavano le sue prerogative, mentre la Chiesa, che si sentiva detentrice della verità assoluta, non poteva sopportare di convivere con nazioni eretiche. Occorreva, pertanto, distruggere tali forme di dispotismo e di fanatismo. Solo così si poteva affermare il diritto delle genti su un fondamento cosmopolitico e universale e, conseguentemente, mettere in atto un programma tendente alla realizzazione della libertà di pensiero e di culto, dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, dell’avvicinamento dei popoli. Si chiedeva, infine, la laicizzazione dello Stato, ossia la negazione di ogni autorità religiosa nel campo politico e civile. In questa opera di formazione dello Stato moderno, è stato decisivo, per taluni aspetti, il ruolo svolto dalla Massoneria. Essa, infatti, mentre accoglieva nelle proprie Logge uomini animati da ideali progressisti, li univa in un progetto che tendeva al trionfo dei principi di libertà politica e di tolleranza religiosa. Il segreto rafforzava questo vincolo, poiché i massoni potevano dedicarsi alla realizzazione e alla trasmissione di esso alle nuove generazioni senza correre il rischio di venir condannati come eretici o sovversivi. In tal modo, la Massoneria è stata implacabile avversaria dell’assolutismo e si è impegnata, con tutte le sue forze, per la costruzione e l’affermazione del sistema parlamentare. Applicando il principio cosmopolitico, essa ha predicato l’alleanza universale contro la politica egoistica che vedeva in ogni popolo straniero un nemico naturale. PER QUESTA SUA ATTIVITÀ, ESSA È STATA COMBATTUTA CON ACCANIMENTO E PERSEGUITATA. NEL CAPITOLO PRECEDENTE, HO MOSTRATO LE PERSECUZIONI MESSE IN ATTO DALLA CHIESA CATTOLICA MEDIANTE NUMEROSISSIMI DOCUMENTI DI SCOMUNICA. SON DOVUTI TRASCORRERE PIÙ DI DUE SECOLI AFFINCHÉ ESSA FACESSE PROPRI QUEGLI IDEALI POLITICI E SOCIALI PROPUGNATI DALlA MASSONERIA E LI INSERISSE NELLA PROPRIA DOTTRINA RIGUARDANTE LO STATO E LA SOCIETÀ” (Giuliano Di Bernardo, Filosofia della massoneria. L’immagine massonica dell’uomo, Marsilio, II ed., Venezia 2002, pp. 193-194).

  10. Kosmo ha detto

    Si vuol soltanto eliminare il cristianesimo. Punto.

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