Ma laicità non significa indifferenza e neutralità…

Crocifisso classe 3 

di Marco Fasol*
*saggista e professore di storia e filosofia (cattolico)

 
 

L’articolo di Stefano Colombo sulla laicità dello Stato e sulla libertà di coscienza è ricco di suggerimenti e di riflessioni importanti. Con le mie considerazioni seguenti mi propongo di arricchire la discussione con il mio punto di vista di credente.

Dopo secoli di intolleranze, abbiamo tutti paura dei fanatici, della violenza aggressiva di chi vuole imporre agli altri la propria visione del mondo. Abbiamo tutti paura di un potere statale che vuole imporre ai cittadini il senso della vita. Allora cerchiamo di difenderci, cerchiamo nuove vie di dialogo, pronti a rinunciare ad una parte della nostra identità, perché non vogliamo imporla agli altri.

Tutto questo è molto ragionevole, ma rischiamo di scivolare nel pericolo opposto, che è quello di diventare tutti “irenisti”. Per il bene della pace, molti cristiani sinceri, preferiscono il quieto vivere dell’indifferenza di fronte ai valori. Così lasciamo che il mondo sia organizzato e regolato dagli altri, perché noi credenti ci rinchiudiamo come clandestini nelle nostre case sempre più piccole e sempre più anonime.C’è qualcosa di umiliante in questa rinuncia a noi stessi. E’ come se noi soffrissimo di un complesso di inferiorità, come se avessimo vergogna della nostra tradizione, della nostra cultura, della nostra arte, della nostra storia. Un patrimonio straordinario che è nato e si è sviluppato dall’incontro della civiltà greco-romana con quella giudeo-cristiana. Se noi rinunciamo a questi tesori, diventiamo tutti più poveri. Se l’essere “laici” significa rinunciare alla nostra identità cristiana, se significa essere indifferenti e neutrali di fronte ai valori, allora siamo diventati tutti molto poveri.

Il cardinale Angelo Scola ha pubblicato di recente il testo Non dimentichiamoci di Dio (Milano, Rizzoli, 2013) per aiutarci a riscoprire l’autentico concetto di laicità. Questo tema era già stato approfondito nel suo precedente Una nuova laicità (Marsilio, Venezia, 2007). Scola ci spiega che essere laici non significa essere indifferenti ed amorfi.

Noi non possiamo vivere senza un’etica, senza una concezione dell’uomo e della vita! Se la “laicità” viene intesa come indifferenza o neutralità è un recipiente vuoto, un’idea astratta ed impossibile. Immaginare un “pensiero laico”, un “uomo laico” come “neutrale”, indifferente ai valori, equivale ad immaginare un uomo senza qualità, senza personalità. Un uomo che non esiste né in cielo, né in terra. Invece, l’uomo in carne ed ossa è un uomo che ama, che pensa, che sceglie continuamente il bene e rifiuta o combatte il male in base alla sua visione del mondo. Una laicità amorfa esiste solo nel mondo dei sogni.

Il cardinale ci aiuta a comprendere un nuovo e più completo concetto di laicità che non significa certo indifferenza ai valori, rinuncia alla propria identità, ma testimonianza consapevole della propria visione del mondo e della vita. Non possiamo vivere senza una nostra identità, senza un progetto, una visione del bene e del male, una concezione dei diritti dell’uomo. Essere laici non può significare dunque un abdicare a se stessi, uno spogliarsi della propria personalità e delle proprie convinzioni religiose. Non esiste nessun momento della nostra vita in cui noi siamo neutrali ed indifferenti ai valori.
Essere laici significherà piuttosto accettare che il bene comune non sia deciso per autorità, nè per un ordine esterno alla competizione democratica. La nuova laicità richiede che la scelta del bene comune non venga imposta da un’autorità dogmatica che prescinda dalla competizione elettorale.

Come scrive A. Scola: “Lo stato non è indifferente al risultato del confronto democratico tra le parti… non si deve confondere la non confessionalità dello stato con la neutralità nei confronti dei soggetti civili e della loro identità culturale. Invece queste identità diventano statualmente rilevanti in virtù della loro espressione democratica”. Il “laico” non è dunque la persona senza fede! Perché una qualche fede è presente in ciascuno di noi, sia essa trascendente o immanente, materialista o scientista, edonista ecc. Diciamo piuttosto che il laico è una persona disponibile a sottoporre alle regole della democrazia le proprie scelte politiche, culturali, sociali.

In conclusione, una laicità reale, concreta e non astratta, assume con tutta evidenza e con piena legittimità l’identità religiosa. Per questo un partito laico, un pensiero laico può ispirarsi esplicitamente alla tradizione cristiana. Ed anche la comunità politica, in quanto comunità che progetta e realizza un bene comune, dovrà rispettare e realizzare la domanda religiosa dei cittadini. Il nuovo Concordato definito in Italia nel 1984 riconosce la laicità dello stato che non è più confessionale, (come lo era nello Statuto Albertino e nella precedente Costituzione) tuttavia riconosce la rilevanza sociale ed educativa dell’identità cristiana come qualificante la stragrande maggioranza del popolo italiano. Quindi legittimamente e doverosamente garantisce l’insegnamento religioso nelle scuole, su richiesta dei cittadini, e più in generale un’assistenza religiosa nelle pubbliche istituzioni. E’ vero che lo stato è laico nel senso che non impone nessun credo religioso, perché il bene non può essere imposto, come ci ha insegnato il Concilio Vaticano II. tuttavia è uno stato che tutela e garantisce la dimensione religiosa dell’essere umano e pertanto risponde alle domande dei suoi cittadini mediante l’istruzione religiosa, le opere assistenziali ed educative e così via. In questo concordo pienamente con il pensiero di Stefano Colombo.

Questo riconoscimento e questa sussidiarietà dello stato laico nei confronti delle associazioni religiose non significa però accettazione indiscriminata di qualsiasi credo religioso. E qui vorrei introdurre una precisazione o un’integrazione alle riflessioni di Stefano Colombo. Può infatti insorgere un’incompatibilità tra i principi costituzionali dello stato ed i contenuti etici di una determinata fede. In questo caso viene confermato il discorso precedente sull’imprescindibilità di una identità etica e culturale dell’istituzione statuale. La laicità ritrovata ci permette dunque di evitare la degenerazione in un caotico multiculturalismo incapace di distinguere i valori ed i diritti umani fondamentali. Ci garantisce invece il riconoscimento della centralità della persona e dei suoi diritti umani. Per questo la nostra Costituzione, che si presenta come manifesto di laicità dello stato, riconosce in primis i diritti umani della persona, della famiglia, della libertà religiosa, della pace, come scelte etiche irrinunciabili, non negoziabili. Siamo ben lontani dall’indifferentismo e dalla neutralità! Alla luce della Costituzione abbiamo piuttosto recuperato il concetto originario di “laico” che include il grande patrimonio della nostra identità, della nostra storia, della nostra tradizione bimillenaria, quella che riconosce a Cesare quel che è di Cesare ed a Dio quel che è di Dio.

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

76 commenti a Ma laicità non significa indifferenza e neutralità…

« nascondi i commenti

  1. geminitolk ha detto

    La loro laicità è un modo per rendere inermi e poco attivi i cattolici. Neutralizzare la religione con la scusa della neutralità; azzerandola quindi per principio, renderla poco sociale ed efficacie.
    Ormai va tutto in questa direzione, quello che a loro preoccupa è la consapevolezza delle persone, meglio renderle ignave pensano: senza opinioni, senza fedi religiose, senza capacità politiche non devono avere idee basta… pensano :-così sono più manovrabili, più ricattabile, più asserventi alle nostre logiche di potere-!

    • manuzzo ha detto in risposta a geminitolk

      Non mancano slogan razzisti quali “se appartenete a quelle superstizioni religiose dovete uscire dalla politica”, giretto tra gli amici atei (o più precisamente, ateo-nazisti) di facebook per rendersi conto di ciò che dico

  2. Umberto P. ha detto

    Credo che esista una discussione molto simile. Comunque è evidente che uno stato democratico debba mantenersi equidistante dalle religioni, e che nei prossimi decenni i numerosi figli islamici degli immigrati di oggi saranno italiani a tutti gli effetti. E’ dunque importantissimo tracciare questo netto confine tra il pubblico ed il privato:

    – hai tutti i diritti di praticare il tuo credo, qualunque esso sia, di avere una struttura (chiesa, moschea, tempio) in cui pregare senza essere discriminato.

    – le proprie credenze religiose restano a casa quando si lavora per lo stato e nel sociale. Se ci sono dei conflitti con le proprie idee, si è liberissimi di intraprendere un altro lavoro. Anche a me piacerebbe tanto gestire le cose degli altri con le mie idee, ma…non è roba mia, non ne ho il diritto! Se l’islamico che fa l’assistente sociale decide di non denunciare per percosse X perchè ha fatto una cosa giusta per la sua religione, ingiusta per la legge, è importante che costui non faccia più tale lavoro. Se il rastafariano sostiene che per il suo credo può fumare marijuana sul posto di lavoro, gli si spiega che non sta a casa sua. lì sta lavorando. Se la legge garantisce ad un italiana la possibilità di abortire, lei, pagando le tasse, ha tutti i diritti di vedere erogato il servizio richiesto. Come se un cameriere islamico si rifiutasse di servire il carrè di maiale. Se voi foste i proprietari del ristorante lo licenziereste no?

    Naturalmente risponderò a chiunque entrerà nel merito dei miei contenuti, se devo leggere le solite frecciatine fuori bersaglio perdo interesse nel dialogo.

    • bluePhlavio ha detto in risposta a Umberto P.

      Una mia riflessione sulla laicità o meglio sul laicismo (non sono contrario ad una laicità ben intesa anche se forse il concetto di laicità non è ben definito):

      http://ilpensieroassiomatico.wordpress.com/2013/06/15/sulla-dottrina-laica/

      • Umberto P. ha detto in risposta a bluePhlavio

        Grazie bluePhlavio, le evidenzio i punti su cui non concordo del suo articolo, ne può scaturire una discussione interessante.

        Lei dice: “E’ totalmente errato pensare che, al fine di preservare l’imparzialità dello Stato nei confronti delle religioni, si debba non portare le tematiche religiose nella vita pubblica e relegarle alla sfera privata. Come può un uomo di fede non agire pubblicamente secondo la propria dottrina? Come può non sentirsi in dovere di difendere le proprie opinioni in una società che, in nome di una falsa tolleranza, cerca di soffocarle? ”
        —————-

        Ed io le rispondo che questo conflitto personale, che da uomo comunque comprendo, è subordinato al fatto che i cittadini devono rispettare le leggi e le regole di un paese. Un cittadino può cambiare le leggi in modo democratico, ma non decidere autonomamente che per il suo credo una cosa non va bene ed usare la propria posizione pubblica per imporre questa visione a chi ne ha un’altra.
        Un esempio paradossale, per chiarire quanto sia pericoloso concedere di muoversi al di fuori delle norme in ambienti pubblici. E se un medico fondamentalista facesse il suo stesso ragionamento, cioè che “un uomo di fede non può che agire pubblicamente secondo la propria dottrina” e decidesse che deve infibulare tutte le donne che visita? ovviamente è un esempio sciocco, grossolano, ma evidenzia a mio parere quanto ingiusta sia la sua teoria. Se c’è un conflitto tra il mio lavoro pubblico e le mie credenze religiose, culturali, o altro, decido di non fare quel lavoro. Non cambio il lavoro come voglio io.

        Ancora, lei dice: ” Invece, con l’idea in mente che le religioni sono tante, la nostra società ha soppiantato Dio con tutto il resto, facendo dimenticare alle nuove generazioni l’umana esigenza della ricerca di verità. Sarebbero d’accordo, i laicisti, se un simile trattamento fosse riservato alla scienza? Se la scienza non facesse parte del dibattito pubblico perchè, ma sì, tanto le scienze sono tante e bisogna essere imparziali?”
        ——————-
        No, non sarei d’accordo se non fossero più insegnate le materie scientifiche come non sarei d’accordo se non fosse più insegnata la geografia, la storia, la letteratura, etc. Il aradosso è un po’ tirato, anche perchè la matematica, ad esempio, è esatta e convergente da qualunque angolazione del mondo: è appunto matematica. Così come la fisica, o la chimica inorganica, costantemente verificabili con metodo empirico. Per quanto riguarda le teorie scientifiche, beh certo, se sono teorie gli si dà una percentuale arbitraria di corrispondenza alla realtà, in attesa di riscontri più chiari e attendibili.

        Grazie per l’attenzione.

        • bluePhlavio ha detto in risposta a Umberto P.

          Allora, intanto non credo che le religioni siano così esclusive tra di loro: se prendiamo cristianesimo e islam non ci vedo grosse divergenze andando oltre i soliti stereotipi culturali… Però è vero che può venirsene fuori uno con idee tutte sue e io non dico certo che gli sia permesso di fare qualsiasi cosa. A questo punto entra in gioco la democrazia, con il concetto di maggioranza o meglio di rappresentanza del popolo. Un popolo come l’Iran dove il 99% delle persone è musulmano (e il restante sono cristiani, zoroastriani ed ebrei che vivono felicemente professando la propria fede) non vedo perchè dovrebbe essere rappresentato da uno stato laico.

          Riguardo alla riflessione sulla scienza, intanto le dico subito che io sono un fisico quindi non sono di certo contro. Però a livelli alti c’è convergenza anche su tematiche artistiche, spirituali e religiose, non solo scientifiche. Il punto è che la nostra società non porta ad alto livello queste cose così come fà con la scienza e dunque vige l’opinione. Su una tematica scientifica posta ad una comunità ignorante si sentiranno molte opinioni diverse, però questo non vuol dire che il fenomeni non siano oggettivi: è l’ignoranza! e sulla religione vige l’ignoranza pressochè ovunque!

    • LawFirstpope ha detto in risposta a Umberto P.

      Anche laddove il mancato adempimento della legge corrisponda ad una limitatissima parte del proprio lavoro?
      Es: il compito principale di un medico non è abortire, né quello di un sindaco è sposare una coppia.

      • Paolo ha detto in risposta a LawFirstpope

        Un Sindaco non può pretendere un privilegio in ragione delle proprie fantasiose convinzione confessionali (e prettamente personali) venendo meno al proprio incarico e creando una grave discriminazione a cittadini che richiedono quello che è un loro diritto. Può sempre fare altro (sempre che la confessione di turno non abbia ulteriori paranoie in merito).

        • LawFirstpope ha detto in risposta a Paolo

          Oh, il solito ritornello delle confessioni! 😀 E se fosse ateo? Come lo spiegheresti?
          “Può sempre fare dell’altro?” Davvero? Dovrebbe cambiare lavoro? Anche se facesse il resto del suo lavoro alla perfezione? Anche se delegasse l’unione civile ad un’altra persona?
          Davvero volete tutti quanti piegati in ginocchio di fronte alla vostra ideologia?
          E uno che ha fatto il medico per curare non può rifiutarsi di ammazzare?
          Anche lui licenziato in tronco (con lo sfregamento di mani dei laicisti)=

          • manuzzo ha detto in risposta a LawFirstpope

            un pò come quando il partito fascista ti imponeva la tessera del partito per ricoprire funzioni pubbliche. Adesso magari vorrebbero l’iscrizione all’UAAR, UACS e altre paranoie varie 🙂

        • andrea g ha detto in risposta a Paolo

          Pensa a quanti amministratori pubblici vivono
          il proprio incarico compatibilizzandolo
          con le proprie fantasiose superstizioni
          sul nulla creatore dell’universo.

      • Umberto P. ha detto in risposta a LawFirstpope

        Naturalmente si

    • Umpalumpa ha detto in risposta a Umberto P.

      Io sono in parte d’accordo con te. Però temo non funzioni.
      Cerco di spiegarmi.
      Innanzitutto il discorso aborto. Tu dici la legge garantisce ad un’italiana la possibilità di abortire e lei ha tutto il diritto a vedersi erogato il servizio. E’ verissimo. E’ logico però che chiunque ha il sacrosanto diritto di non andare contro la propria coscienza. Quindi fintanto che ci sono persone preparate per fare il servizio niente da dire, però se non ci sono medici che se la sentono di uccidere non possono essere obbligati a farlo. E’ come se in un paese vigesse la pena di morte ma non ci fosse nessuno che se la sente di fare il boia.
      Ora ti prego non perderti in discorsi tipo ci sono medici abortisti che fanno obiezione per tornaconto personale, perchè il mio (come il tuo) è un discorso generale.

      Per quanto riguarda invece il tuo discorso che si può riassumere dicendo, correggimi pure se sbaglio, “lo stato deve essere completamente ateo e garantire la libertà religiosa dal punto di vista privato” temo non funzionerebbe.
      Innanzitutto a mio parere l’ateismo è da considerare a tutti gli effetti alla stregua di una religione, e come tale ha diritto di esprimersi ma non certo di prevaricare altri pensieri in nome di una visione distorta del termine laicità.
      Inoltre le leggi e le decisioni politiche non riguardano solo la sfera privata ma molto spesso tutta la collettività.
      Quando i cittadini dovranno stabilire in che tipo di società vogliono vivere cosa succede? Esempio di moda..tipo di famiglia. Lo stato deve ricoscere la figura familiare com’è vista da una parte atea della società e quindi riconoscere famiglia qualsiasi gruppo umano di autodefinisca tale a prescindere da sesso, parentela, numero, età. Oppure,fermi restando i diritti fondamentali, deve riconoscere come famiglia quella considerata tale per centinaia di anni, ossia 1uomo, 1donna e figli.
      Entrambe le visioni soddisfano una parte “ideologizzata” e deludono un’altra parte altrettanto “ideologizzata”.

      Temo che sia un problema privo di soluzione.
      Il fatto è che siamo in democrazia. Quindi la decisione che verrà presa su questo tema, non sarà per forza quella giusta, ma semplicemente quella popolare.
      Del resto credo anch’io che la democrazia sia il modo migliore possibile di governarsi. Certamente non quello ideale, ma il migliore possibile.

      • Umberto P. ha detto in risposta a Umpalumpa

        Ecco le mie risposte:
        – Questione aborto: io sono contrario alla legge in vigore sull’obiezione di coscienza, come può capire dal mio discorso. Credo che, stando alle attuali leggi, con cui pure non concordo, se un servizio non può essere offerto ad un cittadino, si dovrebbe porre rimedio nel modo più semplice, cioè privilegiando le persone che svolgono il loro lavoro nel modo più utile per tutti, dunque gli abortisti. Perchè l’alternativa è che quelle persone vedono i loro diritti negati per i capricci di chi hanno davanti, dunque il caos.

        – Questione ateismo (e perchè non agnosticismo?) di stato: non vedo nell’ateismo i connotati di una religione: dogmi, funzioni, etc. Non credo di aver sentito una qualche propaganda atea, o un qualche libro guida sui comandamenti atei. nel caso fossi male informato, e ci fossero, le darei piena ragione. Ma per il resto, no: non credo che una posizione dello stato che sia: sei libero di professare il culto che vuoi, ma non di imporlo agli altri in un qualsiasi modo sia equiparabile ad una religione. Non vedo proprio come.

        molto d’accordo sulle riflessioni sulla democrazia

        • Umpalumpa ha detto in risposta a Umberto P.

          – D’accordo. Ma se gli abortisti sono in numero insufficiente rispetto alle richieste? costringiamo i medici ad abortire anche se lo considerano un omicidio?
          – l’ateismo non ha dogmi? ah no? il dogma è un concetto non dimostrato ma a cui si crede per fede, giusto? bene. Sfido qualsiasi ateo a dimostrarmi la cosa a cui crede..ossia l’inesistenza di Dio. E’ un dogma pure quello. Non credi? Spesso viene portata come prova il male nel mondo. Ma perfino Nietzche (se non sbaglio) diceva se esiste il male o Dio non esiste oppure è cattivo. Quindi ne ammette l’esistenza. L’ateismo è fortemente dogmatico a mio parere. Non hai sentito la propaganda atea? beh..solo in Italia ti segnalo democrazia atea e lo uaar. Non sono proprio dei piccoli fiammiferai. Democrazia atea si è presentata alle elezioni e lo uaar ha cercato di richiedere il riconoscimento dell’8permille (ossia quello, guarda un po’, previsto per le confessioni religiose).

          Sono assolutamente d’accordo anch’io nel “divieto” di imporre la propria idea. Quindi guai se un ateo venisse battezzato a forza oppure un credente trascitato fuori da una chiesa, però è chiaro che nella vita concreta, prima o poi, è necessario prendere delle decisioni in base alle proprie idee.
          Caso concreto, tipologia di famiglia su cui si deve fondare una società. Qualunque scelta venga fatta dal popolo sul tema sarà presa in base a “ideologie” atee o religiose e di conseguenza il ruolo superpartes teorico dello stato va a farsi benedire.

          • Umpalumpa ha detto in risposta a Umpalumpa

            UmbertoP…dove sei finito?
            Io vorrei continuare il nostro dialogo..

          • Umberto P. ha detto in risposta a Umpalumpa

            Scusami Umpalumpa lavoravo, ma mi ero riproposto di risponderti prima della chiusura della discussione:

            – Come ho detto, trovo assurda la legge attuale, genera infatti situazioni paradossali come il fatto che un cittadino non possa avere un servizio pubblico, o esercitare un suo diritto legale, perchè i funzionari statali pagati da lui non sono d’accordo. Naturalmente non si può costringere qualcuno a fare qualcosa che non vuole, dunque è evidente che bisogna cambiare qualcosa, perchè in uno stato di diritto consentire che sia applicata la legge è la priorità maggiore. Dunque, prima indagherei se ci sono pressioni illegali sui medici abortisti, e se l’indagine non viene a capo di nulla, ovviamente, cambierei la legge: se vuoi lavorare alle poste ed essere pagato dallo stato, devi seguire le regole. Se la tua religione ti vieta di inviare le raccomandate, non c’è nessun problema, puoi intraprendere un altro lavoro.

            – Chiedo scusa, mi sono espresso evidentemente male ma la tua giusta osservazione è l’occasione per chiarire meglio: se tu mi parli di ateismo inteso secondo il paradigma di quei gruppi fanatici anticlericali come uaar e altri, con le loro funzioni antireligiose, i comandamenti, la richiesta di 8 per mille, etc. ti do ragione su tutta la linea, e concordo con te. Come mai potrei considerare neutra una posizione come quelle? Come ho scritto chiaramente, a mio parere la dimensione giusta e neutra di una politica è quella in cui “sei libero di professare il culto che vuoi, ma non di imporlo agli altri in un qualsiasi modo “. Credo che la cosa più giusta e libera sia questa, e pensino i genitori a dare l’indirizzo che credono ai loro figli. Io sono agnostico, gli atei li capisco poco perchè usano la stessa dogmaticità che criticano, in questo siamo d’accordo:
            credente di religione X: esistono gli unicorni rosa
            ateo: non esistono gli unicorni rosa
            agnostico: non ho elementi per dimostrare la non esistenza di una cosa, dunque non la escludo, le evidenze mi suggeriscono che non esiste fino a quando non ne avrò prove più certe.

            • Umpalumpa ha detto in risposta a Umberto P.

              Ti ripeto, siamo d’accordo in linea di principio.

              – Però…sempre in linea di principio ti domando di nuovo: se non ci fossero più medici disposti a eseguire quello che per loro è un omicidio, come si fa? A chi dai ragione? alla donna che vuole abortire oppure al medico che non vuole? Perchè oggi in Italia si sta cercando di proporre una legge liberticida che prevede l’abolizione del diritto all’obiezione di coscienza. Il che vorrebbe dire imporre il proprio credo a persone che la pensano in maniera opposta.
              Ti prego di non scadere, paragonando un aborto ad una raccomandata. Dai 😉

              – Anche sul secondo punto a livello teorico siamo d’accordo, anche secondo me ognuno è libero di professare quello che gli pare ma non può imporlo ad un altro. Però nel caso concreto, in alcuni casi, non mi sembra fattibile. Ti faccio per l’ennesima volta l’esempio di un gruppo sociale eterogeneo dal punto di vista delle idee che deve scegliere la propria struttura sociale. Alcuni pensano che la società debba essere costruita su gruppi che si autodefiniscono famiglia, altri ritengono che per famiglia debba intendersi solo 2 persone di sesso opposto. Qualunque scelta faccia chi ha il potere (popolo, re, oligarchia ecc) provocherà il venir meno di quello che tu speri a livello teorico, ossia che ognuno la pensi come gli pare e non imponga le sue idee.

              • Umberto P. ha detto in risposta a Umpalumpa

                – Ripeto: do ragione alla donna che vuole abortire. Sono a favore della legge che elimina l’obiezione di coscienza, anche perchè a quanto pare non è semplice trovare medici non obbiettori, dunque la possibilità sancita dalla legge di una donna di abortire è limitata. Insomma, tutte le stesse cose che ho detto prima. Ovviamente non paragono il servizio aborto con il servizio raccomandata. Quello che li accomuna è il fatto che costituiscono il lavoro per cui una persona è pagata dai contribuenti, per evidenziare come sia inaccettabile pensare di sostituirsi alla legge in base alle proprie convinzioni.
                A maggior ragione se non si trovano medici abortisti sarà necessario modificare la legge sull’obiezione di coscienza. Sono certo che di medici a quel punto, magicamente, ne ricompariranno a sufficienza. In democrazia si esprimono le proprie idee con la politica e con i referendum su tali argomenti sensibili. Gli italiani hanno già deciso.

                – E’ insito nel concetto di democrazia l’impossibilità di far combaciare le idee di tutti, ma la soluzione migliore è quella della maggioranza del popolo. L’alternativa è la dittatura. Dunque è naturale che le minoranze che hanno perso vedano la loro idea bocciata, sta a loro cercare di convincere quante più persone possibili, per ribaltare la maggioranza. In ogni caso sono tenuti a rispettare le leggi, e lo stato deve essere fermo su questo punto, sennò è il caos.

                • Umpalumpa ha detto in risposta a Umberto P.

                  Umberto P. vediamo di seguire un filo sennò mi perdo. Il mio discorso sull’obiezione era teorico, per capire qual è il “limite”. Dirmi che se si abolisse l’obiezione di coscienza spunterebbero un sacco di abortisti, presupponendo che gli obiettori siano in realtà tutti abortisti disonesti lascia il tempo che trova. Per inciso io punirei 2 volte chi obietta per tornaconto personale.
                  Quello che ti domandavo era: se teoricamente nel mondo ogni medico considerasse l’aborto un omicidio, che facciamo? Lo obblighiamo a commettere un omicidio? In nome di cosa? del principio “ognuno può pensarla come vuole basta che non imponga la propria idea agli altri”? Ti ricordo che obietare è un diritto sacrosanto.

                  Sul secondo punto…Ok…Però il tema non era come in una democrazia si prendono le decisioni, ma verificare se in una società può esistere il principio (condiviso) che ognuno ha la sua idea e non può imporla a nessun altro. Secondo me è utopistico. Quindi penso si possa dire che tale principio, stracondivisibile a livello teorico, non è applicabile nella realtà. Perchè nella realtà lo stato prenderà le sue decisioni in base alla “morale” atea/credente/agnostica/ecc della sua classe dominante. Quindi in democrazia il “credo” della maggioranza prevarrà su quello della minoranza, in una monarchia quello del re prevarrà su quello dei sudditi ecc con buona pace del “ognuno la pensi come vuole e non imponga la sua idea agli altri”. Giusto?

        • geminitolk ha detto in risposta a Umberto P.

          1) L’aborto non è un servizio. E’ una crudeltà!
          2)Hanno fatto anche i comandamenti!, non sei informato…

        • Picchus ha detto in risposta a Umberto P.

          Essere contrari alla legge sull’obiezione di coscienza significa essere contrari alla libertà dell’uomo così come alla Costituzione. La libertà di coscienza nel caso dell’aborto esiste proprio perchè sono in ballo i valori tutelati dalla nostra Costituzione e dai vari trattati sui diritti dell’uomo, Costituzione che ha un vulnus non indifferente a causa della legge sull’aborto, che tutti sanno essere problematica dal punto di vista costituzionale (come diverse altre leggi, ma si fa finta di niente, per comodità), per questo è riconosciuta l’obiezione di coscienza, per bilanciare tale vulnus, perchè i valori in gioco non sono coartabili senza di fatto disarticolare e svuotare norme e principi fondamentali relativi alla libertà e alla dignità delle persone. La legge sull’obiezione rende questo paese un paese più civile e più umano, sono i regimi totalitari infatti che non concepiscono l’obiezione, e purtroppo la tentazione totalitaria è sempre presente nel discorso pubblico. Un laico, un agnostico, un ateo, dovrebbe difendere a spada tratta la libertà di coscienza, se non lo fa l’intero suo castello di convinzioni crolla sotto una contraddizione insanabile.

          • Umberto P. ha detto in risposta a Picchus

            Capisco, ed infatti la questione è per tutti estremamente complessa e sfaccettata. Concordo su molte cose che dici, il discorso però è sempre quello: se la legge mi consente di prendere la pillola del giorno dopo, io devo poterlo fare. Può andare bene se devo aspettare il medico del turno dopo, non può andare assolutamente se alla fine vedo negato il mio diritto perchè a nessun medico gli andava.

        • manuzzo ha detto in risposta a Umberto P.

          L’ateismo non è una religione, è un complesso di religioni (ci sono diversi tipi di ateismo). Il dogma fondamentale che le accomuna è che che l’universo un giorno ha deciso di crearsi tramite un’esplosione (l’esplosione è stata aggiunta al dogma dopo la scoperta del big bang: prima gli atei pensavano (forse anche quelli vissuti prima dell’anno 0) che l’universo fosse sempre esistito:http://it.wikipedia.org/wiki/Rasoio_di_Occam ). Proprio per farle notare la dogmaticità (che è pur libero di avere, figuriamoci) le faccio presente che non esistono esplosioni che danno un ‘ordine: le esplosioni generano sempre caos!

          Riguardo alle propagande già ha risposto l’amico Umpalumpa, presentandole alcune associazioni (a tratti “chiese”) atee. Segnalo come solito fare anche il fanatismo dell’UACS per farle notare quanto sono “pacifici” e “democratici” alcuni suoi correligionari (meno male che abbiamo il codice penale in Italia va…..). E sempre riguardo alle propagande e ai metodi usati dai fanatici atei (ricorre il termine fanatico, ma è chiaro che non tutti gli atei sono fanatici) le propongo la visione di questo video (ovviamente se anche lei fosse un fanatico, ma ne dubito, le farà piacere la visione; diversamente, rifletta su cosa significa dire “non esiste nessun inferno”):http://www.youtube.com/watch?v=4Hvi7uZ6Rl8

          Ovviamente va sottolineato che ci sono anche degli atei che riescono a non insultare e non aggredire le altre religioni.

          P.S. per onestà intellettuale dovrebbe vedere anche il secondo video, sempre che lei sia uno dei pochi atei muniti di onestà intellettuale!

    • beppina ha detto in risposta a Umberto P.

      le proprie credenze religiose restano a casa quando si lavora per lo stato e nel sociale

      Concetto anche condivisibile nella teoria; ma il problema é che é di fatto concretamente non attuabile (neanche con la camicia di forza).

      Se l’islamico che fa l’assistente sociale decide di non denunciare per percosse X perchè ha fatto una cosa giusta per la sua religione, ingiusta per la legge, è importante che costui non faccia più tale lavoro.

      A dir la verità non dovrebbe essere messo neanche nella condizione di cominciarlo (il lavoro).

      Se il rastafariano sostiene che per il suo credo può fumare marijuana sul posto di lavoro, gli si spiega che non sta a casa sua. lì sta lavorando.

      Non lo fa neanche a casa sua; é la collettività che poi lo deve prendere in carico…

      Se la legge garantisce ad un italiana la possibilità di abortire, lei, pagando le tasse, ha tutti i diritti di vedere erogato il servizio richiesto.

      Allo stesso modo deve essere garantito il manifestare il proprio dissenso (ad esempio fuori dall’ospedale) senza prevaricazioni ed interferenze. Chi ha una visione etica diversa sul procurato aborto dovrebbe aver la possibilità di perseguire l’obiezione fiscale, ecc…

      Come se un cameriere islamico si rifiutasse di servire il carrè di maiale. Se voi foste i proprietari del ristorante lo licenziereste no?

      Probabilmente non arriverebbe ad occupare il posto di lavoro. Ma si può affermare che ad un islamico é vietato servire carne di maiale e derivati vari?

      Comunque la teoria dei “settori compartimentati” non può funzionare. Il fatto é che il “credo” non può essere disconosciuto o messo in naftalina in determinati intervalli della giornata. La cosa va posta soprattutto in termini di rispetto per gli altri e al limite “limitata” quel tanto che basta per pervenire ad un giusto compromesso. Ad es. la copertura integrale del viso non é possibile per motivi di sicurezza e quindi si deve richiedere, e far rispettare, la velatura parziale solo dei capelli, ecc…

      Lei parte dall’idea, secondo me sbagliata, che “prima” ci dovrebbe essere la società e “dopo” si dovrebbe trovar spazio per le esigenze della fede. In realtà le persone che credono in qualcosa fanno parte della società e la loro fede é parte della società; non é che la fede si deve adeguare alla società ma é la società che deve sviluppare le giuste procedure e regole per non offendere la sensibilità religiosa e permetterne la libera e consapevole attuazione. Altrimenti metteremmo le basi per avere cittadini di serie A e cittadini di serie B; se poi consciamente o inconsciamente é questo che vuole, palla al centro… i termini della discussione non possono che essere altri.

      • Umberto P. ha detto in risposta a beppina

        provo a risponderle sui punti che mi hanno interessato, non sarà molto chiaro per la difficoltà ad evidenziare i quote. Seguendo da sopra, Lei mi risponde:

        – Concetto anche condivisibile nella teoria; ma il problema é che é di fatto concretamente non attuabile (neanche con la camicia di forza).
        * Ed ovviamente è un problema suo, del cittadino, non dello stato che deve cambiare per adeguarsi alle idee del cittadino. Se il cittadino non ha voglia di rispettare la legge, faccia un altro lavoro, il muratore, il cuoco, etc.

        ——————-
        – A dir la verità non dovrebbe essere messo neanche nella condizione di cominciarlo (il lavoro).
        * Chi, il musulmano? E perchè, se è italiano? Non si possono fare discriminazioni religiose, oppure concorda con me che la religione va lasciata fuori dal lavoro pubblico.

        ————————–
        – Allo stesso modo deve essere garantito il manifestare il proprio dissenso (ad esempio fuori dall’ospedale) senza prevaricazioni ed interferenze. Chi ha una visione etica diversa sul procurato aborto dovrebbe aver la possibilità di perseguire l’obiezione fiscale, ecc…
        * certo che chiunque ha il diritto di manifestare le proprie idee. Sempre seguendo le leggi, e considerando che lo stato non è responsabile dei terzi che vogliono imbavagliare i manifestanti.

        ————-
        – Probabilmente non arriverebbe ad occupare il posto di lavoro. Ma si può affermare che ad un islamico é vietato servire carne di maiale e derivati vari?
        * ESATTO! Non arriverebbe ad occupare quel posto! L’esempio ovviamente era a scopo illustrativo, gli islamici agli infedeli possono vendere eroina senza essere in peccato.
        ———-

        Sulle sue conclusioni, come ho già detto sono conflitti di coscienza che riguardano il singolo, che ha la facoltà di non accettare un laoro, e che non devono per nessun motivo ricadere sulla comunità, scavalcandone i diritti.

        In particolare sull’ultima frase, “i cittadini di serie A e di serie B”, lei naturalmente è contro tale discriminazione e, come sostiene la leggittimità di tali posizioni antisociali in nome del fatto che la fede non può essere separata dalla vita quotidiana, sarà prontissima ad accogliere a braccia aperte i prossimi funzionari statali islamici, che non potranno ancor più separare credenze private da vita sociale. Imponendocele secondo il ruolo pubblico che riusciranno ad accaparrarsi. Dico bene?

        • beppina ha detto in risposta a Umberto P.

          …ed ovviamente è un problema suo, del cittadino, non dello stato che deve cambiare per adeguarsi alle idee del cittadino. Se il cittadino non ha voglia di rispettare la legge, faccia un altro lavoro, il muratore, il cuoco, etc.

          Non ci siamo capiti. Io intendo dire che le convinzioni religiose di una persona non possono essere attive dalle 7:00 alle 16:00 (ad esempio) e non attive il resto della giornata come implicitamente richiederebbe la sua visione della società. Le convinzioni religiose fanno parte dell’essere di una persona, la persona fa parte della società e quindi la sensibilità religiosa é parte della società. Il vero problema non é fare compartimenti stagni o tempi differenziati, ripeto, ma costruire regole che agevolino il mutuo e reciproco rispetto fra tutte le fedi o non-fedi, tutte le conseguenti relative implicazioni ed tutti i conseguenti modi di essere cittadino. Non può esserci una società che “regolamenta” il sentire religioso del singolo; il patto civile che ci tiene uniti deve invece regolamentare i rapporti fra sensibilità eterogenee (senza partire dal presupposto che la religione é un interruttore che può essere messo in ON o in OFF a seconda delle situazioni, delle necessità o delle prevaricazioni).

          Certo che chiunque ha il diritto di manifestare le proprie idee. Sempre seguendo le leggi, e considerando che lo stato non è responsabile dei terzi che vogliono imbavagliare i manifestanti

          Fa molto “comodo” pensare ad uno Stato che non é responsabile di terzi che vogliono imbavagliare eventuali manifestanti… Siamo molto lontani da un concetto minimale condiviso di “società democratica” e di “stato democratico”… e ritengo che ciò non sia sicuramente imputabile a mie convinzioni errate.

          In particolare sull’ultima frase, “i cittadini di serie A e di serie B”, lei naturalmente è contro tale discriminazione e, come sostiene la leggittimità di tali posizioni antisociali in nome del fatto che la fede non può essere separata dalla vita quotidiana, sarà prontissima ad accogliere a braccia aperte i prossimi funzionari statali islamici, che non potranno ancor più separare credenze private da vita sociale. Imponendocele secondo il ruolo pubblico che riusciranno ad accaparrarsi. Dico bene?

          Non giri attorno al problema proponendo scenari assurdi e di comodo. Il suo vero problema é accettare che la sensibilità religiosa non può essere considerata una realtà della persona da mettere in ON o OFF a seconda del momento, della situazione o (peggio ancora) della convenienza. Lei vuole prima di tutto una società laica basata sul presupposto che la sensibilità religiosa é un optional e solo come appendice il “resto” (ovvero credenti e non credenti messi insieme con qualche contentino ai primi); forse é il caso di pensare che quello che dovrebbe prevalere è il “resto” nella sua interezza (messo insieme nel reciproco rispetto al fine di conseguire il miglior modo per convivere).

          • Umberto P. ha detto in risposta a beppina

            Sul punto 1:
            Credo di aver già annoiato tutti ripetendo diverse volte cosa penso di chi decide che la sua sensibilità e le sue convinzioni vengono prima delle leggi di un paese, e pretende di cambiare il lavoro statale che fa per mettere in pratica le sue idee, ed imporre la propria visione su un argomento a chi ne ha una differente, e chiede solo che sia rispettato il suo diritto di abortire sancito dalla legge.

            Sul punto 2:
            massima condanna a chi tenta di imbavagliare chicchessia

            Sul punto 3:
            Mi sembra sia lei a girare attorno al problema. Le dispiacerebbe rispondermi? Anche perchè vedendo gli altri stati europei è un po’ difficile non riuscire ad intuire una prossima deriva islamica anche in italia. La domada, dunque, è:
            “In particolare sull’ultima frase, “i cittadini di serie A e di serie B”, lei naturalmente è contro tale discriminazione e, come sostiene la leggittimità di tali posizioni antisociali in nome del fatto che la fede non può essere separata dalla vita quotidiana, sarà prontissima ad accogliere a braccia aperte i prossimi funzionari statali islamici, che non potranno ancor più separare credenze private da vita sociale. Imponendocele secondo il ruolo pubblico che riusciranno ad accaparrarsi. Dico bene?”

            • beppina ha detto in risposta a Umberto P.

              Credo di aver già annoiato tutti ripetendo diverse volte cosa penso di chi decide che la sua sensibilità e le sue convinzioni vengono prima delle leggi di un paese, e pretende di cambiare il lavoro statale che fa per mettere in pratica le sue idee, ed imporre la propria visione su un argomento a chi ne ha una differente, e chiede solo che sia rispettato il suo diritto di abortire sancito dalla legge.

              Ribadisco come lei confonda la soluzione di un “problema” risolvibile semplicemente rendendo impossibile l’esistenza stessa del “problema” da una soluzione che ne mitighi la sussistenza in rispetto ad altri fattori che comportano le regole della convivenza. Quanto al diritto di abortire sancito dalla legge vorrei farle notare che la “legge” non é una invariante che legittima una procedura ma é il risultato di una decisione in rispetto a principi base di democrazia (quindi nel tempo l’argomento potrebbe sfociare in tutt’altra direzioni). Ci sarebbe da discutere del perché esiste la 194 ma é un altro discorso…

              …massima condanna a chi tenta di imbavagliare chicchessia…

              Quindi lei rivede la sua affermazione “lo stato non è responsabile dei terzi che vogliono imbavagliare i manifestanti”? A meno che la sua non sia una comoda condanna a valenza puramente “teorica” secondo lei chi dovrebbe essere responsabile quando ad alcune persone che pacificamente protestano fuori da un ospedale contro il procurato aborto viene impedito di manifestare le loro idee? Potrei portarle alcuni esempi “storici” di come é sfociata l’anarchia nella gestione dell’ordine pubblico in varie manifestazioni di protesta, ma sorvoliamo anche qui…

              Mi sembra sia lei a girare attorno al problema. Le dispiacerebbe rispondermi?

              Guardi che non ci siamo. Quello che io evidenziavo é il fatto che lei vorrebbe affrontare un problema compartimentandone la valenza, quindi presupponendo, ripeto, che la sussistenza dello stesso sia un optional. Io, al contrario ritengo che la cosa debba essere affrontata partendo dal fatto che non si può disconoscere o annullare a priori la presenza di un determinato fattore (nel caso specifico la “sensibilità religiosa”). Se lei é d’accordo con un sistema tipo francese, dove “prima” c’é uno Stato e “dopo” ci sono le esigenza dei singoli cittadini, libero di pensarla come vuole; io ritengo che “prima” delle regole che attuano il patto sociale ci sono le convinzioni dei singoli, convinzioni che non possono essere disconosciute ma devono essere canalizzate nel vaglio del “conto” democratico (si dovrà quindi cercare di renderne possibile l’attuazione nell’ambito di una civile convivenza). Mi pare che il suo problema maggiore sia la “paura” inconscia dettata da svolte autoritarie/dogmatiche in paesi a maggioranza islamica; ma qui siamo in Italia, siamo “entro” la civiltà occidentale, basata su presupposti nati 2000 anni fa (e disconosciuti dall’Europa, ma questo é un altro discorso…) dove non potrà mai accadere svolte da lei paventate perché assolutamente non ci sono i presupposti socio-politici-religiosi sia nel “breve” che nel “medio” periodo. Se vuole che queste svolte non accadano anche nel “lungo” periodo a mio parere bisogna proprio partire dal concetto di attuazione dei principi base di rispetto reciproco e non dal negare a priori culture e sensibilità di determinate persone.

              …e, come sostiene la leggittimità di tali posizioni antisociali in nome del fatto che la fede non può essere separata dalla vita quotidiana, sarà prontissima ad accogliere a braccia aperte i prossimi funzionari statali islamici, che non potranno ancor più separare credenze private da vita sociale. Imponendocele secondo il ruolo pubblico che riusciranno ad accaparrarsi. Dico bene?

              La fede delle persone non può essere separata dalla vita quotidiana delle persone che la praticano. Dal punto di vista delle conseguenze sociali e quindi in termini di incidenza nelle norme che regolano il patto sociale che ci tiene uniti, per noi cristiani l’antidoto a possibili degenerazioni ci é stato dato dagli stessi insegnamenti di Gesù, quindi fin dall’origine stessa del cristianesimo. Affinchè non si arrivi ai suoi tanto amati “funzionari statali islamici” la nostra società deve soprattutto dare accoglienza e libertà nella manifestazione della fede di ognuno ma ci deve essere altrettanta energia ad incanalare la sensibilità religiosa verso modalità di convivenza rispettosa dei principi basi di reciproco rispetto democratico.
              Certo che se andiamo avanti così, i “funzionari statali islamici” ce li troveremo in casa, e non per le motivazioni da lei implicitamente evidenziate. Ma anche qui é un altro discorso…

    • harryburns ha detto in risposta a Umberto P.

      In soldoni lei propone una religione civile, ne più ne meno.
      Per certi aspetti facendo un sunto fra Francia, USA e ex URSS. geniale!
      A parte le mille obiezioni etico, filosofiche, morali, di buonsenso che a questa visione delle cose si potrebbero muovere, ma che non sono di mia propria comptenza, mi limito a farle notare che – a parer mio ovvio – nel suo argomentare c’è un piccolo errore di fondo, una piccola dimenticanza se vogliamo.
      Per la legge italiana il medico ha il diritto di essere obiettore di coscienza mentre non ha il diritto di coprire un eventuale maltrattamento come non ha il diritto di farsi i cannoni sul lavoro.
      E questo diritto è sancito in base a tre principi:
      Il primo è riassumibile nel giuramento d’Ippocrate, cioè la missione del medico, la sua, se vogliamo, professione di fede. Che ovviamente non comporta in automatico l’aborto solo per il fatto che è un’operazione medica (anche l’iniezione letale di fatto lo è), – se non nel caso in cui si tratta di scegliere se salvare la vita della madre o quella del bambino (scelta che, nei casi estremi, i medici compivano anche prima della 194) – ma anzi, semmai il suo contrario (ci sono casi, negli USA di aborti andati male con conseguenze espulsione del feto che i medici hanno avuto il dovere di ri animare.
      Il secondo, conseguente al primo, è che l’aborto non è una cura a niente. A meno di non vedere la gravidanza come una malattia.
      Il terzo, forse il più importante ma anche il più pernicioso, è che è stata data la possibilità ai medici di esercitare l’obiezione di coscienza proprio perché non c’è la minima condivisione sulla questione dell’aborto. ed effettivamente, se ci fa caso l legge è tutto un compromesso fatto di confini arbitrari (l’embrione che da qualcosa il terzo mese diventa improvvisamente qualcuno, il dover comunque tirare in ballo – anche se solo pro forma la condizione psicofisica della donna etc etc…). Se ne deduce che è data si la possibilità alla donna di interrompere la gravidanza in maniera sicura e in strutture sanitarie, ma questo non è propriamente un diritto universale (nel senso che non può essere esercitato a piacimento) ma solo una possibilità che si da a certe condizioni. Una delle condizioni è che ci sia un medico che lo faccia.

      Questo terzo punto, alla luce dei primi due rende la sua “proposta” di far cambiare lavoro ai medici obiettori, una di quelle cose che qui dalle mie parti chiamiamo fregnaccia. I più colti la chiameranno boutade forse.
      Al limite può provare a proporre che in ogni presidio ci sia almeno un medico non obiettore.

      PS
      Nel esercito non puoi rifiutarti di eseguire un’ordine, ma proprio per questo, quando – all’epoca – c’erano esecuzioni capitali al plotone venivano forniti alcuni fucili caricati a salve, affinché ogni soldato facente parte del plotone potesse avere “la speranza” di non essere stato lui ad uccidere.

    • harryburns ha detto in risposta a Umberto P.

      Per quanto concerne l’aborto ho già detto, per tutto il resto mi sembra evidente che l’assunto sia fallace:
      laico non vuol dire, nei fatti, equidistante dalle religioni.
      le leggi, le costituzioni stesse degli stati cosiddetti laici, sono intrise di principi cardine. Non si tratta solo di principi ovvi che uno stato deve e può darsi per il suo stesso continuare ad esistere (ad esempio rifiutare e punire l’omicidio) ma anche di principi “morali” ed “etici” che non comprometterebbero la tenuta dellos tato in quanto tale.
      Ed è impossibile scindere un principio fondante dalla religiosità (pure se questa non è legata ad una religione “ufficialmente costituita”)
      Ne sono un’esempio il fatto che in ogni nazione occidentale non è ammessa la poligamia (a parte un caso forse che sarebbe interessante analizzare), il fatto che in ogni nazione occidentale c’è libertà d’impresa, che non è ammesos l’infanticidio etcc… ma il caso più eclatante è proprio il principio stesso di laicità, di separazione fra il potere civile e quelle religioso che (pure se praticato per certi aspetti dai romani) non esisteva prima del cristianesimo.
      E’ evidente che tutti gli stati laici (e democratici) occidentali al di là di essere equidistanti da ogni religione, abbiano, per forza di cose, attinto a man bassa da tutta la tradizione storica in cui sono nati. Che è inseparabile dal cristianesimo in generale e dal cattolicesimo in particolare. E non potrebbe essere altrimenti.
      Possiamo dire che o stato italiano, nelle persone dei suoi rappresentanti e nello svolgimento delle sue funzioni, possa e debba essere equidistante dal prete e dall’ayatollah (agari nel caos si macchiassero di qualche crimine), questo forse si ma il motivo per cui lo stato può essere equidistante, e il motivo per cui pensiamo che debba esserlo è da ricercare nel suo non essere equidistante, nelle fondamenta culturali-morali, da tutte le religioni.

      Si potrebbe poi analizzare cosa sia la laicità, se essa sia esclusiva o inclusiva (ad esempio al famosa diatriba sul corcifisso no/crocifisso si), tenendo sempre presente che la neutralità, rispetto ad una posizione esistenziale non esiste (Dio o c’è o non c’è), o si potrebbe discutere ul concetto di ideologia (se assimiliamo la visione religiosa del mondo a qualsiasi altra visione ne vengono fuori solo tante ideologie, allora los tato dovrebbe poter essere equidistante anche da queste, il che sarebbe assurdo) ma forse sarebbe mettere troppa carne al fuoco e credo non sia il caso…

      Insomma l’equidistanza, così come la neutralità, intesa in senso assoluto è una chimera inseguita da qualche alloco che ci crede e da molti che la brandiscono come clava per imporre la loro visione del mondo.

  3. Daniele ha detto

    Il fatto è che coloro (Rodotà, Augias, Hack, Odifreddi, ecc…, e spesso, purtroppo, anche i “cattolici adulti”) che si dicono “laici” sono in realtà laicisti.
    La vera laicità è una cosa diversissima rispetto a quello che hanno in mente i laicisti.

  4. eli ha detto

    E’ così gente, non si può compiacere tutti: il caso del musulmano e della donna in quell’albergo di Venezia. Chi ha vinto? E’ evidente che quando 2 tematiche politically correct si scontrano i soliti devono favorire chi gli da più voti alle prossime elezioni.

    Finchè non aboliranno le processioni patronali e delle aaltre feste, ancora si può andare avanti, ma quando avverrà…addio alla libertà di culto.

    Noi a Forlì le facciamo, ancora e gli extracomunitari non dicono nulla.

    A volte per le questioni politiche ho l’impressione che laicità significhi DI PARTE. Altro che indifferenza. E’ un’azione vigliacca non lasciar esporre le proprie idee. Per dei volantini! Dove va’ il mondo?

    • Daniele ha detto in risposta a eli

      Le persecuzioni fanno parte del DNA del cristianesimo (i martiri lo testimoniano).
      Ma non c’è da temere: Gesù è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.

      • Matyt ha detto in risposta a Daniele

        Fossi in te, mi pulirei la bocca.
        Almeno, per i VERI martiri e per i VERI perseguitati del cattolicesimo, ovvero quelli che rischiano la morte perchè scelgono di professare una religione.

        • GiuliaM ha detto in risposta a Matyt

          Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
          Non è che se non si arriva alle sassate va tutto bene… anche perchè le calunnie, gli insulti e le repressioni anche blande non sono altro che la cima del piano inclinato…

        • harryburns ha detto in risposta a Matyt

          Non è che uno vuole paragonarsi ai martiri che testimoniano la propria fede a costo della vita, ci mancherebbe, ognuno di noi fa ben poca cosa al confronto.
          Ma sono speranzoso che il Padreterno, con infinita misericordia e un pizzico d’ironia, terrà anche conto della flagellazione simbolica del sacco scrotale a cui molti di noi sono sottoposti nel tentare di ragionare con gli eruditi soloni della cultura laica e liberale.

      • Sophie ha detto in risposta a Daniele

        “Il nostro simbolo è la Croce sul Golgota, non la villetta nei sobborghi verdi di Londra. Ci è stata promessa la persecuzione del mondo, non un soggiorno alle terme di Bath.” (Gilbert K. Chesterton)

  5. Sophie ha detto

    Il Papa ha fatto un richiamo ai parlamentari francesi circa la laicità in Francia, avete sentito?

      • Sophie ha detto in risposta a Laura

        Ha fatto palesemente riferimento alla legge sui matrimoni gay imposta da Hollande ai francesi. Bravo Papa Francesco anche se non verrà ascoltato….

      • Daniele ha detto in risposta a Laura

        Nei giorni in cui a Palermo c’è il Gay Pride, Papa Francesco, per la prima volta da quando è Papa (mentre quando era Arcivescovo di Buenos Aires si era già espresso sull’argomento), ha ribadito il concetto fondamentale secondo il quale la famiglia è soltanto quella fondata sul matrimonio di un uomo con una donna.
        In più, proprio in questi giorni, si è riaperta la questione degli abusi sessuali nella comunità del Forteto, una comunità di matrice non cristiana (occorre specificarlo, così la SNAP si renderà conto che esistono abusi sessuali anche – e soprattutto – fuori dalle sagrestie…) il cui fondatore è un personaggio che andava pubblicamente in giro a dire che il vero rapporto d’amore è quello omosessuale (mi ricorda un certo Veronesi…).
        Insomma, una bella tegola sul concetto “gay è bello” tanto ostentato al Gay Pride!

  6. “Essere laici significherà piuttosto accettare che il bene comune non sia deciso per autorità, nè per un ordine esterno alla competizione democratica. La nuova laicità richiede che la scelta del bene comune non venga imposta da un’autorità dogmatica che prescinda dalla competizione elettorale”.

    Questa è una frase senza senso dal punto di vista razionale, prima che cattolico. Se si definisce “autorità dogmatica” una qualsiasi autorità che detti leggi positive prescindendo dalla competizione elettorale, ciò significa includervi anche l’autorità che si basasse sulla LEGGE NATURALE; il che a sua volta significa dire che la LEGGE NATURALE è DISPONIBILE (= che non ci sono VALORI NON NEGOZIABILI), cioè che è cosa buona, anzi l’unica cosa buona, accettare la possibilità che OGNI PRINCIPIO DELLA LEGGE NATURALE POSSA VENIRE RIMESSO AL VOTO DELLA MAGGIORANZA. Che è poi esattamente quello che accade oggi, momento storico in cui le nostri “grandi” democrazie stanno sistematicamente mettendo al voto e dunque abbattendo ogni principio della legge naturale: divorzio, aborto, eutanasia, principi dell’etica naturale in materia sessuale…
    Il resto sono tutte cose fumose e ancora più indeterminate nel loro significato, dette unicamente per fare finta di essere ancora cattolici.

    Ma vi rendete conto delle implicazioni logiche di quello che scrivete o no?

    • manuzzo ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      infatti quello è un tratto da cattolico adulto (leggesi ateo che non si rassegna ad accettare il ciclo biologico e quindi la morte come fine di tutto e allora ricorre alla religione come “consolazione”, ma non perché ci crede), più che da un normale cattolico che cerca di essere coerente con quanto dichiara.

    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Mi rendo conto di avere usato un tono molto reciso, ma mi piacerebbe ugualmente ricevere una risposta dall’autore dell’articolo, perché su cose così fondamentali non ci può essere alcun dubbio.

      L’articolo esprime solo l’istanza di chi, facendosi schiacciare dal peso culturale assunto dal liberalismo laicista (cioè partendo da una posizione di “inferiorità e soggiogamento” culturale), protesta sommessamente solo per essere “ammesso” al banchetto in quanto cattolico. Ma questo non basta e, soprattutto, non serve ASSOLUTAMENTE A NULLA ed è contraddittorio in sé, se poi si è disposti a buttare nella baraonda del “disponibile al voto maggioritario delle masse” (la famosa “volontà generale” illuminista), qualunque principio della legge naturale.

      In altre parole, o si parte con l’avere ben chiaro che, non solo un cattolico, ma chiunque si affidi alla ragione naturale, è in contraddizione quando ammette un sistema statuale in cui è possibile l’effettiva messa in discussione e abrogazione dei diritti della legge naturale, oppure si finisce per navigare per essenza nell’ambiguità più assoluta, rivestendo tutto con vuoti giri sofistici di parole, che tradiscono profondamente la verità delle cose (e di conseguenza anche la fede cattolica).

      • Matyt ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

        Io ribadisco la mia affermazione.
        Mi sa che a-theos è realmente l’unico che ha capito cosa significa REALMENTE essere cattolici.
        E non tanto per fare il ruffiano, ma proprio per il fatto che molti di voi, pur convinti di essere in realtà dei bravissimi cattolici tradizionalisti e di “destra”, siete già scesi a compromessi con la realtà, che ha scelto derivazioni della dottrina liberale come fondamento dello stato.

        Le questioni sono due: o il compromesso è accettabile (ma allora, a questo punto, ci sarebbe da spiegare perchè i compromessi a cui vengono i cattolici “adulti” siano meno accettabili), oppure siete tutti dei criptoeretici, e non ve ne siete neppure resi conto.

      • marco fasol ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

        Mi inserisco nel dibattito in quanto sono stato chiamato in causa. La frase “incriminata”da a-theos… è una citazione del card Scola che sostiene che la laicità implica l’accettazione della competizione elettorale democratica. E’ chiaro tuttavia, e risulta dalla mia conclusione dell’articolo, che la competizione democratica non riguarda i “valori non negoziabili” e non riguarda quindi “la legge naturale”, ovvero i “diritti umani universali”. Io citavo infatti la Costituzione italiana come punto di riferimento imprescindibile. La competizione elettorale riguarda la scelta dei mezzi per attuare la giustizia, ma non riguarda i fini, gli scopi della società. Questi scopi sono la tutela e salvaguardia dei diritti umani fondamentali: libertà, uguaglianza, dignità della vita, dignità della persona, libertà religiosa ecc. Evidentemente questi diritti non sono sottoposti al voto della maggioranza, alla competizione elettorale. Il cardinale Scola aveva ben presente questa distinzione perchè è alla base della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, apprezzata negli ultimi anni da ben tre Papi (Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI) che sono andati alla sede dell’ONU a New York proprio per riconoscere il valore imprescindibile di questa Dichiarazione, un passo avanti verso il riconoscimento di un’etica mondiale. Prima di criticare bisogna leggere attentamente tutto l’articolo.

        • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a marco fasol

          E veniamo dunque alla chiusa dell’articolo, che ovviamente ho letto con la medesima attenzione data a quanto la precede.

          1) In primo luogo tu affermi qualcosa che è già totalmente smentito dall’esperienza pratica: “La laicità ritrovata ci permette dunque di evitare la degenerazione in un caotico multiculturalismo incapace di distinguere i valori ed i diritti umani fondamentali”.

          Come mai allora abbiamo divorzio (che nega i diritti fondamentali dei figli e anche quelli legittimi del coniuge abbandonato)? Come mai è possibile l’aborto? Come mai è siamo già, sulla falsariga di altre moderne democrazie, in corsa per eutanasia ed eugenetica? E lo sdoganamento ormai totale dell’omosessualismo (con negazione dei diritti dei figli ad avere un padre ed una madre)?

          A proposito di aborto è molto istruttivo il caso tedesco, poiché la costituzione tedesca, dopo i crimini nazisti, esplicitamente nomina il diritto alla vita: ebbene anche in questo caso si è riusciti ad aggirare l’aporia, affermando esplicitamente l’esistenza della contraddizione, cioè riconoscendo esplicitamente che l’abtreibung (aborto) è un crimine, tuttavia depenalizzato sull’ondata della volontà popolare!

          La conclusione è allora che nella realtà il metodo che si utilizza, in barba a qualsiasi principio costituzionale (spirito e lettera), è quello di una pura “democrazia assoluta”, ossia quello proprio di una democrazia ove la volontà della maggioranza costituisce il criterio senza limiti per stabilire quali saranno le leggi positive dello stato.

          2) Concludi proclamando: “Siamo ben lontani dall’indifferentismo e dalla neutralità! Alla luce della Costituzione abbiamo piuttosto recuperato il concetto originario di “laico” che include il grande patrimonio della nostra identità, della nostra storia, della nostra tradizione bimillenaria, quella che riconosce a Cesare quel che è di Cesare ed a Dio quel che è di Dio”.

          Il che, sinceramente, suona proprio come un inno irenista, che ignora bellamente il processo storico plurisecolare, da cui la concezione “laica” della cosa pubblica è derivata (che è concezione ben diversa da quella cattolica riguardante la distinzione tra potere temporale e potere spirituale). Oppure lo scontro tra massoneria e Chiesa cattolica, che ha caratterizzato profondamente la vita socio-politico-culturale post rivoluzione francese (e anche ben prima, tenendo conto del fatto che quella “benemerita associazione” deriva direttamente dalla ripresa rinascimentale del sincretismo gnostico), conta nulla?

          E poi, ovviamente, lo stesso processo che ha portato alla stesura della costituzione italiana è già in origine un “compromesso” tra tradizioni culturali antitetiche, come quelle cattolica, quella liberale e quella socio-comunista… Dunque già implicitamente reca il vulnus del compromesso intorno ai principi morali fondamentali.

          3) Allora in conclusione, se, come non ho motivo di mettere in dubbio, tu sei convinto del fatto che un cattolico (ma un qualsiasi essere umano pensante secondo verità) NON PUO’ ACCETTARE una forma di “democrazia assoluta”, perché non lo dici esplicitamente, senza tanti incensamenti rivolti al paradigma culturale essenzialmente anti-cattolico della cultura che ha prodotto questa forma di malintesa democrazia?

        • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a marco fasol

          E poi, scusami se mi ripeto, ma quando si afferma che la laicità significa non lasciare che il “bene comune sia deciso per autorità”, ma che esso deve essere lasciato alla “competizione elettorale”, non si sta parlando semplicemente della “scelta dei mezzi per attuare la giustizia”, ma ciò che si finisce per mettere in discussione sono proprio i principi morali stessi in cui il bene comune si incarna: esattamente come l’esperienza pratica della nostra vita socio-politica mostra ad ogni piè sospinto.

          Allora, ciò che intendevo dire, è che le conseguenze pratiche di questa impostazione statuale (quella corrispondente alla concezione di una “democrazia assoluta”), che negano direttamente il bene comune, sono forse dovute ad un vulnus implicito nel non parlare chiaro e nell’attardarsi a vie di compromesso verbale, tipiche delle situazioni confuse, all’interno delle quali prosperano i malintesi e le ambiguità. Non ho da insegnare a te come la filosofia moderna sia fondata su un linguaggio spesso volutamente ambiguo e inutilmente complesso, che non è “forma puramente esteriore”, ma che alla fine costituisce l’essenza stessa del messaggio che veicola, perché non parlare chiaro in ultima analisi nasconde l’incapacità (colpevole) di far vedere le cose secondo verità.

          • beppina ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

            Per lei non ci sono alternative: alla causa segue sempre l’effetto. In realtà per un cattolico é fondamentale l’effetto anche in maniera indipendente dalla causa, altrimenti non ci sarebbe la testimonianza cristiana. Se continuiamo a battere il chiodo sulla causa definendone fin nell’intimità modalità e termini non si rischia di trascurare la qualità dell’effetto, perché erroneamente ritenuto logica conseguenza di una caratterizzazione corretta della causa? Nel caso specifico i principi morali in cui si crede possono essere difesi limitandosi a negare a priori la validità etica del passaggio nella “conta” democratica?

            • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a beppina

              1) E chi si limita a difendere la morale naturale e quella cattolica solo stigmatizzando il falso tipo di democrazia in cui viviamo? Non certo io. Intervengo piuttosto puntualmente, se mi pare di riscontrare errori gravi e incoerenze, proprio come in questo caso…

              2) Aristotele definisce il sapere scientifico come “scire per causas” (conoscere tramite le cause dei fenomeni) e questa definizione corrisponde alla pura verità, dato che non esiste ambito scientifico (attinente alle scienze empiriche o a quelle umanistiche) in cui, per arrivare alla verità e alla spiegazione ultima dei fenomeni, non si debba necessariamente passare per la conoscenza delle cause.

              2.1) Proprio da atteggiamenti ingenui come il suo nascono i più profondi fraintendimenti della verità e le ambiguità di cui dicevo sopra.

              3) Mi risulta del tutto incomprensibile questa sua affermazione: “per un cattolico è fondamentale l’effetto anche in maniera indipendente dalla causa, altrimenti non ci sarebbe la testimonianza cristiana”. Se si riferisce alla fede, si sbaglia di grosso: ci affidiamo, appunto, perché sappiamo che Dio, che è la causa prima di tutto, esiste effettivamente, anche se nella presente valle di lacrime non è dato a tutti avere esperienza diretta di Dio.

              4) Quale sarebbe poi la “qualità dell’effetto”, immagino buona e positiva, che trascurerei nel condannare “i frutti” (non le ricorda alcuna espressione evangelica questo sostantivo?) della concezione MODERNA della democrazia, come il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, l’eugenetica, ecc.?

              • beppina ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

                E chi si limita a difendere la morale naturale e quella cattolica solo stigmatizzando il falso tipo di democrazia in cui viviamo? Non certo io. Intervengo piuttosto puntualmente, se mi pare di riscontrare errori gravi e incoerenze, proprio come in questo caso…

                L’intervento puntuale non può prescidendere dagli scenari complessi che ci prospetta la convivenza civile, entro i quali l’oggetto dello stesso intervento non può che trovare applicazione; altrimenti é solo teoria, ovviamente non inconcludente, ma sicuramente fine a se stessa.

                Aristotele definisce il sapere scientifico come “scire per causas” (conoscere tramite le cause dei fenomeni) e questa definizione corrisponde alla pura verità, dato che non esiste ambito scientifico (attinente alle scienze empiriche o a quelle umanistiche) in cui, per arrivare alla verità e alla spiegazione ultima dei fenomeni, non si debba necessariamente passare per la conoscenza delle cause.

                Definizione che può andar bene per la fenomenologia statica, ripetibile ed invariante nel tempo.

                Proprio da atteggiamenti ingenui come il suo nascono i più profondi fraintendimenti della verità e le ambiguità di cui dicevo sopra.

                Non capisco dove é l’atteggiamento ingenuo… Il colloquiare con persone molto precise e preparate come lei servirà comunque anche a ridurre l’ingenuità (qualora sussista).

                Quale sarebbe poi la “qualità dell’effetto”, immagino buona e positiva, che trascurerei nel condannare “i frutti” (non le ricorda alcuna espressione evangelica questo sostantivo?) della concezione MODERNA della democrazia, come il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, l’eugenetica, ecc.?

                Non é un problema di condanna, che ovviamente deve essere sempre presente. Il Cristiano non può farsi condizionare dal fatto che la società non si evolve secondo gli insegnamenti ricevuti; noi non siamo i “proprietari” del mondo su cui contestualizzare i nostri comportamenti. Quello che conta é lo sforzo, libero e senza valutazioni più o meno implicite di prospettiva premiale a posteriori, per dare testimoniare e mettere i pratica l’insegnamento ricevuto. In questa prospettiva va valutata l’affermazione circa l’importanza dell’effetto anche in maniera indipendente dalla causa.

                • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a beppina

                  Beppina ha scritto: “L’intervento puntuale non può prescidendere dagli scenari complessi che ci prospetta la convivenza civile, entro i quali l’oggetto dello stesso intervento non può che trovare applicazione”.

                  Sono perfettamente d’accordo con lei. Il problema è che in una società dove si eseguono come nulla fosse gli aborti, i divorzi, ecc., non si è più in alcun modo in una società civile, ma nell’ambito delle più barbare e ipocrite. E in un tale contesto è allora necessario indagare le cause di questa satanica degenerazione e poi indicarne i rimedi. Cosa che faccio puntualmente. Non è che per il fatto che tutti sono diventati ladri, divenga inopportuno ricordare che non si deve rubare, vero?

                • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a beppina

                  Evidentemente lei non conosce Aristotele, ma comunque qualunque fenomeno, statico (me ne indichi uno statico!) o non statico, ha una causa, senza la conoscenza della quale, quello rimane un puro fenomeno, di cui si può prendere atto, ma di cui non si potrà mai dare adeguata spiegazione e dunque anche comprensione.

                  Quanto alla sua ingenuità, eccole l’esempio: “Quello che conta é lo sforzo, libero e senza valutazioni più o meno implicite di prospettiva premiale a posteriori, per dare testimoniare e mettere i pratica l’insegnamento ricevuto. In questa prospettiva va valutata l’affermazione circa l’importanza dell’effetto anche in maniera indipendente dalla causa”.

                  Qui si tratta di slogan, che appena analizzati divengono simili a non sensi. Quando lei parla in negativo della “prospettiva premiale”, evidentemente tale suo giudizio deriva da strascichi culturali di tipo kantiano. Kant infatti fu il termine di un’involuzione dottrinale, in ambito etico, durata qualche secolo e, appunto, terminante con la sua concezione che eliminava ogni residuo di “eudaimonismo”; ossia di quella concezione classica, ripresa in modo eminente da San Tommaso d’Aquino, che individuava nella “felicità” il fine ultimo della natura e dell’esistenza umana. Per Kant, invece, bisognava compiere il dovere per il dovere, senza riferimenti a felicità future. Dunque, ingenuamente, lei sta buttando nel gabinetto la migliore dottrina etica, per seguire uno dei maestri pessimi della modernità.

                  Idem per quanto riguarda la sua affermazione “circa l’importanza dell’effetto anche in maniera indipendente dalla causa”. Mi spieghi, ad esempio, come farebbe a definire come omicidio, e dunque come azione moralmente abbietta, un’uccisione, senza considerazione delle cause che l’hanno prodotta: il puro fatto dell’uccisione in sé infatti non le può dire molto. Qualcuno potrebbe essere stato ucciso per legittima difesa e questo non sarebbe un caso di omicidio, giusto? Oppure si potrebbe trattare di un fatale errore e allora la fattispecie del reato muterebbe notevolmente. E così via…

                  Figuriamoci quando si tratti di eventi complessi ed epocali come quelli riguardanti un cambio di paradigma culturale, come avvenuto nel passaggio da una società profondamente cattolica ad una quasi totalmente scristianizzata come la nostra attuale. Cosa può ricavare da un semplice conteggio dei fatti bruti, senza indagine sulle cause?

        • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a marco fasol

          Marco, spero tu possa e voglia rispondere alle mie ulteriori obiezioni, prima che il tempo tiranno dei commenti si chiuda. Ritengo, anche per esperienza diretta, che si tratti di un punto veramente nodale per la stessa Chiesa: “il vostro parlare sia sì sì, no no”, questa è la questione. E non si tratta della pura forma del discorso, come ho detto.

  7. pastor nubium ha detto

    Val la pena ricordare il giuramento di Ippocrate che vincola il medico a difendere la vita in ogni caso e situazione, al di sopra e al di fuori di ciò che stabilisce il sistema di potere imperante, e ciò fa del medico un uomo veramente laico e libero nel suo servizio alla VITA, vita che è sorgente di ogni diritto. Una legge che nega a un essere umano il diritto alla vita è criminale e va abolita, non rispettata.

« nascondi i commenti