Il fondamento dell’essere, commento al pensiero di William Carroll


 

di Alessandro Giuliani*
*biostatistico e primo ricercatore presso l’Istituto Superiore di Sanità

 

 

L’intervento al meeting di Rimini del prof. William Carroll, professore di Scienza e Religione ad Oxford, di cui una bella sintesi appare su “Ilsussidiario.net” è una luce che squarcia la nebbia, semplice ed essenziale, ci riporta ai fondamenti del pensiero rendendo sostanzialmente inutili lunghe e penose diatribe sul ‘problema delle origini’ e sui rispettivi ambiti di scienza e religione.

La sua tesi fondamentale è riassunta in questa frase «le scienze naturali hanno come loro oggetto il mondo delle cose che mutano: dalle particelle subatomiche, alle ghiande, fino alle galassie. Ogniqualvolta c’è un mutamento ci deve quindi essere “qualcosa” che muta. Gli antichi avevano ragione: dal nulla non deriva nulla se s’intende il verbo “derivare” come indicante un mutamento. Tutti i mutamenti richiedono, quindi, una realtà materiale sottostante». La filosofia (attenzione, non necessariamente la teologia) ha invece a che vedere con l’essere, con il sostrato fondamentale su cui il mutamento si innesta, sull’essenza della ‘realtà materiale’ appunto. Questa semplice notazione divide immediatamente gli ambiti senza nessun pericolo di sovrapposizioni indebite e di confusione di piani.

Direi che più o meno tutta la filosofia, da Parmenide ad Heidegger, si è aggirata intorno al problema della definizione dell’essere, salvo poi, (per sopraggiunta pigrizia intellettuale? Per sfiducia nelle proprie capacità? Per motivi biecamente accademici?..) dimenticarsi del suo ruolo specifico (e tutto sommato della sua ragion d’essere) per limitarsi ad inseguire le scienze con postille e commenti a posteriori sostanzialmente inutili e leziosi. E’ impossibile dare anche una pallida idea del dibattito filosofico di millenni sul problema dell’essere, per cui mi limiterò alle suggestioni più immediate suscitate dalla lettura delle affermazioni di Carroll cercando di giustificare come solo una previa separazione di ambiti tra la scienza e la filosofia permetta poi di gettare un ponte tra le due sponde (un ponte è cosa ben diversa dall’essiccamento del fiume che scorre in mezzo, anzi la presenza di un ponte sancisce ulteriormente la necessità di considerare due ambiti -le rive- distinti) e di come questo ponte abbia un carattere profondamente religioso. Di seguito quindi dei ‘ricordi a memoria’ di pensieri che mi hanno convinto nel profondo:

1) Tommaso d’Aquino: nei ‘Preambula Fidei’ (quindi qualcosa che ‘viene prima’ della fede, non un articolo di fede) inserisce il sentimento di una unità sostanziale del mondo data dal fatto che tutte le creature, ma anche i sassi, i pianeti, gli elementi, condividono la caratteristica dell’essere, questa caratteristica, proprio perché è comune non proviene autonomamente da loro, proprio perché nulla è incausato e la causa, per essere una causa, deve essere esterna alla cosa causata. Questo, dice Tommaso, è il primo ‘sentore’ di Dio.

2) Enrico Medi: sulla stessa linea il grande scienziato e profondo cattolico Enrico Medi, uno dei più brillanti allievi di Fermi, scrive una bellissima ‘preghiera dello scienziato’ in cui si immagina di rivolgersi ad un elettrone dicendogli (più o meno) ‘tu hai l’essere ma non sei l’essere, quindi Qualcuno te lo ha fornito’.

3) Don Giussani: molto direttamente, unificava il senso religioso alla percezione del ‘tutto’ e cioè di una necessaria unità del mondo, costituita dal suo partecipare ad una realtà che in parte ci comprende ma da cui, proprio perché ne abbiamo sentore, possiamo, con la parte ‘divina’ di noi trarci fuori a contemplarla.

4) Blaise Pascal: è chi più di tutti mi ha fatto assaporare il senso delle parole di Carroll e la loro necessità, quando da un parte ci fa capire la stupidità di chi voglia dare una spiegazione razionale ai Fondamenti (spazio, tempo, principio di non contraddizione, esistenza di una realtà esterna a noi..) chiarendo però che queste cose non sono per noi inconoscibili ma che le conosciamo con una facoltà diversa rispetto alla ragione, con quel cuore che ‘..ha ragioni che la ragione non comprende’. Ma è proprio qui che Pascal (da grandissimo scienziato) getta quel ponte tra le rive di cui parlavo prima quando semplicemente ci fa notare che quei forti sentimenti del reale (che non scordiamocelo mai, viene da res, che vuol dire cosa, stiamo quindi parlando di ciò che più concreto non può essere, non di aria fritta) , dell’essere, sono indispensabili per avventurarsi nella scienza che altrimenti non avrebbe alcuna possibilità di sussistere diventando un puro esercizio auto-referenziale.

Cosa succede allora se, come ahimè spesso capita di questi tempi, si vuol far credere che l’anima non è altro che un gioco di neuroni, confondendo il ‘come avviene un’azione’ con il suo motivo d’essere? Niente di più, niente di meno di quello che notava il grande Gilbert Keith Chesterton quando ironizzava su chi, osservando il signor Smith prendere a calci nel fondoschiena il signor Potter, spiegava l’evento in termini di ‘flessione coordinata del ginocchio e del piede guidata dalla mira verso le parti molli di Potter..’ invece di cercare di capire cosa Potter avesse fatto per scatenare una tale reazione. Molto semplice da confutare un tale atteggiamento, ma Gilbert ci avvertiva anche con spirito profetico cento anni fa (e questa volta la citazione è esatta, è del 1911 e viene dalla sua opera ‘Eretici’): «La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto». Sembra scritto ieri …. Speriamo bene ….

 

Qui sotto l’intervento di William Carrol al “Meeting” di Rimini

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18 commenti a Il fondamento dell’essere, commento al pensiero di William Carroll

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  1. Giorgio Masiero ha detto

    Idee chiare e distinte, Alessandro, con saette illuminanti e micidiali, com’è nel tuo stile! Grazie.
    E’ ironico che lo smarrimento del senso dell’essere, profetizzato da Chesterton 100 anni fa, induca a dire oggi cose esattamente opposte ai fisici atei: così, se per Boncinelli “la coscienza è solo illusione” perché ci sono solo i neuroni, come scrive nel suo ultimo libro, al contrario per Mermin è la materia un’illusione mentre la coscienza è tutto, perché “sappiamo per dimostrazione che la Luna non è più là quando non la osserviamo”, insegna alla Cornell.

  2. Alessandro Giuliani ha detto

    Grazie Giorgio, in se è ironico, la mia preoccupazione è che non so quanto questo veleno faccia presa e distrugga la capacità di pensare di tante persone…

  3. Antonio72 ha detto

    Dal punto di vista naturale si potrebbe anche rovesciare il ragionamento. Sappiamo infatti che il mutamento è insito in qualsiasi ente, compreso il corpo umano in cui si ha un completo ricambio cellulare in un decennio (mi pare), anche se questa rigenerazione non determina alcuna differenza apparente, salvo patologie. O detto in altre parole, l’identità può mantenersi grazie al fatto che il corpo muta in continuazione. L’agitazione molecolare è una certezza fisica, anche l’ente più solido ed immutabile cambia di continuo la propria configurazione molecolare pur mantenendo l’apparenza di un oggetto stabile ed immutabile (è lo stesso principio di indeterminazione di Heisenberg che lo stabilisce).
    Paradossalmente si potrebbe allora sostenere la teoria che l’essenza dell’ente è data dalla propria capacità a mutare in continuazione. E quindi, a differenza di ciò che sosteneva Heidegger, l’essere non rappresenta qualcosa di reale anche se impalpabile che trascende l’ente, ma al contrario esso è l’apparenza (astratta) dall’ente. Ed infatti lo stesso Heidegger finisce per riferirsi solo a quest’ultimo, ovvero all’esistenza umana. Questo valore astratto dell’ente elaborato dalla ragione, qualora preso troppo sul serio, può portare a teorie paradossali come la totale immutabilità ed unicità dell’essere, sostenuta da Parmenide, ed in parte ripresa oggi da alcuni fisici che azzardano alcune teorie derivanti dalla MQ che negano il tempo ed addirittura il movimento.
    In alternativa ci si deve inerpicare nel difficile concetto platonico di partecipazione oppure in quella non meno complessa di causalità aristotelica esterna al processo temporale.

  4. alessandro giuliani ha detto

    … in alternativa basta il senso comune, se qualcuno sostiene che non è stato lui a commettere un reato in quant le sue cellle da allora sono tutte cambiate non credo che lo mandno assolto per questo (almeno ancora no).
    Caro Antonio72, il senso comune è essenziale per capirci, altrimenti di sofisam in sofisma arriviamo al puro asurdo. Il punto, molto semplice, è che esiste un sentimento del tutto e della sua esistenza comune a ogni cosa che si comprende con il sentimento e che ci permette di andare avanti, qualcosa come quello indicato dai contadini che aveva osservato Enrico Fermi:

    http://www.benecomune.net/news.interna.php?s_titolo=fermi&notizia=1260

    Ciao
    Alessandro

    • Antonio72 ha detto in risposta a alessandro giuliani

      Questa sorta di nostalgia della vita contadina, ripresa spesso nei classici, anche da Tolstoj, è solitamente una pratica di nobili o borghesi, poeti o più di recente di qualche intellettuale che forse conosce, i quali non sanno nulla della vita contadina, non essendo mai stati contadini, se non nei vaghi ricordi d’infanzia, i quali come sappiamo vengono spesso sopravvalutati.
      Ebbene, lo sa cosa ripeteva mia nonna, che aveva vissuto gran parte della sua vita da contadina: oggi avete tutto, siete in paradiso! O forse crede che anche questo sia un sofisma. O nell’Italia post-agricola tutti all’improvviso hanno dimenticato com’era bella la contemplazione del cielo stellato, oppure questa contemplazione è contemplata solo nelle poesie romantiche e nella letteratura in genere. La filosofia è altra cosa, come lo era la vita contadina.

      • lorenzo ha detto in risposta a Antonio72

        Anche mia nonna, contadina fino alla sua morte, amava ripetere: oggi avete tutto, siete in paradiso…
        Io però sapevo benissimo, avendo vissuto parecchio tempo della mia infanzia con lei, che quando parlava così era solamente per criticare quelle persone che non sapevano approfittare della fortuna di essersi liberati dalla schiavitù di un lavoro che iniziava prime dell’alba per finire a notte ormai inoltrata e che poteva venire vanificato in pochissimo tempo anche da una sola grandinata.
        Concludeva infatti: … ma siete riusciti a trasformare il paradiso in un inferno!

    • Antonio72 ha detto in risposta a alessandro giuliani

      Riprendendo Heidegger, per il celebre il filosofo il linguaggio era la casa dell’essere (che è effettivamente la peculiarità che ci distingue dalle bestie) e l’Italia agricola era composta da un popolo di analfabeti o semianalfabeti. Si può immaginare cosa significhi per un uomo l’analfabetismo?

      • Alessandro Giuliani ha detto in risposta a Antonio72

        Brutta cosa l’analfabetismo, brutta cosa anche la perdita di senso, non a caso parlavo di Lato B del progresso, Fermi diceva semplicemente che c’è uno spirito profondo negli uomini che è indipendente dai libri letti (come diceva d’altronde Pascal quando notava la convergenza fra veri saggi e veri ignoranti, con chi sta in mezzo ad odiare il mondo e a cercare di rovinarlo). Il guaio è stato fare una cosa buona (alfabetizzazione) distruggendone un’altra ugualmente buona (la cultura materiale e il buon senso).
        Conta poi che l’impoverimento delle campagne italiane è un altro frutto della modernità, un contadino del 600 stava decisamente meglio di uno dei primi del 900 grazie al maggior uso di terre comuni prima della loro privatizzazione..

  5. credino ha detto

    Redazione!!! Enrico Medi non era l’allievo di Fermi (Fermi è stato solo il suo relatore di tesi di laurea), ma era allievo di Antonino Lo Surdo (poco conosciuto, ma è tra gli scopritori dell’effetto Stark).

    • Alessandro Giuliani ha detto in risposta a credino

      Vero, me ne scuso, in ogni caso Fermi lo apprezzava molto ed è stato suo professore (non dava poi le tesi a molte persone) per cui Medi era un allievo di Fermi nel senso (più debole rispetto a quella cosa un pò perversa che è la ‘filiazione accademica’) che era un suo professore.
      Sarà perchè io nella mia carriera non ho mai avuto un ‘padre scientifico’ ma invece tanti professori, ricercatori e studenti più grandi a cui devo molto e di cui mi considero ‘allievo’ che uso il termine in questa maniera un pò ‘poli-patrica’ (si dirà così ??)

  6. Fabrizio Ede ha detto

    E’proprio per la diversità di fondamento che la scienza non fornisce il senso!
    Il fondamento dell’essere non può infatti essere meno che l’essere stesso: da qui nasce la Protologia metafisica, da qui la maiuscola a Essere!

  7. Leon ha detto

    «La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli.>>

    Basta confutare il cotruttivismo filosofico.Questa filosofia è tediosa,infatti non risponde mai alle obbiezioni razionali che li vengono fatte,si limita a glissarle e a proseguire nei suoi dogmi del tutto fideistici spacciandoli per ragione,fino ad affermare che “è razionale essere irrazionali”.E’ una Fede.

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