La morte del card. Martini, grande uomo rasente al precipizio

E’ morto il card. Carlo Maria Martini, ex arcivescovo di Milano e insigne biblista, ieri si sono svolti nel Duomo di Milano i funerali officiati dal card. Angelo Scola e mons. Angelo Comastri, vicario di Benedetto XVI, davanti a circa ventimila persone. Definito il “cardinale del dialogo”, anche grazie all’iniziativa della “Cattedra dei non credenti” (è stata ispirata dal cardinal Ratzinger), la sua dipartita è stata -come prevedibile- fomentatrice di molte discussioni, tante quante ci sono sempre state durante il suo cammino terreno come membro della Chiesa.

Diverse le questioni emerse da approfondire: 1) la strumentalizzazione laicista della sua persona; 2) le condizioni in cui è morto; 3) l’eredità che lascia nella Chiesa; 4) le presunte contraddizioni con la visione cattolica su determinati temi; 5) la sua comunione con la Chiesa, spiegata nella nostra conclusione.

 

1) L’INDEBITA STRUMENTALIZZAZIONE LAICISTA
Come già accaduto in modo simile per la morte di Lucio Dalla, anche per Martini la stampa laicista ha cercato una strumentalizzazione per aggredire la Chiesa. La sua celebrazione su quotidiani come Repubblica”, “Il Fatto Quotidiano” (qui il ridicolo tentativo di Padellaro e Travaglio) e il “Corriere della Sera” è davvero stucchevole, giustamente Antonio Socci ha ricordato le parole di Gesù quando ammonì i suoi così:  «Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi» (Luca 6,24-26). Ma perché viene osannato? Perché «non ragionava come un uomo della Chiesa, non sembrava un Cardinale», ha riassunto un intervistato. Questo è il motivo: per i laicisti era fuori dalla Chiesa, anzi era “uno di noi”, e per questo merita l’onore di Michele Serra, che lo ha definito “il capo dell’opposizione”, «un santino dei radical chic, un Papa perfetto per coloro che non credono al Papa, il guru di una religione cattolica che piace molto a coloro che si professano non cattolici», ha spiegato Mario Giordano.

Ma non c’è «torto più grande non si possa fare al cardinale Martini che trasformarlo nel Pontefice Massimo Alternativo» (come sottolineato su L’Occidentale), per questo il “Corriere della Sera”, di cui era collaboratore, lo ha tradito in modo vergognoso. “Fredduccio” De Bortoli ha anche pensato di ricattare il Pontefice affermando che «sarebbe un gesto simbolico per l’unità della Chiesa se Benedetto XVI venisse al suo funerale», ma è un evento che non si è mai verificato.

Si è perfino mosso il laicista Vito Mancuso parlando di Martini come suo “padre spirituale”ed elogiando «il cattolicesimo progressista», come «quell’ideale cioè di essere cristiani non contro, ma sempre e solo a favore della vita del mondo». Ma che significa essere (sempre e solo) a favore della “vita del mondo”? I cattolici non progressisti sarebbero invece contrari alla “vita del mondo”? Mah…poveri studenti dell’Università san Raffaele! Mancuso ha poi ricordato che, quando era giovane, da Martini «avvertivo uno stile diverso, per nulla ecclesiastico», per nulla pertinente con la Chiesa dunque, come di fatto Mancuso è diventato (e invece Martini no). Più interessante il ricordo di Eugenio Scalfari, fondatore di “Repubblica”, nonostante il tentativo di far passare l’idea che Martini si sia lasciato morire in contraddizione con la visione cattolica.

 

2) LA MORTE CATTOLICA DEL CARD. MARTINI 
Scalfari ha scritto che Martini «ha deciso di essere staccato dalle macchine che ancora lo tenevano in vita» e lo stesso ha fatto la mandria di Radicali (più Paola Concia, il premio Nobel -rubato- Dario Fo, Mina Welby e Peppo Englaro) che hanno voluto strumentalizzare la morte del cardinale per aggredire la Chiesa. Tuttavia «Martini non era attaccato a una macchina per continuare a vivere», come hanno risposto i medici. Ha scelto di non sottostare ad alcun accanimento terapeutico: in concreto, il cardinale, malato di morbo di Parkinson da diciassette anni e arrivato a una fase della patologia tale da impedirgli la deglutizione, ha deciso di non farsi applicare un sondino per la nutrizione artificiale.

Nonostante i tentativi de “Corriere della Sera” e de “L’Espresso”, nessun paragone possibile si può fare con il caso di Eluana Englaro (non era in fase terminale e non scelse lei di togliere il sondino) e Piergiorgio Welby (che invocava una sedazione letale), come spiegato da monsignor Roberto Colombo, docente alla facoltà di Medicina dell’Ospedale Gemelli di Roma (anche qui). Il rifiuto dell’accanimento terapeutico, cioè ad interventi inutili e invasivi, è un diritto sacrosantocome recita il documento della Pontificia Accademia per la vita. L’opposizione anche della Chiesa all’accanimento terapeutico e la corretta scelta del card. Martini è stata sottolineata anche dal cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della pontificia Accademia per la vita, dal filosofo Giovanni Realedall’arcivescovo Bruno Forte dal professor Girolamo Sirchia (oltre a diversi altri organi di stampa, fortunatamente).

 

3) BUON PADRE DI PESSIMI FIGLI
Martini è stato un buon padre di pessimi figli, riferimento di quella intellighenzia subdolamente anticattolica e filolaicista che vive il complesso di inferiorità verso i non credenti, cioè gente come Vito Mancuso (che lo definisce “il mio padre spirituale”), Marco PolitiIgnazio Marino, il prete mediatico Antonio Gallo e tutti i sedicenti cattolici che amano aggredire il Pontefice e la Chiesa e si lasciano volentieri accarezzare dal laicismo, di cui sono orgogliosamente complici. Un buon padre ha anche il dovere di richiamare i suoi figli, sente la “responsabilità” su di loro…forse questa è stata una debolezza di Martini, come ogni uomo ha le sue.

 

4) CONTRADDIZIONI CON LA CHIESA SUI TEMI ETICI?
Le dichiarazioni del card. Martini hanno subìto sempre un fraintendimento continuo, proprio per il suo tentativo di conciliare la visione cattolica con quella laica. Tuttavia ben pochi erano gli ambiti di sottile divisione, come viene spiegato qui.

Non insistette sul sacerdozio femminile dopo aver ricevuto risposta sulla sua richiesta di «valutare a questa possibilità», e smentì chi mise in giro la voce nel marzo 2101 di una sua approvazione per l’abolizione del celibato dei preti, anzi parlò di «una forzatura coniugare l’obbligo del celibato per i preti con gli scandali di violenza e abusi a sfondo sessuale».
Rispetto alla Messa in latino, liberalizzata nel “motu proprio” “Summorum Pontificum” da Benedetto XVI, espresse il suo punto di vista: «Amo la messa preconciliare e il latino ma non celebrerò la messa con l’antico rito», apprezzando comunque «la volontà ecumenica a venire incontro a tutti mostrata dal Pontefice tedesco».
Rispetto all’uso del preservativo, nell’aprile 2006 lo indicò come “male minore” nel caso di prevenzione dal contagio Hiv se uno dei due partner è contagiato, una posizione personale ma ragionevole, tanto specifica quanto poco affrontata dalla dottrina cattolica. Chiedeva prudenza sulla fecondazione eterologa ed invitava l’adozione degli embrioni congelati anche da parte delle donne single, pur di impedirne la distruzione. In caso di mancanza di una famiglia «composta da uomo e donna», non avrebbe precluso l’adozione anche i single«Non si può mai approvare l’eutanasia», ha scritto, ma neanche condannare «le persone che compiono un simile gesto su richiesta di una persona ridotta agli estremi e per puro sentimento di altruismo».
La sua posizione sulle unioni omosessuali, è differente da quella che vuol far passare. Ha infatti scritto: «Si può considerare cioè l’eventuale rilevanza giuridica di altre forme di convivenza, ma esse non possono pretendere l’equiparazione, quanto a status, alla famiglia», e ancora: «si deve accuratamente distinguere la famiglia da altre forme di unione non fondate sul matrimonio. Al vertice delle nostre preoccupazioni deve stare non già il proposito di penalizzare le unioni di fatto, ma piuttosto di sostenere positivamente e di promuovere le famiglie in senso proprio». Ha proseguito Martini: «In questa linea le nuove forme di relazionalità non possono pretendere tutte quelle forme di legittimazione e di tutela che sono date alla della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Solo quest’ultima, infatti, riveste una piena funzione sociale, dovuta al suo progetto e impegno di stabilità e alla sua dimensione di fecondità. Le unioni omosessuali, pur potendo giungere, a certe condizioni, a testimoniare il valore di un affetto reciproco, comportano la negazione in radice di quella fecondità (non solo biologica) che è la base della sussistenza della società stessa. Le cosiddette “famiglie di fatto”, pur potendosi aprire alla fecondità, hanno un deficit costitutivo di stabilità e di assunzione di impegno che ne rende precaria la credibilità relazionale e incerta la funzione sociale. Esse infatti rischiano costitutivamente di gettare a un certo punto sulla società i costi umani ed economici delle loro instabilità e inadempienze».

Il cardinale Camillo Ruini ha comunque chiuso la questione spiegando: «Abbiamo avuto all’interno del Consiglio permanente della Cei un dialogo amichevole e a più voci, mai uno scontro. Non sono mai emerse del resto divergenze profonde». Nella Chiesa ci possono essere percorsi culturali diversi, anche divergenze forti, ma non ci sono mai due Chiese.

 

5) CONCLUSIONE
Di recente, nei momenti più duri della contestazione anti ratzingeriana, il card. Martini ha affermato che invece la chiesa di Benedetto XVI, «non è mai stata così fiorente come essa è ora», e che «può esibire una serie di Papi di altissimo livello», e che «la chiesa si presenta oggi unita e compatta, come forse non lo fu mai nella sua storia». Lui stesso è stato punto di riferimento dell’ala progressista nel Conclave del 2005, facendo convergere su Ratzinger i cardinali progressisti.

Lui stesso, anni fa, si è definito in “Conversazioni notturne a Gerusalemme”, un Ante-Papa, e cioè «un precursore e preparatore per il Santo Padre», uno che detta la linea al Papa e gli indica i problemi da affrontare, che lancia idee-manifesto che dai più erano giudicate come una forte presa di posizione politica. Martini ha scelto di assumere questo ruolo, bisogna semmai capire se è stata una decisione lungimirante o meno e di vera utilità al Pontefice. A lui sembrava giusto così, ma come ha spiegato perfettamente Massimo Introvigne: «Non è mai stato un progressista alla Edward Schillebeeckx o alla Hans Küng. Martini, a differenza di altri, non pensa che l’etica cattolica sia sbagliata. Non pensa che la morale cattolica debba essere demolita. Semplicemente egli vede innanzi a sé la deriva secolarista che rifiuta e rigetta la morale cattolica. E allora ritiene che adattare la morale in cui anch’egli crede fermamente alla morale secolare possa aiutare la chiesa». E’ utile questa sottomissione della morale cattolica a quella secolare? Lui ci ha provato, accettando consapevolmente gli alti rischi di diventare l’Anti-Papa, ma ha resistito. Giustamente nel suo editoriale sul “Corriere della Sera”, Ernesto Galli della Loggia ha descritto Martini come «impegnato a cercare di piantare la croce sulla tormentata frontiera della modernità, alla ricerca di una perigliosa transazione con essa, con le eresie e gli eretici che la abitano».

Una scelta controversa la sua, e non si può negare la verità di alcune critiche che vengono avanzate. Citiamo quella di Marcello Veneziani, il quale si domanda se è giusto «assecondare lo spirito del tempo anziché invocare il tempo dello spirito», cioè è giusto lasciarsi trascinare dal progressismo mondano e staccarsi dalla Tradizione?  E ancora: «Un conto è dialogare con i “gentili”, come fa anche Ratzinger, un altro è sposare il loro punto di vista o scendere sul loro stesso terreno, fino a omologarsi, e rappresentare soltanto la versione religiosa all’interno dell’ateismo dominante»Come ha ottimamente scritto Davide Rondoni«forse avrebbe fatto meglio a non attardarsi troppo allo specchio che gli veniva retto da chi in realtà non amava e gliene fregava poco della sua fede limpida e profonda, ma si serviva di lui per una antica e sempre nuova battaglia», tuttavia «non fu mai una alternativa alla Chiesa».  Avrebbe fatto bene a rifiutare in modo chiaro l’applauso del mondo, come fece don Lorenzo Milani quando la stampa progressista diceva: “è dei nostri”Lui rispondeva indignato«Ma che dei vostri! Io sono un prete e basta! In che cosa la penso come voi? Questa Chiesa è quella che possiede i sacramenti. L’assoluzione dei peccati non me la dà mica “L’Espresso”. E la comunione e la Messa me la danno loro? Devono rendersi conto che loro non sono nella condizione di poter giudicare e criticare queste cose. Non sono qualificati per dare giudizi. Devono snobbarmi, dire che sono ingenuo e demagogo, non onorarmi come uno di loro. Perché di loro non sono». Lo ha citato Antonio Socci in un articolo molto duro verso il card. Martini, e non privo di ragioni.

In una intervista promossa a tutta pagina de “Il Corriere della Sera”, il card. Martini ha anche affermato che «la Chiesa è rimasta indietro di 200 anni». Ed è questo il punto, la Chiesa deve rimanere indietro di 2000 anni e non solo di 200, ovvero deve permanere nella roccia della Tradizione e nell’adesione al Vangelo, senza compromessi con i cambiamenti della secolarizzazione. Per questo è l’unica istituzione di riferimento morale che è rimasta (e questo spiega il quotidiano attacco dai devoti del relativismo)

Qualche debolezza di giudizio e soprattutto un tentativo ideale azzardato di adattare la morale cattolica alle sfide del momento storico, con l’alto pericolo di uscire dal confine, giustificano l’esistenza di questa discussione sulla figura dell’ex Arcivescovo di Milano. La stampa laicista invocava e aspettava con ansia questo passo giù dal precipizio, ma il card. Martini è riuscito a resistere e salutare il mondo terreno pienamente all’interno all’alveo della Chiesa. Non a caso il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi lo ha ricordato con parole d’affetto, l’arcivescovo Angelo Scola nell’omelia del funerale, ha parlato di Martini come «figura imponente di questo uomo di Chiesa», a cui va «la nostra commossa gratitudine». Il card. Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, ha affermato: «Il cardinale è un figlio della Chiesa e non deve e non può essere usato contro la Chiesa perché è stato fino in fondo figlio della Chiesa». Ed infine le parole di Benedetto XVI, il quale ha ricordato Martini come un «pastore generoso e fedele della Chiesa».

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164 commenti a La morte del card. Martini, grande uomo rasente al precipizio

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  1. Gab ha detto

    “Le dichiarazioni del card. Martini hanno subito sempre un fraintendimento continuo, proprio per il suo tentativo di conciliare la visione cattolica con quella laica.”

    E come si potrebbe “conciliare”? Qualcuno me lo spieghi. Il fatto che sia fatto da un Cardinale è una seria aggravante, non certo una attenuante. Non è onesto a parer mio “salvare” a tutti i costi una figura così controversa e che ha scandalizzato non pochi fedeli. Come giustamente qualcuno mi fece notare, a proposito di Martini, “ci manca solo che le sue stramberie le dica anche il Papa e addio Chiesa..” Aveva mica tutti i torti, dopo quello che sta succedendo? (vedi l’Austria, le suore americane “aperte” ai matrimoni gay, ecc.).

    Comprendere una opinione è una cosa ma giustificare l’eresia è ben altra.

    “Rispetto alla Messa in latino, liberalizzata nel “motu proprio” “Summorum Pontificum” da Benedetto XVI, espresse il suo punto di vista: «Amo la messa preconciliare e il latino ma non celebrerò la messa con l’antico rito», apprezzando comunque «la volontà ecumenica a venire incontro a tutti” mostrata dal Pontefice tedesco».”

    Questa poi è il massimo. Il Vetus Ordo “liberalizzato?”. Non è mai stato abrogato come giustamente richiama il Papa e mi fa specie, detta da un Cardinale, parlare di “volontà ecumenica” (!?!?!) … come a dire che i Cattolici della Tradizione “non sono cattolici”. Alla faccia! Trattare i Cattolici come qualsiasi protestante. Anzi più che altro i protestanti sono trattati oggi dalla gerarchia molto meglio! Visto che si spalancano le porte della chiesa a improbabili “riti” ecumenici e si chiudono le porte alla Messa di sempre. Per non parlare del Corano sull’altare che recentemente è sbucato in una parrocchia francese.

    Che Dio ci aiuti.

  2. Eaglet ha detto

    Ragazzi vi consiglio di tenere d’occhio anche linkiesta, che si sta davvero scatenando contro la Chiesa…

  3. Gab ha detto

    “Nella Chiesa ci possono essere percorsi culturali diversi, anche divergenze forti, ma non ci sono mai due Chiese.”

    Mi verrebbe da dire che ce sono ben più di 2. La storia lo dimostra. E fra poco di questo passo della unica Chiesa di Cristo (cattolica) non rimarrà più traccia se non ci si dà una svegliata.

    • J.B. ha detto in risposta a Gab

      Penso che con Chiesa si riferisca alla nostra cattolica, non ci sono mai due Chiese cattoliche; la storia conferma quello che intende la frase, chi è in dissenso con la Chiesa cattolica ne fonda un’altra diversa. Almeno questo è quello che ho inteso io.

  4. Mum ha detto

    Consiglio per una corretta interpretazione la lettura della sua ultima intervista-testamento: http://www.corriere.it/cronache/12_settembre_02/le-parole-ultima-intervista_cdb2993e-f50b-11e1-9f30-3ee01883d8dd.shtml , così come le dichiarazioni di Federica Radice Fossati Confalonieri, amica molto vicina al cardinale: http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/12_settembre_4/voleva-ultima-intervista-inserita-nel-testamento-martini-2111678973138.shtml
    Lo stesso don Damiano Modena qualificò tale intervista come “testo molto forte”, consigliando di farlo pubblicare dopo la sua morte.
    Una riflessione su questi contenuti credo quindi sia doverosa.

    • Woody85 ha detto in risposta a Mum

      Già citata nell’articolo…tentativo forse il più radicale che sostenere che la morale cattolica deve sottomettersi ai tempi e ai cambiamenti voluti dalla secolarizzazione. Arriva a chiedere la conversione del Papa e dei Vescovi e afferma che la Chiesa è indietro di 200 anni.

      La Chiesa dev’essere indietro, cioè dev’essere al di sopra delle mode del momento e radicarsi senza mai spostarsi nell’evento accaduto 2000 anni fa.

      • Gab ha detto in risposta a Woody85

        Mi chiedo se sia davvero così. E’ innegabile affermare che l’ultimo Concilio ha portato sconvolgimenti profondi tanto da giustificare da parte della Santa Sede approfonditi colloqui dottrinali per cercare di arrivare ad una soluzione riguardo ai tanti problemi sollevati da non pochi cattolici, che forse in maniera troppo affrettata sono liquidati come “tradizionalisti”.

  5. Luigi Pavone ha detto

    Innanzitutto, un po’ di chiarezza terminologica. Se — come più volte in questo sito è stato precisato, con una qualche plausibilità — l’alimentazione artificiale non è una terapia, il rifiuto di essa non può costituire un rifiuto di accanimento terapeutico, perché non c’è la terapia. Il rifiuto ad alimentarsi — quando si è nelle condizioni per poterlo fare –, in quanto non classificabile come rifiuto di accanimento terapeutico, non può essere considerato un bene o un male a seconda delle diagnosi circa il tempo che mi resta da vivere (tutti noi abbiamo un tempo restante da vivere, più o meno corto o lungo). Per fare un esempio in forma di domanda rivolta ai moralisti in senso tecnico (il quale va preso con le pinze): se è un male spararmi una revolverata alla tempia (in quanto suicidio), cessa di essere un male se so che ho da vivere pochi giorni ancora? E’ moralmente lecito suicidarmi per evitare un plotone di esecuzione, per esempio? E’ lecito suicidarmi per evitare di morire diversamente e più atrocemente? Ricordo la scena finale di un bel film, I quattro dell’oca selvaggia, in cui Richard Burton uccide l’amico Richard Harris per evitargli di venir preso e ucciso in modo atroce.

    • Gab ha detto in risposta a Luigi Pavone

      L’atto malvagio non cambia la sua natura a seconda delle circostanze. Rimane sempre malvagio. Al massimo si può comprenderlo e perfino giustificarlo in atti particolari. Un esempio pratico è l’omicidio per legittima difesa. Ho sempre ucciso qualcuno ma perché quel qualcuno voleva uccidere me. Questo significa che, purtroppo l’unica soluzione in quella determinata circostanza, per preservare una vita (la mia) ho dovuto eliminare un’altra. La legittima difesa è quindi una situazione particolare che però dimostra comunque come l’intento ultimo è la preservazione della vita (da chi la vuole eliminare).

      Attenzione però: non potrai mai comunque qualificare l’omicidio come “buono”, neanche nella legittima difesa.

      Spero di essere stato chiaro.

      • G.T. ha detto in risposta a Gab

        Per questo signore andrebbe affrontato anche l’argomento omicidio, non sono sicuro sia del nostro stesso avviso.
        In giro c’è gente troppo malata, non intendo come malattia effettiva ma come mala formata. I primi responsabili del malessere che c’è n giro sono i “teorici”, come questo qui che interviene su questo sito. Hanno reso questo mondo sempre più fragile.

    • angelo ha detto in risposta a Luigi Pavone

      @Pavone
      Da laicista cerchi un manuale di istruzioni della vita, comincia a capire cosa sia la Chiesa, poi farai le tue puntualizzazioni.

    • G.T. ha detto in risposta a Luigi Pavone

      Il suicidio è sempre un male. Non nutrire una persona con il suo consenso equivale a consentirgli il suicidio.
      Perché atroce comunque?

    • Antonio72 ha detto in risposta a Luigi Pavone

      @Luigi

      l’unica opzione possibile è considerare anche il sondino naso-gastrico una terapia, e dunque la sua imposizione, almeno in certi casi, accanimento terapeutico.
      In questo senso si devono discriminare i due casi emblematici che sappiamo: perchè in un caso il sondino è configurabile come accanimento terapeutico mentre nell’altro no?
      Si ha accanimento terapeutico quando la terapia è straordinaria e sproporzionata rispetto ai risultati attesi.
      Nel caso del card. Martini l’unico risultato possibile era di prolungare l’agonia del moribondo. Viceversa nel caso di Eluana, vista l’indeterminatezza di uno stato vegetativo rispetto ad un parkinson, l’analisi si fa molto più complessa…
      Certamente lo stato vegetativo è degenerativo e conduce alla morte senza alcuna prospettiva di riabilitazione, almeno nel caso di Eluana, ovvero dopo un ragionevole lasso di tempo.
      Non si vedono dunque obiettivi diagnostici all’orizzonte che possano giustificare il prolungamento (indefinito o quasi) dell’agonia di Eluana. Allora, se la vediamo dalla prospettiva sofferente del paziente, l’accanimento terapeutico è ravvisabile. Se viceversa Eluana non poteva avere coscienza della propria sofferenza, allora la cosa si rivela indifferente, almeno per Eluana.

    • Uomovivo ha detto in risposta a Luigi Pavone

      Penso che ormai un esperto pool medico ti sappia dire, poste determinate premesse, se ne seguiranno determinati effetti al di sopra di ogni ragionevole dubbio. Ti sa dire se stai in un punto di non ritorno, se sei in prossimità della morte, soprattutto se aggravato dall’età avanzata, da insufficienza cardiaca e un Parkinson allo stato terminale della malattia. Un plotone di esecuzione può essere interrotto anche un secondo prima che il comandante dia l’ultimo comando; contro ogni aspettativa sia del condannato che del plotone. E il condannato che era sano come un pesce nel momento in cui ha saputo della condanna, continuerà a essere sano come un pesce anche dopo l’annullamento della pena capitale.
      C’è ancora più indeterminatezza rispetto a chi è già in agonia mortale.
      Puoi mettermela su questo punto: “ma voi credenti non credete nei miracoli?”.
      Sì, ma c’è una differenza formale tra un credente, diciamo fideista, e un cattolico. All’arrivare di nuvole temporalesche il fideista dice “Dio mi proteggerà dalla pioggia”. Il cattolico apre l’ombrello.

    • StefanoPediatra ha detto in risposta a Luigi Pavone

      @Luigi Pavone e Antonio72

      Se da un lato mi rallegro per l’ammissione secondo cui il fatto che l’alimentazione artificiale non sia terapia ha una qualche “plausibilità” 🙂 , d’altra parte non posso che dispiacermi per la conseguenza (a mio giudizio non corretta) che viene dalla suddetta asserzione tratta, secondo cui “il rifiuto di essa (l’alimentazione artificiale) non può costituire un rifiuto di accanimento terapeutico, perché non c’è la terapia” 🙁 .

      D’altra parte capisco la provocazione 🙂 e provo a ripetere, facendo un bel copia/incolla da una risposta già data ad Antonio72 qui http://www.uccronline.it/2012/08/31/nuovo-studio-correlazione-tra-aborto-indotto-e-cancro-al-seno/#comment-85735 nel tentativo di spiegare perchè alimentazione e nutrizione artificiale sono cure ordinarie in certe situazioni ma possono diventare cure sproporzionate e addirittura dannose in altre.

      “Fa una grandissima differenza se una persona è nell’imminenza della morte o non lo è quando parliamo di eutanasia e di accanimento terapeutico. Questa differenza è rilevante anche in quanto può determinare il cambiamento di status delle cure ordinarie (alimentazione e idratazione) da normali e proporzionate a sproporzionate o addirittura nocive.

      Idratazione e nutrizione, indipendentemente dalla loro modalità di somministrazione ad una persona, sono cure ordinarie: rifiutarle o negarle quando una persona, seppur malata, non nell’imminenza della morte, significa provocare la morte.

      Nel momento invece in cui una persona è nell’imminenza della morte, quando si sono irreversibilmente e irrimediabilmente avviati processi di insufficienza d’organo (incapacità dell’intestino di assorbire alimenti, insufficienza epatica, insufficienza renale e conseguente impossibilità da parte del rene di svolgere le sue normali funzioni con la conseguenza di accumulare liquidi e determinare la formazione di edemi, anche a livello polmonare, scompenso cardiaco, … e potrei continuare) alimentazione e idratazione diventano esse stesse accanimento terapeutico e addirittura possono aumentare le sofferenze del moribondo. Se un paziente, nell’imminenza della morte, è in insufficienza renale irreversibile a causa di una patologia in fase terminale, continuare ad idratarlo sarebbe come accanirsi contro di lui con una dialisi la cui utilità è nulla o decidere di trapiantarlo con reni funzionali.

      Nelle condizioni descritte dunque, sospendere o rifiutare l’idratazione non configura affatto l’eutanasia mentre proseguirla potrebbe configurare un accanimento terapeutico.

      Per ciò che riguarda Eluana Englaro, non essendo in condizioni d’insufficienza d’organo e quindi non essendo nell’imminenza della morte, alimentazione e idratazione erano cure ordinarie e proporzionate al suo status di persona viva. Toglierle ne ha provocato la morte anticipata. La situazione del Cardinal Martini era completamente diversa: proseguire alimentazione e idratazione non ne avrebbe aumentato di un solo attimo la vita che stava spegnendosi da sola.”

      • Luigi Pavone ha detto in risposta a StefanoPediatra

        Negativo. Ho SEMPRE sostenuto che la differenza tra terapia ed alimentazione artificiale è significativa, ma ho anche SEMPRE sostenuto che la differenza non è rilevante sul piano giuridico relativamente alle scelte del paziente rispetto a qualunque trattamento sanitario.

        Apprezzo il suo tentativo di risposta, che considero solo un tentativo perché non possono esserci differenze qualitative (le differenze etiche sono qualitative) sulla base di valutazioni quantitative (la morte sarebbe comunque sopraggiunta etc., e simili).

        • G.T. ha detto in risposta a Luigi Pavone

          Perché lasciar scegliere i pazienti? Non ha senso.
          Il paziente è sempre stato vincolato dal medico, la democrazia è un sistema che non funziona qua.

        • Uomovivo ha detto in risposta a Luigi Pavone

          Eppure tali differenze continuo a pensare che sussistono. La fucilazione è nel futuro e il futuro non esiste. La stato agonico è presente e sperimenti lo spegnimento della vita prima della fine.

        • StefanoPediatra ha detto in risposta a Luigi Pavone

          NEGATIVO ora tocca a me dirlo: non sono evidentemente riuscito a farmi comprendere o forse lei non ha voluto comprendermi perché la terza ipotesi (che lei semplicemente non abbia capito ció che ho scritto) non mi sembra possibile considerandola io una persona intelligente.

          Ció che in una certa situazione puó fare bene o rappresentare una cura ordinaria, in un’altra situazione clinica puó diventare inutile e ininfluente o addirittura dannoso. Ho citato e descritto una situazione clinica specifica.

          E NON é vero che situazioni diverse (che lei definisce quantitative) non hanno rilevanza per le conseguenze etiche (qualitative) di certi atti. Se io sono vivo e non in pericolo di vita e decido di smettere di alimentarmi e bere questo é suicidio e se un altro mi toglie acqua e cibo é omicidio, più o meno del consenziente. Se io sono moribondo e in insufficienza renale e magari ho già un edema polmonare, continuare a darmi acqua e cibo é sicuramente una misura sproporzionata e puó secondo me (e non solo secondo me) configurare un accanimento terapeutico.

        • lorenzo ha detto in risposta a Luigi Pavone

          In determinati casi di pazienti terminali, come ha accennato Stefano, l’alimentazione e l’idratazione non sarebbe solo accanimento terapeutico, ma potrebbe addirittura prefigurarsi come eutanasia: quando specifiche funzioni vitali sono ormai compromesse, quello che in certe situazioni significherebbe allungare la vita del paziente, in altre significherebbe solo accorciarla.

  6. Antonio72 ha detto

    Avete notato una cosa, che forse non ha nessun significato particolare, ma che cmq resta oggettivamente reale:
    Wojtyla il papa che precedette Ratzinger soffriva di Parkinson
    Il car. Martini, uno dei successori più papabili dopo G.P.II soffriva di parkinson.
    Ora, consideratela una possibiltà remota e di certo non un auspicio visto che tutti dovrebbero augurare salute al papa.
    Ma se dovesse capitare in futuro che anche Ratzinger soffrisse di parkinson, la cosa si farebbe veramente inquietante.

    • G.T. ha detto in risposta a Antonio72

      Naturalmente pensi, se ciò accadrebbe, ad un assist verso l’eutanasia.

    • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

      Papa Giovanni XXIII non è morto di Parkinson, e nemmeno Pio XII.

    • StefanoPediatra ha detto in risposta a Antonio72

      Chissà, magari quelli dell’UAAR hanno trovato un modo per fare ammalare di Parkinson tutti i Pontefici/cardinali papabili non di loro gradimento. O magari è qualche Cardinale che congiura contro i successori di Pietro per fini imperscrutabili…

      Qualcuno che ha trovato il modo di somministrare a Papa Giovanni Paolo II e al Cardinal Martini pesticidi come il Paraquat o idrocarburi-solventi (per esempio la trielina) o metalli pesanti come ferro, zinco, rame… Certo dopo aver loro fatto un’indagine genetica ed aver trovato che entrambi avevano le classiche mutazioni associate al Parkinson.

      Ma per favore! Pietà!

  7. luca ferrara ha detto

    Articolo serio e dettagliato!! Ben fatto!!

    • G.T. ha detto in risposta a luca ferrara

      Quando dicevi l’altro giorno “che le gerarchie ecclesiastiche sono staccate dal popolo” eri serio?
      E’ il popolo a non essere educato.

      • luca ferrara ha detto in risposta a G.T.

        Il problema posto da Martini -scollamento gerarchie popolo – è un problema ciclico all’interno della storia della chiesa…non è un segno di rottura…la controriforma-per fare un esempio- nasce anche per colmare lo iato tra gerarchia lassista e amorale e popolo credente; laddove si era insinuata l’eresia di Lutero.

        • G.T. ha detto in risposta a luca ferrara

          Secondo me non esiste questo problema. Sono i laici e finti cattolici che cercano lo scontro. Bisogna rieducare il mondo, non adattarsi.

        • Pino ha detto in risposta a luca ferrara

          infatti, questi non sono fenomeni nuovi, nella storia della Chiesa è successo ben di peggio. La Chiesa non è un monolite, ma è molto più “democratica” (tanto per usare un termine di moda) di quanto si pensi. Diceva il Card. Ersilio Tonini “in Italia ci sono 130 vescovi e ci sono 130 modi diversi di pensare”. Ma questo non vuol dire che esista un clima di totale anarchia (diciamo anche che alcuni eccessi dovrebbero essere sanzionati perchè generano solo confuzione) ma tutti fanno parte della Chiesa, che è una e non due o tre come si vuol far credere da parte ci certe voci stonate le laicismo militante.

  8. Sophie ha detto

    La chiarezza, questa simpatica sconosciuta….

  9. Pino ha detto

    i laicisti soffrono di un perenne complesso di inferiorità. Poichè non accettano la Chiesa devono crearsene una a loro immagine e somiglianza. Avete mai notato come i laicisti più arrabbiati, da Pippo Odifreddi a Corrato Augias, a Vito Mancuso (tanto per citare qualche esempio) sono letteralmente ossessionati dal fatto religioso? Continuano a parlarne, scrivere libri, fare interviste e conferenze. Vogliono creare una loro chiesa in contrapposione a quella vera, con i loro dogmi e la loro dottrina, fatta ad uso e consume delle loro idee e convinzioni. E ogni tanto cercano diperatamente all’interno della Chiesa, quella vera, qualche aggancio, qualche punto di riferimento. E’ questo il miserrimo tentativo fatto con il Card. Martini, farne un loro santino, un punto di riferimento per le loro menti bacate, tanto da distorcene il pensiero ed adattarlo alla loro perenne mediocrità.

  10. Enrico da Bergamo ha detto

    Una precisazione. Non esiste alcuna giustificazione teologica all’obbligo del celibato ecclesiastico infatti nella chiesa cattolica anche uomini sposati possono accedere al sacramento dell’ordine.Nella chiesa latina con dispensa papale nelle chiese orientali vengono da sempre ordinati al sacerdozio uomini sposati.

    • G.T. ha detto in risposta a Enrico da Bergamo

      Anche tu un teorico del disfacimento della Chiesa?

      • Enrico da Bergamo ha detto in risposta a G.T.

        Dove vedi il disfacimento in quello che ho scritto?

        • G.T. ha detto in risposta a Enrico da Bergamo

          L’esaltazione ai vari aspetti della Tradizione. L’ossessione per lo strutturalismo straussiano. Non capite che fate il male della Chiesa.

          • Enrico da Bergamo ha detto in risposta a G.T.

            La chiesa non è culto della tradizione e poi ricordiamoci che nei primi secoli i sacerdoti ed anche i vescovi erano regolarmente ammogliati.

            • G.T. ha detto in risposta a Enrico da Bergamo

              La Tradizione è il fulcro del Cattolicesimo. Dobbiamo essere fedeli al Vangelo. Siete gente senza guida, sbandati in un mondo caotico che vi risucchia nelle sue menzogne.

              • Enrico da Bergamo ha detto in risposta a G.T.

                Le sacre scritture parlano di obbligo del celibato ecclesiastico?Cosa diceva in merito San Paolo?

                • G.T. ha detto in risposta a Enrico da Bergamo

                  La Tradizione è il sapere magistrale!

                • Ercole ha detto in risposta a Enrico da Bergamo

                  Non c’entra cosa dicono le Scritture, Enrico. Non parlano nemmeno di aborto o eutanasia e nemmeno di scuole paritarie. Noi non siamo una Religione del Libro, ma accanto alle Scritture c’è la tradizione apostolica e la posizione della Chiesa. Il valore è lo stesso.

                  Benedetto XVI è stato chiaro: http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/papa-el-papa-pope-14119/

                  Ora sta a te decidere di aderire alla posizione della Chiesa, in quanto cattolico, oppure pensare di emanciparti da essa.

                  • Enrico da Bergamo ha detto in risposta a Ercole

                    La tradizione si basa sulle scritture non è mai fine a sè stessa.Comunque non uccidere era già scritto nel vecchio testamento.

                  • Enrico ha detto in risposta a Ercole

                    La tradizione è importante ma non è il fine ed il fulcro di tutto. Basta ripensare al Vangelo di domenica scorsa per averlo ben chiaro.

                    • EquesFidus ha detto in risposta a Enrico

                      Ecco, or però non cominciamo con discorsi protestantizzanti, per cui alla fine la Traditio non conta niente. La Bibbia è frutto essa stessa della Traditio, pertanto asserire una presunta superiorità del testo sacro e non la sua complementarietà preponderante con essa è errato.

                • luca ferrara ha detto in risposta a Enrico da Bergamo

                  Quello che tu hai detto è perfettamente condivisibile e vero, però la chiesa cattolica ha optato per il celibato orientandosi su tre passi del Nuovo Testamento(cito a memoria). Il primo del Vangelo “ci sono eunuchi per natura, altri per la cattiveria degli uomini, altri per il Regno dei cieli “; il secondo sempre del Vangelo , quando Pietro chiede a Gesù “noi che abbiamo lasciato tutto per seguirti che cosa avremo in cambio”- implicitamente Pietro sta affermando di aver lasciato la sua famiglia per seguire Cristo. Il terzo è in San Paolo, dove l’apostolo delle genti consiglia di non sposarsi a chi ancora non lo abbia fatto…E poi ovviamente c’è l’esempio di Gesù che non prende moglie

    • Pino ha detto in risposta a Enrico da Bergamo

      precisiamo: nella Chiesa cattolica di rito latino esiste la regola del celibato ecclesiastico, è una regola non una verità rivelata. Nelle Chiese cattoliche di rito orientale è vero che un uomo sposato può diventare prete, quindi la regola del celibato all’interno della Chiesa cattolica non è assoluta. I sacerdoti sposati delle Chiese cattoliche di rito orientale non possono però diventare vescovi. Esistono anche i casi dei pastori protestanti convertiti al cattolicesimo, in tal caso possono essere benissimo sposati anche nella Chiesa cattolica di rito latino.

      • Enrico da Bergamo ha detto in risposta a Pino

        Esistono nella chiesa latina anche vescovi sposati perchè lo erano precedentemente prima della conversione.

        • Ercole ha detto in risposta a Enrico da Bergamo

          Comunque papa Wojtyla e papa Benedetto XVI hanno deciso di mantenere coerenza con la Tradizione. Questo è quel che importa a noi cattolici…mi sembra inutile cercare di confutare la loro posizione.

          • Enrico da Bergamo ha detto in risposta a Ercole

            Infatti hanno entrambi accettato presbiteri e vescovi sposati di rito latino ne si sono sognati di proibire agli ordinari diocesani di rito orientale di proibire l’ordinazione di uomini sposati.

          • Pino ha detto in risposta a Ercole

            ma sia io che Enrico stavamo dicendo altro, nessuno mette in discussione quanto deciso dagli ultimi Papi e nessuno confuta nulla, cerca almeno di capire quello che scriviamo

    • minstrel ha detto in risposta a Enrico da Bergamo

      Chiudo questo argomento con un thread dove dibattono studiosi e che mi pare molto preciso e puntuale.

      http://forum.infotdgeova.it/viewtopic.php?f=17&t=11290&hilit=+sacerdozio

      Gli studiosi fra gli altri sono gli utenti polymetis, teodoro (che è ordotosso), trianello.

  11. Antonio72 ha detto

    StefanoPediatra

    Non riesco a capire come il giudizio che discrimina la sproporzione della cura del sondino nel caso del moribondo rispetto allo stato vegativo possa rendersi indipendente dalla volontà soggettiva del paziente, il solo a poterne giudicare la sproporzione in relazione alla portata della sofferenza patita ed alla sua persistenza, ed infatti l’unico che può prendere questa decisione.
    Mi spiego meglio. Se un moribondo non soffre particolarmente sarà portato a giudicare il sondino una cura non sproporzionata, mentre in caso contrario lo rifiuterà per non dovere più subire più le immani sofferenze. Se viceversa il discrimine non riguarda la sofferenza subita, allora non può essere che la volontà di anticipare la dipartita, la quale sarebbe prolungata inutilmente dal sondino. Oppure ci sono altre ragioni più pressanti e coinvolgenti perchè un paziente vicino alla morte accetti o rifiuti il sondino?
    Ma se è così non si capisce come possa il medico giudicare il dolore soggettivo subito da un paziente. E se la sofferenza di uno stato vegetativo fosse paragonabile a quella del moribondo con la non trascurabile differenza che mentre a questo è concesso di agevolare la dipartita, quell’altro deve cmq patirla in quanto il medico ha sentenziato che in questo caso il sondino non è accanimento terapeutico? Se viceversa lo stato vegetativo non è cosciente del suo stato di sofferenza, allora che il sondino ci sia o meno la cosa gli deve risultare indifferente. Ma a chi spetta il giudizio? E poi la sua teoria non collima con le dichiarazioni del medico in cui ha precisato che non c’è stato alcun accanimento terapeutico.

    • G.T. ha detto in risposta a Antonio72

      Il paziente non sceglie, non ha mai scelto, non deve scegliere. Altrimenti farebbe il dottore da sé. Deve accodarsi alla medicina.

      • Luigi Pavone ha detto in risposta a G.T.

        Capisco la tua smania di anti-modernismo, anti-democrazia etc. ma non ti sembra di esagerare? Io dico di sì. Il tuo è irrazionalismo romantico o qualcosa di simile!

      • Titti ha detto in risposta a G.T.

        Quindi un paziente deve essere totalmente ignorante sulle proprie condizioni e affidarsi ai medici in modo assoluto e cieco?

      • StefanoPediatra ha detto in risposta a G.T.

        Qui non mi sento di essere proprio d’accordissimo. Il paziente deve sempre avere voce in capitolo rispetto alle decisioni terapeutiche. Non per niente esiste il cosiddetto “consenso informato” ad un trattamento. Il che significa che uno può esprimere anche il suo “dissenso” ad uno specifico approccio terapeutico.

        Dopodichè, un conto è la libera scelta di un individuo di suicidarsi, anche rifiutando specifiche cure che ne salverebbero invece la vita, altro è che questa scelta sia sempre eticamente accettabile (certamente lo è quando il sacrificio della propria vita è accettato, per esempio, per il bene di un’altra persona).

        • G.T. ha detto in risposta a StefanoPediatra

          Appunto. Hai espresso la mia idea. Intendo solo che il parere del medico diventa più importante man mano peggiora la situazione. Se prima consigliavi, poi avvertivi, in certi casi devi venire meno alla sua libertà

    • StefanoPediatra ha detto in risposta a Antonio72

      Prima che le risponda complessivamente puó spiegarmi in cosa la mia “teoria non collima con le dichiarazioni del medico in cui ha precisato che non c’é atato alcun accanimento terapeutico”?

      Che medico a proposito di chi ha dichiarato che non c’è stato accanimento teraputico? Se si riferisce al caso del Cardinal Martini io, appunto, sostengo che l’aver rifiutato il sondino nasogastrico non configura un caso di eutanasia perché nella specifica situazione la nutrizione e l’idratazione avrebbero rappresentato una cura sproporzionata. E’ altresí evidente che se il Cardinale ha rifiutato, nell’imminenza della sua morte, il sondino nasogastrico, non puó esserci stato accanimento terapeutico.

      • Antonio72 ha detto in risposta a StefanoPediatra

        StefanoPediatra

        Mi riferisco appunto al medico del card. Martini il quale ha dichiarato che non c’è stato alcun accanimento terapeutico, almeno così ho sentito.

        Nel precedente commento ha scritto:
        “Nelle condizioni descritte dunque, sospendere o rifiutare l’idratazione non configura affatto l’eutanasia mentre proseguirla potrebbe configurare un accanimento terapeutico.”

        Da ciò ne ho dedotto che, nel caso specifico, ha assimilato il sondino ad un accanimento terapeutico legittimandone così il suo rifiuto, e ciò come ho già detto non è compatibile con l’affermazione che ho sentito.

        • Antonio72 ha detto in risposta a Antonio72

          A meno che volesse affermare che non c’è stato accanimento terapeutico proprio perchè lo ha liberamente rifiutato..insomma forse ho capito male.
          Cmq resta il fatto che allora non è l’oggetto in sé a determinare o meno l’accanimento terapeutico, piuttosto la complessiva situazione clinica del paziente. L’affermazione che il sondino sia una terapia, per di più sproporzionata, e quindi non possa essere mai rifiutato, non è corretta. E lo dimostra proprio il caso specifico. O per lo meno diviene irrilevante a questo punto definirlo terapia, cura o trattamento sanitario, visto che non è dall’oggetto in sè che si possa stabilire se si possa configurare o meno un accanimento terapeutico. Ora, partendo da questo presupposto, che una qualsiasi macchina, mezzo, strumento, non possa definirsi di per sè accanimento terapeutico, come se avesse stampigliato una precisa etichetta, resta da capire come si debba definire un qualsiasi trattamento sanitario accanimento teraputico e chi dovrebbe vantarne il diritto, tenendo conto come giustamente ha affermato, dell’obbligo al consenso informato e dei diritti del paziente sanciti nelle convenzioni internazionali.

          • Antonio72 ha detto in risposta a Antonio72

            Sorry, l’ho scritto male. Spero che riesca a capirlo lo stesso o a dedurlo.

          • Antonio72 ha detto in risposta a Antonio72

            Riprendendo il suo esempio del rifiuto inaccettabile del sondino di una persona non in pericolo di vita rispetto ad una che lo è, lei stabilisce in maniera inequivocabile che il primo sarebbe un eventuale suicidio mentre l’ultimo un legittimo rifiuto all’accanimento terapeutico.
            Ma così facendo si arroga di quel diritto di cui ho già accennato, ovvero decide quando si configuri accanimento terapeutico, in particolare tenendo conto di valutazioni quantitative e quindi di eventuali sproporzioni tra la cura ed i risultati attesi.
            Ma purtroppo non si accorge che questa considerazione può seppellire la sua stessa teoria. Se infatti una valutazione quantitativa è determinante per stabilire quando vi sia un accanimento terapeutico, nel caso del sondino dovrebbe risultare legittima la domanda che il paziente inevitabilmente pone: per quanto tempo? Capisce da sè la differenza a livello soggettivo del paziente se il medico risponde un giorno, una settimana, dieci anni o per il resto della vita! Allora in base a quale criterio il medico stabilisce che in questi casi non si possa mai configurare un accanimento terapeutico, e perchè dovrebbe arrogarsene un diritto imprescindibile dalla volontà del paziente?

        • StefanoPediatra ha detto in risposta a Antonio72

          Antonio, prendo atto, non senza un po’ di dispiacere, del fatto che lei non ha letto, o quantomeno non ha letto con attenzione, quello che ho scritto. Se lo avesse fatto, certamente non si sarebbe posto dubbi interpretativi sul contenuto dei miei commenti e dunque sul contenuto del mio pensiero. Col quale certamente si può non essere d’accordo ma almeno, per non essere d’accordo, bisogna almeno capirlo. E per capirlo, oltre alla volontà di farlo, occorre prima “leggerlo”. E’ tutto scritto, e nemmeno in sanscrito, lingua che, ahimè, non padroneggio. 🙂

          Ricordo un lungo ed infruttuoso (e conseguentemente “annoing”: questa sarebbe la parola giusta, se stessimo parlando in Inglese) colloquio su questi temi che ebbi qualche anno fa di persona con un piuttosto presuntuoso e supponente ricercatore del San Raffaele di Milano (che tra l’altro citava a tutto spiano Vito Mancuso come fosse l’unica “verità” che conosceva) che invece che dialogare ascoltava solo se stesso, si faceva le domande e si dava le risposte, ignorava completamente ciò che gli obiettavo, anzichè eventualmente confutarlo “a tono”. Fu un peccato allora non aver potuto sfruttare quel colloquio per farne un vero dialogo come è un peccato adesso perdere questa stessa occasione.

          Comunque, il mio pensiero rispetto a tutti i suoi punti attuali e precedenti è già contenuto nei miei commenti a questo e a precedenti articoli. Le basterà rileggerli col desiderio di comprenderli e vedrà che c’è già tutto. Poi magari, probabilmente, resteremo distanti lo stesso come lo siamo con altri commentatori. Ma almeno non avremo condotto un … dialogo tra sordi. 🙂

          • Antonio72 ha detto in risposta a StefanoPediatra

            StefanoPediatra

            Mi dispiace questo suo ritiro in quanto “l’ho già detto” come se il mio commento non avesse portato elementi nuovi per, quanto meno, arricchire il dialogo (e secondo me li ha portati, eccome). Dopo tutto è questo il senso di qualsiasi dialogo, esprimere il proprio pensiero sempre con parole nuove cercando di guardare la questione da altri punti di vista. Ma forse mi sbaglio. Cmq esprimo chiaramente il mio pensiero a tal proposito.
            E’ innegabile che noi tutti siamo nati uomini ed alcuni conducono una vita da uomini, altri un po’ meno, qualcuno, ahimè, da bestia o poco più.
            Di certo il card. Martini ha vissuto una vita da uomo e da uomo se n’è andato, come sappiamo. Ed anche a me, quando mi toccherà, ancorchè forse non avrò vissuto una vita pienamente da uomo, piacerebbe andarmene da uomo, proprio come il card. Martini che così ha coronato coerentemente la propria esistenza umana, se non altro come riscatto per la mia vita vissuta meno umanamente.
            Se la volontà di un uomo di andarsene da uomo e non da insetto non piace a Dio, non si può che dedurne che questo dio non ha mai conosciuto l’uomo: è quindi il dio dei filosofi che contempla la propria perfezione beandosene, non di certo il mio Dio.

            • StefanoPediatra ha detto in risposta a Antonio72

              Antonio, non mi sono affatto ritirato. Semplicemente ho detto che prima di chiedere nuovamente risposte già date reiterando in forma diversa domande già fatte, forse sarebbe opportuno rileggere le suddette risposte.

              Il nostro recente dialogo si è svolto più o meno così (lo ripercorra se non si fida del mio riassunto):

              io: nel caso del Cardinal Martini il rifiuto del sondino nasogastrico non può configurarsi come eutanasia

              lei: la sua teoria non collima con le dichiarazioni del medico in cui ha precisato che non c’é atato alcun accanimento terapeutico

              io: mi spieghi che medico a proposito di chi ha dichiarato che non c’è stato accanimento teraputico? Se si riferisce al caso del Cardinal Martini io, appunto, sostengo che l’aver rifiutato il sondino nasogastrico non configura un caso di eutanasia

              lei: mi riferisco appunto al medico del card. Martini il quale ha dichiarato che non c’è stato alcun accanimento terapeutico

              ancora lei: a meno che volesse affermare che non c’è stato accanimento terapeutico proprio perchè lo ha liberamente rifiutato.

              Non sembra anche a lei che si tratti di un dialogo un po’ tra sordi?

              🙂

              • Antonio72 ha detto in risposta a StefanoPediatra

                Noto che fa esattamente ciò che mi rimprovera, secondo me ingiustamente, ovvero si concentra su una mia dichiarazione, tutto sommato irrilevante e poi ricorretta, tralasciando volutamente il nocciolo della questione.

                • StefanoPediatra ha detto in risposta a Antonio72

                  Caro Antonio, ma lo sa che come provocatore lei non è affatto male? Insieme ad un paio di altri, se fossi un elicottero, sarebbe certamente in grado, con un po’ di perseveranza, di farmi girare le … pale fino a farmi decollare. 🙂 🙂 🙂

                  Spero che mi perdoni questa battuta perchè di battuta si tratta.

                  Comunque, vediamo se riesco ad esprimere, per l’ennesima volta, il nocciolo della questione secondo il mio punto di vista. Io non ho l’abitudine di scappare da una discussione, almeno fino a quando non finisce su binari morti. Perciò no, non mi ritiro.

                  🙂

                  1. Idratazione e nutrizione, ancorchè somministrati in maniera artificiale SONO CURE ORDINARIE e non terapie in una persona malata e che le possa fisiologicamente “accogliere”; quando l’ammalato sia nell’imminenza della morte ed il suo organismo non solo non trarrebbe alcun beneficio da idratazione e nutrizione ma potrebbe anddirittura riceverne un maggior danno (le ho citato i casi di insufficienza renale irreversibile, edema polmonare e insufficienza polmonare, insufficienza cardiocircolatoria, …) nutrizione e alimentazione forzate diventerebbero cure sproporzionate rispetto alla situazione contingente e dunque secondo me proseguirle costituirebbe accanimento terapeutico; nel primo caso sospendere o rifiutare idratazione e nutrizione secondo me configurerebbe un caso di eutanasia, nel secondo caso un analogo comportamento invece no. Il primo caso è quello di Eluana Englaro, il secondo quello del Cardinal Martini.

                  2. Dunque, secondo il mio punto di vista, l’aspetto che lei e Luigi Pavone chiamate “quantitativo” (lo stato clinico del malato) ha assolutamente influenza su quello “qualitativo” (etico) cambiandolo radicalmente. Non può essere diversamente.

                  3. Chi decide sugli aspetti “quantitativi” e cioè sullo stato clinico del paziente? Chi dice se un trattamento è utile, inutile o dannoso per quella specifica situazione? Ma chi, se non il medico, che ha a disposizione per farlo l’obiettività clinica, gli esami di laboratorio e gli esami strumentali oltre che le competenze per interpretarli! Ci sono protocolli condivisi unanimamente dalla comunità medico-scientifica ed altri meno diffusamente accettati in virtù del fatto che la medicina evolve e ciò che era una certezza fino a pochi anni fa domani potrebbe essere completamente stravolto. Ci sono anche situazioni sulle quali gli stessi medici la pensano in maniera diametralmente opposta. Ecco, in questi casi secondo me occorrerebbe applicare un principio di prudenza. Mi spiego meglio: se io non sono sicuro al 1000% (c’è chi dice sì ma c’è anche chi dice no e dobbiamo in prima istanza pensare che si tratti di esperti tutti in buona fede, al netto di ideologie ed interessi politici, ovviamente) che un certo danno neurologico sia definitivo o non lo sia, che una persona sia “bloccata” in se stessa per sempre o magari possa invece tornare ad esprimersi come prima di aver subito un certo danno, ecco, nel dubbio, forse prima di decidere se quella persona vada lasciata vivere, ancorchè senza accanirsi sul suo corpo con interventi sproporzionati alla situazione, o vada uccisa io ci penserei bene perchè la differenza non è da poco trattandosi, nell’ultimo caso, di un “potenziale” omicidio di cui io certo non vorrei essere responsabile, nè come medico nè come persona.

                  4. Parere del paziente. Nessuno nega che il paziente possa esprimere, in qualunque momento, il proprio parere sulle cure che gli vengono somministrate. Esiste proprio per questo il cosiddetto “consenso informato”. Ma non può essere la sofferenza del paziente, fisica o psichica, che oggi può essere completamente e praticamente sempre lenita/sedata, a dire se trattamenti come nutrizione e alimentazione sono cure ordinarie e accettabili piuttosto che cure sproporzionate rispetto alla sua situazione clinica. Il paziente potrà rifiutare o accettare quella cura e, a seconda dei casi, questo potrà configurare una richiesta di eutanasia o piuttosto il rifiuto di un accanimento terapeutico. Ma ciò che rende eutanasia l’eutanasia e rifiuto dell’accanimento terapeutico il rifiuto dell’accanimento terapeutico è un criterio oggettivo ed è, secondo me ovviamente, lo stato clinico del paziente. Tanto per fare un esempio diverso da nutrizione ed alimentazione, l’ECMO, la circolazione extracorporea che tante vite ha salvato da quando è stata inventata, è certamente una cura adeguata ad un paziente in coma che si spera di poter curare ma la stessa tecnica sarebbe accanimento terapeutico se proseguita in una persona con EEG piatto, cioè morta.

                  5. Durata del trattamento. Secondo me non c’è altra risposta che: fino a quando la persona malata ne ha bisogno, fermandosi nell’attimo esatto in cui la specifica cura o trattamento diventano inutili o dannosi per il paziente. Ho seguito per motivi professionali e personali bambini e adulti malati di tumore. Le terapie loro proposte miravano alla guarigione dalla malattia o quantomeno al prolungamento della vita di queste persone. Ma nel momento in cui questa stessa cura o trattamento si rivelano inefficaci e diventano, se prolungati, solo causa di ulteriori sofferenze per il paziente (e quindi accanimento terapeutico), nessun dubbio che debbano essere interrotti. Ivi comprese le cure ordinarie.

                  6. Io di Dio ne conosco uno solo e credo che sia il mio Dio quanto il suo, che ci piaccia o no. Certamente non mi permetto di giudicarlo e, attraverso la lettura della sua Parola e gli insegnamenti del Magistero della Chiesa provo umilmente a capire cosa questo nostro Signore desidera da me. Una cosa credo di avere capito: Dio ci ama e non vuole il nostro male. Ed un’altra cosa ho anche capito: Dio sa che siamo uomini e che come tali possiamo sbagliare ed andare contro i suoi desideri e poichè ci ama credo che alla fine ci perdonerà, qualsiasi scelta sbagliata possiamo aver fatto nel corso della nostra vita (ivi esclusa, forse, la scelta di rifiutarlo completamente). Ma ho anche capito un’altra cosa: Gesù è morto sulla croce, abbandonato da quasi tutti i suoi affetti, e non di vecchiaia, circondato dall’amore dei suoi cari nel suo letto. Al culmine delle sue sofferenze, in quanto vero uomo, oltre che vero Dio, ha pregato il Padre perchè lo chiamasse a sè evitandogli ulteriori sofferenze, in ciò dimostrando tutta la sua umanità e la vicinanza a noi tutti. Ma non ha chiesto di essere infilzato dalla lancia del soldato prima del tempo per cessare di soffrire. D’altra parte Gesù, sulla croce, ha accettato la “posca”, la mistura di acqua e aceto con cui i soldati romani usavano dissetarsi e che un soldato, appunto, gli ha porto, quando Gesù ha detto di avere sete, come atto di pietà, come “cura ordinaria” potremmo dire in questo contesto di cui stiamo discutendo. No, non credo proprio che Dio sia contento della nostra sofferenza così come non ne è la causa. Ma sono convinto che non sia invece affatto contento quando compiamo quell’atto di superbia, arroganza e rifiuto di Lui che è la soppressione di una vita, nostra o altrui, il dono più prezioso che ci ha fatto.

                  P.S.: Ovviamente quest’ultimo commento non pretendo che abbia alcuna considerazione da parte di chi è ateo o agnostico ma credo dovrebbe averne da parte di chi si professa cristiano/cattolico.

                  P.S. 2: come ho sempre specificato nei miei commenti, io esprimo delle opinioni personali, opinioni che mi sono fatto nel corso della mia vita studiando ed approfondendo certe tematiche e vivendo nell’ambiente culturale e professionale in cui sono vissuto. Non pretendo che siano condivise e, qualora non siano corrette e di ciò mi si convinca, sono sempre disposto a cambiare opinione. Certamente però non ho la pretesa di parlare a nome di altri o di esprimere delle “verità” assolute anche se ovviamente sono convinto della bontà di certe mie idee. 🙂

                  • Antonio72 ha detto in risposta a StefanoPediatra

                    StefanoPediatra

                    1. Se ne deve dedurre che il giudizio sull’ordinarietà della cura rappresentata dall’alimentazione ed idratazione forzata non può essere assoluto, anche se lo scrive in maiuscolo. E ed è lei stesso a sostenerlo.
                    2. Io intendo diversamente lo stato quantitativo da quello qualitativo. Per me il primo rappresenta la durata temporale che una terapia, cura o trattamento sanitario, può ritenersi ammissibile sulla base di valutazioni oggettive cliniche, ma anche soggettive del paziente. Altrimenti ne viene un uomo in totale balia di una società tecnocratica che forse un giorno sarà in grado di mantenere funzionale un sisema vegatitivo indefinitivamente, fino alla completa atrofizzazione cerebrale.
                    3. Venendo ai casi specifici questa valutazione non può essere demandata totalmente al medico senza che la volontà del paziente ne venga coinvolta. E poi perchè nei criteri oggettivi del medico sulla base dei quali decidere se vi sia o meno accanimento terapeutico, non dovrebbe essere compresa l’aspettativa reale (quindi statistica) di una terapia o cura e non quella immaginaria o sognata?
                    Alcuni affermano che vi sono stati di risvegli di stati vegetativi dopo vent’anni, ma credo che lei debba contestare, secondo la sua analisi oggettiva, un criterio del genere non oggettivo per stabilire alcunchè, almeno non senza coinvolgere il paziente stesso.
                    Sarebbe disumano che il medico sappia che la possibilità di risveglio e recupero di uno stato vegetativo sia dello 0,1% e che magari la corteccia devastata non consenta più di recuperare quelle funzioni proprie di un uomo costretto allo stato vegetale, e si attacchi a questa misera speranza continuando a mantenere una condizione straordinaria ed irrecuperabile trincerandosi dietro alla dubbia definizione di cura ordinaria.
                    E tutto questo aggravato dal fatto che spesso quella vita non-vita comporta il sacrificio, ingiusto e vano, di altre vite, legate a queste ridicole speranze da fili irreali, e costrette ad un limbo in cui gli viene negato sia l’affetto del proprio caro sia lo sfogo consolatorio di un corpo su cui piangere.
                    Se devo giocare alla lotteria con la mia vita e quella dei miei cari, vorrei sapere se il mio biglietto è vincente e quali probabilità ho di vincita e in che cosa si concretizzerebbe questa vincita. Chi altri? Nessuno chiede di essere infilzato dalla lancia, anzi tutt’al contrario, si chiede di non esserne infilzati contro la propria volontà.

                  • Luigi Pavone ha detto in risposta a StefanoPediatra

                    Mi intrometto solo perché citato. Una volta c’era un tipo che mi citava continuamente facendomi dire cose che non avevo mai detto (non ricordo il suo nome), era divertente. In questo caso, a onor del vero, non si tratta di una citazione sbagliata, però senz’altro incompleta. Io ho scritto: “Il rifiuto ad alimentarsi — quando si è nelle condizioni per poterlo fare – […]”. L’inciso ha tenuto conto, ancor prima che lei intervenisse, modestia a parte, delle sue obiezioni. “quando si è nelle condizioni per poterlo fare” significa quando l’alimentazione non comprometta ulteriormente la salute del paziente. Ma qual è il medico che propone al paziente qualcosa che compromette ulteriormente la sua salute, se non per errore? Se al card. Martini è stata proposta l’alimentazione artificiale è sottinteso che questa non sarebbe stata causa di un acutizzarsi della malattia.

                    Dunque, la sua obiezione è stata pensata e trattata ancor prima che lei la presentasse.

                    • StefanoPediatra ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Luigi, mi fa piacere che lei apprezzi il fatto che non l’ho citata in maniera sbagliata. Questo metodo in effetti non mi appartiene, almeno per quanto attiene l’aspetto volontaristico; poi, in buona fede, talvolta può anche capitarmi di capire fischi per fiaschi.

                      Venendo alla mia citazione che lei obietta essere incompleta, devo francamente dire che io l’ho citata non relativamente alla frase che lei ora riporta “Il rifiuto ad alimentarsi — quando si è nelle condizioni per poterlo fare –, in quanto non classificabile come rifiuto di accanimento terapeutico, non può essere considerato un bene o un male a seconda delle diagnosi circa il tempo che mi resta da vivere (tutti noi abbiamo un tempo restante da vivere, più o meno corto o lungo)” ma in relazione a quanto affermato con questa sentenza: “non possono esserci differenze qualitative (le differenze etiche sono qualitative) sulla base di valutazioni quantitative (la morte sarebbe comunque sopraggiunta etc., e simili).” Se la vede in questa prospettiva non mi pare che si possa dire che ho estrapolato una parte del suo pensiero: lei ha asserito che “non possono esserci differenze qualitative (le differenze etiche sono qualitative) sulla base di valutazioni quantitative (la morte sarebbe comunque sopraggiunta etc., e simili).” e io ho obiettato, citandola secondo me a tono, che a mio parere “l’aspetto che lei (Antonio72, ndr) e Luigi Pavone chiamate “quantitativo” (lo stato clinico del malato) ha assolutamente influenza su quello “qualitativo” (etico) cambiandolo radicalmente”.

                      Ciò detto, la sua attuale spiegazione della frase “quando si è nelle condizioni per poterlo fare” nel senso di “quando l’alimentazione non comprometta ulteriormente la salute del paziente” devo dirle che nel contesto originale (che sono andato a rileggermi) e alla luce di tutto quanto precedentemente (anche in altri post) da lei scritto, a me ha fatto pensare a tutt’altro e più precisamente ho inteso che lei si riferisse alla possibilità per una persona di potersi esprimere a riguardo delle cure di cui stiamo parlando: in altre parole ciò che è stato negato a Eluana e ciò che ha potuto fare il Cardinal Martini. Ma se lei mi dice che ho capito male… forse anche altri hanno inteso come ho inteso io il suo commento, forse no…

                      Peraltro nel suo commento lei sosteneva che se le cure ordinarie non possono essere considerate terapie allora il loro rifiuto non può considerarsi rifiuto di accanimento terapeutico. Io ho già spiegato il mio pensiero secondo cui le stesse cure ordinarie possono diventare cure sproporzionate in determinate situazioni cliniche del paziente. Evidentemente abbiamo opinioni diverse.

                      Infine, non vedo francamente dove il suo inciso ha prevenuto le mie obiezioni. Semmai le mie obiezioni sono successive al suo inciso e obiettano proprio a quanto da lei asserito. Ma non è poi che “se sia nato prima l’uovo o la gallina” sia tema che a me interessi più di tanto.

                    • lorenzo ha detto in risposta a Luigi Pavone

                      Ammettiamo che tra medico e paziente si fosse ipoteticamente svolto un discorso simile:
                      – Eminenza, lei non riesce più ad alimentarsi autonomamente e dovremmo applicarle un sondino: se non lo facessimo, stante il suo attuale quadro clinico, la sua morte potrebbe essere anticipata da qualche ora ad un paio di giorni.
                      – Lasciamo perdere e prepariamoci ad incontrarLo.

              • Antonio72 ha detto in risposta a StefanoPediatra

                Il nocciolo è questo, visto che le piacciono gli schemini:
                – Il sondino può configurarsi come accanimento terapeutico,
                quindi l’equazione sondino=cura ordinaria non è fondata.
                – L’accanimento terapeutico si ha quando una terapia è sproporzionata rispetto ai risultati attesi e quando ciò comporta anche una vana sofferenza per il paziente
                – Se l’accanimento terapeutico può essere valutato quantitativamente, per es. il sondino diviene accanimento terapeutico via via che ci si avvicini al decesso, allora in base a quali criteri si rigetta la definizione di accanimento terapeutico quando si ha un prolungamento temporale della cura col sondino, talvolta indefinito, senza che allo stesso tempo si prevedano (ragionevolmente) possibilità di miglioramento clinico, impedendo in certi casi addirittura al paziente di riappropriarsi della propria dignità di uomo?
                – Se invece non si ignora del tutto l’aspetto qualitativo, allora chi dovrebbe giudicare la portata delle sofferenze se non lo stesso paziente che le subisce?

                • StefanoPediatra ha detto in risposta a Antonio72

                  Rispondo qui ad entrambi i suoi ultimi commenti anche se, devo dirglielo in tutta onestà, mi pare irrilevante che io lo faccia visto che lei capisce solo quello che vuole capire e non fa altro che fare del fumo per confondere le acque. A parole, le do atto di ciò, lei è un mago.

                  1. il maiuscolo non l’ho usato per assolutizzare un fico secco ma solo per ribadire un concetto espresso più volte; alimentazione e idratazione sono cure ordinarie (sempre a mio giudizio) fino a quando non nuocciono al paziente stesso; la loro “qualità” dipende dalla situazione clinica contingente;

                  2. prendo atto della sua definizione di

                • StefanoPediatra ha detto in risposta a Antonio72

                  Antonio, proverò a rispondere ad entrambi i suoi ultimi commenti insieme, benchè ritenga a questo punto francamente inutile farlo: lei capisce quello che vuole capire e si diverte a confondere le acque con la sua parlantina che, devo dargliene atto, è notevole.

                  La prego però di non trattarmi come un bambino deficiente “a cui piacciono gli schemini”: ho risposto per punti perchè mi sembrava più chiaro esporre il mio pensiero, non perchè mi piacciono gli “schemini”. Nello stesso modo dunque le rispondo che:

                  1. il grassetto non l’ho usato per “assolutizzare” alcunchè ma solo per dare rilievo al tema; la mia opinione, ribadisco per l’ennesima volta, è che nutrizione e alimentazione sono cure ordinarie finchè, in determinate situazioni che ho esplicitato, non diventano interventi sproporzionati; se A non è sempre B non vedo come se ne debba dedurre che A non può mai essere B (mi riferisco alle sue equazioni a mio giudizio “farlocche”);

                  2. anche una iniezione comporta una seppur vana sofferenza per il paziente: è accanimento terapeutico? io credo proprio che ciò che determina se un atto è accanimento terapeutico o no non è la sofferenza che provoca ma il fatto che sia inutile/dannoso o al contrario utile per il paziente; dunque sono d’accordo solo sulla prima parte del suo punto;

                  3. in una persona viva (no EEG piatto) senza l’ausilio di macchine e la cui morte non è ineludibile indipendentemente da alimentazione e idratazione, alimentazione e idratazione sono cure ordinarie fino a che (il tempo non lo decide il medico ma la natura, o Dio per chi ci crede) il paziente eventualmente non peggiora e queste cure ordinarie diventano ininfluenti quoad vitam o addirittura dannose.

                  Mi scusi sa, ma io sono una persona semplice e rispondere per punti mi aiuta ad essere chiaro (almento nelle mie intenzioni desidero essere chiaro e non essere frainteso).

    • lorenzo ha detto in risposta a Antonio72

      Un mio conoscente mi ha confidato che, quand’era in ospedale, aveva desiderato di morire per porre fine alle sue sofferenze solo quando l’elastomero in peridurale non ha funzionato per quasi due giorni: sistemato il tubicino che portava l’anestetico alla spina dorsale, ha provato quasi vergogna per non aver saputo sopportare il dolore.
      Le terapie mediche attuali, se correttamente applicate, sono in grado di alleviare quasi completamente il dolore e pertanto la richiesta di eutanasia a motivo di sofferenze fisiche insopportabili è solo una bugia.

  12. Enrico ha detto

    Mi associo ai complimenti per l’equilibrio dell’articolo.

  13. G.T. ha detto

    Enrico da Bergamo e cattolici adulti:
    http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=32822&typeb=0&Martini-il-papa-dei-cattolici-normali

    “Parlando di Carlo Maria Martini si è usata sovente, e giustamente, l’espressione “l’altra chiesa”, per dire che rispetto alla curia romana, tetragona depositaria di obblighi, divieti, rifiuti, incomprensioni, Martini interpretava una chiesa che non aveva paura della modernità, una chiesa quindi in dialogo con le altre chiese e le altre fedi, con gli scettici e i non credenti, una chiesa quindi conciliare e non “curiale”.”

    e…

    “Ma tutto questo è il frutto di un’altra verità, più semplice e più “primaria” contemporaneamente: quella che ha salutato Martini come un papa è la chiesa dei cattolici normali, la chiesa fatta da tante donne che usano la pillola, da tanti uomini che usano il preservativo, quella fatta da tanti uomini e donne che non capiscono perché ai divorziati sia proibito partecipare alla comunione, anche se – per esempio- dopo essere stati abbandonati dal coniuge hanno trovato l’opportunità di ricostruirsi una vita affettiva.
    Una chiesa che non capisce perché alle donne sia precluso il sacerdozio, una chiesa che non capisce perché a Welby sia stato proibito il funerale nella casa del suo Signore visto che lui non ha neanche violato le vigenti disposizioni, che proibiscono di sospendere idratazione e alimentazione e non la ventilazione. ”

    “Una chiesa che non capisce perché “l’altra chiesa” si preoccupi solo di inizio e fine vita e mai di quel che c’è in mezzo, una chiesa che non capisce perché una ragazza doveva restare per altri vent’anni attaccata a una macchina se l’esserci stata per vent’anni non aveva riportato neanche un filo di speranza. E’ una chiesa che non capisce l’ipocrisia di corsi prematrimoniali aperti anche a conviventi nei quali si dice che il sesso prematrimoniale è “colpa grave”. E’ una chiesa di cattolici normali, quelli che si sentono sempre più lontani dalla chiesa di una curia che ha lodato per decenni Berlusconi prima di scoprire, folgorata sulla via di Damasco, Monti. ”

    Volete fare andare la Chiesa in malora?

    • luca ha detto in risposta a G.T.

      Sei sicuro di poter dire quale sia e dove stia la “malora” rispetto ai disegni dell’Altissimo ? Pensi davvero possa coincidere con un disegno “politico” o comunque di potere ?
      Un cattolico normale

      PS Benedetto XVI, a proposito di Giuda, mi sa sia anche lui almneno un poco “normale”

      • G.T. ha detto in risposta a luca

        Perché bisogna sempre distinguerci gli uni agli altri. Bisogna usare le parole di Verità. Non sono quelle popolane!
        Chi è d’accordo segua Cristo, gli altri possono rinnegarlo ma non distruggerLo.

        • luca ha detto in risposta a G.T.

          Giusto. Solo non si capisce perché le sopra definite posizioni dei “cattolici normli” sarebbero distruttive rispetto alla Chiesa di Cristo.

          • G.T. ha detto in risposta a luca

            Perché certa stampa vorrebbe dividerci. Alcuni cattolici definiti “normali” sono quelli che si battono insieme a loro.

            • luca ha detto in risposta a G.T.

              Dunque ci sarebbero dei cattolici “normali” che si battono con i nemici di loro stessi. Tendo a considerarli uniti agli altri, almeno sino a prova contraria. Quale sarebbe il criterio di divisione ? Politico, par di capire… Cosa c’entra tutto questo ?

    • Enrico da Bergamo ha detto in risposta a G.T.

      Che confusione tra regole di vita es celibato ecclesisiastico obbligatorio e dogmi veri e propri come la non chiamata delle donne al servizio sacerdotale.

    • EquesFidus ha detto in risposta a G.T.

      Anzitutto, cosa vuol dire “cattolico normale”? La persona che segue la modernità ed il mondo, che per quieto vivere s’inchina dinanzi a tutto meno che all’Eucaristia, che accetta e propaganda malignità e falsità contro la Chiesa che l’ha accolta? Se questo è il caso, io non voglio essere un “cattolico normale”, ovveroisa un tale su una strada pericolosamente in discesa.
      Se invece si parla di “cattolico normale”, nel senso di “cattolico come dovrebbe essere”, allora si ragiona: una persona che rifugge il peccato, ama la Tradizione, la Scrittura ed il Magistero, ama la Chiesa e cerca di migliorarla, s’inchina solo dinanzi a Dio e non ha paura di dire pane al pane e vino al vino. Io non posso mettermi in questa seconda ottica, poiché non sono un santo, ma l’obiettivo è certamente quello.
      I vaneggiamenti di cui sopra sono dichiaratamente furoviati e fuorvianti: lo sono poiché il fatto che tante persone usino pillola e preservativo e s’impegnino in rapporti prematrimoniali non lo rende legittimo, lo sono perché anche rifiutare la ventilazione è al pari del rifiutare cibo e acqua, lo sono perché non conoscono i Santi i quali, invece, si preoccuparono assai di ciò che c’è nel mezzo tra nascita e morte, in verità in maniera assai zelante. Inoltre, sono cose certamente non nuove e ribadite dai Vicari di Cristo con pronunciamenti infallibili (poiché detti ex cathedra), e quindi immutabili checché costoro obiettino, perlomeno da qualche decina d’anni, per cui non è scusabile l’ignoranza. Questi discorsi possono andar bene tra gli eretici e gli scismatici austriaci, non fra i cattolici che conoscano un minimo e la Scrittura ed il Magistero. Sono assai convinto, appunto, che la nascita di simili ragionamenti erronei nasca da un’abissale ignoranza di ciò che Gesù (spesso dipinto come un sornione hippy pacifista, quando fu tutt’altro) prima ed i Suoi apostoli e santi dopo mostrarono e dissero.

  14. luca ha detto

    Si legge nell’articolo, per bocca del cardinal Ruini «Abbiamo avuto all’interno del Consiglio permanente della Cei un dialogo amichevole e a più voci, mai uno scontro. Non sono mai emerse del resto divergenze profonde». La conclusione: “Nella Chiesa ci possono essere percorsi culturali diversi, anche divergenze forti, ma non ci sono mai due Chiese”. Concordo pienamente (é più o meno quel che ha detto il cardinal Scola nell’omelia).
    A leggere i commenti qui sopra e pensando alle pessime uscite (adf esempio di Antonio Socci come di tanti altri …) mi viene da dire che almeno su di una cosa il Cardinal Martini si sia sbagliato. Avrebbe affermato “la Chiesa é indietro di 300 anni” riferendosi par di capire alle posizioni sociali e politiche della Chiesa gerarchica. A me pare invece che proprio la sua vicenda dimostri come la Chiesa gerarchica sappia talora essere più “aperta” (al dialogo, alla Speranza, allo Spirito), più plurale o addirittura democratica rispetto alla Chiesa – popolo di Dio.

    • Ottavio ha detto in risposta a luca

      Beh condivido la tua posizione. Il card. Martini si è sbagliato su tante cose, non solo su questo.

      Mi spiace ma non conosco la “Chiesa gerarchica”, è un termine laicista e mediatico.
      E non ho mai messo in dubbio che sappia essere aperta.

      Infine lascerei i giudizi sul “popolo di Dio” a Dio, se non ti dispiace.

      • luca ha detto in risposta a Ottavio

        Hai ragione. Forse si capisce meglio se sostituisci “Magistero” oppure “Vaticano” a “Chiesa gerarchica”. Quanto al popolo di Dio, io e te contiamo di appartenervi pur se non abitiamo in Vaticano. Spero che in questi termini sia più chiaro.

    • G.T. ha detto in risposta a luca

      Luca ok sui significati siamo d’accordo. Quello su cui divergiamo è: quello che c’è da fare…
      La democrazia è una forma che non appartiene alla Chiesa. I punti di vista ci possono essere, ma hanno uno scopo se sono fini alla Tradizione non se conducono alla distruzione totale.

      • luca ha detto in risposta a G.T.

        Scusa ma non é chairo: chi distrugge cosa, con che atti ? Io ad esempio non credo che professare le tesi dei così definiti “cattolici normali” implichi distruggere. Perlomeno se sei daccordo nell’affermare che la Chiesa non é un partito politico, non può né deve esserlo. La Chiesa non é una democrazia, nel senso che il suo bene non coincide necessariamente con il successo politico e mediatico ma é nelle mani dello Spirito Santo, non degli uomini.

        • G.T. ha detto in risposta a luca

          Matrimoni gay, eutanasia, aborto e divorzio.
          I cattolici devono essere attivi nella vita dello Stato e opporsi.
          Noi dobbiamo portare la Verità laddove non ce ne sia.

          • luca ha detto in risposta a G.T.

            Ovviamente sui principi siamo daccordo. Tuttavia sugli strumenti e le modalità di attuazione possono esserci sensibilità, esigenze, carismi diversi. Su questo, sulla politica, anche gli apostoli sotto la guida dell’unico Spirito Santo si dividevano. Io penso che il cardinal Martini abbia saputo usare della sua particolare ed individuale sensibilità come del suo carisma nel modo migliore. Sempre in comunione con la Chiesa (come ricorda l’articolo). Questo dovrebbe esserci credo di esempio, invece noi Chiesa – popolo di Dio siamo ancora qui a dividerci e scomunicarci reciprocamente tra cattolici “normali”, “adulti” e “dogmatici”.

            • EquesFidus ha detto in risposta a luca

              Mi par un discorso troppo artificioso e detto per pararsi le spalle. A me par invece di ricordare che un cattolico debba accettare integralmente e i dogmi e il Magistero straordinario, poiché tale condizione è imprescindibile dal poter essere cattolici. Se si diverge da esso, si è eretici. E, purtroppo, oggigiorno esistono parecchi che si proclamano cattolici ma che poi, nei fatti, sono eretici. L’avere sensibilità ed esigenze (culturali e personali) diverse non può e non deve diventare un pretesto per calpestar questa verità da sempre asserita dalla Chiesa. Inoltre, gli Apostoli si divisero non per diversità di vedute ma per portare l’unità dell’unica Chiesa ovunque, erchè “ut unum sint”. La diversità di carismi, di appartenza sociale o a movimenti (religiosi o laicali) diversi non deve far ritenere autorizzati a scegliere ciò che si reputa giusto del Magistero e a rigettare ciò che si ritiene errato.

              • luca ha detto in risposta a EquesFidus

                Leggiti cosa dice il nostro catechismo sul magistero su coscienza individuale, libertà, respnsabilità. Se pensi che Martini fosse eretico, prova a spiegarti come mai non solo chi poteva e doveva correggerlo – scomunicarlo non l’ha fatto, ma gli ha affidato responsabilità pastorali sempre più grandi

                • EquesFidus ha detto in risposta a luca

                  Non ho mai detto che Martini fosse un eretico, bensì la mia era una critica al cattolicesimo “adulto”.

                  • luca ha detto in risposta a EquesFidus

                    E’ proprio quiesto il punto. Se Martini non é eretico nemmeno il cattolicesimo adulto lo é. Se Martini é stata una personalità importante del magistero della Chiesa non si piò poi criticarlo in nome dell’unità del magistero. Mentre il vaticano anziché reprimerla ha promosso questa ampiezza di vedute noi siamo ancora qui a dividerci e scomunicarci reciprocamente tra cattolici “normali”, “adulti” e “dogmatici”. L’ampiezza di vedute o le diverse sensibilità sono il sale se non vogliamo una Chiesa composta di ignari, inconsapevoli (= irresponsabili) soldatini votati solo alla cieca obbedienza.

            • EquesFidus ha detto in risposta a luca

              Ed inoltre, mi par riduttivo chiamar “principi” quelli che sono pronunciamenti definitivi in tema di morale.

          • Enrico ha detto in risposta a G.T.

            Ma ti sembra che il cardinale Martini fosse favorevole a matrimoni gay, eutanasia, aborto e divorzio? Se sì vuol dire che sei disinformato. Per questo dico che è assurdo farsi la guerra tra noi cattolici, solo perchè lo stesso messaggio (quello del Vangelo) viene declinato con sensibilità diverse. E, soprattutto, togliamo dal Vangelo la politica! Basta con i cattolici di destra tutti tradizione e principi non negoziabili ma spesso poco attenti ai bisogni del prossimo e con i cattolici di sinistra pauperisti tutto impegno verso il prossimo ma con poco Cristo e troppe aperture alle mode del mondo. Il messaggio del Vangelo lo possiamo consultare e vivere, attraverso la Chiesa, quotidianamente ed è un messaggio chiaro ma allo stesso tempo impegnativo, a volte ci può sembrare fin troppo difficile, di sicuro è capace di metterci in discussione e provocarci come nessun altro messaggio mondano. Proviamo a prenderlo sempre più sul serio nella sua integrità (e non solamente nelle parti che ci vanno più a genio, lo dico innanzitutto per me stesso) e allora tante polemiche e distinzioni su chi è più puro verrebbero meno.

            • G.T. ha detto in risposta a Enrico

              Non hai capito una BEATA mazza.
              Quelle che chiami “sensibilità diverse” sono tendenze che conducono fuori dalla Chiesa. Non devono esistere correnti nella Chiesa. C’è la Chiesa che è una, da seguire.
              Inutile annacquare la minestra: o te la mangi, o scappi dalla finestra!
              Cardinal Martini ha iniziato un percorso di disaffezione, portando i vari nemici alla Mancuso..

              • Enrico ha detto in risposta a G.T.

                Vallo a dire a Benedetto XVI o a Scola, esponenti della sola ed unica Chiesa cattolica che, se permetti, sono un pò più autorevoli di te e che hanno espresso parole positive e di apprezzamento nei confronti del cardinal Martini. Interrogati su questo, dal momento che qui chi manifesta un pensiero discordante rispetto al Papa mi sembra che sei proprio tu, che evidentemente su questo argomento non segui così tanto la Chiesa.

                E comunque anch’io ho molte perplessità su alcune uscite di Martini, che con i suoi sottili distinguo (tipici di una lunga tradizione gesuitica) ha prestato il fianco a parecchie strumentalizzazioni, ma mi sembra assurdo fare tutta questa guerra nei confronti di una persona che ha speso tutta la sua vita a servizio della Chiesa. Nel frattempo ha sicuramente commesso qualche errore, ma c’è da confidare nel Dio misericordioso annunciatoci da Gesù e comunque non sta a noi emettere un giudizio definitivo sulla sua persona.

                • G.T. ha detto in risposta a Enrico

                  Allora non leggi eh?
                  Ho detto che il cardinale era una persona perbene, ciò è stato ribadito dal Papa e da Scola.
                  Quello che si sta cercando di capire sono le sue posizioni critiche verso la Chiesa.

    • EquesFidus ha detto in risposta a luca

      Ma che cosa vuol dire Chiesa gerarchica? Non esisteva solo una Chiesa, quante ne esistono? E’ esattamente lo stesso errore di chi usa “gerarchie” al plurale, signori pur noi siamo nella gerarchia e ne esiste solo una, poiché la Chiesa è “Una, Santa, Cattolica ed Apostolica”.

  15. Ciro ha detto

    Condivido col cuore e con la mente, nonostante qualche sottolineatura, questo articolo sia per il contenuto sia per la forma garbata. Mi pare che sia pervaso da una ricerca della verità (per quanto noi contemporanei possiamo oggettivamente cogliere), sostenuta da rispetto e da carità cristiana verso tutti. Questo è esprimere un leggittimo pluralismo di opinioni nella Chiesa, rispettando l’unità e senza contrapporsi, specie, fra fratelli nella Fede. Verità e carità sempre, che non significa uniformità. Discutiamo vivacemente, ma per cercare le verità e difendere la Verità e non per mostrare “ho ragione io” e,sopratutto, senza dare il destro o scandalo a chi non è cattolico e che attacca la Chiesa che è nostra Madre!

    • Vincenzo ha detto in risposta a Ciro

      Condivido quanto sostiene Ciro. In una fase storica in cui il Cattolicesimo subisce durissimi attacchi da svariati fronti con una potenza di mezzi di informazione senza pari (i principali quotidiani italiani sono tutti più o meno larvatamente contro la Chiesa) e “il nemico è alle porte” (vedasi ad es. articolo su Dawkins su questo sito)occorre che i cattolici mostrino maggior compattezza, evidenziando tutto quello che hanno tra loro in comune (che è tantissimo)ed essendo più cauti sul dividersi su questioni sicuramente importanti, ma non determinanti ai fini dell’appartenenza al mondo dei credenti. Le differenze che separano dagli ateisti alla Dawkins, Odifreddi e simili sono abissali, le divergenze all’interno del Cattolicesimo in confronto sono poca cosa. Cerchiamo di non fare come i capponi di Renzo Tramaglino!

  16. lorenzo ha detto

    Il Card. Martini non l’ho mai ben digerito:
    – più che un cardine mi pareva, in etica ed in morale, l’asta di una banderuola;
    – più che cacciare i mercanti dal tempio, mi sembrava cercasse di scendere a patti con loro;
    – più che usare il “sì, sì; no, no” di evangelica memoria, ho l’impressione che usasse spesso so ed il ni.

  17. Orbitalia ha detto

    non ho ancora letto gli altri commenti, scrivo a caldo subito dopo aver letto l’articolo. Beh, che dire? trovo l’articolo un po’ troppo tenero, ma è possibile che sia giusto così. Da parte mia, penso che da un cardinale, e da una persona intelligente quale era Martini, mi sarei aspettato posizioni più nette, proprio sapendo (e Martini lo sapeva, non lo neghiamo) che posizioni sfumate sarebbero state fraintese e strumentalizzate. Quini no, il cattolicesimo di Martini non mi convince affatto. Quando vorrò leggere qualcosa di eretico, andrò a leggermi i buoni cari vecchi eretici dei primi secoli cristiani, non delle loro sfumate imitazioni

  18. ciocco ha detto

    A me Martini piaceva tanto, sicuramente le tirate di giacca da parte dei laici sono inopportune, ma siamo sicuri che la Chiesa non sia rimasta a 200 anni fa?? Io credo che non ci sia bisogno di rivoluzioni, che nella storia non sempre si sono rivelate durature, quanto piuttosto di alcuni piccoli cambiamenti riguardo circostanziate posizioni. Es: considerato l’aborto come illecito moralmente, se una donna rischia la propria vita nel portare a termine una gravidanza, la chiesa cosa dice?? Riguardo l’anticoncezionale da usare in una coppia sposata, perchè impedirlo sostituendolo con una metodica che ha forma diversa ma scopo simile?? Un divorziato/a che ha subito il divorzio causa adulterio e decide di convivere con un uomo o donna che ama e che decide di accogliere i figli in casa sua, perchè gli si dovrebbe negare la comunione?? Possibile che Gesù, il quale sosteneva che non è stato fatto l’uomo per il sabato ma il sabato per l’uomo, non avrebbe acconsentito??

    • G.T. ha detto in risposta a ciocco

      Come si fa a non capire che una questione etica. Non vi rendete conto, secondo me che la Chiesa non è scema. Ha capito che se s’inizia ad accettare piccole pretese si finisce per diventare come la vuole il mondo.

    • Orbitalia ha detto in risposta a ciocco

      ma guarda, per quanto riguarda la questione ‘donna incinta in pericolo di vita’, la faccenda è semplice e notoria: si cerca di salvare tutti e due! se poi nel corso della terapia è inevitabile la morte del bambino, questa non è stata causale, non è stata voluta: si è trattato semplicemente di una conseguenza non cercata. c’è poi da dire, però, che una mamma che antepone il bene di suo figlio al suo, correndo il rischio di morire, a me pare una scelta molto più grande. ma su questi argomenti ci sarebbe da scrivere di più e con più completezza di quanto non stia facendo io ora.

      • Luigi Pavone ha detto in risposta a Orbitalia

        Orbitalia, di chi parli? L’aborto così detto terapeutico, al fine di salvare la vita della donna, è un aborto in piena regola. Se si ammettesse soltanto l’aborto che è tale in conseguenza di terapie rivolte alla madre (la più coerente per un antiabortista), si costringerebbe una donna a portare avanti la sua gravidanza anche quando è in pericolo di vita. Questa posizione è da tribunale dell’Aia, naturalmente.

        • Orbitalia ha detto in risposta a Luigi Pavone

          non credo che le cose stiano così. se una donna incinta è in pericolo di vita, e non si possono salvare sia la donna che il bambino, allora si decide di salvare la madre, anche se la terapia per la madre porterà alla morte del bambino. ma non è un aborto terapeutico. non si dice: ‘uccidiamo il bambino per salvare la madre’, bensì: ‘salviamo la madre, anche se questo comporterà un alto rischio (o la certezza) di perdere il bambino’

          • Luigi Pavone ha detto in risposta a Orbitalia

            E’ come ti ho detto. Perfino in Irlanda una donna non è costretta a portare avanti la gravidanza se ciò comporta un pericolo (che però non è mai certezza assoluta) per la sua vita. In quei casi è consentito l’aborto, che è tale non in conseguenza di terapie rivolte alla madre etc., ma aborto da manuale.

    • luca ferrara ha detto in risposta a ciocco

      Per quanto riguarda l’aborto in caso di pericolo per la donna incinta anche la Chiesa lo ammette come la legittima difesa(su questo punto l’obiezione di coscienza non vale), ovviamente se una persona sceglie di proseguire la gravidanza o di non difendersi sono dimostrazioni di virtù eroiche

    • Fabio Moraldi ha detto in risposta a ciocco

      Concordo con Orbitalia!

      -Il problema è che la Chiesa è sempre coerente. Non è che l’embrione diventa un essere umano di serie B se c’è il pericolo di vita della madre, ma rimane sempre un essere umano.

      -Rispetto agli anticoncezionale all’interno di una coppia sposata, la Chiesa chiede di mantenere l’uso dei metodi naturali per evitare la deriva consumistica del rapporto sessuale. Gli anticoncezionali facilitano una mentalità possessiva del corpo dell’altro e sono contrari alla vita, mentre la regolazione secondo i metodi naturali scongiura tale deriva e impone una moderazione e una partecipazione, e rimane aperta alla vita in quanto segue le leggi naturali.

      -Qui è spiegato bene perché un divorziato che contrae un nuovo matrimonio non può ricevere la comunione: http://www3.lastampa.it/domande-risposte/articolo/lstp/456858/ Gesù ha affermato in realtà: «Non osi separare l’uomo ciò che Dio ha unito»

    • Sophie ha detto in risposta a ciocco

      “Riguardo l’anticoncezionale da usare in una coppia sposata, perchè impedirlo sostituendolo con una metodica che ha forma diversa ma scopo simile??”
      Di che metodica parli? Basarsi sui periodi fertili e non fertili equivale a seguire il corso della natura (se parlavi di questo). Questi periodi molto probabilmente ce li ha dati Dio per evitare che una donna si ritrovi con centinaia di pargoli. Non è che una può passare tutto il tempo della sua vita a partorire.

      “Un divorziato/a che ha subito il divorzio causa adulterio e decide di convivere con un uomo o donna che ama e che decide di accogliere i figli in casa sua, perchè gli si dovrebbe negare la comunione??”
      Il divorziato che ha subito il divorzio può prendere la comunione mi pare e fare l’annullamento ma non sono sicura. La Chiesa in generale non è per la convivenza (oggi sempre più usata a mo di prova) perchè il matrimonio è fra i due coniugi e Dio. Nella convivenza Dio non c’è. L’unica cosa è che se hai divorziato devi rimanere casto perchè risulti ancora legato a quella persona. E’ per questo che la Chiesa chiede riflessione, conoscienza e preferibilmente castità, perchè una persona allenata a tenere a freno i suoi impulsi difficilmente poi tradirà. Se poi mi parli di casi limite, allora lì è un altro discorso. Che so tipo di marito che picchia a sangue la moglie o la riduce in povertà estrema, credo che lì la Chiesa acconsenta alla separazione. Lo stesso Papa Giovanni Paolo annullò un matrimonio per una storia simile e questo me l’ha detto una suora. Certo poi non si può risposare, nè convivere. Il secondo matrimonio c’è solo per i vedovi a quanto so io.

      “Possibile che Gesù, il quale sosteneva che non è stato fatto l’uomo per il sabato ma il sabato per l’uomo, non avrebbe acconsentito??”
      Gesù disse:”Nessuno separi ciò che Dio ha unito”. Nessuno ti costringe a sposarti. Gesù chiede responsabilità. Se il matrimonio per sempre con tutti i sacrifici che può richiedere ti spaventa, non fare il passo. Io al momento non mi sento pronta per un matrimonio e una famiglia perchè è una cosa che, ammetto sinceramente, mi spaventa e per il momento non lo faccio un passo così importante. Ci penserò quando sarà convinta, per me passare la vita con un uomo è una cosa seria e non esiste:”Vabè mi sposo, tanto male che va divorzio e poi come se nulla fosse”

      • Titti ha detto in risposta a Sophie

        Per quel che ne sò, non vi è eccezzione alcuna che consenta di prendere la comunione ai divorziati, solo i separati che si mantengono casti. Si ci può risposare in Chiesa anche una seconda volta a patto che la Sacra Rota annulli il matrimonio precedente, ma è un processo lungo e costoso, perchè bisogna dimostrarne l’invalidità nel momento stesso in cui è stato contratto.

        • Sophie ha detto in risposta a Titti

          Guarda non lo so, mi stanno venendo dei dubbi…

          • GiuliaM ha detto in risposta a Sophie

            Titti ha ragione, i separati “non riaccompagnati” possono fare la comunione. Rimando a http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=719

            • Sophie ha detto in risposta a GiuliaM

              Grazie ad entrambe!

            • Sophie ha detto in risposta a GiuliaM

              Scusate l’off topic. Stavo dando un’occhiata al sito UAAR perchè mi serviva di saperne di più sul caso cristianofobia in Gran Bretagna. A parte il 90% dei post che mi ricordano un pò le anime dell’Inferno descritte dai mistici, che sotto tortura ne dicono peste e corna in preda all’odio verso Dio e tutto ciò che lo rappresenta. Ma più che altro mi sono imbattuta in questo post che mi ha lasciata perplessa… ma questi sono matti!!!!

              DanielN scrive:
              5 settembre 2012 alle 14:19
              Ormai è il caso di dirlo: non c’è più religione!

              Ma cristo santo perchè si lamentano continuamente appena,appena gli si torce un peluzzo?
              Ma la devozione tanto millantata? Lo spirito di sacrificio? Il supplizio? Il martirio?
              Son finiti i bei tempi dei cristiani che si facevano arrostire per poter raggiungere le vette della santità da cui contemplare in beatidudine il loro dio?

              Subito a batter i piedi per terra e a passare alle vie legali? Non ci sono più i cristiani di una volta!

    • EquesFidus ha detto in risposta a ciocco

      Anzitutto, se una donna rischia la propria vita per mettere al mondo un figlio è (se non vado errato) legittimo l’aborto, poiché si preferisce il minore tra i due mali; tuttavia, qualora decidesse di continuare disinteressandosi dei rischi, sarà senza dubbio eroica e vicina all’ideale di santità.
      Riguardo agli anticoncezionali c’è un’ampia letteratura in merito, in sostanza non può essere completamente scisso in un proficuo rapporto d’amore l’aspetto unitivo da quello procreativo.
      Allora, anzitutto se due divorziano entrambi sono in condizione di peccato grave e pubblico scandalo, ben diversa invece è la separazione, in cui solo chi lascia il coniuge commette peccato grave. Il motivo è semplice: la separazione lascia aperto uno spiraglio di pentimento e di ricongiunzione, spiraglio negato dal divorzio. Detto questo, la convivenza è uno stato di pubblico scandalo sia per chi sia stato maritato sia per chi non lo è, pertanto in entrambi i casi non ci si può rettamente accostare alla Eucaristia: si convertano ed accettino la Dottrina, piuttosto di pretendere di convertire la Dottrina ai propri usi.
      Certo che Gesù sarebbe stato d’accordo, poiché “non sono venuto ad abolire la Legge, ma a compierla”. Il superamento del comando umando non implica il superamento di quello divino, anzi è vero il contrario, e per rendertene conto ti invito a leggere con attenzione i Vangeli.

      • Antonio72 ha detto in risposta a EquesFidus

        Questa convinzione che la Chiesa sia un monolite inattaccabile, irremovibile, estranea ed indifferente alle richieste del mondo, è smentita, direi per fortuna, proprio dalla storia della Chiesa, anche da quella recente con il Concilio Vaticano II. (Ed anche dalle parole e opere di Cristo stesso).
        In realtà, se qualcuno può dubitare che non esistano più chiese oggi, nessuno può farlo guardando al passato della Chiesa.

        • Salvatore ha detto in risposta a Antonio72

          Beh di certo la chiesa non cambia posizione ascoltando i tuoi sermoni sull’etica e sulla morale. Metti da parte il tuo ego, e comincia a domandarti: “cosa posso imparare oggi dalla dottrina cattolica”?, piuttosto che “Cosa posso insegnare io al Papa e alla Chiesa oggi?”

        • G.T. ha detto in risposta a Antonio72

          Finalmente esci allo scoperto?

        • Antonio72 ha detto in risposta a Antonio72

          Eppure la Chiesa dovrebbe ascoltare di più le istanze dei fedeli. Se oggi ci si preoccupa che le parole e gli scritti di un cardinale della Chiesa ex-arcivescovo della diocesi più grande d’Europa, possano essere strumentalizzati dai laicisti, tanto addirittura da sentire l’esigenza di evidenziarne la fede alla Chiesa in grassetto (che è sinonimo di obbedienza, almeno per un clericale) significa che c’è qualcosa che non va, e non di certo per i miei sermoni.
          E non credo che la politica di proiettare le proprie problematiche all’esterno, per allontanarle o peggio esorcizzarle, alla fine paghi adeguatamente.

          • Salvatore ha detto in risposta a Antonio72

            “La Chiesa dovrebbe”, “la Chiesa farebbe meglio”, “la Chiesa deve imparare”, “la Chiesa sbaglia”, “la Chiesa non capisce”…ecc…

            Quanti insegnamenti che pensi di dare alla Chiesa, Antonio. Sei sicuro di poterti permettere tutto questa arroganza anticristiana? Sicuro che la tua presunzione non è all’origine della confusione che vivi nella tua fede? Medita profondamente.

          • EquesFidus ha detto in risposta a Antonio72

            Proprio no. La Chiesa non è una democrazia, e deve essere fedele a Cristo e non agli uomini, le cui istanze non contano niente in confronto alla salvezza dell’anima.

          • G.T. ha detto in risposta a Antonio72

            Che ne sai tu sulle forme, i metodi e iniziative che deve adottare la Chiesa?

        • EquesFidus ha detto in risposta a Antonio72

          A dir la verità mai la dottrina e la fede della Chiesa sono cambiati nel tempo,e per la fede e per la morale. Sono questi tentativi di una Chiesa “riformista”, di stampo protestante, magari dove i dogmi e ciò che è giusto o sbagliato viene deciso democraticamente in palese contrasto con i Vangeli e col Primato pietrino, non altro.

      • StefanoPediatra ha detto in risposta a EquesFidus

        Una piccola puntualizzazione.

        In caso di pericolo per la vita della madre occorre sempre e comunque tentare tutto il possibile per salvare la vita sia alla mamma che al feto. L’aborto terapeutico “diretto” non è di per se stesso lecito per la Chiesa Cattolica, se ho capito bene. Qualora derivi come effetto collaterale e non voluto dei tentativi di salvare entrambe le vite allora è accettabile. In altre parole la soppressione del feto attivamente è comunque eticamente inaccettabile mentre la morte del feto nel tentativo di salvare la vita della madre cercando di non nuocere contestualmente al feto non comporta un’azione contraria alla religione cattolica ed alla volontà di Dio.

        Vale lo stesso principio per l’omicidio in generale. Se sparo direttamente alla nuca di una persona che vuole uccidermi per essere sicuro di ucciderla anzichè darle semplicemente una bastonata in testa o spararle alle gambe per fermarla, la mia reazione è un omicidio. Se quella bastonata in testa risulta di fatto troppo forte o se nel tentativo di sparare alle gambe dell’omicida sfortunatamente sbaglio bersaglio e chi stava tentando di uccidermi muore allora la mia azione (che finisce comunque nell’uccisione di un’altra persona) non ha la stessa gravità della precedente.

        Peraltro non direi che la morte del feto è il male minore rispetto a quello della madre. Non se poniamo entrambi i soggetti sullo stesso piano in quanto esseri umani.

    • lorenzo ha detto in risposta a ciocco

      1 Tra madre e nascituro, la priorità spetta alla madre (a meno di una scelta coscientemente diversa della madre stessa).
      2 L’uso di anticoncezionali all’interno della coppia porta quasi sempre a considera il partner come un mezzo di piacere e non come una persona da amare.
      3 La S. Comunione e l’unione sponsale a Cristo: è lecito unirsi fisicamente a Lui e tradire il Suo insegnamento?

  19. ernesto giuseppe francioso ha detto

    Molto bene. Un contributo alla verità. Dispiace la pesantezza dei toni che non si confanno alla cultura cattolica. E’ necessario comunque interrogarsi in silenzio ed umiltà sul senso di tanto equivoco. Il popolo tace ma non dimentica. Non dimentica la storia della chiesa, sempre più letta e conosciuta; non dimentica la sessualità deviata di molti preti; non dimentica lo IOR.

    • Pino ha detto in risposta a ernesto giuseppe francioso

      la storia della Chiesa scritta da chi? Da lei? Da Pippo Odifreddi? Da Corrado Augias? Dal sommo pontefice dell’UAAR Raffaele Carcano? Totò le avrebbe detto “ma mi faccia il piacere, mi faccia”.

    • Woody85 ha detto in risposta a ernesto giuseppe francioso

      E’ proprio perché non dimentichiamo che siamo orgogliosamente cattolici. Il popolo senza memoria era proprio l’obiettivo dell’ateismo di stato sovietico, finché il popolo sarà libero di ragionare la Chiesa sopravviverà.

      • EquesFidus ha detto in risposta a Woody85

        Concordo e sottoscrivo, ricordando che, una dopo l’altra, prima o poi, volenti o nolenti, vi sarà chiesto conto di ogni menzogna anticlericale, ogni sguardo carico d’odio, ogni menzogna detta volutamente contro Cristo e la Sua Chiesa.

    • pastor nubium ha detto in risposta a ernesto giuseppe francioso

      “Dispiace la pesantezza dei toni che non si confanno alla cultura cattolica. E’ necessario comunque interrogarsi in silenzio ed umiltà sul senso di tanto equivoco. Il popolo tace ma non dimentica.”
      Signor Francioso, mi sa che si è fatto un’idea balzana della ‘cultura cattolica’: guardi che quella del gregge e del Buon Pastore è una metafora, non significa che i cattolici debbano impecorirsi sul serio di fronte a lupi, orsi e cani rabbiosi, e soprattutto di fronte ai cattivi pastori! Essere operatori di pace non significa essere fessacchiotti e starsene incantonati buoni buoni pussi pussi micio micio bau bau va tutto ben.
      “Il popolo tace”… ma in che paese vive?

  20. Sophie ha detto

    Le vostre malefatte invece non ve le ricordate, non vi conviene eh? 😉

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