Corea del Sud: una sentenza inedita a favore della vita
Sul tema dell’aborto si usa sostenere che vi siano più diritti in gioco, quello alla vita di un essere umano e quello della libertà di sopprimere la vita di un essere umano indesiderato. Ma quest’ultimo è configurabile come diritto? Se poi si pensa che la gravidanza indesiderata è conseguenza di una libera scelta -ad eccezione dello stupro- dei due partner di copulare ignorando le possibili conseguenze del loro atto, allora si capisce ancora meno perché un innocente essere umano, chiamato alla vita, debba pagare per una decisione irresponsabile, presa esercitando il legittimo diritto di scegliere dei due partner. La donna abortisce, dunque, perché ha già scelto di usare male la sua libertà (ovviamente esclusi i casi di stupro e di aborto forzato) copulando ignorando le conseguenze.
La Corte Costituzionale della Corea del Sud pare aver dato credito a questo semplice ragionamento, stabilendo, in una sentenza emessa il 23 agosto 2012, che «il diritto alla vita è il più fondamentale dei diritti umani» e che il diritto della donna di disporre del proprio corpo «non può essere invocato come superiore al diritto alla vita di un feto».
A fare ricorso alla Corte Costituzionale era stata un’ostetrica che riteneva sbagliata la pena di due anni di carcere per gli operatori sanitari che praticano aborti illegali, ma la Corte ha affermato la legittimità costituzionale del Codice penale in materia, riportando in particolare che «il diritto alla vita è il più fondamentale dei diritti umani».
La sentenza è stata criticata fortemente dalle organizzazioni femministe (ottimo motivo per compiacersi, dunque, dato che nulla c’entrano con la vera difesa delle donne) e accolta con soddisfazione dai movimenti pro-life, ma anche con cautela perché preoccupa la definizione dell’inizio della vita usata dalla Corte costituzionale, che giustifica la manipolazione di embrioni creati in vitro: essa inizierebbe con l’annidamento dell’ovulo fecondato nell’utero della donna, mentre per il mondo scientifico la vita umana inizia chiaramente al momento della fecondazione dell’ovulo da uno spermatozoo. Recentemente anche la comunità autonoma spagnola della Galizia ha preso coscienza di questo dato oggettivo, affermando che i figli “non nati” devono essere considerati come membri della famiglia, garantendo «il diritto alla maternità»
Secondo un recente sondaggio a livello internazionale, la Corea del Sud è uno dei Paesi con il più alto numero di persone non religiose (31% e 15% di atei decisi). Anche la presenza della Chiesa è davvero modesta e la famigerata “influenza del Vaticano” è decisamente blanda. C’è curiosità dunque verso chi se la prenderanno adesso abortisti e femministe, sempre pronti ad inventarsi complotti teocratici quando in realtà si tratta di argomenti affrontabili tranquillamente attraverso ragionamenti “laici”.
Un bel Paese! Vorrei andarci…
Non esageriamo adesso…si può dire che dimostra come anche dai sassi possono nascere i fiori ogni tanto.
e pensare che stiamo parlando di un paese spezzato a metà.
E’ una bellissima notizia, però ho sempre saputo che il in corea del sud ci sono molti cristiani
Grande!
W la Corea unita e libera!
magari anche un po’ più cristiana non guasterebbe!
Finalmente una scelta veramente razionale.
ho letto per caso di questo fatto… che mi ha abbastanza inquietato a dir la verità.
Cosa ne pensate?
http://www.gazzettino.it/articolo.php?id=217252&sez=MONDO
Ne penso che comunque il bambino non ne abbia alcuna colpa. Se poi lo volesse disconoscere potrà, nessuno la obbliga a tenersi un bambino concepito da uno stupro, ma ucciderlo mi pare da ordalia.
Certo, anche uccidere lo stupratore non è condivisibile… Ma il bambino a maggior ragione.
Purtroppo sono questioni estreme…ma anche in questo caso come far finta che dentro di lei ci sia una vita umana innocente? Perché rispondere alla violenza con un’altra violenza?
La donna è al quinto mese di gravidanza. La sua richiesta d’aborto sarebbe problematica pure in Italia e nella stragrande maggioranza dei paesi civili.
Al solito ho notato che ‘stranamente’ questo particolare del quinto mese è omesso nel giornale italiano.
Qui l’articolo turco:
http://www.hurriyetdailynews.com/woman-who-murdered-her-rapist-seeks-to-abort-baby-.aspx?pageID=238&nID=29077&NewsCatID=341
Forse volevi dire “come far finta che dentro di lei NON ci sia una vita umana innocente?”
“sempre pronti ad inventarsi complotti teocratici quando in realtà si tratta di argomenti affrontabili tranquillamente attraverso ragionamenti “laici”.”
Si però questo non significa che una persona religiosa debba rinunciare a testimoniare Dio anche quando si parla di aborto. Il fatto di dover scendere su un piano strettamente “laico” può essere un’arma a doppio taglio. Ragionando senza rinunciare alla Fede è l’approccio migliore a mio avviso. E credo anche la migliore speranza di conversione per chi ancora ignora o rifiuta l’incontro con Cristo.
Perché non è solo la salvezza della vita umana a cui il cristiano aspira, ma anche e direi soprattutto alla salvezza delle anime.
E chi ha mai detto che una persona religiosa dovrebbe rinunciare a testimoniare Dio o a ragionare secondo la fede? il fatto è che anche chi ragiona senza avere la Fede dovrebbe arrivare a comprendere, per semplice coerenza con la asserita convinzione che la vita umana è un bene indisponibile all’uomo, alla conclusione che l’aborto è inammissibile. Se un ateo può essere contro la pena di morte, allora può essere anche contro l’aborto; anzi, deve, e se non lo è, è assurdo che neghi la propria incoerenza. E anche il giuramento di Ippocrate, quattro secoli prima di Cristo, rifiutava l’aborto. Il che non modifica minimamente il modo in cui un credente considera la questione.