Come mai l’uomo sembra nato per credere in Dio?

Dalle colonne de The Telegraph un dibattito su fede e scienza.

Matthew Taylor, direttore generale della Royal Society of Arts ed esperto del rapporto tra scienza e fede, risponde alla promozione del nuovo libro dell’ateo Philip Pullmann su Gesù Cristo con un articolo intitolato: Siamo nati per credere? In un precedente articolo, Pullmann anticipava il contenuto del suo nuovo libro descrivendo la sua posizione: «Le tradizioni e la lingua del cristianesimo sono così profondamente radicate nella mia memoria, nei miei nervi e muscoli, che nemmeno un intervento chirurgico potrebbe rimuoverli. Tuttavia, i ricordi non sono sufficienti a sostenere una fede». Eppure non bisogna dare per scontato che la nostra mente sia così predisposta alla fede religiosa. Per molti studiosi è proprio il segno della “griffe” che il Creatore ha voluto lasciare nell’uomo, una sorta di promemoria.

L’intellettuale Taylor ha risposto: «L’obiettivo di altri atei stridenti, come Richard Dawkins, Christopher Hitchens o Daniel Dennett, è quello di usare il martello della scienza e della razionalità per rompere le catene della superstizione religiosa. Gli intellettuali del passato avevano predetto che la fede sarebbe deperita a fronte dell’espansione della conoscenza umana. Ma le tendenze demografiche indicano che la percentuale di popolazione mondiale che segue una religione salirà a circa l’80 per cento nei prossimi decenni. Anche nei paesi a bassa osservanza religiosa – come la Gran Bretagna – non si è verificato alcun calo del numero di coloro che dicono di credere in Dio. Mentre possiamo sbarazzarci dei miti d’infanzia, la nostra predisposizione a credere nel soprannaturale persiste». L’esperto cita anche il biologo evoluzionista ateo David Sloan Wilson, secondo cui la fede religiosa ha contribuito a rendere i gruppi di uomini primitivi più coesi, più cooperativi e più fraterni, e quindi maggiormente in grado di combattere i nemici meno organizzati. Ma non è tutto. Secondo Taylor «c’è qualcosa nel modo di svilupparsi dei singoli esseri umani che rende sensibili alla fede religiosa. Per molte ragioni, e in molti modi, gli esseri umani sono fatti per credere. Anche se il potente romanzo di Pullman incoraggia ad abbandonare il cristianesimo organizzato, è probabile che la loro fame di sacro presto trovarà qualche altra espressione».

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