Gianna, donna abortita in nome del diritto della donna

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La potente testimonianza di Gianna Jessen, sopravvissuta all’interruzione di gravidanza e portatrice di handicap: “Se l’aborto riguarda il diritto di scelta della donna, qual era il mio?”


 

L’ospite d’onore della “Marcia per la Vita” di Zurigo è stata Gianna Jessen.

La sua storia è una delle più potenti testimonianze del paradosso di una società che, nel nome del diritto di scelta della donna, tenta di sopprimere la vita delle donne ancor prima che nascano.

 

Gianna Jessen, vittima del diritto di scelta delle donne

Nata il 6 aprile 1977 a Los Angeles, Gianna è sopravvissuta a un tentativo di aborto tardivo tramite soluzione salina, una pratica terribile che, sebbene oggi meno comune, è stata utilizzata per anni per interrompere gravidanze avanzate.

Si inietta una sostanza che provoca ustioni e danni ai tessuti e al sistema nervoso centrale del feto, oltre a portare alla disidratazione e alla morte in poche ore.

I medici-sicari erano sicuri di avere ucciso Gianna, ma lei ha sfidato le aspettative, nascendo e crescendo con una disabilità motoria che lei stessa definisce un “dono tremendo”.

E’ diventata una scomoda attivista in difesa dei bambini non ancora nati, invitata in tutto il mondo a raccontare la sua storia. In uno di questi eventi ha perfino incontrato sua madre seduta tra il pubblico.

Nel suo intervento a Zurigo ha condiviso la sua esperienza di sopravvivenza e si è rivolta in particolare agli uomini presenti, spronandoli a promuovere una cultura della vita: «È importante che dedichiate la vostra vita alle vostre mogli e ai vostri figli!».

 

“L’aborto riguarda il diritto della donna? E qual era il mio?

La sua storia è diventata un simbolo potente nel dibattito sull’aborto.

In diverse occasioni, Gianna ha sollevato una domanda cruciale: «Se l’aborto riguarda i diritti della donna, quali erano i miei diritti?».

Questo mette in luce una contraddizione intrinseca: come può una società che proclama di difendere i diritti delle donne giustificare la soppressione di una vita femminile ancora nel grembo materno?

Per rispondere alcuni ricorrono ad espedienti retorici e pericolosi come la mancanza di personalità della vita nell’utero materno, argomenti che trovano risposta nel nostro apposito dossier.

La storia di Gianna è speculare a quella di Hope, di cui abbiamo già raccontato. Un’altra donna vittima della tentata applicazione del “diritto della donna”, conclusasi però senza successo.

Anche lei sopravvissuta all’aborto, è costretta oggi a vivere con una paralisi cerebrale e a portare una cicatrice sulla fronte, lì dove il medico la colpì violentemente per sopprimere una vita troppo ostinata per cedere ai diritti di scelta altrui.

 


La storia di Gianna Jessen è presente nel dossier di risposta agli argomenti pro-aborto

Autore

La Redazione

1 commenti a Gianna, donna abortita in nome del diritto della donna

  • Paolo Giosuè ha detto:

    Non potremmo mai rassegnarci all’aborto. Pensate amici, 73 milioni di esseri come noi, immagine di Dio, immolati ogni anno (fonte Worldometer). Proprio in questi giorni da noi è il 25 anniversario della immissione in commercio della Norlevo, operata dal ministro Veronesi nel settembre del 2000. Sono addolorato che nessuno ne parli, o se ne parla in modo sfumato, come un dramma di mancata educazione. La sfida è invece tra la cultura della morte e Cristo, il Signore. Vorrei invitarvi a pregare e digiunare per vincere Satana. Non ho altro modo per spiegare questa perdita drammatica e pianificata delle evidenze originarie, della legge naturale, in un modo così esponenziale.

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