Essere chiamato papà fa crollare un genitore non binario
- Ultimissime
- 23 Ott 2025

Il racconto tragicomico di Tom Pashby, genitore non binario con due figli che lo chiamano ostinatamente “papà” e lo risvegliano dalla colonizzazione gender.
Quando nasce un figlio sorgono emozioni universali: gioia, protezione e quella sensazione rassicurante che evoca il nome “papà”.
Ma per alcuni tutto questo si trasforma in un incubo: quella semplice e spontanea parola entra in dissonanza con l’auto-percezione identitaria.
È il caso di Tom Pashby, un genitore che si autodefinisce “non-binario” (né maschio, né femmina) e che ha raccontato la frustrazione nel sentirsi chiamare “daddy”, un appellativo terribile e discriminante in quanto esclusivamente maschile.
A chiamarlo così, ovviamente, sono i suoi due figli gemelli. Bambini (ancora) liberi dalle incrostazioni ideologiche del mondo degli adulti.
Il genitore non binario di fronte a “papa”
«Era la prima volta che qualcuno si rivolgeva a me con questo nome», scrive l’uomo, ricordando di averlo trovato «piuttosto stridente».
Pashby racconta di aver cercato alternative neutre nel linguaggio parentale, trovando soltanto opzioni complesse e inefficaci all’interno dei gruppi di genitori LGBTQ+.
Così, si è messo il cuore in pace e ha accettato il trauma della parola “papà”, pur sapendo che non incarnava la sua identità psicologica.
Nel raccontare il suo vissuto, l’uomo critica il rigido sistema linguistico dominante, che non prevede spazi per chi vive “tra” o “al di là” del maschile e del femminile. Così, alla nascita del piccolo, si è trovato a compilare moduli amministrativi, certificati di nascita, relazioni istituzionali identificandosi come padre.
I pronomi neutrali in sala parto
Il racconto raggiunge un livello di alienazione importante quando Pashby ricorda di aver seguito la compagna in sala parto una volta rottesi le acque e aver fermato l’ostetrica responsabile per comunicarle di essere una persona non binaria e quindi di voler essere appellato con pronomi neutrali.
La tragica comicità di questo episodio è stata ben sintetizzata dalla scrittrice J.K. Rowling, nota critica dell’ideologia gender: «Immagina di essere in travaglio per due gemelli e di sentire il padre dei tuoi figli informare l’ostetrica dei propri pronomi neutrali».
Ovviamente, sospira Pashby, l’ostetrica era presa da ben altre priorità e ha continuato a chiamarlo “papà”.
L’essere padre e il bagno di realtà
La nascita dei due gemelli gli ha comunque permesso un umile bagno di realtà, lui stesso ne è consapevole se si legge la chiusura del suo racconto.
«In ogni contesto in cui il mio status di genitore è rilevante», confessa l’uomo, «mi sono sempre chiamato “papà” o “padre” semplicemente perché devo scegliere le mie battaglie e questa non è una priorità assoluta nella mia vita familiare al momento».
Ci piace tradurre così questa considerazione: quando la vita stringe davvero, quando emerge la responsabilità di essere genitori, quando non c’è tempo per chiudersi nella bolla arcobaleno dell’auto-percezione identitaria, allora subentra la realtà. Con tutta la sua forza e serietà.
In un attimo, le colonizzazioni ideologiche, le categorie fluide e i neologismi artificiali si sbriciolano come sabbia di fronte all’evidenza: serve un padre che aiuti a crescere due bambini. Punto. E questa è la priorità.

















1 commenti a Essere chiamato papà fa crollare un genitore non binario
Un mondo di bambini viziati e capricciosi…