Carlo Acutis e la tata polacca che gli trasmise la fede

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Il grande ruolo avuto da Beata Anna Sperczyńska, tata polacca di Carlo Acutis, nel porre in lui il seme della fede. Una testimone autentica di Dio.


 

Da chi apprese la fede San Carlo Acutis se la sua famiglia non era praticante?

E’ la domanda che si sono fatti in molti dopo l’uscita del libro “Il segreto di mio figlio” (Piemme 2021), scritto dalla madre Antonia Salzano.

 

Carlo Acutis e la famiglia non praticante

Pur essendo culturalmente cattolici, come gran parte degli italiani anche i genitori di Carlo raramente varcavano la soglia della chiesa e la parola “fede” non era praticata in casa se non in occasione di feste particolari.

La mamma di Carlo ha raccontato di essere andata in chiesa solo tre volte nella sua vita, prima di essere trascinata dal figlio: «La mia prima Messa è stata per la Prima Comunione, la seconda per la Cresima e la terza per il mio matrimonio».

Eppure Carlo crebbe con una devozione incredibile e fu lui, giovanissimo, a convertire i suoi stessi genitori.

Fu proprio a causa della curiosità del figlio, della sua preghiera quotidiana e della partecipazione alla Messa che la madre giunse alla conversione. Si iscrisse a un corso di teologia a Milano e iniziò a frequentare la parrocchia.

Fin da bambino dimostrò grande pietà per gli ultimi, non poteva passare davanti a una chiesa senza fermarsi in una breve preghiera e nei parchi di Milano a volte raccoglieva dei fiori da deporre ai piedi della Vergine. Antonia Salzano ha parlato di «una naturale disposizione» per la fede.

 

Il ruolo della tata polacca in Carlo Acutis

Ma un ruolo importante lo ebbe anche la sua tata, una giovane e umile donna polacca di nome Beata Anna Sperczyńska, assunta dalla famiglia Acutis per prendersi cura di Carlo. La donna visse a casa Acutis dal 1993 al 1996, gli anni in cui Carlo aveva un’età dai due ai cinque anni.

La madre ricorda che «Beata è stata una delle prime persone a parlare di Dio a Carlo» e fu lei a instillare in lui l’amore per Gesù nell’Eucaristia, portandolo regolarmente a Messa.

Lei stessa, cresciuta in un piccolo villaggio polacco, visse fin da piccola la Messa domenicale come l’evento centrale della settimana. Insegnò a Carlo anche i fondamenti della fede, la carità verso i più poveri e le prime preghiere.

La stessa Beata ha raccontato che il primo atto spirituale che Carlo pronunciò non fu in italiano, ma in polacco: «Aniele Boży, stróżu mój», ovvero “Angelo di Dio, custode mio”. Lei lo ripeteva spesso, scandendo le sillabe come una filastrocca.

Come tutti i polacchi anche la giovane tata era devota alla Madonna Nera di Częstochowa, e fu sempre lei a introdurre Carlo al Rosario come dialogo con Maria. .

Vi fu anche un episodio in cui Beata fu derisa da alcuni coetanei di Carlo durante una festa di compleanno a causa del rosario che portava al collo, il giovane la difese con candore dicendo loro che invece era «la più bella collana del mondo».

L’ex tata ricorda anche le «domande insistenti e continue» di Carlo sulla fede e sulla Chiesa. E vide in lui la disposizione naturale verso il Signore che lei non aveva creato, ma che seppe accompagnare e coltivare con delicatezza.

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La fede si trasmette grazie a testimoni credibili

Oggi che la Chiesa ha elevato Carlo Acutis alla santità, Beata dice di sentirsi semplicemente uno “strumento” di una storia più grande.

Dopo tanti anni, le sue parole ricordano che è nel silenzio della quotidianità che si costruisce la fede. E questa si tramanda da secoli e sopravvive nella storia tramite testimoni autentici di Cristo. Senza grandi discorsi solenni.

Questo è ciò che Carlo Acutis ha sperimentato grazie alla sua tata polacca, che oggi vive a New York e lavora come dirigente in un’azienda internazionale.

 

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La Redazione

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