Giacomo Leopardi e l’inedita devozione per la Vergine Maria

giacomo leopardi religione

La religione in Giacomo Leopardi, un aspetto poco indagato del poeta di Recanati. Oltre alla devozione per la Madonna di Loreto, l’ultimo anno di vita si riconciliò con Dio e morì chiedendo i Sacramenti.


 

La miniserie su “Il poeta dell’infinito” trasmessa dalla Rai ha portato l’attenzione sul grande poeta italiano Giacomo Leopardi.

Un artista che merita davvero grande attenzione, non solo per la sua produzione poetica e filosofica, quanto per il coraggio con cui ha affrontato la realtà dell’esistenza umana, con la sua solitudine, il suo dolore, e la sua incompleta ricerca di senso.

Un autore non particolarmente vicino al cristianesimo ma che nella sua lucida riflessione sull’infelicità e sull’insoddisfazione esistenziale dell’uomo è davvero entrato in comunione con il pensiero di grandi teologi antichi e moderni, da Sant’Agostino a Hans Urs von Balthasar.

 

Giacomo Leopardi, la religione e la nostalgia dell’Infinito

Come restare indifferenti al “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, al grido di angoscia verso la «solitudine immensa» dell’umanità, verso l’effemericità della vita e la nostalgia dell’Infinito.

Leopardi è stato ridotto troppo spesso alla sua gobba, al suo pessimismo cosmico. E i suoi pensieri nello “Zibaldone” sono stati usati per dipingere Leopardi lontano dalla religione, uno scettico e un agnostico. Raramente invece sono state indagate le tracce di un sentimento religioso profondo, anche se spesso velato.

 

Leopardi e la Madonna di Loreto

Un aspetto meno noto della sua biografia è infatti il legame intimo e delicato che Leopardi mantenne con la Vergine Maria, un’affezione nata nella sua infanzia e mai del tutto sopita. Questo rapporto speciale si intrecciò con il suo amore per la città di Loreto, meta di pellegrinaggi fin dalla giovane età.

Recentemente il settimanale Famiglia Cristiana ha raccontato quando Leopardi, dalla sua città natale Recanati, si recava più volte alla Santa Casa di Loreto, accompagnato dal padre Monaldo, un uomo profondamente affascinato dal santuario mariano.

Monaldo non fu l’unico a influenzare il giovane Giacomo: anche il precettore di famiglia, Joseph Anton Vogel, canonico onorario a Loreto, lo guidò verso quel luogo sacro.

Loreto rimase un punto di riferimento per Leopardi, tanto che nel settembre del 1818 vi condusse l’amico Pietro Giordani, durante il loro primo incontro personale. Per Leopardi, la religione e la spiritualità mariana erano intrecciate con la quotidianità della sua infanzia.

La cappella gentilizia dei conti Leopardi custodiva un dipinto mariano, realizzato a Vienna nel 1737 e portato a Recanati dal cappuccino Giovanni Biscia, che rappresentava la Madonna Consolatrice degli afflitti.

Davanti a quell’immagine, Giacomo e sua sorella Paolina trascorsero momenti di raccoglimento che lasciarono un segno indelebile nella loro memoria.

Un episodio significativo avvenne il 23 novembre 1825, quando il ventisettenne Leopardi scrisse una preghiera molto semplice alla Madonna, dedicata proprio alla sorella Paolina. Più profondo fu però un breve poemetto, influenzato da Dante, scritto a 18 anni, nel 1816, titolato Appressamento della morte:

«O Vergin Diva, se prosteso mai
caddi in membrarti, a questo mondo basso,
se mai ti dissi Madre e se t’amai,
deh tu soccorri lo spirito lasso
quando de l’ore udrà l’ultimo suono,
deh tu m’aita ne l’orrendo passo»
.

 

Leopardi si riconciliò con Dio e morì con i sacramenti

Un’ultima testimonianza importante è quella durante gli anni trascorsi a Napoli, dove Leopardi strinse rapporti con i Gesuiti.

Padre Francesco Scarpa, in una lettera a Carlo Curci, descrisse Leopardi che, dopo un lungo dialogo, si confessò e si riconciliò con Dio. Era il 1836, un anno prima della morte del grande poeta.

Nell’atto di morte di Giacomo Leopardi, datato 15/06/1837 e firmato dal parroco della Santissima Annunziata a Fonseca di Napoli, si legge che il poeta morì dopo aver ricevuto i Santissimi Sacramenti.

Su questo c’è la testimonianza oculare del notaio Leonardo Anselmi, il quale scrisse:

«Mi trovai in casa Ranieri il giorno della morte del Conte [Leopardi, ndr]. Verso le quattro pomeridiane il Leopardi chiamò la sorella di Antonio Ranieri, la quale, vestitasi in fretta, uscì di casa e ritornò col parroco, il quale verso le sei pomeridiane gli porta il Viatico. La morte avvenne alle otto o alle nove di sera. A tutto questo mi trovai presente e mi ritirai verso la mezzanotte».

Il Viatico è il sacramento dell’Eucarestia che viene richiesto da chi è gravemente ammalato e sente di essere in procinto di accostarsi al Padre, dopo la morte.

Autore

La Redazione

0 commenti a Giacomo Leopardi e l’inedita devozione per la Vergine Maria