Il 54% dei divorziati pentito della decisione, bastava più tempo per pensarci

Divorzio In principio c’era il mito del divorzio come una liberazione per genitori e figli. Dopo milioni di separazioni si è scoperto che per i genitori il trauma del fallimento della loro vita matrimoniale è una cicatrice indelebile e per i figli è fonte di infiniti disturbi e gravi ripercussioni sociali (povertà, basso livello di istruzione ecc.).

I risultati sono però stati accolti spiegando che sarebbe meno peggio per i bambini che i loro infelici genitori si separino, piuttosto che sforzarsi di vivere assieme continuando a litigare. Ma numerosi ricercatori, come B.D. Whitehead della Rutgers University e altri, hanno dimostrato che per i bambini il divorzio e la permanenza in una “nuova famiglia” è in realtà molto peggio del vivere in una casa infelice: in molti di questi matrimoni, infatti, segnati da insoddisfazione coniugale, straniamento emotivo ed incomprensione reciproca, i due adulti sacrificano alcuni dei loro interessi al fine di preservare la stabilità della casa e la cura necessaria per la loro prole e si rileva un effettivo sforzo di migliorare il loro matrimonio per il bene dei figli, riuscendoci in molti casi e ritrovando l’armonia e il sentimento di amore verso il coniuge. L’amore per i figli spinge i genitori a cambiare anche i pregiudizi dell’uno verso l’altro.

Oggi invece si è arrivati a parlare di divorzio breve, cioè di accelerare i tempi nel veder fallito il proprio principale progetto di vita comune. Due giorni fa il ddl è arrivato in Senato ma il fronte del “no” è ampio, favorevoli solo M5S e Sel mentre il PD ha venti senatori contrari, coordinati dal vicepresidente Stefano Lepri. I sostenitori parlano anche in questo caso si tratterebbe di conquista storica. La Chiesa non la pensa così (e nonostante questo è la prima ad aiutare i genitori divorziati a ricostruire la loro vita), è infatti intervenuta tramite il segretario della Cei mons. Nunzio Galantino dopo l’approvazione da parte della Camera del divorzio breve: «non darà nessun contributo. Non credo si possa parlare di conquista, tanto meno definirla storica. Una accelerazione per quel che riguarda il divorzio non fa che consentire una deriva culturale. Togliere spazio alla riflessione non risolverà. Il matrimonio e la famiglia restano il fondamento della nostra società. La fretta non porterà da nessuna parte». Parole chiare, nette, eppure c’è chi è convinto che la chiesa di Francesco abbia rinunciato ad intervenire nel dibattito politico sui temi eticamente sensibili.

Come sempre la realtà da ragione alla visione della Chiesa: uno studio inglese ha infatti rilevato che il 54% dei divorziati vive con grossi rimpianti la rottura, una volta che si sono calmate le acqua, sperimentando ripensamenti sul fatto di aver preso la decisione giusta. Molti si sono accorti di amare ancora il loro ex-partner, il 42% di questi ha provato a ricostruire il rapporto e il 21% è riuscito a tornare assieme alla persona con cui aveva divorziato. Uno su cinque ha avuto rimpianti fin da subito, il 19% invece entro una settimana. Altri hanno ammesso di voler ricominciare soltanto dopo l’ufficialità del divorzio, soprattutto mentre gli avvocati dividevano i beni, simbolo concreto di una vita trascorsa l’uno a fianco dell’altra.

Indietro comunque non si può purtroppo tornare, il divorzio ha indebolito indelebilmente la famiglia, il matrimonio e i rapporti tra le persone trasformandoli in situazioni temporanee: “finché dura”.  Il divorzio breve peggiora ancora di più le cose, negando perfino un periodo di attesa tra la decisione di divorziare e l’effettiva separazione che, invece, lascia ai coniugi il tempo di riflettere maggiormente sulla decisione. Oggi sappiamo che se seguiranno la loro arrabbiatura, metà delle volte si pentiranno e vorranno tornare indietro. Ma sarà troppo tardi.

La redazione

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9 commenti a Il 54% dei divorziati pentito della decisione, bastava più tempo per pensarci

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  1. Marco ha detto

    Io il divorzio lo concederei solo in rari casi: violenze fisiche tra coniugi o verso i figli, tradimento.. derive insanabili ecco..

    • Tommasodaquino ha detto in risposta a Marco

      abbandono del tetto coniugale

    • Antonello Barmina ha detto in risposta a Marco

      Per fortuna caro Marco non sei tu a decidere per i matrimoni degli altri.

    • Antonio ha detto in risposta a Marco

      Io sono figlio di divorziati e devo dire che nella mia vita ho sempre vissuto la mancanza, un vuoto, l’assenza di un padre si è sentita, ma devo dare merito a mia madre di aver fatto di tutto per colmare questo vuoto. Purtroppo le cause del divorzio sono state legate ad atti di violenza e di maltrattamenti in famiglia da parte di mio padre verso mia madre e verso i figli, siamo in tre, mio padre ha scontato qualcosa come 8 anni di carcere. Mia madre non ha mai pensato di risposarsi ed è cmq rimasta fedele al patto e al matrimonio davanti a Dio nonostante tutto quello che ha subito, non ha mai sentito la necessità di risposarsi e questo per me è stato un esempio autentico. Ho provato da adulto a perdonare mio padre, ma in mancanza di una sua predisposizione a ricevere il perdono, tuttora sia io che mio fratello e mia sorella non vediamo in lui un autentico pentimento. Anche io penso che il divorzio dovrebbe essere limitato a casi estremi come quelli che ho vissuto io, chi vuole rimanere liberi o al finchè dura, dovrebbe capire da ciò stesso che non ha una vocazione al matrimonio, si vada a cercare qualcuno che la pensi allo stesso modo che non vuole vincoli e ci vada a convivere o facci altro. Il matrimonio è per le persone serie che voglio tutelare i propri figli che sono disposti a “sacrificare” la propria “libertà” per la felicità dei propri figli, perchè in essa c’è la realizzazione di sè, è li la piena libertà e da un punto di vista cristiano si aderisce ad un disegno voluto da Dio per l’uomo e per la donna. Se non è così l’esistenza è fine a se stessa, in un’ottica edonistica che ha preso sempre più piede, lasciando alla fine dei giri di retorica libertista, laicista, scientista solo vuoti.

  2. Dario* ha detto

    Sono d’accordo con l’articolo ma non completamente col titolo, infatti, come si spiega nel corpo dell’articolo, c’è tanta gente che si accorge dell’errore solo ed esclusivamente dopo averlo compiuto. Più tempo per pensarci per questa gente vorrebbe dire solo più tempo passato a desiderare di sbagliare. Il cuore del problema è che la gente ragiona poco e troppo di rado coltiva un minimo di lungimiranza.
    Dopo questa precisazione, io penso che accorciare i tempi del divorzio da parte dello stato sia l’equivalente istituzionale del darsi martellate sulle unghie. Sarebbe più costruttivo obbligare i separati che vogliono divorziare a sostenere qualche seduta di psicoanalisi che li aiuti a risolvere i problemi invece di gettarseli alle spalle irrisolti. L’aiuto dovrebbe essere volto a diventare individui migliori, non a spartirsi più vantaggiosamente i ruderi ed i cocci.

  3. Meister Eckhart ha detto

    Invito caldamente la redazione ad emendare lo spaventoso “da”, ormai dilagante ovunque si posi lo sguardo, in “dà”, con l’accento OBBLIGATORIO. [dove è scritto: Come sempre la realtà da ragione alla visione della Chiesa]

  4. Attilio ha detto

    Questi dati sono state previsti dagli intellettuali, im prevalenza cattolici, che nel ’70, con i fatti che accadevano nel mondo, si opposero al matrimonio divorziabile. Ma non servì a nulla, prevalsero le menzogne dei radicali. Oggi ci si dovrebbe battere per ripristinare il matrimonio indissolubile per chi lo vuole. Lo Stato dovrebbe promuovere la stabilità familiare e dare spazio e fiducia a chi vuole costruire la sua famiglia sulla roccia della fedeltà e non sull’arbitrio/sulla debolezza del singolo.

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