Quando don Milani diceva: “Io sto dalla parte della Chiesa”
La premessa è d’obbligo: noi, al tempo di don Lorenzo Milani, non c’eravamo. Lo conosciamo grazie ai libri di storia, agli articoli di giornale, ai racconti e alle testimonianze. Abbiamo capito, però, che c’è stato qualcosa di controverso, come accade sempre quando un religioso viene esaltato dall’anticlericalismo laicista, così come è accaduto a lui.
Recentemente il suo nome è riemerso in seguito alla rivelazione di mons. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, il quale ha affermato che, dopo aver inviato a Papa Francesco un accurato lavoro di ricerca sul libro di don Milani, intitolato “Esperienze personali”, la Congregazione per la dottrina della fede ha risposto che la ristampa del libro non avrà più alcuna proibizione da parte della Chiesa e torna a diventare «un patrimonio del cattolicesimo italiano».
Infatti, l’ex Sant’Uffizio chiese a mons. Florit, allora arcivescovo di Firenze, di ritirare dal commercio il libro per motivi prudenziali, una decisione motivata da situazioni contingenti. Non vi fu invece alcun decreto di condanna contro il libro né contro l’autore. Oggi, ha spiegato mons. Betori, «la Congregazione mi dice che ormai le circostanze sono mutate e pertanto quell’intervento non ha più ragione di sussistere». Non sappiamo quali siano stati i motivi precisi per cui la Chiesa non ritenne prudente la pubblicazione di quel libro, “Avvenire” spiega così: «dal testo, oltre alla critica alla pastorale fino ad allora seguita dalla Chiesa, emergeva un dissenso politico, un linguaggio a volte provocatorio e dissacrante, e la rivendicazione sociale da parte della popolazione delle compagne che don Milani tradusse anche in articoli di una ipotetica legge».
Occorre anche ricordare che molti scolari e molte persone vicine a don Milani sono oggi coinvolte nel drammatico “caso del Forteto“, ovvero una storia di abusi consumati per decenni nella comunità e cooperativa agricola del Forteto di Vicchio, nel Mugello, luogo che dal 1977 accoglie bambini e adulti in difficoltà, ovvero la comunità depositaria dell’eredità educativa e antiautoritaria di don Milani. Sandro Magister ha ricostruito una cronologia dei fatti in un articolo intitolato “Cattivi scolari di don Milani. La catastrofe del Forteto“. Rodolfo Fiesoli, consigliere del Centro Documentazione don Lorenzo Milani, è oggi definito “l’orco” del Forteto.
Ancora oggi i grandi anticlericali italiani inneggiano a don Milani come fosse un moderno Giordano Bruno. Furio Colombo -a quei tempi catto-comunista e oggi soltanto comunista- ad esempio, sul “Fatto” ha teorizzato che la Chiesa avrebbe condannato don Milani perché quest’ultimo amava i poveri, al contrario dei cardinali. Ma, occorre ricordare, come ha fatto in passato Antonio Socci, che già allora don Milani rispondeva agli avvoltoi che cercavano, e cercano, di tirarlo dalla loro parte e in opposizione alla Chiesa, in modo molto chiaro: «Ma che dei vostri! Io sono un prete e basta! In che cosa la penso come voi? Questa Chiesa è quella che possiede i sacramenti. L’assoluzione dei peccati non me la dà mica “L’Espresso”. E la comunione e la Messa me la danno loro? Devono rendersi conto che loro non sono nella condizione di poter giudicare e criticare queste cose. Non sono qualificati per dare giudizi. Devono snobbarmi, dire che sono ingenuo e demagogo, non onorarmi come uno di loro. Perché di loro non sono».
La redazione
Furio Colombo ex cattocomunista? ma non è di religione ebraica? (forse sbaglio)
Era leader dell’azione cattolica.
Dopo il coccodrillo per Le Goff anche la riabilitazione di don Milani?
Se volete farvi un’idea di chi fosse, fatevi un giro sul sito “Il Covile”.
Qualcosa la troverete.
Anch’io non c’ero ma Esperienze pastorali l’ho potuto leggere tanti anni fa perché in casa mia ho la copia appartenuta a mia nonna, grandissima indimenticabile cattolica. L’ho trovato bellissimo ed oggi sta nella mia libreria. Per altro nella libreria, sempre eredità delle nonne di famiglia, ho anche “l’indice dei libri proibiti” e una Sacra Bibbia in lingua italiana del 1836 (l’unica esistente a quell’epoca) puntualmente proibita nel suddetto indice.
Il punto allora mi pare questo: ha senso che la Chiesa proibisca o permetta la pubblicazione di un libro ? Ha senso stabilire verità sulle persone, sulla politica, sulla scienza sempre e solo in base ad un criterio settario (Don Milani un religioso che viene esaltato dall’anticlericalismo laicista) come viene costantemente proposto su questo sito ? Non sarà che per questa via si riduce ed immiserisce il senso della nostra fede ad un fatto puramente ideologico, e la Verità ad un fatto contingente, diciamo di pura opportunità politica ?
Caro Luca,
come risposta seria mi verrebbe da rispondere che mi pare ormai del tutto ridicolo preoccuparsi dei libri che la Chiesa proibisce di leggere: è qualcosa fuori dal mondo da più di cent’anni, proibire le idee è qualcosa di violento e che ormai Roma non riesce più a fare (da cui l’ “apertura” verso atei e fedeli di altre religioni iniziata con il CV secondo: che naturalmente non è altro che una resa, sebbene parziale, al mondo che non Roma non riesce più a dominare).
Ma come risposta scherzosa mi chiedo se in realtà mettere un libro “all’indice” non sia che un’ottima pubblicità al libro stesso. Se un libro è proibito vuol dire che contiene qualcosa di scomodo, pruriginoso; insomma: qualcosa di “dannatamente” interessante!
Basti pensare all’enorme pubblicità che venne fatta ad Odifreddi quando una delle sue pirlate di libri (“il matematico impertinente” mi pare, ma potrei sbagliare) venne stroncato e attaccato dalle colonne dell’Osservatore Romano. Mai ci fu miglior risultato di vendita per Odifreddi! 🙂
QUASI del tutto daccordo. “Quasi” perché mi permetto di obiettare: il CV e le aperture non mi sembrano una “resa” quanto piuttosto la riscoperta coraggiosa ed estremamente forte delle nostre radici, delle ragioni ultime del nostro credere. Per qusti motivi penso che non valga la pena, come giustamente ricordi “preoccuparsi dei libri che la Chiesa proibisce di leggere” (non più per fortuna …). Mi preoccupo piuttosto che, tra fratelli, si prenda un atteggiamento franco e diretto, dove non contano le contrapposizioni polemiche o di partito preso ma la sostanza ed i contenuti. Che hanno sempre un loro merito indipendente ed autonomo, siano espressi da Don Milani da Odifreddi o dall’Osservatore Romano. Perché “beati i poveri” avrà sempre lo stesso significato, che sia tradotto dal Pastore Valdese Giovanni Diodati nel 1607 (e ristampato nel 1826) o dalla CEI nel 2008. Così tutta l’autorità cui noi dobbiamo obbedienza sarà sempre e solo autorità giusto nella misura in cui é riferita a quell’unica rivelazione contenuta e tramandata dall’unica Parola di Dio. Perciò proprio non capisco perché l’ex Sant’Uffizio o Mons. Betori si preoccupino di segnalare le “circostanze mutate” o perché UCCR debba una volta di più calibrare i suoi giudizi sulla contrapposizione con i laicisti piuttosto che sui contenuti. Sembra una bella contraddizioni in termini per chi da sempre si batte contro il relativismo.
L’indice dei libri proibiti fu abolito negli anni ’60 del Novecento, ben meno di cent’anni fa. Con esso la Chiesa non intendeva “proibire le idee”, ma proteggere la fede dei suoi figli da idee che giudicava eretiche e false e che essi, leggendo certi libri, rischiavano di assimilare in buona fede con loro danno – danno che c’è stato puntualmente col venir meno di questa protezione. Se questa è violenza…
Se torna indietro di un paio di articoli, leggerà delle proteste per la lettura di un libro indecente imposta in una scuola. Chi protesta non lo fa per “vietare idee”, ma perché ritiene che esporre dei ragazzi, magari i propri figli, alla lettura di certe cose sia rischioso, e vuole proteggerli.
È la stessa cosa.
Da queste risposte deduco che sia Luca che Sophus Lie sono a favore delle associazioni di pedofili che propagano le loro idee. Censurarle sarebbe “qualcosa di violento”, secondo loro. Se mi sbaglio allora sia Luca che Sophus Lie si sono appena contraddetti, ammettendo dunque che la censura può essere positiva.
I finti tolleranti sono in realtà i primi promotori della violenza, perché la libertà d’opinione è una responsabilità e chi non si prende questa responsabilità non ha diritto di parola. Il falso e il male vanno censurati chi non vuole è perché è un complice.