Stepinac, il vescovo coraggioso contro i regimi

StepinacQuando Giovanni Paolo II portò agli altari l’arcivescovo di Zagabria  Alojzije Stepinac, si levarono parecchie proteste dagli ambienti anticlericali che accusarono il papa d’aver beatificato un criminale di guerra. Alcuna pubblicistica accusa infatti il prelato d’esser stato un fiero sostenitore della politica degli ustascia e di aver taciuto o persino benedetto la loro pulizia etnica (si veda a tal proposito il libro di Marco Aurelio Rivelli “L’arcivescovo del genocidio”). Qui, come in altri casi, una mezza verità viene mischiata ad un cumulo di menzogne.

Quando nel 1941 le forze dell’Asse invasero il regno di Jugoslavia, Hitler decise che per aumentare l’instabilità della regione si sarebbero dovute dare garanzie politiche ai croati. Non appena terminata la conquista si costituì difatti uno stato croato sotto “protezione” dei tedeschi e degli italiani. A capo di questa struttura s’impose il leader degli ustascia Ante Pavelic, rifugiatosi fino a quel momento in Italia. L’arcivescovo di Zagabria accolse con favore la separazione dal regno di Jugoslavia, come fecero anche molti suoi concittadini. I croati infatti mal sopportavano quella che nei fatti era un’egemonia serba che li aveva esclusi dalle alte cariche e che discriminava i cattolici in favore degli ortodossi.

Gli ustascia iniziarono tuttavia un vero e proprio genocidio nei confronti degli ebrei e degli zingari e anche dei serbi ortodossi. Informato dei massacri, il Vaticano decise d’agire tramite pressioni diplomatiche piuttosto che con una denuncia pubblica, la scelta fu dovuta alle esigenze di equilibrio e imparzialità che la guerra imponeva, evitando prese di posizione e pronunciamenti che avrebbero potuto essere sfruttati dagli avversari, si lasciò ai vescovi locali la responsabilità di intervenire nelle questioni interne del Paese. La Santa Sede era anche cosciente del fatto che il partito ustascia era diviso fra i favorevoli all’influenza tedesca e quanti preferivano un’influenza italiana, dunque ogni intervento esplicito nelle vicende croate avrebbe rischiato di rafforzare le tendenze filonaziste, pregiudicando così la posizione della Chiesa all’interno del paese (G. Miccoli, I dilemmi e i silenzi di Pio XII, Milano 2000 pp. 82-83, lo storico pur critico verso la Chiesa e Stepinac non condivide il giudizio di Rivelli al punto da giudicare la sua opera “non priva di forzature, palesi fin dal titolo scandalistico” ).

L’arcivescovo di Zagabria, Alojzije Stepinac, dovette constatare che, nonostante fosse stato scelto dalla Santa Sede per guidare la Chiesa in Croazia, alcuni vescovi e sacerdoti non rispettavano la sua autorità. L’atteggiamento dell’episcopato fu vario: ci fu chi approvò le persecuzioni etniche, come il vescovo Ivan Saric (e anche chi vi partecipò come il frate Miroslav Flipovic, sospeso a divinis dalla Chiesa ed espulso dall’ordine dei francescani) e chi invece condannò decisamente i massacri come ad esempio il vescovo di Mostar, Alojizie Misic. Lo stesso Stepinac è stato accusato da taluni d’essere un antisemita favorevole all’Olocausto. Pur avendo espresso in alcune occasioni delle frasi antigiudaiche (pare che una volta abbia sostenuto che gli ebrei erano “i più grandi difensori e i più frequenti esecutori” del crimine dell’aborto), bisogna aggiungere che fu un tenace oppositore delle persecuzioni commesse dai nazisti. 

 

Già prima della guerra Stepinac si occupò della sorte dei rifugiati ebrei in Jugoslavia, favorendo la nascita di un comitato per la loro assistenza. Iniziative che non piacquero ad alcuni cattolici croati estremisti, che si lamentarono dell’aiuto dato agli ebrei (si sparse persino la voce che Stepinac indossasse sotto l’abito talare un distintivo ebraico), e allo stesso governo jugoslavo, che non vide di buon occhio queste iniziative (cfr. Matteo Luigi Napolitano, “Pio XII tra guerra e pace”, Roma 2002 pp. 317-330). Già nel maggio del 1941 l’arcivescovo attaccò le leggi razziali deplorando il fatto che i convertiti fossero costretti a indossare la stella di David ed estese le sue preoccupazioni anche agli altri ebrei. Dopo che ebbero inizio le prime deportazioni di ebrei e serbi, si batté invece affinché ai deportati fosse concessa un’adeguata assistenza medica e potessero tenere i contatti con i famigliari. Vedendo inoltre che la conversione poteva significare per molti serbi ed ebrei la salvezza, diede disposizioni al clero di battezzare chiunque su richiesta senza il consueto periodo di prova e di preparazione: «Quando persone di confessione ebraica o ortodossa in pericolo di vita, desiderosi di convertirsi al cattolicesimo, si presentano davanti a voi, accoglietele allo scopo di salvare loro la vita (…) Quando questi tempi barbari e tristi saranno passati coloro che si sono convertiti per fede resteranno nella nostra Chiesa, mentre gli altri ritorneranno alla loro quando sarà passato il pericolo».

Lo stesso Stepinac sospese a divinis alcuni preti della sua diocesi che si macchiarono di atrocità e si attivò non appena ebbe sentore delle voci che gli ebrei sarebbero stati deportati dai tedeschi: scrisse una lettera al ministro dell’interno Andrija Artuković per dire che: «Se effettivamente questa iniziativa è stata concepita mi prendo la libertà di rivolgermi a te per prevenire, grazie alla tua autorità, un attacco illegale a cittadini che non sono responsabili di nulla». Stepinac non si limitò solo a proteste e reclami privati, ma agì a più riprese in loro favore: prese sotto la sua protezione degli ebrei  nascondendoli nella tenuta vescovile di Brezovica, organizzò il trasporto di decine di bambini verso la Turchia, procurò cibo, vestiario, passaporti ad altri e tentò di convincere il ministro d’Italia in Croazia, Raffaele Casertano, ad accogliere dei giovani ebrei. Stepinac giunse persino a denunciare pubblicamente l’Olocausto: «Tutte le razze e tutte le nazioni sono state create a immagine di Dio (…) Non è lecito sterminare zingari ed ebrei perché apparterebbero a razze inferiori. Se si accettassero i principi nazisti, che sono senza fondamento, ci sarebbe ancora qualche sicurezza per un qualche popolo della terra?» come dichiarò il 25 ottobre 1942 nella cattedrale di Zagabria. Gli interventi della Chiesa per salvare gli ebrei croati ottennero però infine pochi risultati, ma furono più che sufficienti per fare infuriare i nazisti (“Se un vescovo parlasse così in Germania non scenderebbe vivo dall’altare” dichiarò il generale Edmond Glaise Von Hosternau> riferendosi a Stepinac). I tedeschi non esitarono anche a compiere delle rappresaglie nei confronti dell’arcivescovo per le sue dichiarazioni a favore degli ebrei come nel 1943, dove in seguito a dei sermoni contro il razzismo e l’uccisione di ostaggi, i nazisti arrestarono più di trenta sacerdoti. 

 

Il vescovo di Zagabria, come si è visto poco sopra, intervenne spesso anche in favore dei serbi, le principali vittime della pulizia etnica dei fascisti croati, sebbene giudicasse che le atrocità ustascia fossero dovute alla reazione dei croati contro le vessazioni subite dai serbi durante il regno di Jugoslavia. Per esempio, il 14 maggio 1941 Stepinac protestò contro l’eccidio di 260 serbi a Glina scrivendo a Pavelic: «Io so bene che i serbi hanno commesso gravi misfatti in questi venti anni di governo. Credo però mio dovere di vescovo di alzare la voce e dichiarare che questo non è ammissibile secondo la morale cattolica; quindi, vi prego di prendere le misure più urgenti in tutto il territorio dello stato croato indipendente, affinché non venga ucciso nemmeno un serbo se non sia dimostrato il delitto per il quale merita la morte”. L’arcivescovo si batté anche contro le intromissioni del governo ustascia circa le conversioni cattoliche forzate dei serbi, ciò fu evidente nel Sinodo che Stepinac convocò dal 17 al 20 novembre 1941. In esso i vescovi espressero la propria disapprovazione a Pavelic nella quale, pur dissociando la sua responsabilità dai suoi sottoposti “irresponsabili”, condannarono le conversioni forzate dei serbi e le atrocità degli ustascia chiedendo inoltre che i diritti della Chiesa Ortodossa andassero rispettati e che gli ebrei fossero trattati nel modo “più umanamente possibile, considerata la presenza delle truppe tedesche”. Pio XII informato sulle decisioni del Sinodo lo trovò soddisfacente e lodò il “coraggio e la decisione” dei vescovi nell’opporsi agli ustascia per il trattamento contro i serbi (cfr. M. Phayer, “Il papa e il diavolo”, Roma 2008 pp. 51-57, studioso critico verso Pio XII ma benevolo verso Stepinac).

Innumerevoli furono gli interventi di Stepinac a favore dei perseguitati: condannò i pogrom antiserbi, protestò contro la distruzione delle chiese ortodosse, intervenne per liberare il vescovo ortodosso Dositej Vasich, protestò con la deportazione della popolazione serba di Kordun, s’interessò della sorte dei deportati nel distretto di Sisak, riuscì a salvare nel luglio del ’41 300 donne serbe destinate a morte, ecc. (per alcuni suoi sforzi a favore dei serbi cfr. E. Mischia, “Il card. Stepinac, eroe della Croazia“, Studi Cattolici n. 531 pp. 364-369). Stepinac protestò anche contro il campo di concentramento di Jasenovac (che qualcuno ha, con molta fantasia, definito la “Auschwitz del Vaticano”) definendolo, in una lettera di protesta a Pavelic del 24 febbraio del ’43 contro l’uccisione di alcuni sacerdoti cattolici, “una vergognosa macchia per lo stato croato”.

 

L’atteggiamento di Stepinac verso gli ustascia è ancora oggetto di discussioni: da un lato pare che abbia posto ingenuamente fiducia in uno stato che si rilevò invece essere criminale, anche se confidò nel 1942 al tenente Stanislav Rapotec, emissario del regno di Jugoslavia in esilio, che non aveva rotto pubblicamente con il regime perché riteneva che avrebbe aiutato più facilmente i perseguitati restando al suo posto. Gli stessi ustascia paiono avere avuto verso l’arcivescovo un atteggiamento ambivalente tentando di mostrare ufficialmente dei buoni rapporti per sfruttare l’ascendete del futuro cardinale sulla popolazione, ma per contro si mostrarono talmente critici verso le continue proteste e interventi del prelato di Zagabria al punto da richiederne alla Santa Sede l’allontanamento. Le critiche di Stepinac si fecero a tal punto taglienti che il regime vietò di pubblicare le sue omelie, ma queste riuscirono ad essere ugualmente diffuse dai partigiani e da Radio Londra. Forse è per questo motivo che gli ustascia e i tedeschi lo accusarono d’essere un collaboratore dei comunisti anche se Stepinac, in una protesta contro i nazionalisti, fece notare che: “Il governo croato dovrà assumersi la piena responsabilità per la crescita dei partigiani comunisti a causa delle misure inaccettabili nei confronti dei serbo ortodossi, degli ebrei e degli zingari a imitazione di quanto fanno i tedeschi”.

Per le sue attività di salvataggio il vescovo riceverà molti e lodi e ringraziamenti al punto che il segretario del rabbino di Zagabria, Amiel Shomrony, sopravvissuto alla guerra, giungerà a chiedere che il suo nome fosse inserito tra i Giusti d’Israele. Dopo la guerra, però, il maresciallo Josip Broz Tito cominciò a colpire la Chiesa Cattolica croata sia per l’appoggio di alcuni suoi settori alle politiche ustascia, sia per diffondere il materialismo comunista. Oltre ad una feroce persecuzione, tentò anche di separare i contatti con Roma proponendo a Stepinac di fondare una chiesa nazionale croata (salvo poi richiederne l’allontanamento alla Santa Sede dopo il rifiuto dell’arcivescovo). I vescovi croati denunciarono pubblicamente la persecuzione antireligiosa in una lettera pastorale nel settembre 1945 dove si parlava di 243 sacerdoti uccisi, 169 imprigionati e 89 scomparsi.

Il regime comunista decise di processare l’arcivescovo Stepinac, unico modo per sbarazzarsene, condannandolo l’11 ottobre 1946 a sedici anni di lavori forzati con l’accusa di complicità alla politica criminale degli ustascia. Il processo fu una vera e propria farsa: molte “prove” furono fabbricate e all’avvocato difensore fu proibito d’interpellare vari testimoni e di contro-interrogare i testimoni-chiave dell’accusa. Anche molti esponenti di primo piano del regime ammetteranno in seguito la falsità del processo come il pubblico ministero, Jakov Blazevic che ammise che se l’arcivescovo fosse stato “un po’ più flessibile politicamente” non sarebbe stato processato. Pio XII difese a spada tratta l’arcivescovo di Zagabria scomunicando tutti quelli che erano implicati nel processo. Anche molti non cattolici presero le difese di Stepinac, come il presidente della comunità ebraica degli USA, Louis Breier, che dichiarò all’indomani del processo: “Questo grande uomo di Chiesa è stato accusato d’essere un collaboratore nazista. Noi ebrei lo neghiamo. È uno di quei rari uomini che si sono levati contro la tirannia nazista proprio nel momento in cui era più pericoloso farlo”. Le polemiche contro la condanna di Stepinac furono così elevate che il presidente della Croazia, Vladimir Bakaric, cercò di convincerlo a chiedere la grazia, ma il vescovo rifiutò pretendendo anzi una revisione del processo di fronte ad un tribunale indipendente. Nel 1992 uno dei primi atti del nuovo governo croato fu una dichiarazione di condanna al processo intentato dal regime comunista al prelato cattolico (G. Mattei, “Il cardinale Alojzije Stepinac”, Città del Vaticano 1999 pp. 46-50).

Nel 1951, sotto le pressioni americane, Tito trasferirà l’arcivescovo dalle carceri di Lepoglava al domicilio coatto presso la sua parrocchia di origine di di Krasich, impedendogli comunque di riprendere possesso della sua diocesi. Quando Pio XII lo nominerà cardinale, Tito romperà le relazioni con la Santa Sede. Stepinac morirà nel 1960 a causa di una malattia contratta in carcere, ma esiste la testimonianza di un carceriere che afferma d’averlo avvelenato (cfr. Giovani Sale, “Il cardinale Stepinac, un sostenitore dei «Diritti di Dio» e dell’uomo”, La Civiltà Cattolica 5 dicembre 1998).

 

L’arcivescovo Stepinac non fu un criminale di guerra, ma una persona che si operò per salvare delle vite umane. Se di lui si ha un’immagine diversa forse ciò è dovuto in buona parte, come ha ipotizzato lo storico Sergio Romano, alla persistenza della vulgata comunista negli studi storici italiani.

Mattia Ferrari

25 commenti a Stepinac, il vescovo coraggioso contro i regimi

  • Controinformato ha detto:

    fintanto che persisterà questa vulgata comunista negli studi storici italiani
    sarà inutile festeggiare la fine della guerra fredda…

  • ettore ha detto:

    ricordatevi che il diritto ad avere una storia i “comunisti” che odiate parlando NON da italiani se lo sono conquistato armi alla mano combattendo contro il nazifascismo
    cade berlusconi e le macerie morali della sua “cultura” e del suo linguaggio non bastano piu’ a ricoprire questa vergogna,questo vezzo di vomitare balle.
    e tu,mattia ferrari, credi di poter riscrivere la storia con una paginetta piena di sciocchezze in italiano stentato tranciando giudizi a destra e a sinistra?
    vai vai questa roba andra’ bene al vostro meeting di ferragosto
    la storia e’ tutta un’altra cosa,sia da raccontare che da studiare.
    ma chi credete di prendere per i fondelli?

    • Mattia ha detto:

      Io non riscrivo nulla, ho solo messo dati riportati da libri storici che cito nell’articolo, se non ne eri a conoscenza significa che non sei bene informato…

    • Controinformato ha detto:

      cosa c’entra Berlusconi adesso?

      • Dario ha detto:

        Semplicemente, per i rossi e i sinistrosi vari, difendere la Chiesa dalla vulgata comunista, significa essere per forza berlusconiani (una volta si diceva fascisti).

        • Massimo ha detto:

          Un po’ come far notare che una foto usata per ricordare le fosse ardeatine mostrava in realtà militari italiani che fucilavano jugoslavi significa essere comunisti (come quella storica bolscevica a cui toccò farsi dare ripetizioni di “storia” da Vespa per ever osato constatare la realtà).

          • Massimo ha detto:

            Scusate il lapsus,ovviamente non parlavo delle fosse ardeatine ma delle delle foibe.

        • Controinformato ha detto:

          ci sono passato anch’io

      • priscilla ha detto:

        purtroppo molte persone sono talmente ossessionate da Berlusconi che non riescono a pensare ad altro, se gli togliete Berlusconi restano a corto di argomenti, magari tirano fuori il nazifascismo che però è un argomento da vecchiotti, con la differenza che i vecchiotti ne sapevano qualcosa mentre costoro la storia l’avranno studiata sì e no su qualche versione ultraridotta dei bignami

    • Lorenz ha detto:

      Andiamo per punti:
      1° Come ha già detto controinformato, cosa c’entra Berlusconi? Vuole forse insinuare che coloro che scrivono e commentano sull’uccr appatengano all’esercito di Silvio? Bhe allora si sbaglia di grosso.
      2° “Italiano stentato”; a me l’articolo pare scritto bene. Piuttosto la sua prima frase: “ricordatevi che il diritto ad avere una storia i “comunisti” che odiate parlando NON da italiani se lo sono conquistato armi alla mano combattendo contro il nazifascismo”. Ma cosa significa? Non c’è neanche il punto alla fine di questo periodo, per non parlare dell’assenza totale delle maiuscole dopo i punti (se vogliamo proprio fare i pedanti pignoli).
      3° Cosa c’entra il meeting? Mica tutti i cattolici appartengono necessariamente a cl o a qualche movimento ecclesiale.
      4° Cosa significa “credi di poter riscrivere la storia”? La storia non è una disciplina immobile, immutabile, che una volta data vale per sempre. Col tempo si fanno delle ricerche e si scoprono fatti prima sconosciuti. Per non parlare della questione delle fonti e dei corrispettivi punti di vista. Ad esempio lei pensa che il medioevo fosse giuridicamente regolato dalla famosa piramide feudale (che veniva insegnata alle elementari) vassali, valvassori, valvassini? Fino a qualche decennio fa si era quasi sicuri di questo, oggi le cose sono alquanto cambiate.
      5° L’articolo mi sembra fatto bene, considerando anche i limiti di spazio che l’autore deve rispettare. Senza contare che Mattia cita le fonti indicando con precisione anche il numero delle pagine.

      Perdoni il mio tono po’ insolente, ma non si può giudicare così un articolo, senza avere dei fondamenti adeguati.

    • lorenzo ha detto:

      Di quali comunisti stai parlando?
      Di quelli che dopo aver contribuito all’addestramento delle truppe tedesche ed essersi divisi da buoni amici la Polonia hanno poi dovuto difendersi dal mostro che avevano svezzato?
      Oppure di quella massa di cialtroni ed assassini che millantavano di aver sconfitto i tedeschi in italia?

    • a-theòs=a-éthos ha detto:

      Ma lasciamolo perdere. E’ il solito troll minus habens, specialmente a livello di onestà intellettuale! E infatti, come sempre in questi casi, si è inabissato e, molto probabilmente, non avremo più sue notizie.

  • Daphnos ha detto:

    La pagina dedicata dall’UAAR a Sant’Aloisio Stepinac è interessante: si giunge a sostenere che non avrebbe dovuto denunciare il macello di sacerdoti che avvenne nel dopoguerra per mano dei partigiani di Tito. Perbacco, come osa costui protestare contro azioni di giustizia sommaria perpetrate in modo animalesco verso responsabili indiretti o persone del tutto estranee alle vicebde?!? Aggiungo anche che sono rimasto molto colpito dal commento di Ettore. È risaputo che la storia la scrivono i vincitori, ma questo generalmente è considerato un ostacolo per la storiografia, poiché, dovendo in linea di principio questa disciplina aspirare alla massima oggettività possibile, le influenze di una delle parti in gioco rischiano di alterare il risultato di un’indagine: ebbene, questa è la prima volta che vedo qualcuno sostenere che piegare la narrazione storica ai propri voleri è un diritto (?!?) che si “conquista” con le armi, in pratica si celebra la parzialità come qualcosa di positivo. Il tutto condito con un’accusa di anti-italianità rivolta a chi critica Tito (chi, quello delle foibe?), sulla quale preferisco non soffermarmi per evitare di uscire troppo dall’argomento… mi sembra che si qualifichi da sola, in fondo.

  • Max ha detto:

    Bella la chiosa finale di Sergio Romano:

    “Questa, caro Degiuli, è la storia di un uomo [Stepinac] che non si piegò né alla barbarie di Pavelic né all’ ateismo di Tito. Se ricordiamo di lui una immagine diversa, questo si deve in buona parte alla persistenza della vulgata comunista negli studi storici italiani.”

    • Ottavio ha detto:

      Probabilmente per l’amico ettore anche Sergio Romano dev’essere berlusconiano 🙂

  • Daphnos ha detto:

    Massimo, probabilmente anche quella foto appartiene alla categoria dei “lapsus”… no, secondo me essere comunisti non significa constatare sempre la realtà, ma scrivere sui muri “ATTENTI, LE FOIBE NON SONO ANCORA PIENE” significa essere comunisti (di vecchio stampo, spero), e accusare di anti-italianità chi ricorda il fenomeno significa essere affetti da strabismo ideologico. Ora, visto che da qualche anno avete imparato a portare il tricolore alle vostre feste (fino a 25 anni fa i vostri stessi compagni vi avrebbero linciato se lo aveste fatto), vi ritenete gli unici italiani autentici? Capisco che la vostra mentalità sia totalizzante per natura, e sempre per natura rincorriate qualsiasi valore il momento storico corrente vi proponga come positivo per cercare di monopolizzarlo, ma ogni tanto vi converrebbe trovare anche un punto fermo.

    • Massimo ha detto:

      La domanda andrebbe posta ad un comunista,non a me.
      Comunque io ti consiglierei di valutare le questioni storiche non guardando all’appartenenza politica dello storico ma alla sua serietà (Pansa,ad esempio,se anche fosse comunista lo considererei comunque poco credibile).

      • Kosmo ha detto:

        Certo, perchè chiunque OSI riportare alla luce i crimini e le atrocità dei partigiani rossi deve essere messo a morte (per adesso soltanto civile).
        Prima di tutto Pansa è un giornalista.
        Secondo tutto quello che ha scritto nei suoi libri corrisponde al vero: tanto che i tuoi amici dei centri sociali che lo “accoglievano” negli incontri pubblici tiravano fuori degli striscioni “Fieri di averlo fatto” (ci sono pure le riprese televisive).
        Cosa non avrebbe di serio Pansa?

  • Alessandro ha detto:

    Massimo, di persone come te purtroppo ne ho avuto a che fare fin troppo e troppo spesso, solo tu conosci la Verita. Non so perchè ma penso che tu in una realtà storica diversa saresti stato tra quei bolognesi che impedirono di bere e mangiare al treno degli esodati a Bologna costringendoli a rimanere dentro i vagoni, con donne e bambini che svenivano dalla fame, dalla sete o dal caldo. O magari saresti stato della combriccola che all alba delle elezioni del 48 tentarono di inchiodare la porta dei miei nonni” quegli sporchi fascisti” che fuggivano l’eldorado comunista pensando di aver vinto le elezioni e quindi di aver acquisito anche il diritto di uccidere chi diverso da loro.
    Dovresti solo tacere ma come detto le persone come te non smetto mai di imporsi.
    E’veramente nauseante questa infinita ripetizione di falsita storiche.
    ma sicuramente mi saprai sicuramente dire che differenza passa tra un istriano di lingua croata(come mia nonna) e un croato.

    • Kosmo ha detto:

      Si conferma (una volta tanto, stavolta tocca pure a lui avere ragione) la chiosa finale di Sergio Romano.

    • Massimo ha detto:

      Io “dovrei solo tacere”,io (anche se non sai il perché) sarei stato un “inchiodatore” o un “affamatore”,pero’ quello che cerca di “imporsi” sarei io.
      Ok,grazie mille.

      • Alessandro ha detto:

        Vedo che fai finta di non capire.
        Tu porti della storiografia bugiarda, smentita da anni nei fatti e nelle fonti e la propugni come Verita’. Ripeto, di persone cosi’, persone da tutta Italia, che insultavano la memoria di centinaia di migliaia di esodati, di migliaia e migliaia di morti dalmato giuliani purtroppo ne ho incontrate tantissime. Persone cosi’ devono solo tacere (di questo argomento, chiaro ?) e non continuare a propugnare falsita’ storiche. Se ancora non sono stato chiaro ti ripeto che se vuoi fare mistificazione non e’ piu’ il momento adatto visto che pure i “rossi” hanno votato per il giorno del Ricordo: il ricordo della terribile persecuzione, della pulizia etnica perpetrata dai titini e poi dell’esodo.
        E se ti do del ipotetico inchiodatore o dell’affamatore pensi forse che tutta quella gente poi non siano stati adorabili vecchietti, nonni e nonne, gentili coi bambini e coi vicini ? Se ti poni come giudice e portatore del vero indiscutibilmente… bhe’ pure tutti quelli pensavano esattamente lo stesso. Non ho paura di affermare che la guerra tira fuori le peggiori bestialita’ da ogni uomo e se in un momento di pace (per la nostra nazione) non ci pensi un minuto a ridicolizzare in due righe le sofferenze di migliaia di persone,beh che altro devo aggiungere ?
        Se invece ti interessa sapere veramente quel che e’ successo, ti consiglio di entrare in contatto con qualche associazione Istriana o giuliano dalmata. Avrai la fortuna, ancora per poco purtroppo di parlare direttamente con le persone coinvolte in quei fatti: gli unici che possono darti una idea di cosa sia successo di prima mano.

        • Massimo ha detto:

          Mi chiedo,tra la tante persone “così” che hai incontrato,quanti lo fossero sul serio.
          Io ad esempio non ho mai negato alcunché,dunque non sono “così'”,mi sorge quindi il dubbio che tu ne abbia incontrate assai meno di quel che pensi.

  • a-theòs=a-éthos ha detto:

    Ottimo articolo. Grazie Mattia

    • Mattia ha detto:

      Grazie a te che qualche mese fa mi hai dato lo spunto per scrivere quest’articolo.