Vari intellettuali si esprimono sul crocifisso nelle scuole e nei luoghi pubblici

Ecco cosa ne pensano alcuni tra i più noti intellettuali, credenti e non credenti, di ogni orientamento politico e sociale, circa l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici e nelle aule scolastiche.



MARCO TRAVAGLIO. Il noto giornalista e scrittore ha scritto un articolo in prima pagina su Il Fatto Quotidiano: «Dipendesse da me, il crocifisso resterebbe appeso nelle scuole. Fa tristezza Bersani che parla di “simbolo inoffensivo”, come dire: è una statuetta che non fa male a nessuno, lasciatela lì appesa, guardate altrove. Se dobbiamo difendere il crocifisso come “arredo”, tanto vale staccarlo subito. Gesù in croce non è nemmeno il simbolo di una “tradizione”. Gesù Cristo è un fatto storico e una persona reale, morta ammazzata dopo indicibili torture, pur potendosi agevolmente salvare con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula. È, da duemila anni, uno “scandalo” sia per chi crede alla resurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della crocifissione. L’immagine vivente di libertà e umanità, di sofferenza e speranza, di resistenza inerme all’ingiustizia, ma soprattutto di laicità (“date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”) e gratuità (“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”). Gesù Cristo è riconosciuto non solo dai cristiani, ma anche dagli ebrei e dai musulmani, come un grande profeta. Infatti fu proprio l’ideologia più pagana della storia, il nazismo – l’ha ricordato Antonio Socci – a scatenare la guerra ai crocifissi. Eppure basta prendere a prestito il lessico familiare di Natalia Ginzburg, ebrea e atea, che negli anni Ottanta scrisse: “Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente…Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli scolari ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato morto nel martirio come milioni di ebrei nei lager? Nessuno prima di lui aveva mai detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli. A me sembra un bene che i bambini, i ragazzi lo sappiano fin dai banchi di scuola”. Basterebbe raccontarlo a tanti ignorantissimi genitori, insegnanti, ragazzi: e nessuno – ateo, cristiano, islamico, ebreo, buddista che sia – si sentirebbe minimamente offeso dal crocifisso» (cfr. Il Fatto Quotidiano, 06/11/09).

 
CLAUDIO MAGRIS. Il famoso scrittore ed editorialista de “Il Corriere della Sera” ha spiegato che «quella figura rappresenta per alcuni ciò che rappresentava per Dostoevskij, il figlio di Dio morto per gli uomini; come tale non offende nessuno, purché ovviamente non si voglia inculcare a forza o subdolamente questa fede a chi non la condivide. Per altri, per molti, potenzialmente per tutti, esso rappresenta ciò che esso rappresentava per Tolstoj o per Gandhi, che non credevano alla sua divinità ma lo consideravano un simbolo, un volto universale dell’umanità, della sofferenza e della carità che la riscatta» (cfr. Il Corriere della Sera, 07/11/09)

 

MASSIMO CACCIARI. Il noto filosofo ateo ed ex sindaco di Venezia ha dichiarato: «A chi può dare fastidio quella povera figura? Quali libertà può ledere? Ma vogliamo scherzare? Via, un po´ di ragionevolezza… Non ha nessun senso voler togliere il crocifisso dalle aule scolastiche, dai luoghi pubblici. Perché sollevare questa questione allora? Dovremmo essere abbastanza maturi per capire che quell´immagine è stata posta sui muri suo malgrado. Se Gesù tornasse tra di noi il primo a togliere quell´effigie dalle aule certamente sarebbe lui. Ma adesso che è lì, cosa andiamo a togliere noi dai muri? La laicità di uno Stato non si misura dai crocifissi appesi o tolti. Gesù era un maestro di laicità. Chi ha detto che il suo regno non è di questo mondo? Più laico di così… Se invece del crocifisso ci fosse appeso un cartellone con l’immagine di tutti i papi, da Pietro in poi, capirei la protesta. Anch’io sarei molto contrario e vorrei venisse tolto. Ma il crocifisso no. Non mi dà nessun fastidio. Se il crocifisso è un’imposizione, il segno di una religione di Stato (“Quello è il capo”) allora si bestemmia lo stesso messaggio di Cristo, che tutto è fuorché un messaggio per istituire una “religio civilis”. Ma se quella figura serve a concentrare l´attenzione su ciò che Gesù ha veramente detto, sul contenuto dei Vangeli, allora può diventare una presenza di grandissimo stimolo. Di apertura mentale per tutti» (cfr. Repubblica, 16/2/06)

 

GIANCARLO MARINELLI. Il noto scrittore, regista ed editorialista ha scritto un articolo su Il Giornale: «Caro Gesù, hanno provato a cacciarti di nuovo. A condannarti, farti sparire di nuovo. Come duemila anni fa. È inutile, caro Gesù, che io ti dica: «Dai, non prendertela». Tu non te la sei mai presa. In fondo, sei l’uomo più laico che io conosca. Sai perfettamente che chi prova, con tutte le sue forze, ad allontanarti, in verità, non sta facendo altro che struggersi per la distanza che lo separa da te. E rinnegandoti, oltraggiandoti, intona la preghiera forse più sacra, di sicuro più autentica. Ti sta chiamando. Ti sta dicendo: quanto mi manchi» (cfr. Il Giornale, 7/11/09).

 

NATALIA GINZBURG. La scrittrice non credente e deputata alla Camera come indipendente nelle liste del Pci, disse: «Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea di uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente. La ricoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Sono quasi duemila anni che diciamo “prima di Cristo” e “dopo Cristo”. O vogliamo smettere di dire così? Il crocifisso è simbolo del dolore umano. La corona di spine, i chiodi evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici, Gesù Cristo è il Figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo. Chi è ateo cancella l’idea di Dio, ma conserva l’idea del prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è immagine. È vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei, neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà tra gli uomini. Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l’idea della croce nel nostro pensiero. Alcune parole di Cristo le pensiamo sempre, e possiamo essere laici, atei o quello che si vuole, ma fluttuano sempre nel nostro pensiero ugualmente. Ha detto “ama il prossimo come te stesso”. Erano parole già scritte nell’Antico Testamento, ma sono diventate il fondamento della rivoluzione cristiana. Sono la chiave di tutto. Il crocifisso fa parte della storia del mondo» (cfr. L’Unità, 22/3/88)

La redazione

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