Comparsa dell’uomo: caso e necessità sono insufficienti

Ramanujan 
di Enzo Pennetta*
*biologo

 

È stato pubblicato nei giorni scorsi nel Giornale degli Atti della Fondazione Giorgio Ronchi un intervento epistemologico di Michele Forastiere e Giorgio Masiero, un cui sunto era già apparso su UCCR.

Che un articolo critico nei confronti del darwinismo appaia in una prestigiosa rivista peer-rewieved italiana, costituisce per se stesso un avvenimento, se consideriamo quanto sia sensibile l’argomento trattato dai due Autori: mentre infatti è fisiologico al metodo scientifico mettere in discussione liberamente anche le teorie più consolidate – su ciò si poggia l’avanzamento tipico delle scienze naturali rispetto alle altre – risulta invece, come si sa, un delitto di lesa maestà vietato dal politically correct sollevare il ditino contro un pensiero del grande biologo inglese.

Riprendo sinteticamente per i lettori di UCCR le tesi presentate, rinviando alla lettura diretta dell’articolo i lettori più interessati. Secondo il paradigma darwiniano, il gioco esclusivo di caso e necessità pone le condizioni sufficienti all’insorgenza di organismi sempre più complessi, dalle forme prebiotiche fino all’uomo. In altre parole, il motore dell’evoluzione di tutta la biosfera viene identificato, da ogni teoria evolutiva di ispirazione darwiniana, nella successione graduale di mutazioni genetiche casuali, i cui effetti fenotipici sono selezionati col criterio della sopravvivenza del più adatto (necessità).

Ora, l’evoluzione – intesa come speciazione asincrona di organismi a contenuto informativo (in termini di complessità) crescente – si può considerare un fatto scientificamente accertato dalla paleontologia. Ciò che appare insufficiente, alla luce delle evidenze scientifiche (empiriche e teoriche), è che sia esclusivamente il caso la causa prima dell’origine di tutte le forme biologiche esistenti, compreso l’uomo.

L’insufficienza esplicativa dell’approccio darwiniano appare particolarmente evidente nel problema della speciazione umana, e in particolare in quello che gli Autori definiscono “effetto Ramanujan”: vale a dire, nella constatazione che l’abilità matematica umana – intesa come prestazione biologica del cervello di H. Sapiens Sapiens – si è costituita fin dalle origini in una capacità sovradimensionata rispetto a ogni concepibile esigenza di adattamento selettivo (sebbene, naturalmente, è plausibile che un’algebra, una geometria e una meccanica primitive possano essere selezionate in modo adattativo in un ambiente di lotta per la sopravvivenza condiviso con altre specie viventi).

Tipicamente, la soluzione proposta dal darwinismo è quella di considerare la capacità astrattiva e matematica umana come un carattere gregario correlato ad un altro genuinamente adattativo (quale per esempio il bipedismo). Varie “just-so-story” darwiniane sono state proposte a tale proposito: se è evidente, però, che nessuna di esse può essere considerata una spiegazione storicamente valida (perché mancano dati oggettivi in grado di sostenere in modo definitivo una specifica versione), tanto meno trattasi di una spiegazione scientificamente valida (perché non è possibile indicare il meccanismo fisico responsabile della correlazione tra i due caratteri).

Nell’articolo pubblicato sugli “Atti della Fondazione Giorgio Ronchi” gli Autori dimostrano le seguenti proposizioni:

1) è estremamente improbabile che l’effetto Ramanujan (equivalente all’affermazione che la tecno-scienza umana ha dimostrato di saper descrivere con un grado di precisione crescente il funzionamento della realtà fisica) possa essere spiegato solo in termini di caso e necessità, cioè secondo lo schema darwiniano;
2) se, ciò nonostante, si vuole continuare a sostenere tale tesi, non sarà logicamente possibile affermare che l’uomo riuscirà prima o poi a comprendere tutta la realtà naturale senza fare ricorso alla metafisica;
3) poiché, tuttavia, in virtù dell’effetto Ramanujan esiste un’elevata probabilità che la realtà naturale sia governata nella sua interezza da una logica intrinseca e che tale logica comprenda le forme di astrazione proprie del pensiero umano, in tal caso la spiegazione darwiniana risulterebbe confutata;
4) né la congettura del multiverso – che non rientra nel canone scientifico – offre una via filosofica d’uscita al darwinismo, perché le due teorie si contraddicono reciprocamente.

In conclusione, Forastiere e Masiero dimostrano con l’effetto Ramanujan che è estremamente improbabile che il darwinismo possa spiegare l’origine di H. Sapiens Sapiens; e, se si crede che possa farlo, o risulta irrazionale credere che l’uomo potrà un giorno corroborare scientificamente il naturalismo, o si cade in un’insanabile contraddizione logica.

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37 commenti a Comparsa dell’uomo: caso e necessità sono insufficienti

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  1. Nadia ha detto

    Eccezionale!
    Segnalo solo un errore della redazione: all’inizio, al posto di [link all’articolo su TA] ci dovrebbe essere, penso, il collegamento ipertestuale all’articolo di Forastiere e Masiero!

  2. GT ha detto

    Bravi prof.!

  3. capitan ovvio ha detto

    Dico solo “H. Sapiens Sapiens”…XD

  4. anna ha detto

    Alla fin fine i cervelloni ateistici restano smontati dalla vecchietta analfabeta che domanda loro:
    “ma come potrebbe mai il niente, e in aggiunta ‘per caso’, creare l’universo?
    Non sanno rispondere, i poveretti, dato che le loro ‘convinzioni’ non nascono dalla razionalità, ma dall’orgoglio dell’ego autonomo da DIO.
    Dio ce li presenta come avvertimento: ecco in quale delirio si finisce quando l’orgoglio prevale sulla ragione.
    Tutto qua, cari amici.

    • manuzzo ha detto in risposta a anna

      Per niente! Si inventano che è scientifico credere che dal nulla si genera energia e quindi materia. Anche un bambino saprebbe poi riconoscere quanto sia scevra dal pregiudizio e dall’ideologia l’idea di considerare “scientifica” una cosa che non può essere replicata, o quanto meno il bambino ti crede e ti chiede: “fico, mi fai vedere come il nulla genera l’energia?”.

      • Emanuele ha detto in risposta a manuzzo

        Odifreddi sul suo blog mi rispose che la domanda era sbagliata(!)…

        Che dite, iniziamo anche noi a rispondere così a chi chiede prove dell’esistenza di Dio?

      • Azariel ha detto in risposta a manuzzo

        Ho l’impressione che queste persone abbiano quasi paura di ammettere la necessità dell’esistenza di Dio, e allora si arrampicano sugli specchi pur di poterla negare. Da cosa nasca quest’ingiustificata paura (e spesso odio) verso il Creatore, però, non riesco proprio a capirlo.

        • Emanuele ha detto in risposta a Azariel

          mysterium iniquitatis…

        • andrea ha detto in risposta a Azariel

          Ma certo che hanno paura!
          La paura è la prima emozione che prova l’uomo dopo il Peccato:
          “Ci siamo nascosti perchè abbiamo udito i Tuoi passi ed abbiamo avuto
          paura”.
          Per negare questa paura, che vivono come una umiliazione, si inventano idiozie che progressivamente
          li rendono prigionieri di sé stessi; perdono anche l’umiltà di
          ammettere lo sbaglio.
          E’ il dramma umano.

          • Azariel ha detto in risposta a andrea

            Negare Dio per non ammettere di essere peccatori e per potersi illudere di essere i padroni di tutto… Che tristezza!

  5. Penultimo ha detto

    “o si cade in un’insanabile contraddizione logica.”

    Vedrai che la mantengono pur di non riconoscere la metafisica,ma facendo metafisica stile multiverso.

    Fra l’altro “il nulla è energia”,nulla è qualcosa,cos’è questo gioco di parole di adagiare la parola “nulla” alla parola “essere”.L’essere di qualche cosa nemmeno puo deffinirsi nulla.

    E’ come dire il non essere è,l’è è il non essere.Ovvero loro affermano che il nulla è l’energia,ma se il nulla è assenza di qualsiasi cosa l’energia è non possono giocare con i termini e chiamarla nulla.

    • lorenzo ha detto in risposta a Penultimo

      Se Dio ha creato dal nulla tutte le cose, tutto deriva dal nulla.
      Se tutto deriva dal nulla, Dio non è più la causa prima.

      Basta dare al “nulla” il significato che più aggrada ed è possibile dimostrare la non esistenza di Dio.

      • Penultimo ha detto in risposta a lorenzo

        Se Dio ha creato dal nulla tutte le cose, tutto deriva dal nulla.
        Se tutto deriva dal nulla, Dio non è più la causa prima.

        mi piace quando si confonde il divenire di ERACLITO senza cause esterne,con il divenire aristotelico ovvero con presenza di cause esterne.
        Poichè tutto non può derivare dal nulla,è necessaria una causa prima che faccia passare dal nulla all’essere.

        • Penultimo ha detto in risposta a Penultimo

          Se Dio ha creato dal nulla tutte le cose, tutto deriva dal nulla.
          Se tutto deriva dal nulla, Dio non è più la causa prima.

          E’ una falsa dicotomia.

        • lorenzo ha detto in risposta a Penultimo

          E tu vorresti che chi non riesce a capire che nulla significa nulla e non qualcosa di indefinibile sappia comprendere la differenza tra il divenire di Eraclito e quello di Aristotele?

  6. Emanuele ha detto

    Una volta, per gioco, ho provato a calcolare quanto tempo ci vorrebbe per sintetizzare casualmente il genoma del batterio più semplice conosciuto, ipotizzando una mutazione al secondo(!)…

    Risultato, un tempo superiore di miliardi di volte l’età dell’universo… E parlo di un batterio!

    Mi si obietterà che le mutazioni, per il calcolo delle probabilità, potrebbero essere tutte giuste al primo tentativo… Bene, allora la probabilità che si sviluppi a caso il genoma umano é pari a quella di ottenere vari milioni di testa consecutivi lanciando una moneta… Lascio a voi il calcolo.

    • manuzzo ha detto in risposta a Emanuele

      si obietterà ancora che un evento poco probabile diventa possibile nel tentarlo all’infinito con possibilità pari a 1 (evento certo).
      Ovviamente stendo un velo patetico sul “caso” che prima genera l’universo, e poi si da delle regole da solo. LOL. Per non parlare del fatto che per fare questi infiniti tentativi c’è bisogno del tempo. Anche il tempo si è fatto da solo?

    • Azariel ha detto in risposta a Emanuele

      Inoltre, per quanto riguarda l’evoluzione degli animali e in particolare la speciazione, sarebbe anche necessario che si siano formati contemporaneamente sia il maschio che la femmina della nuova specie, il che abbassa ulteriormente le probabilità se non erro.

  7. Penultumo ha detto

    Il caso non ragiona cosi bene da creare il perfetto equilibrio di necessita tra le specie.Infatti come si spiega il fatto che specie diverse sono legate causalmente nelle reti alimentari,ma poi ogni mutazione genomica e’ casuale?Ma cosa vuol dire caso,e casuale la selezione genetica sugli animali domestici?No perche altrimenti si dovrebbe dire che le razze domestiche si sono evolute casualmente,il che e’ assurdo,sono state selezionate partendo dal mutamento ambientale che lo stesso uomo “casualmente” ha voluto.

    Questo caso e troppo fortunato per aver vinto cosi tante volte alla rulette che girava con numeri addiritura rasentanti l’infinito.Casualmente poi nemmeno il sudetto esiste senza la rulette stessa ovvero:del primo ente materiale di qualsiasi natura mi si deve spiegare perche sarebe eterno.Come fanno a sapere che e eterno?Oppure non lo sanno proprio dunque ipotizzano.Intanto io tra dadi e rulette mi gioco la scomessa di Pascal.

    • Peppus ha detto in risposta a Penultumo

      Nomini troppo spesso il caso, ma la selezione naturale non è casuale.

      • Enzo Pennetta ha detto in risposta a Peppus

        Peppus, la selezione naturale agisce dopo che i caratteri si sono formati: è la formazione dei caratteri ad essere casuale.
        Spostare l’attenzione sulla selezione serve solo a distogliere dal vero problema della comparsa dei nuovi caratteri.

        • Peppus ha detto in risposta a Enzo Pennetta

          Non sposto l’attenzione proprio su niente. Penultumo dice in sostanza che è “tutto caso”, ma l’evoluzione non è fatta solo di mutazioni casuali, ma anche di selezione naturale, e la selezione naturale non è casuale (ed è una parte fondamentale della teoria tanto quanto le mutazioni), quindi il suo discorso va ridimensionato. Mi premeva solo precisare questo punto. Non ho intenzione di distogliere nessuno da nessun problema. E’ inutile polemizzare su qualcosa che non ho fatto.

          • Daphnos ha detto in risposta a Peppus

            Peppus, la polemica nasce dal fatto che qui non si sta parlando affatto della selezione naturale, ma solo delle mutazioni. E il fatto che tu stia ripetendo le solite due parole che sono diventate il dogma infalsificabile di una montagna di letteratura che fa in modo di persuadere il lettore, unico caso nel panorama scientifico, di possedere con un paio di nozioni universali una conoscenza sufficiente a difendere su tutta la linea questa teoria, ci fa sospettare che tu voglia riportare il discorso alle solite stucchevoli filastrocche.

            La selezione non viene minimamente toccata dal discorso, semplicemente perché, per come è stata concepita, non può essere messa in discussione, e nessuno vuole farlo. Non è una grandezza misurabile, una forza attiva che rientra in una legge più ampia o ne riassume una più specifica; è solo un effetto che si può osservare a posteriori come somma di una serie di cause che spesso non si ritiene necessario approfondire oltre il livello della favola (almeno per ciò che riguarda il fenotipo).

            L’unico interesse del caso in questione riguarda le mutazioni, è lì che si parla di caso. Se proprio volevi cercare di essere coerente con l’intervento di Penultimo, che parlava di sistemi biologici in equilibrio evolutivo costante, potevi menzionare un termine tecnico che circola da tempo, quello di “pressione di selezione”: l’ambiente si trova già in una situazione adeguata a selezionare una determinata mutazione. Ecco, chiaramente questo non aggiunge un accidente al binomio verbale mutazione-selezione, poiché resta scontato che l’ambiente NON deve assolutamente influenzare il processo di duplicazione genomica affetto da errore, pena la perdita del concetto di casualità assoluta che una certa cultura deve difendere a tutti i costi. Però almeno fornisce l’argomento dialettico, ovviamente fine a se stesso, per sostenere che un avvenimento non casuale può avvenire tramite un meccanismo casuale.

            Se questo fa felice qualcuno, buon per lui… ma almeno avresti colto nel segno.

            • Peppus ha detto in risposta a Daphnos

              Mamma quante cose ho detto con appena due parole. Non pensavo di essere così contorto! Prima di tutto ripeto che la gente può continuare a vedere quello che gli pare nelle mie parole, ciò non è affar mio, il mio pensiero l’ho espresso chiaro e tondo, e non si riferiva certo a quello che ha detto lei. In secondo luogo non ho detto da nessuna parte “state mettendo in discussione la selezione naturale” (quindi già il suo post non ha senso di essere). Mi perdoni ma non sono riuscito in alcun modo a capire la sua argomentazione, la selezione naturale come non può essere toccata se Penultimo cerca di fare un quadro grottesco dell’evoluzione parlando di caso a destra e sinistra dimenticandosi di quel (fondamentale) particolare? Qui non si può pronunciare una sola parola appena appena in favore dell’evoluzione che subito si viene bollati quasi come traviatori o addirittura “dogmatici”?

              • Daphnos ha detto in risposta a Peppus

                Ok, ricapitoliamo:

                1) Lasci stare le parole “in favore dell’evoluzione” e non faccia il finto tonto (oppure provi a capire, se è in buona fede): ne’ io ne’ i prof. ne’ la maggior parte delle persone che frequentano il sito mettono in discussione l’evoluzione e il fatto che si tratti di un problema di natura esclusivamente scientifica.

                2) Ciò che noi critichiamo non è l’evoluzione, ma la teoria che la descriverebbe, e la contestiamo dai punti di vista epistemologico e statistico. E se lo facciamo, non è perché non ce l’hanno spiegata bene, ma proprio perché la conosciamo.

                3) Quello che vedo nelle sue parole è l’attaccamento alla dialettica fondamentale del darwinismo, ne’ più ne’ meno. Non è così?

                4) Il mio post, anche se ammetto di essermi lasciato un po’ andare, non era una risposta a chi sostiene che neghiamo la selezione naturale, ma semplicemente un riferimento al fatto che, per come è concepita la teoria a livello di divulgazione, può essere maneggiata con disinvoltura per essere resa infalsificabile (ed è qui che mi aspettavo, conoscendolo, un intervento di Penultimo). Caso E necessità, ovvero A e non-A: l’avvenimento “evoluzione” è dato da un’unione di A e non-A. Perciò se una contesta la casualità dell’evoluzione (A), il difensore d’ufficio interviene dicendo: ma l’evoluzione NON è casuale, perché la selezione naturale non lo è (non-A); se invece si afferma che l’evoluzione sembra essere un processo deterministico, o finalizzato (non-A), lo stesso difensore controbatte: eh no, le mutazioni sono casuali (A)!

                Ed è esattamente ciò che sembrava trapelare dalla sua risposta al prof. Pennetta, da qui la prima parte del mio post.

                5) Sul discorso di Penultimo. Effettivamente è un po’ contorto, ma se ho ben capito lui parlava degli equilibri evolutivi: laddove un elemento di un ecosistema subisce una perturbazione, gli organismi circostanti rispondono con un adattamento. Ovvio che, per spiegare la cosa, il suo pensiero corra a quell’enorme contenitore di tutto e del contrario di tutto che è la selezione naturale. Ma, appunto, se leghiamo il problema a quello delle mutazioni, come l’argomento dell’articolo vorrebbe, la domanda che sorge è: come mai avvengono proprio QUELLE mutazioni (insieme a quelle che sono eliminate), in quel preciso istante? Per questo mi aspettavo che un difensore di un certo livello del mantra darwiniano reagisse citando non bovinamente il solito ritornello della selezione naturale, ma il termine “pressione di selezione”, che alcuni biologi utilizzano per cambiare un po’ la terminologia, e che fa riferimento proprio a quelle mutazioni che sono il nocciolo della questione.

                • Peppus ha detto in risposta a Daphnos

                  Ripeto per la terza e ultima volta. Non sto dicendo questo. So cosa pensate. Non sono una persona contorta. Se sono costretto a utilizzare la parolina magica “selezione naturale” è perché Penultimo ha usato troppo spesso e in maniera impropria (se non grottesca) l’altra parolina magica amata invece da chi NON accetta l’evoluzione (“caso”). Le mutazioni esistono. Esse posso essere positive, negative o neutre a seconda del contesto (non in maniera assoluta). I sistemi sono in grado di instaurare ordine da soli tramite l’ingresso di energia, ne è prova la disposizione ordinata dei ciottoli di una spiaggia, i più grandi stanno a monte dei più piccoli anche senza che qualcuno li abbia disposti in quel modo. Se ci riescono gli oggetti inanimati, non capisco perché non ci possano riuscire gli organismi viventi.

                  • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Peppus

                    1. L’ordine presente nella natura inanimata (sassolini in spiaggia, i cristalli, il ferromagnetismo, ecc.) non è mai frutto né del caso né della selezione naturale, ma di una legge fisica scrivibile in equazioni matematiche. La seconda legge della dinamica per i sassolini, le equazioni dell’elettromagnetismo per i cristalli, ecc. Qual è la legge dell’ordine osservato negli esseri viventi? E’ proprio questo il punto, Peppus.
                    2. L’ordine della materia inanimata è di tipo ripetitivo, ad informazione quasi nulla; l’ordine degli organismi viventi non è ripetitivo, e contiene un’informazione sematica relativamente infinita rispetto a quello della materia inanimata: confronti, Peppus, i sassolini ordinati trasversalmente nella spiaggia secondo la loro massa con un castello di sabbia costruito da un bambini e capirà subito la differenza. Quindi lasci a Dawkins, che non sa né la fisica né l’information science, certi paralleli!
                    3. Nel caso dell’effetto Ramanujan, quella che fallisce è proprio la spiegazione della selezione naturale, che per passi successivi avrebbe tra 200.000 e 100.000 anni fa indotto piccole modifiche nelle reti neurali degli ominidi capaci di accrescere sempre più le loro capacità matematiche, dal calcolo aritmetico a quello differenziale ecc. ecc., a quello astrattissimo dell’algebra moderna! Ma quale sarebbe stata l’utilità per la sopravvivenza di Homo Sapiens di queste micromodifiche consecutive finalizzate a far comparire un Homo Mathematicus nell’ambiente di allora?

                    • Peppus ha detto in risposta a Giorgio Masiero

                      Se si fa una affermazione del genere, bisognerebbe prima dare una definizione precisa di “materia inanimata” e di “materia animata”, e sono certo converrà con me che oggi queste definizioni non esistono o comunque sono insoddisfacenti, paradossalmente questo accade non solo con la biologia in cui non esiste una definizione univoca di vita, ma anche in fisica dove non c’è una definizione univoca di energia, e credo che questo sia il nocciolo della diatriba per cui non si trova mai un punto di incontro in queste discussioni… se ci fossero definizioni migliori, a mio avviso ci sarebbero molte meno discussioni. Comunque proteine, zuccheri, grassi e acidi nucleici sono strutture ripetitive di alcani e alcheni organizzati in maniera più complessa. Alcani e alcheni a loro volta sono strutture ripetitive di carbonio, ossigeno e idrogeno. Le proprietà emergenti sono fondamentali per spiegare il fenomeno “vita”. L’ordine e i codici derivano dalla capacità di autoreplicarsi e di commettere “errori” mentre lo si fa. Paragonare un castello di sabbia ad un essere vivente è un paragone del tutto traviante e non pertinente con la discussione. Il castello non è capace di catalizzare la propria autoreplicazione né tanto meno di commettere errori mentre lo fa. Non mi ritengo un fan di Dawkins, ma il suo esempio è illuminante per comprendere come dal caos può nascere l’ordine. Non sostengo da nessuna parte che abbiamo già tutte le risposte, i modelli sono ancora insoddisfacenti, e infatti si sta lavorando per migliorarli. Sostenere a spada tratta il caso come unico motore dell’evoluzione è sbagliato, ripeto, senza la selezione natura, le mutazioni non hanno senso biologico. Escluderla dal discorso è sbagliato.

                    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Giorgio Masiero

                      @ Peppus
                      1. Se Lei, Peppus, non conosce la differenza tra materia inanimata e materia animata, come dire tra fisica e biologia, gliela dico subito, tecnicamente: è la assenza o la presenza di un codice genetico (E. Mayr). Lei è laureato in una delle due materie?
                      2. La definizione di energia in fisica è univoca. Posso chiederLe quanti esami ha fatto in una facoltà di Fisica?
                      3. L’esempio di Dawkins dei sassolini si ritorce contro Dawkins, perché non è il “caos” (come Lei Peppus ribadisce falsamente) né la selezione naturale a creare l’ordine in cui sono disposti i sassolini sulla spiaggia, ma un’equazione differenziale ottenuta applicando alla seconda legge della meccanica il campo gravitazionale. Le ripeto la domanda: quali sono la legge e l’equazione differenziale che ordina (in un ordine infinitamente superiore a quello dei sassolini) gli organismi viventi e il loro codice?
                      4. Infine, Lei tira fuori accanto al caos, la selezione naturale: ma è proprio questa che fallisce a spiegare l’effetto Ramanujan? Se ha letto il nostro articolo, vedrà che è proprio la selezione naturale a fallire! Questo Le è chiaro?

                      @ altri lettori
                      Ma vi rendete conto, amici, a quante favole credono i Peppus & Co?

                  • Daphnos ha detto in risposta a Peppus

                    Hai aperto altri tre fronti, sigh… vabbè, non ho tempo di continuare, tra un po’ i commenti chiuderanno, meglio andare a controllare le quote betting della Serie A.

  8. GT ha detto

    Se il “nulla”, cioè vero nulla, consideriamo vero che abbia prodotto materia, pianta, uomo,e mondo, universo perché produce astrazione, pensieri, idee, amore? E poi se il nulla ha prodotto qualcosa di “fisico” potrebbe continuare a farlo, o no?

  9. alessandro pendesini ha detto

    La vita organica si è gradualmente sviluppata dal protozoo al filosofo il quale certifica che questo sviluppo è indiscutibilmente da considerare un progresso. Purtroppo, questo è il filosofo -e non il protozoo- che lo afferma…….

  10. alessandro pendesini ha detto

    Circa il 98,5% dei nostri geni esisteva nell’ultimo antenato (australopiteco) che abbiamo avuto in comune col bonobo, chimpanzé e gorilla, I quail furono acquisiti durante il lungo percorso che ha portato alle prime forme di vita sulla terra, (circa 3,5 miliardi di anni or sono) fino alla bifurcazione che ha separato la branca dei primati dagli ominidi a quella dello scimpanzé, (circa 7 milioni di anni fa). Questi geni (98,5%) rendono conto di tutte le caratteristiche che condividiamo con lo scimpanzé e gorilla. Ma dobbiamo al rimanente, cioé circa 1,5%, cio’ che ci rende umani (specie umana). Questo 1,5% sembra poco, ma in realtà equivale ad un testo genetico di circa 45 milioni di « lettere », un volume di uno spessore rispettabile….
    P.S. : L’evoluzione umana, molto particolare, non ha potuto essere esclusivamente ne biologica, ne socio-culturale, ne spirituale, ma il risultato della continua interazione dei tre.

    • Fabio Moraldi ha detto in risposta a alessandro pendesini

      Pendesini si dimentica sempre di dire che l’uomo condivide anche il 50% dei geni con la banana…dunque Alessandro Pendesini per un riduzionista coerente dovrebbe essere metà banana.

  11. alessandro pendesini ha detto

    Anche supponendo che la vita e l’evoluzione non abbiano una finalità non significa che non dobbiamo dare un senso alla nostra e quella dell’umanità ! Anzi, direi proprio il contrario ! La nostra responsabilità verso le generazioni future richiede un impegno per la conservazione della biodiversità degli ecosistemi e la natura, come per la conservazione della diversità delle lingue, culture e tradizioni, credenze e diversi sistemi di pensiero ecc…nel rispetto dell’alterità e valori comuni in un contesto di laicità. In altre parole: dobbiamo insistere positivamente affinché l’evoluzione (o cambiamento) continui nell’interesse sia individuale che sociale umano, e non solo…….
    L’evoluzione ci dice da dove veniamo (anche se molte domande rimangono inevase), l’insegnamento dell’evoluzione (o cambiamento) ci dovrebbe suggerire come e con quali mezzi -preferibilmente razionali- “possiamo” proseguire.
    P.S. A volte è necessario correre, ma se non corriamo nella buona direzione sprechiamo solo energia ed aumentiamo il nostro malessere…Personalmente sono (forse ingenuamente) convinto che l’uomo puo’ -o potrebbe correre- (malgrado i suoi “tré cervelli” spesso antagonisti) nella buona direzione; su questo la Cultura (degna di questo nome), in particolare la conoscenza di sé, dei propri limiti, è e sarà l’elemento determinante del nostro avvenire.

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