Cara Elisa Fuksas, non basta convertirsi: la fede va alimentata

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La scrittrice Elisa Fuksas ammette che la conversione iniziale è svanita, vive di nostalgia e ricordi. Il nostro piccolo suggerimento è cogliere l’occasione e iniziare, giorno dopo giorno, ad alimentare la fede. Ecco come.


 

Nei giorni scorsi è apparso su “Domani” un commento amaro di Elisa Fuksas.

Elisa è una scrittrice e regista italiana, porta il cognome del padre, il famoso architetto Massimiliano Fuksas.

Nel 2020 L’Osservatore Romano pubblicò un’intervista in cui la donna raccontava come avesse sfidato la sua educazione rigorosamente laica, convertendosi e ricevendo il battesimo a 39 anni.

 

Elisa Fuksas e la conversione nel 2020

Elisa Fuksas si è battezzata nella notte di Pasqua del 2019 nel Duomo di Firenze, a celebrare mons. Giuseppe Betori.

Allora raccontava di come quella scelta fu «la fondazione della mia identità» e, pur non rinnegando il passato, affermava: «Mi sento finalmente libera». Già allora accennava comunque l’essere «rimasta la stessa di ieri con le mie virtù, i dubbi e i difetti».

All’inizio del 2025, inoltre, al Corriere, Elisa ha spiegato ancora una volta i motivi per cui ha chiesto il battesimo cattolico.

«Perché i miei non lo avevano fatto quando sono nata», ha risposto, ricordando «la veste bianca, le letture, le musiche, il giovane prete che mi aveva guidato fin lì: tutto nella mia mente è ancora come un sogno. Però ricordo la precisa sensazione di pace e di abitare il posto giusto».

Arriviamo a pochi giorni fa, quando in una riflessione firmata direttamente da lei, sembra aver messo in dubbio tutto il suo cammino.

 

L’innamoramento per il Mistero sembra svanito

Elisa Fuksas ha infatti raccontato della recente visita alla tomba di Papa Francesco, durante la quale ha ricordato il percorso di conversione grazie a un giovane prete e quel periodo in cui «il senso lo vedevo eccome, ma il mondo era un’altra cosa».

Sì, perché Fuksas ammette amaramente che «sono passati anni, mi sono battezzata e quel senso d’innamoramento nei confronti del Mistero è svanito, sparito, almeno in superficie». Perciò, aggiunge, «oggi mi ritrovo in fila senza sapere dove sia finito quel sentimento che solo qualche anno fa mi abitava, mi rendeva felice».

L’autoconfessione coraggiosamente raccontata dalla giovane scrittrice è un’esperienza comune a tanti credenti, quando ad un certo punto la fede, un tempo viva e luminosa, appare improvvisamente o gradualmente come una nostalgia sfocata, una grazia smarrita.

A volte si arriva perfino a mettere in dubbio quel primo sussulto dell’anima, quel “sì” iniziale al Mistero, riconducendolo a un’illusione, una parentesi.

Ciò che più colpisce di quanto scritto da Elisa Fuksas è lo sguardo con cui parla della sua esperienza: non è quello di chi ha voltato pagina, ma di chi è ancora ferita da una Presenza che non riesce più a sentire.

E riconoscere questo è il primo passo per ricominciare e rialzarsi, perché c’è ancora qualcosa che brucia sotto la cenere. Il contrario della fede, infatti, non è il dubbio, né la delusione. È l’indifferenza. Elisa non sembra affatto indifferente: si interroga, prova nostalgia, ancora riconosce quando era felice. E questo è prezioso.

Scrive che l’innamoramento iniziale per il Mistero, quello che l’ha portata al battesimo, sembra sfumato come finisce spesso l’amore: i primi tre mesi sono un fuoco, poi resta il tepore, se resta. Dalle sue parole sembra sia successo anche qualcosa che le ha fatto male, ad esempio lo scontro con la miseria di alcuni ministri di Cristo.

 

Perché non basta la conversione iniziale

Ci permettiamo di dare un piccolo suggerimento a lei, come a quelli che vivono questa aridità. Che, al contrario delle apparenze, è una grande grazia e non una pietra d’inciampo.

La fede vera non si regge sull’emozione iniziale. Non è un colpo di scena. Non è qualcosa che “succede”, ma Qualcuno che prende per mano, ogni giorno, se gli si lascia spazio.

La conversione iniziale non basta, è solo l’inizio di un cammino che, per restare vivo, ha bisogno di essere continuamente riattualizzato. Non si può vivere di rendita.

Ancora una volta, l’analogia giusta è quella dell’amore tra due persone: se non si custodisce, se non lo si alimenta tutti i giorni con gesti, parole, perdoni, silenzi, allora presto o tardi diventerà uno stanco ricordo, una malinconia, una nostalgia. E nessuno resiste negli anni solo con la memoria del primo innamoramento o del giorno del matrimonio.

Quindi non basta aderire, per quanto sinceramente, a un incontro che ha acceso il cuore. Il cristianesimo non è un’illuminazione statica, personale, individualistica, privata.

 

Come alimentare la fede, giorno dopo giorno

Ma come si fa per alimentare la fede, giorno dopo giorno? Ne abbiamo parlato recentemente.

Elisa Fuksas scrive di avere amato molto Papa Francesco. Bene, proprio lui ha parlato più volte della fede che «si trasmette per attrazione, cioè per testimonianza».

Per attualizzare la fede è necessario stare addosso, stare attaccati, incollati a persone che si riconosco essere testimoni autentici di Cristo. Serve un luogo, una compagnia, un popolo che faccia maturare il seme della fede.

Il cristianesimo è iniziato come una compagnia umana e ancora oggi servono dei volti umani, concreti, a cui affidarsi e nei quali riconoscere la Presenza viva del Mistero. Per questo si chiama il cammino della fede.

L’incontro iniziale va rinnovato ogni giorno, lasciandosi incontrare nuovamente dal Signore tramite il volto della Chiesa, cioè di coloro che sono Suoi testimoni. Non basta aderire una volta per tutte. Non basta una decisione iniziale, fosse pure la più sincera.

Il Mistero, se smette di essere riconosciuto ogni giorno nella carne delle cose, si scolora. Diventa lontano. Astratto. Un’eco.

L’augurio a Elisa Fuksas è di ritrovare un volto, una parola, una comunità, un frammento di bellezza attraverso cui Dio può tornare a sorprenderla e farla sentire che quel «posto giusto» non l’ha mai davvero lasciato.

Autore

La Redazione

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