L’Iran vuole la fine del regime, in migliaia diventano cristiani

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Il cristianesimo in Iran è la speranza per milioni di persone. Il conflitto scatenatosi in questi giorni ha intensificato il fenomeno di ribellione al regime islamista.


 

Si attende di capire se la tregua tra Israele e Iran, annunciata dagli Stati Uniti, sarà reale.

Negli ultimi giorni si sono intensificati i raid sulle infrastrutture nucleari e militari iraniane, scatenando la risposta contro le basi USA.

Ma ciò che emerge è un quadro sommerso: la maggioranza degli iraniani, benché oppressa, sembra più che mai pronta a un cambiamento radicale e sogna la caduta del regime degli Ayatollah.

Di pari passo, come già raccontavamo nel 2018, vi è un crescente fenomeno di conversioni al cristianesimo che si è incrementato nei giorni del conflitto.

 

L’Iran e il cristianesimo come speranza

Lo ha confermato Hormoz Shariat, un iraniano fuggito con la sua famiglia negli Stati Uniti dopo la Rivoluzione islamica del 1979, è un convertito cristiano e ha fondato Iran Alive Ministries, una rete televisiva satellitare che raggiunge milioni di persone in Iran e in Medio Oriente.

Si parla di movimento sommerso di rifiuto del regime, anche se il popolo iraniano sa che «se scendesse in piazza pubblicamente, il regime ne ucciderebbe decine di migliaia senza pietà».

Accanto a questo slancio politico, come già detto, sta emergendo da anni anche un mutamento spirituale: migliaia di iraniani si convertono al cristianesimo, cercando una nuova via di libertà e speranza.

Shariat ha dichiarato di essere stato contattato da 1.200 convertiti e oltre centomila sono coloro che seguono e contattano la sua attività: «C’è una fame soprannaturale del popolo iraniano verso il vero Dio».

 

La fine del regime iraniano e il cristianesimo

A confermarlo nei giorni scorsi anche Marziyeh Amirizadeh, autrice e presidente di New Persia, anch’essa una cristiana iraniana convertita che ha trascorso nove mesi in prigione per aver distribuito Bibbie e aver fondato due chiese domestiche clandestine.

Amirizadeh ha ammesso che milioni di iraniani stanno celebrando segretamente la campagna israeliana contro il regime dell’Ayatollah: «Stanno condividendo video e filmati che li prendono in giro, e in particolare venerdì scorso hanno condiviso la loro celebrazione di quanto sono felici».

Questo fermento ha trovato un simbolo in Reza Pahlavi, il figlio dell’ultimo scià, visto da molti come l’unico leader credibile per una transizione democratica.

Inoltre, non si contano più le persone che si starebbero allontanando dalle moschee e in migliaia starebbero abbracciando una fede nuova e dissidente.

«Le persone si stanno avvicinando a Cristo, e il motivo è che sono stanche di questo regime tirannico che vive sotto le dure regole dell’Islam da così tanti anni», ha dichiarato Amirizadeh. «Su 75.000 moschee, 55.000 sono state chiuse. Sono testimone di quanta sete gli iraniani hanno di venire a Cristo».

Un anno fa anche The Tablet parlava della speranza per una grande rinascita cristiana in Iran e perfino la BBC ha certificato un aumento delle conversioni cristiane, nonostante le repressioni.

Se il regime iraniano vacillasse davvero, non sarebbe solo una svolta geopolitica, ma forse anche l’inizio di una rinascita culturale e spirituale che da tempo cova nel silenzio dell’oppressione.

E in quell’eventuale crepa, potrebbe infiltrarsi non solo il desiderio di libertà, ma anche il Vangelo che per molti rappresenta una promessa di vita nuova.

Autore

La Redazione

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