Rugby, ennesima giocatrice infortunata da avversario trans
- Ultimissime
- 27 Mag 2025
Anche il rugby minato dai trans. Il caso di Elena King sta facendo discutere e anima il dibattito internazionale sulla sicurezza dello sport femminile quando agli atleti transgender viene permesso di gareggiare contro le donne. Oltre alla slealtà sportiva si moltiplicano i casi di gravi infortunio.
Anche il rugby femminile è sotto attacco dalla partecipazione di atleti transgender.
Se ne parla in questi giorni dopo un articolo di The Times dedicato al grave infortunio subito da Elena King, una giovane rugbista olandese, durante una partita di campionato.
Quanto le è accaduto ha aizzato ulteriormente un forte dibattito sulla sicurezza dello sport femminile dopo che l’ideologia gender ha preso il sopravvento.
I trans nel rugby: l’infortunio di Elena King
Elena King, 20 anni, ha subito una grave lesione al ginocchio sinistro durante un incontro di rugby nel gennaio scorso.
La causa? Un placcaggio effettuato da un avversario transgender, un uomo biologico sottoposto a chirurgia estetica e trattamento ormonale per somigliare al sesso opposto.
King descrive la forza impiegata nell’azione come “inimmaginabile”, affermando che una donna non avrebbe potuto infliggere un danno simile. Questo incidente ha portato a un intervento chirurgico, a mesi di fisioterapia e, probabilmente, a problemi cronici al ginocchio, ponendo probabilmente fine alle sue aspirazioni agonistiche nel rugby.
Nonostante l’incidente, la Rugby Nederland non ha ancora adottato una politica chiara suscitando preoccupazione tra atlete e allenatori, che stanno ora chiedendo regole più rigorose per garantire la sicurezza in campo.
Gli atleti transgender rovina dello sport femminile
Casi come questi si stanno moltiplicando di anno in anno, non solamente legati agli infortuni ma anche alla slealtà sportiva.
Su UCCR abbiamo affrontato il caso incredibile di Lia Thomas, nuotatore che ha battuto ogni record femminile da quando ha iniziato a sfidare le donne. Quando gareggiava contro gli uomini otteneva invece risultati mediocri.
Casi come questi hanno portato anche la sciatrice italiana Sofia Goggia a schierarsi contro la partecipazione dei trans negli sport femminili, trovando sorprendentemente ampio sostegno nell’opinione pubblica.
Un sostegno che è enormemente cresciuto, soprattutto all’estero, dopo il drammatico caso di Payton McNabb, una pallavolista di 19 anni della North Carolina.
Durante una partita nel 2022, McNabb ha subito gravi lesioni quando un avversario transgender le ha schiacciato la palla in faccia con tutta la sua forza.
L’impatto le ha provocato una commozione e un’emorragia cerebrale che le hanno causato una paralisi parziale permanente e problemi alla vista, mettendo fine alla sua carriera sportiva e influenzando profondamente la sua vita quotidiana.
Da allora, Payton è diventata una voce attiva nella difesa della sicurezza nello sport femminile, raccontando la sua esperienza per sensibilizzare e prevenire incidenti simili.
Nel 2023 ha testimoniato davanti all’Assemblea Generale della Carolina del Nord, contribuendo all’approvazione della legge “Fairness in Women’s Sports Act”, che vieta la partecipazione dei transgender nelle competizioni femminili a livello scolastico e universitario nello stato.
Gli atleti trans e il consenso scientifico
Anche in ambito scientifico si sta cominciando a comprendere in modo capillare che, nonostante la terapia ormonale, i transgender mantengono vantaggi fisici derivanti dalla pubertà maschile, come maggiore massa muscolare e forza superiore.
Ricerche condotte da esperti come Tommy Lundberg (Karolinska Institutet) suggeriscono che anche con la soppressione del testosterone, le differenze fisiche vengono ridotte soltanto in minima parte (il 5% dopo 12 mesi di trattamento) mantenendo totalmente squilibrato il divario prestazionale tra uomini e donne.
Sono moltissimi ormai i ricercatori in linea con queste evidenze che parlano chiaramente di «ingiustizia intollerabile».
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