Pio XII, gli storici: «Denunciare il nazismo? Controproducente»

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Pio XII e la denuncia del nazismo. Pacelli preferì l’aiuto silenzioso agli ebrei piuttosto che una denuncia pubblica delle persecuzioni, tre storici riconoscono la bontà delle sue intenzioni: Angelo Varni, Daniele Menozzi e David Bidussa.


 

La recente apertura degli archivi vaticani per l’epoca di Pio XII e, nel 2020, la morte del drammaturgo tedesco Rolf Hochhuth, autore de Il Vicario, hanno riaperto il dibattito sui silenzi di Pio XII nei confronti del nazismo.

La pièce di Hochhuth del 1963 mise in scena il vano tentativo di un personaggio di fantasia, il giovane gesuita Riccardo Fontana, di ottenere da Pio XII la denuncia della Shoah, il quale rigettava le sue istanze ricordandogli l’importanza di conservare una forte Germania per combattere l’espansionismo sovietico.

Fu allora che prese piede, per la prima volta in modo generalizzato, la polemica nei confronti di Papa Pacelli.

Hochhuth, che non era poi così dotato di talento, acquisì inevitabile successo, tanto da concedersi nel 2005 di celebrare il negazionista inglese dell’Olocausto, David Irving -suo storico collaboratore- definendolo un «pioniere della moderna storiografia».

 

Gli storici su Pio XII e la denuncia del nazismo

Abbiamo osservato il dibattito pubblico avvenuto in questi anni sulla mancata denuncia del nazismo da parte di Papa XII e vorremmo sottolineare l’intervento di tre eminenti storici italiani.

Il primo giudizio è quello di Daniele Menozzi, professore emerito di Storia contemporanea presso la Scuola Normale Superiore di Pisa.

Ecco cosa ha detto:

«Il silenzio di Pio XII sulla Shoah non vuol certo dire che privilegiasse l’accordo con Hitler alla denuncia della tragedia in corso. Ligio ai condizionamenti della cultura intransigente, all’epoca egemone, il pontefice riteneva che si dovesse affrontare il problema attraverso le riservate vie della diplomazia, anziché quelle del discorso pubblico».

 

Un secondo intervento, più corposo questa volta, è quello del ricercatore e storico David Bidussa, tra i primi a pubblicare un volume sul tema dopo l’apertura degli archivi vaticani, presentando anche documenti inediti.

Il titolo del libro è “La misura del potere” (Solferino 2020) ed un’ottima recensione è apparsa su Il Sole 24 ore a firma di Angelo Varni, ordinario di Storia contemporanea presso l’Università di Bologna.

Bidussa riflette sul «tentativo del Vaticano di riproporre la propria visione identitaria di un’Europa ‘cristiana’», individuando già nel 1932 l’ostacolo maggiore nel comunismo ateo dell’Urss, «mentre la fisionomia dell’Europa poteva essere garantita dai percorsi concordatari realizzati od avviati coi diversi Stati, pure con quelli più autoritari».

Decisivo appare da subito, nel 1939, a Pio XII, il mantenimento della pace. Da qui la fondamentale distinzione tra la condanna dottrinale del nazismo (vero e proprio nuovo “paganesimo” con le sue teorie della razza e la deificazione dello Stato) e la sua valutazione politica, sulla quale – conferma Bidussa – «si mantiene il silenzio, o comunque una posizione di riserbo».

Quali furono le ragioni di questo silenzio sul nazismo che, agli occhi moderni, sembra incomprensibile?

Perché il Vaticano preferì aiutare nell’ombra centinaia di ebrei nascondendoli dentro le mura della Santa Sede e dei conventi italiani piuttosto che sfidare apertamente e pubblicamente l’efferatezza nazista, così come fece invece con il comunismo?

E’ lo storico Varni a rispondere con queste parole:

«Questo è il grande tema di un pontificato che preferì non esporsi pubblicamente con dichiarazioni magari giudicate, a torto, o a ragione, controproducenti per gli stessi perseguitati e piuttosto agire nel concreto di un’azione di soccorso, che vedeva, del resto, impegnate tante strutture del mondo cattolico presenti sul territorio e non solo nel nome di un’umana solidarietà, bensì nell’adesione profonda ad una certezza di fede».

 

Il precedente della violenta reazione dei nazisti

Qualche ragione Pio XII ce l’aveva nel mantenersi prudente, evitando dichiarazioni controproducenti.

C’era stato infatti un precedente importante che gli faceva temere una devastante reazione nazista ad una condanna pubblica.

Ci riferiamo a quanto accadde quando, mentre era Segretario di Stato del predecessore Pio XI, fu pubblicata in tedesco l’enciclica Mit brennender Sorge (scritta probabilmente dallo stesso Pacelli) contenente una denuncia senza precedenti del regime nazista, delle sue aberrazioni, dell’esaltazione del concetto di razza.

Come ha ricordato il saggista Pasquale Hamel, il testo venne inviato alla nunziatura apostolica di Berlino e da lì fatto pervenire alle varie diocesi che ne stamparono, presso tipografie fidate, ben trecentomila copie.

La successiva domenica delle Palme, dal pulpito di tutte le Chiese di Germania, ne venne data pubblica lettura.

La reazione nazista fu feroce e si acuì la persecuzione contro la Chiesa in Germania. Oltre alla chiusura di molti istituti religiosi, vennero arrestati moltissimi preti che finirono nei lager, mentre molti altri furono impediti nell’esercizio delle loro funzioni. Il tutto senza alcuna solidarietà da parte della comunità internazionale.

Autore

La Redazione

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